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Sfruttamento delle province:
Gli abitanti delle province furono considerati come semplici sudditi. I provinciali erano alla mercé dei governatori e dei loro aiutanti. Il trattamento più duro lo subivano gli alleati extra italici. Grazie alle nuove conquiste la classe dei cavalieri acquisiva maggior potenza, ma le piccole aziende subirono una grave crisi e il sottoproletariato urbano era ormai diventato un pericolo per l'ordine. I governatori delle province si arricchivano spudoratamente alle spalle dei provinciali. La mancanza di un apparato statale adeguato costringeva ad affidare in appalto a cittadini privati l'esecuzione dei lavori pubblici, grazie ai quali gli appaltatori, affaristi senza scrupoli, riunivano i propri capitali in società di pubblicani. Ogni società provvedeva personalmente alle spese dei lavori, ma poi si rifaceva ad usura. Nello sfruttamento delle province si commisero tali eccessi che nel 149 a.C. fu varata la legge Calpurnia, che istituiva un tribunale anticoncussionario. Esso ebbe scarsa efficacia perché era costituito dagli stessi imputati. Il rafforzamento dell'ordine equestre, dovuto anche grazie ad una legge che proibiva ai senatori di occuparsi dei commerci, non era associato ad un potere politico. Gli equites quindi appoggiavano spesso i movimenti popolari avversi al regime. Le attività artigianali italiche subirono però una drastica crisi dopo la concorrenza del superiore artigianato orientale. La bilancia commerciale fra l'Italia e le province rimase quindi costantemente passiva.
Crisi della piccola proprietà contadina:
L'espansione dell'impero determinò la rovina per le piccole aziende agricole. Il grano era ormai importato dalla Sicilia a basso prezzo e le colture italiche cedevano il passo all'allevamento di bestiame e alle coltivazioni di frutta, ulivi e viti.
Le nuove coltivazioni erano molto costose e i piccoli proprietari terrieri ne restavano esclusi. Essi si affollavano quindi a Roma ed erano pronti a vendere il proprio voto al patrono altolocato che li pagasse meglio. Di conseguenza la concentrazione della terra in proprietà era sempre più vasta. L'agricoltura era considerata un mestiere nobile e lo stesso Catone riservava i più alti elogi agli agricoltori.
L'influenza dell'ellenismo:
La reazione all'ellenismo:
L'ellenismo era temuto ed esorcizzato perché era profondamente estraneo alle tradizioni romane. I Romani, ostili ai regimi monarchici, vennero a contatto con le monarchie assolute orientali. Essi considerarono le preziose conquiste elleniche chiacchiere vane e lo stesso Catone nella sua censura del 184-183 a.C. volle uniformare la vita pubblica agli stessi principi perseguiti da lui nella vita privata: cercò di combattere in ogni modo la corruzione, da lui identificata con l'ellenismo. La sua opera fu però vana perché pretendeva di restaurare le virtù della Roma arcaica senza opporsi ai mutamenti economici politici che le avevano distrutte. Roma non cercava in Oriente una cultura d'accatto, ma si procurava gli strumenti culturali adeguati alle nuove esigenze e alle nuove responsabilità.
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