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AppuntiMania.com » Umanistiche » Appunti di Storia » Produzione di un testo espositivo sul capitolo 8 dell'unità 7 del libro di storia. La seconda guerra civile: Pompeo e Cesare.

Produzione di un testo espositivo sul capitolo 8 dell'unità 7 del libro di storia. La seconda guerra civile: Pompeo e Cesare.




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Produzione di un testo espositivo sul capitolo 8 dell'unità 7 del libro di storia. La seconda guerra civile: Pompeo e Cesare.


1. La rivolta Spagnola

Dopo la morte di Silla, il Senato, il quale grazie al dittatore aveva aumentato il suo potere, non si dimostrò in grado di risolvere le cristi politiche e sociali che stavano alla base dello Stato romano.

Nel 77 a.C. Emilio Lepido, proconsole della Gallia Narborense, tentò un colpo di stato per rovesciare la costituzione silliana; quasi contemporaneamente in Spagna, Quinto Sertorio, partigiano e abile uomo politico d'orientamento antisilliano, si pose a capo della rivolta dei Lusitani mirando al miglioramento delle proprie condizioni economiche e all'indipendenza da Roma.

L'anno successivo il Senato, sentendosi minacciato, si rivolse al miglior generale di cui Roma disponeva, Gneo Pompeo. Nel 72 a.C. Pompeo, giunto in Spagna, debellò la rivolta di Sertorio che venne ucciso a tradimento.


2. L'insurrezione degli schiavi

Dalla scuola gladiatoria di Capua, nel 73 a.C., esplose la rivolta degli schiavi. Essa rappresentava per Roma una grande minaccia poiché la rivolta mirava ad espandersi per tutta la penisola. A capo di questa vi era un Trace di notevole intelligenza e coraggio: Spartaco. Nonostante ciò il suo disegno di liberare gli schiavi e di riportarli verso le loro terre d'origine fallì. Nel 71 a.C., infatti, nella battaglia di Apulia Spartaco perse la vita ucciso dai legionari di Marco Licinio Crasso. Seimila schiavi vennero crocifissi lungo la strada da Roma a Capua dove la rivolta era iniziata, mentre altri cinquemila schiavi con la speranza di aprirsi una strada tra le Alpi, furono uccisi dall'esercito di Pompeo, di ritorno dalla Spagna.


3. Pompeo contro i pirati e contro Mitridate

Impegnati nelle campagne d'Oriente, i Romani avevano trascurato la marina e la pirateria che infestava ormai tutto il Mediterraneo. Nel 67 a.C. Pompeo ricevette il compito di liberare il mare dai pirati. Fornito di un grande esercito costituito da 500 navi, 120000 fanti e 5000 cavalieri, il generale realizzò una vittoria immediata e fulminea tanto che l'anno dopo fu incaricato di portare a termine la guerra contro Mitridate, re del Ponto. Quest'ultimo dopo la sconfitta subita da Silla tentava di attuare nuovamente una politica espansionistica. Con l'imponente flotta a disposizione Pompeo entrò i guerra; in soli due anni conquisto tutto il regno del Ponto che fu trasformato il provincia romana (66-65 a.C.); ed entro il 63 a.C. riuscì ad impadronirsi anche della Siria e delle coste della Fenicia e della Palestina. In questo modo Pompeo era riuscito a conferire un disposizione politica e militare stabile nella parte orientale della dominazione romana.

Tornato a Roma nel 62 a.C. a sorpresa di tutti sciolse le sue legioni e invano chiese al Senato di premiare con delle distribuzioni di terra i suoi legionari.


4. Cicerone e la congiura di Catilina

Nel frattempo a Roma la situazione non era affatto tranquilla.

