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Resa della Germania e del Giappone - La Seconda Guerra Mondiale




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Resa della Germania e del Giappone - La Seconda Guerra Mondiale



Il rovesciamento delle sorti militari della guerra, già annuncia­tosi chiaramente nel 1942, si manifesta con assoluta evidenza nel anno nel quale non solo gli Alleati liquidano il fronte africa­no e costringono alla resa l'Italia, ma anche martellano con offensi­ve aeree sempre più violente le città e i centri industriali tedeschi.

Sul fronte orientale, dopo la battaglia di Stalingrado, la Wehrmacht riesce ancora per qualche mese a bloccare i Russi scatenando una formidabile e costosissima con­troffensiva, ma dal luglio 1943 all'aprile l'Armata Rossa è qua­si costantemente all'attacco e avanza per centinaia e centinaia di chilometri: il 9 maggio riconquista Leopoli, nel giugno ripren­de l'offensiva a nord e penetra nei paesi baltici, ai primi di agosto raggiunge la Vistola e si accampa davanti a Varsavia.

Fra il settem­bre e l'ottobre 1944, i paesi satelliti del Reich - Finlandia, Ro­mania, Bulgaria e Ungheria - sottoscrivono l'armistizio, mentre in Iugoslavia le truppe russe si congiungono con l'armata parti­giana di Tito e mentre gli Inglesi, per limitare l'avanzata sovietica nella penisola balcanica, sbarcano in Grecia ed entrano in Atene ottobre

Nel frattempo, secondo gli accordi stabiliti da Roo­sevelt, Churchill e Stalin nella Conferenza di Tehe­ran (28 novembre - 1 ° dicembre le truppe an­glo-americane, pur con gravissime perdite, riescono a sbarcare il 6 giugno nella penisola del Cotentin, ne guadagnano le rive con la battaglia delle spiagge giugno), si impadroniscono del porto di Cherbourg, espandono la testa di ponte quanto basta per farvi affluire le loro ingentissime forze, e procedono con un'offen­siva che il agosto libera Parigi (dove si insedia il governo di De Gaulle) e che entro il settembre, con l'apporto anche di altre truppe sbarcate in Provenza, costringe i Tedeschi a sgombrare l'intero suolo della Francia.

La Germania si trova di fronte alla stretta finale: da est e da ovest incalzano gli eserciti nemici, mentre l'aviazione americana, che ormai domina i cieli del Terzo Reich, fa piovere sulle città tedesche un diluvio di bombe che le radono al suolo causando stragi spaventose fra la popolazione civile.

Né pos­sono ristabilire l'equilibrio le famose bombe-razzo (V1 e V2) che dal giugno del ' vengono lanciate su Londra, né l'ultima controffen­siva che i Tedeschi scatenano nelle Ardenne nella seconda metà di dicembre e che, dopo i primi successi, è ben presto arrestata da­gli Anglo-americani.


Nei primi mesi del 1945 la guerra volge all'epilogo. Fra il gennaio e il febbraio i Russi avanzano dalla Vistola all'Oder, sul quale per l'ultima volta la Wehrmacht riesce temporaneamente a bloccarli.

Ma l'offensiva riprende immediata­mente sul fronte occidentale, dove gli Anglo-americani, dopo aver sconvolto la rete ferroviaria tedesca con bombardamenti aerei di proporzioni apocalittiche, procedono oltre il Reno (fine marzo) e raggiungono l'Elba. Qui essi si attestano ad attendere le truppe russe, che a loro volta occupano Vienna (13 aprile) e, superato l'Oder, s'impadroniscono di Berlino (2 maggio).


Nei giorni della battaglia di Berlino, Hitler si toglie la vita (30 aprile), dopo aver ordinato di «distruggere tutti gli stabilimenti mi­litari, le vie e i mezzi di comunicazione, le installazioni industriali e ogni cosa di valore nel Reich, che possa essere usato subito o nel futuro dal nemico»: un ordine folle, che avrebbe precipitato la Ger­mania nell'estrema rovina, ma che i Tedeschi non eseguirono.

Intanto anche sul fronte italiano gli Anglo-america­ni sfondano la linea gotica e avanzano nella pia­nura padana, dovunque preceduti dall'insurrezione popolare, che il 25 aprile 1945 libera Milano e Genova, e il giorno dopo To­rino.


Il 28 aprile Mussolini (catturato il 27 presso Dongo, sul Lago di Como, mentre tentava di guadagnare il confine svizzero) viene fu­cilato per ordine del Comitato di Liberazione Alta Italia. Il 29 aprile le truppe tedesche in Italia capitolano.


Fra il 7 e 1'8 maggio, secondo gli ordini impartiti dall'ammiraglio Karl Doenitz, designato da Hitler come suo succes­sore, i rappresentanti del Terzo Reich firmano rispettivamente a Reims e a Berlino la resa incondizionata agli Anglo-americani e ai Russi.


La capitolazione della Germania permette agli Allea­ti di concentrare l'intero peso del loro potenziale bellico sul Giappone, che del resto, dopo la schiacciante vittoria na­vale americana presso l'isola di Leyte nelle Filippine (ottobre e dopo gli sbarchi americani a Iwo Jima (febbraio-marzo e a Okinawa (aprile-giugno è già da tempo virtualmente sconfit­to.

Ma i Giapponesi resistono, perché vogliono almeno evitare la resa senza condizioni imposta dai nemici, e la guerra, per quanto le sorti siano ormai chiaramente decise, sembra destinata a protrarsi ancora a lungo.

Senonché nel luglio del 1945 nel deserto del Nuovo Messico, gli scienziati e i tecnici americani, guidati da Enrico Fermi, sperimentano con successo la bomba atomica, da anni oggetto di studi.

E, morto il aprile il Roosevelt, il successo­re, Harry Truman, d'intesa col comando militare supremo statuni­tense, decide di stroncare ogni ulteriore resistenza giapponese or­dinando gli atroci bombardamenti atomici di Hiroshima e di Na­gasaki (6 e agosto


Il 14 agosto il Giappone è pertanto co­stretto ad arrendersi, e la resa incondizionata viene formalmente sottoscritta dai suoi rappresentanti il 2 settembre, nella rada di Tokyo, a bordo della corazzata americana Missouri.


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