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Esercizio personale dei diritti penitenziari.
Al riconoscimento della titolarità dei diritti, derivanti dalla legge penitenziaria , in capo ai detenuti e agli internati, deve accompagnarsi la previsione di un potere d'esercizio dei diritti stessi, da parte di chi n'é titolare .
A tal fine, la legge penitenziaria ha previsto che i detenuti e gli internati, anche se interdetti a norma dell'art. 32 c.p., hanno la facoltà di esercitare personalmente i diritti derivanti dalla stessa legge penitenziaria (art. 4 ord. penit.).
Prescindendo dall'aspetto relativo all'interdizione legale [3], la disposizione in questione presuppone, un attimo prima di conferire la possibilità ai reclusi di esercitare i loro diritti, il riconoscimento della giuridicità della condizione detentiva . Il conferimento della facoltà d'esercizio dei propri diritti, infatti, è conseguenza immediata della presunzione, sul piano sostanziale, che il diritto è già di per sé esistente. L'articolo 4 ord. penit., quindi, rivela l'esistenza di un sottosistema giuridico che regola: la condizione dell'uomo recluso; la realtà carceraria nella quale è inserito; i rapporti con gli altri detenuti e con gli internati e le relazioni che s'instaurano con le autorità amministrative e giurisdizionali coinvolte nella fase esecutiva.
Occorre, a questo punto: individuare gli elementi di tale previsione normativa, indicando i soggetti cui spetti la titolarità del potere d'esercizio dei diritti; precisare quali siano i diritti esercitabili personalmente; e, infine, chiarire quali siano gli strumenti attraverso i quali la norma trova applicazione.
In relazione al primo punto, il testo normativo fa riferimento ai detenuti e agli internati, senza operare alcuna discriminazione tra le due categorie, nel rispetto del principio di parità "di condizioni di vita" espresso nell'art. 3 ord. penit.[5]. Non rileva lo stato d'interdizione legale in cui tali soggetti possono trovarsi: anche se l'interdizione riguarda il mondo esterno, il legislatore ha voluto eliminare ogni dubbio circa la rilevanza che può avere l'istituto rispetto alle situazioni giuridiche riconosciute ed esercitabili intra moenia. Inoltre, in considerazione del fatto che la norma trova applicazione anche riguardo ai minori , si può affermare che, rispetto all'esercizio dei diritti derivanti dalla legge penitenziaria, l'incapacità non abbia alcun peso, qualunque sia la sua natura, legale o naturale .
Venendo, ora, all'identificazione dei diritti tutelati, occorre porre l'accento sulla portata generale della norma[9]: essa, infatti, pur facendo espresso riferimento ai diritti derivanti dalla legge stessa - la n. 354 del '75 - si estende, in generale, a tutto l'ordinamento penitenziario .
Affinché gli strumenti preposti all'esercizio dei diritti possano trovare concreta applicazione è presupposto essenziale il diritto all'informazione del detenuto: chi entra a far parte del circuito carcerario, deve essere portato a conoscenza delle norme relative all'ordinamento penitenziario e dei regolamenti esecutivi, generale e interno. Essendo, il diritto all'informazione, il primo fondamentale ingranaggio del meccanismo predisposto per l'esercizio di tutti quanti gli altri diritti, è importante che esso riguardi anche le modalità attraverso le quali accedere ed usufruire degli strumenti di tutela.
Il generico diritto di reclamo, disciplinato dall'art. 35 ord. penit., rappresenta un dispositivo attraverso il quale, detenuti ed internati, possono accedere personalmente alle autorità, interne ed esterne al sistema penitenziario, al fine di sollecitarne un intervento riparatore rispetto a quelle situazioni che ritengono lesive di diritti o interessi.
Per una tutela che presupponga il carattere della giurisdizionalità, il principale referente dei detenuti o degli internati è senza dubbio la magistratura di sorveglianza, al cui fianco si pone anche quella ordinaria[11]; senza dimenticare, poi, la tutela amministrativa che può scaturire dai più diretti interlocutori dei detenuti, rappresentati dagli agenti penitenziari e dal direttore dell'istituto. Se ciò non fosse sufficiente, vi è, inoltre, la possibilità di adire gli ispettori, il Ministro della giustizia e il Capo dello Stato (art. 35 ord. penit.).