Alle elezioni del 63 a.C. si presentarono vari candidati tra cui, Marco Tullio Cicerone, un gran noto oratore che pur appartenendo alla classe dei cavalieri era un appassionato sostenitore della repubblica aristocratica; altro candidato fu Lucio Sergio Catilina, un giovane di nobili origini ma appartenente ad una famiglia ormai decaduta, appoggiato dal alcuni esponenti del partito popolare. Egli sostenuto da chi, come lui, aveva consumato tutto il proprio patrimonio, sperando che uno sconvolgimento dello stato potesse restituirgli tutte le ricchezze e i beni persi, organizzò una congiura contro gli ottimati, sostenitori di Cicerone. Per due anni Catilina tentò di salire al consolato, ma mai ci riuscì. Allora, persa la speranza di essere eletto per vie legali, organizzò una congiura per impadronirsi del potere con l'aiuto di un esercito che aveva formato in Etruria. Cicerone, venuto a conoscenza dei fatti, accusò Catilina, che, vistosi scoperto, dopo aver abbandonato Roma, si rifugiò tra le sue truppe stanziatesi a Fiesole. A Roma Cicerone arresto e giustiziò tutti i congiurati rimasti in città violando, tuttavia, la legge che assegnava la facoltà di condannare a morte i cittadini romani all'assemblea popolare.

Nei pressi di Pistoia nel 62 a.C. Catilina perse la vita in battaglia e tutti i ribelli vennero annientati.


5. Il primo Triumvirato e l'ascesa di Giulio Cesare

Dopo l'offesa da parte del Senato, Pompeo decise di stringere un'alleanza con due uomini politici molto potenti: Caio Giulio Cesare e Marco Licinio Crasso, che, seppur con molte ambiguità, guidavano il partito popolare.

Crasso, un generale già fedele a Silla, arricchitosi grazie alle proscrizioni, si era alleato con Pompeo per diventare capo dei populares e sostituirsi a Silla.

Cesare, di famiglia nobile, nato nel 100 a.C., fu educato dai migliori maestri Greci e imparò immediatamente tutti i segreti della lotta politica. Alle sue spalle aveva già una carriera politica, era stato pretore in Spagna, ed eletto Edile nel 65 a.C. si era conquistato l'appoggio del popolo anche se egli, per origini, conservava saldi legami con l'aristocrazia. Malvisto da Silla, tornò a Roma solo dopo la sua morte. Egli pensò che l'allearsi con due uomini potenti come Pompeo e Crasso gli sarebbe stato molto conveniente.

Così i tre uomini stipularono a Lucca nel 60 a.C. un accordo: il primo triumvirato, e s'impegnarono ad agire per l'interesse collettivo.

Cesare venne poi eletto console nel 59 a.C. e fece approvare due leggi, una in favore di Crasso, con la quale s'impegnò di concedere benefici economici ai cavalieri, l'altra in favore di Pompeo, con la quale Cesare distribuì delle terre ai suoi veterani.

Cesare, consapevole del bisogno di rafforzare la propria carica politica con un'impresa militare, si assegnò un comando quinquennale a partire dal 58 a.C. nella Gallia Cisalpina e nella Gallia Transalpina.


6. La conquista e la pacificazione della Gallia

Cesare approfittò del suo mandato per intraprendere una serie di campagne militare che lo porteranno alla conquista di tutta la Gallia.

Allora la Gallia era abitata da circa dieci milioni di abitanti suddivisi in varie tribù governate da ristretti ceti di nobili guerrieri e sacerdoti. I suoi abitanti praticavano l'agricoltura, ciò nonostante la sua ricchezza era principalmente data dalla massiccia presenza di miniere dalle quali venivano estratti ferri e metalli preziosi.

Quando Cesare prese possesso della Gallia Narbonese, gli si presentò una situazione favorevole. Infatti, gli Elvezi, un popolo stanziatosi nell'attuale Svizzera occidentale, stava invadendo i territori degli Edui, una tribù gallica che aveva già buoni rapporti con Roma. Inevitabilmente gli Edui chiesero aiuto a Cesare che, senza nemmeno attendere l'autorizzazione del Senato, attaccò gli Elvezi sbaragliandoli a Bibracte (58 a.C.). Successivamente sconfisse la tribù degli Svevi e dei Belgi, che già si stavano preparando a contrattaccare le legioni romane. Con una serie di campagne durate tre anni Cesare s'impossessò di tutta la Gallia e respinse i Germani oltre il Reno.

