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Analisi degli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana




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Analisi degli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana


Il principio di libertà e i diritti inviolabili


Nell'art. 2 si introduce una premessa fondamentale per il riconoscimento delle libertà civili.

L'art. 2 infatti recita: " La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità." Si tratta del riconoscimento dei diritti primari, quali quello alla vita e alla salute e delle libertà civili che si sono storicamente affermate, come la libertà religiosa, la libertà di associazione, la libertà di espressione ecc.

Tali diritti, in quanto inviolabili, non possono essere soggetti a revisione tramite la procedura prevista dall'art. 138 cost: essi appartengo alla persona umana e non derivano dallo stato.

Ciò che però non è modificabile non è la disciplina delle varie libertà, ma l'esistenza e il contenuto essenziale di quelle libertà.

L'art. 2 afferma che i diritti inviolabili sono garantiti all'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità. Con questa affermazione si vuole ribadire il principio del pluralismo sociale, che, come sappiamo, si esprime attraverso una pluralità di formazioni sociali o comunità intermedie che sono tutelate garantite dallo stato (partiti, sindacati, famiglia ecc..)


Il principio di eguaglianza


Nell'art. 2 si affermano i principi di libertà degli individui e di tutela dei diritti fondamentali, mentre nell'art. 2 si afferma il principio di uguaglianza dei cittadini.

Eguaglianza e libertà sono fondamentali per il raggiungimento della democrazia.

Attraverso l'esercizio della libertà, infatti, si realizzano condizioni sempre più perfezionate di eguaglianza, presupposto indispensabile della democrazia.

Quando parliamo di eguaglianza in senso giuridico intendiamo quindi fra riferimento a una regola che impone di considerare gli esseri umani uguali rispetto a parametri definiti stabiliti dalla legge.

Dobbiamo distinguere però tra eguaglianza formale e sostanziale.


Eguaglianza formale


Parlando di eguaglianza si deve prima di tutto stabilire tra chi deve esservi e rispetto a cosa. La risposta ci viene data dall'art. 3 quando afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.

Si ha quindi un eguaglianza tra i cittadini e rispetto alla legge.

È questo il principio dell'eguaglianza formale, che ha però diversi significati:

Non vi è nessuno al di sopra della legge: la legge si applica in modo uguale indistintamente a tutti. Si tratta del principio di eguaglianza liberale, che impone di non fare discriminazioni rispetto a differenze di religione, sesso, razza, lingua, opinioni politiche e condizioni personali e sociali;

Eguaglianza nelle legge. È vietato cioè di operare discriminazioni da parte della legge che deve attuare una disciplina uguale per tutti, senza distinzioni di lingua, di sesso di religione, di idee politiche ecc.

Non operare discriminazioni non vuol dire però che, in assoluto, la legge non debba tener conto delle differenziazioni che di fatto esistono altrimenti non si potrebbero avere particolari forme di tutela, come quella della lavoratrice madre, delle minoranze linguistiche ecc.


Eguaglianza e ragionevolezza


Il principio di egualglianza diventa quindi il principio di ragionevolezza della legge, secondo il quale è vietata qualunque disparità di trattamento irragionevole.

La distinzione di disciplina effettuata con riferimento a qualunque elemento tra qualunque gruppo di cittadini può quindi essere giudicata ragionevole, in quanto tale distinzione è fondata su elementi obiettivi, rilevanti e giustificabili: il trattamento diverso è fondato su situazioni effettivamente diverse.

La ragionevolezza di una distinzione fatta dalla legge è legata infatti a un determinato momento storico e alle tradizioni di un popolo.

Nell'antichità era ragionevole operare una distinzione tra uomini liberi e schiavi; nel feudalesimo tra nobili e servi della gleba; in India tra le diverse caste in cui sono divisi i cittadini ecc. In Italia, fino a tempi relativamente recenti, il codice penale puniva l'adulterio della moglie e non quello del marito di conseguenza di un certo concetto di famiglia. Solo nel 1968 la corte costituzionale ha finalmente dichiarato incostituzionale la punizione dell'adulterio della moglie perché fondato su una differenziazione inammissibile.

Nell'intervenire per giudicare se certe discriminazioni introdotte dalla legge sono motivate o no, l core costituzionale deve comunque cercare di rispettare il più possibile la volontà del parlamento, e sindacare solo ciò che non è conforme alla costituzione, senza anatre nel merito delle diverse scelte politiche che ne stanno alla base.


Eguaglianza sostanziale


La rigida applicazione del principio di eguaglianza formale nella sua accezione originaria (liberale) non porta in realtà alla realizzazione dell'effettiva uguaglianza tra i cittadini, in quanto non elimina le disuguaglianze di ordine economico e sociale. Le posizioni di partenza dei cittadini non sono infatti uguali per ricchezza, istruzione ecc.

Il secondo comma dell'art. 3 afferma: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitano di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

In queste parole è già contenuto il concetto di eguaglianza sostanziale. Le situazioni economico-sociali dei cittadini sono diverse, per cui lo stato si impegna a intervenire con una legislazione che garantisca a ciascuno posizioni di partenza e possibilità uguali.

Secondo il principio di eguaglianza sostanziale, quindi, le leggi devono introdurre discipline differenziate per proimuove4rer gruppi sociali economicamente e socialmente svantaggiati e realizzare una maggiore eguaglianza di fatto, rilevabile almeno nelle situazioni di partenza.

Per tale motivo lo sciopero è riconosciuto come diritto mentre non lo è la serrata; la libertà di licenziamento è fortemente ridotta; è garantito lo stesso livello di servizi anche a chi ha un reddito minimo e quindi non paga le imposte; la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ecc.



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