<<Il diritto dei detenuti è anche garantismo, e ciò si realizza attraverso la scelta del legislatore del 1975 che ha usato per l'ordinamento penitenziario l'atto legislativo anziché quello regolamentare.>>. DI RONZA, Manuale di diritto penale dell'esecuzione, Padova, 2000, pag. 22.
Tale riconoscimento non è stato automatico, infatti, dai lavori parlamentari dell'ordinamento penitenziario emergono dei dubbi circa l'opportunità di inserire la disposizione riguardante l'esercizio personale dei diritti da parte degli internati e dei detenuti scaturenti dal fatto che lo status di detenuto presupponeva la non meritevolezza di diritti soggettivi e situazioni giuridiche positive. <<L'articolo in esame, già esistente nel disegno di legge approvato dal Senato, venne soppresso dalla Commissione giustizia della Camera dei Deputati in quanto "l'esercizio personale dei diritti e l'esercizio degli stessi" in stato d'interdizione erano sembrate espressioni costituzionalmente discutibili, perché istitutive di diritti soggettivi perfetti in capo al detenuto e deroganti dalla regola generale dell'interdizione. lo stato d'interdizione concerne piuttosto i rapporti esterni allo stabilimento che sono cosa ben diversa e per i quali la legge non ha apportato modifiche>>. CATALANI, Il codice penitenziario, Roma, 2000, pag. 38.
In realtà si tratta di una posizione giuridica riguardante soprattutto i rapporti esterni all'istituto di pena nel quale il soggetto è rinchiuso
Nell'ordinamento penitenziario, per la prima volta il detenuto acquista una propria soggettività giuridica che è sostanziale giacché gli sono riconosciuti i diritti e le altre situazioni giuridiche; tuttavia è anche formale perché legittimato all'agire giuridico.
<<L'art. 3 trova applicazione nei confronti di tutti i soggetti a qualsiasi titolo detenuti penitenziari, siano essi condannati, imputati ovvero internati. Peraltro, l'espressione "parità di condizioni" tra detenuti ed internati non deve essere interpretata come parità tra due categorie inter se ovvero tra soggetti con diverso status giuridico, ma deve essere intesa come esistenza di uguaglianza all'interno di ciascuna di esse, posto che il principio di uguaglianza si oppone alle discriminazioni di trattamento, non alle diversità derivanti dalle differenti posizioni dei soggetti>>. MUSSO, Parità di condizioni tra i detenuti e gli internati, in Ordinamento penitenziario commento articolo per articolo, Padova, 2000, pag. 27 e ss.
In passato l'interdizione ha comportato la limitazione dell'esercizio di diritti fondamentali come ad esempio il diritto di voto, fino all'emanazione della legge 23 aprile 1976, n. 136.
Per i quali non è stata prevista alcuna specifica disposizione e in relazione ai quali non sarebbe auspicabile l'esclusione della norma in esame (art. 4 ord. penit.) giacché essa si rivolge, indistintamente al rispetto dei diritti del recluso, senza operare alcuna distinzione.
L'incapacità naturale può comportare una non idoneità formale dell'atto compiuto nell'esercizio del diritto, ma sicuramente non comporta un'ipotesi d'improponibilità dell'atto a causa di una mancata legittimazione. In tal senso LA GRECA, Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati, in Ordinamento penitenziario commento articolo per articolo, Padova, 2000, pag. 33 e ss.
Per un'interpretazione che circoscrive la portata normativa dell'art. 4 ord. penit. si veda DI GENNARO - BREDA - LA GRECA, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1987, pag. 53.
In particolare, per una più facile individuazione di tali diritti, sono state create alcune categorie, nelle quali i diritti sono stati raggruppati sulla base delle disposizioni fondamentali della Costituzione. Le categorie in questione sono le seguenti: a) diritti relativi all'integrità fisica; b) diritti relativi ai rapporti familiari e sociali; c) diritti relativi all'integrità morale e culturale. Per approfondimenti: CANEPA - MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2002, pag. 130 e ss.; LA GRECA, Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati, in Ordinamento penitenziario commento articolo per articolo, Padova, 2000, pag. 33 e ss.
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