Dopo il nuovo incontro a Lucca, al suo ritorno in Gallia, Cesare notò che tra le tribù da lui conquistate sussisteva un profondo desiderio di libertà.

Infatti, nel 53 a.C. Cesare dovette far fronte alla rivolta delle tribù galliche, comandata da un valoroso capo, Vercingetorige, re degli Averni. Quest'ultimo, dopo aver duramente combattuto, venne sconfitto ad Alesia nel 52 a.C.

La conquista romana, seppur pagata caro prezzo, mise la Gallia al sicuro dalle frequenti invasioni Germaniche e, ridotta a provincia romana, divenne una delle regioni più ricche e floride di tutta Roma.


7. Il nuovo accordo a Lucca

Roma, nel frattempo, viveva continuamente gli scontri tra ottimati e popolari. Cesare, comprendendo il pericolo, convocò di nuovo, nel 56 a.C., a Lucca un nuovo incontro con Pompeo e Crasso. Dal consiglio uscì che Cesare avrebbe avuto il controllo delle Gallie per altri cinque anni. Mentre Pompeo e Crasso l'anno successivo si sarebbero canditati alle elezioni del consolato e nel 55 a.C. Pompeo avrebbe ottenuto il controllo della Spagna e Crasso quello della Siria.


8. La guerra civile tra Cesare e Pompeo

La conquista della Gallia da parte di Cesare fu motivo di preoccupazione per i senatori. Essi infatti, temevano un ritorno di Cesare a Roma da padrone.

Nel frattempo, però, la città era subbuglio a causa dei continui scontri tra il tribuno Publio Clodio e il patrizio Annio Milone.

Il disordine creatosi costrinse il Senato ad affidare a Pompeo, il potere assoluto dello stato. E così, nel 52 a.C., Pompeo ricevette dal Senato la carica di console sine collega (=senza collega).

Crasso, frattanto, recatosi in Siria, cercò di raggiungere la gloria conseguita da Cesare in Gallia. Addentratosi nella pianura Mesopotamica, però, Crasso si fece sorprendere presso la città di Carre (53 a.C.). Le legioni romane furono duramente sconfitte e nella battaglia Crasso perse la vita. La sua morte pose fine al primo Triumvirato e di conseguenza affrettò i tempi dello scontro tra Pompeo e Cesare.

Cesare, a questo punto, si presentò la candidatura alle elezioni del consolato, ma il Senato lo indusse a rinunciare al comando di tutte le sue legioni nelle Gallie e di tornare a Roma come cittadino privato.

Cesare replicò che avrebbe obbedito alle disposizioni dategli dal Senato solo se Pompeo avesse rinunciato al controllo delle sue due legioni italiane e delle sette spagnole. Questo gesto fu interpretato dal Senato come un tradimento e in uno statuto decretò Cesare nemico pubblico, da combattere in difesa della Repubblica.

Pertanto Cesare raccolse le sue truppe e, nel gennaio del 49 a.C., varcò il Rubicone, un fiumicello dell'attuale Romagna, segnante il confine tra l'Italia e la Gallia Cisalpina. Con questo gesto Cesare diede consapevolmente inizio ad una nuova guerra civile.

Pompeo, ancora impreparato a combattere, abbandonò Roma e si rifugiò in Grecia.

Cesare, nel frattempo, conquistata l'Italia si diresse verso la Spagna. Qui nell'estate del 49 a.C. sbaragliò l'esercito avversario e indusse molti nemici a passare dalla sua parte.

L'anno successivo guidò le sue legioni verso la Grecia e anche qui riuscì ad avere la meglio. La battaglia si svolse a Farsalo, in Tessaglia. Pompeo riuscì a fuggire verso l'Egitto, dove sperava di trovare alleanza con il re Tolomeo, ma quest'ultimo, in lotta con la sorella Cleopatra, fu indotto a farlo uccidere. Cesare, giunto in Egitto, risolse la questione in favore dell'affascinante Cleopatra.

Nell'estate del 47 a.C., Cesare passò verso l'Asia minore, dove sconfisse Fornace, il figlio di Mitridate, un ribelle di Roma. Nell'autunno dello stesso anno, a Tapso, in Africa, sconfisse nuovamente le truppe pompeiane sopravvissute nella battaglia di Farsalo; i tre figli di Pompeo, tuttavia, riuscirono a salvarsi e fecero ritorno a Munda, in Spagna, dove però, due anni dopo, furono definitivamente annientati da Cesare.


9. La dittatura di Cesare

Già Pontefice massimo, e proclamato Dittatore a tempo indeterminato nel 48 a.C., Cesare venne nominato Dittatore perpetuo cioè Dittatore a vita, ottenendo la potestà tribunizia e la nomina di imperatore, cioè comandante supremo delle forze militari.

Sia il Senato che le altre istituzioni repubblicane rimasero conservate, ma tuttavia tutti i magistrati e pure lo stesso Senato dipendevano dal volere del dittatore.

A Cesare furono dedicate statue e monumenti e al mese nel quale era nato fu dato il suo nome Julius (Luglio).

Nonostante tutta la potenza posseduta, il dittatore non approfittò delle proprie facoltà. Egli intraprese una politica che tendeva al miglioramento delle condizioni economiche e sociali dello Stato romano le quali, fin dall'epoca dei Gracchi, erano state una delle cause della crisi della Repubblica.

Cesare concesse la cittadinanza romana agli abitanti della Gallia Cisalpina e fondò colonie in tutte le province nelle quali vi sistemò i propri veterani. Inoltre emanò varie leggi a sostegno dell'economia e molti provvedimenti a favore delle famiglie numerose. Modificò il calendario, adottando il sistema egiziano di 365 giorni l'anno, con l'aggiunta di un giorno ogni quattro anni (l'anno bisestile).

Cesare realizzò anche varie riforme di carattere costituzionale. Il numero dei Senatori fu aumentato da 600 a 900 immettendo molti nuovi uomini, fra i quali alcuni suoi sostenitori delle province di Spagna e Gallia. Stabilì che i tribunali fossero composti per metà da esponenti dell'ordine equestre e ampliò il numero dei pretori, dei questori, e degli edili.


10. La Morte di Cesare

Nonostante l'opera di cesare di rinforzare lo Stato, egli scontentò molti populares che avrebbero desiderato da lui che, anche proclamandosi re, agisse ancora come capo della loro frazione. Allo stesso modo anche gli ottimati rimasero scontenti dall'opera del dittatore e da ciò ebbe origine una congiura che condusse all'assassinio di Cesare.

La nobiltà senatoria, appoggiata da alcuni repubblicani, intendeva riacquistare il potere nella convinzione che la dittatura di Cesare fosse una limitazione alla libertà. Inoltre si credeva che Cesare mirasse ad instaurare una monarchia ellenistica per appagare la sua brama di gloria e per esaudire i desideri di Cleopatra, che si mostrava sempre più spesso a suo fianco.

I capi della congiura furono Marco Bruto, già seguace di Pompeo, e Cassio Longino, luogotenente di Crasso.

Cesare, nel frattempo, intento nei preparativi della guerra contro i Parti per rivendicare la morte di Crasso, non prestò attenzione a ciò che stava accadendo alle sue spalle. Così alle Idi di Marzo (15 marzo 44 a.C.), nonostante fosse stato ripetutamente avvertito, egli si recò ugualmente in Senato. All'ingresso lo circondarono un gruppo di congiurati, egli cercò di difendersi ma quando vide che tra i sui aggressori vi era anche Marco Bruto cessò di opporre resistenza e venne ucciso con ventitré pugnalate ai piedi della statua di Pompeo. Con questo gesto i congiurati furono convinti di aver finalmente riacquisito la libertà, ma al contrario, con la morte di Cesare, la storia della Repubblica giunse alla fine.

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