Primo dopoguerra in Europa
La
fine della prima guerra mondiale lasciò i paesi belligeranti stremati. Ai
contraccolpi geografici (i morti avevano superato i 10 milioni di unità) si
aggiungevano le difficoltà economiche: le industrie che avevano prodotto
materiale bellico dovevano essere riconvertite mentre il bilancio pubblico era
stremato da un indebitamento vertiginoso; questa situazione alimentò un forte
malessere sociale (di cui l'inflazione e la disoccupazione dei reduci erano le
cause più rilevanti) e le conseguenze si fecero sentire sul piano politico,
dove alla domanda delle masse popolari di partecipare maggiormente alla vita
politica, fecero riscontro le tendenze di alcuni a risolvere in chiave
autoritaria la crisi del sistema liberale.
I
sistemi politici dei paesi vincitori trovarono difficoltà a governare ed a
risolvere la gravissima crisi economica e sociale esplosa nell'immediato
dopoguerra e trascinatasi per i primi 20 anni. Gli accordi di pace non furono
infatti in grado di ricostruire un nuovo ordine internazionale. Tale difficoltà
affondava le sue radici nel progressivo declino economico dell'Europa che
divenne economicamente tributaria di altri centri, primo fra tutti gli USA. Lo
stato liberale e la democrazia politica sembrarono incapaci di risolvere i
problemi più assillanti; ciò permise risoluzioni in chiave autoritaria.
Anche
l'Inghilterra fu in questo periodo travagliata da lotte sindacali senza
precedenti che culminarono nel 1926 in un grande sciopero di minatori che
rischiò di far precipitare la situazione politica; il governo inglese riuscì ad
incanalare tali proteste entro l'alveo istituzionale. In Francia si assistette ad una
radicalizzazione dello scontro politico e sociale. Negli USA, usciti dalla
crisi economica, prevalsero le tendenze isolazioniste e più conservatrici, che
limitarono notevolmente il ruolo di questo paese nello scacchiere
internazionale. Il timore del bolscevismo portò all'adozione di restrizioni nei
confronti dell'emigrazione, considerata veicolo di infiltrazioni comuniste. Il
clima di intolleranza sfociò in provvedimenti repressivi; uno in particolare
fece molto scalpore: la condanna a morte di 2 anarchici italiani, sacco e
vanzetti, ingiustamente accusati di un omicidio a sfondo politico.
In
Germania la crisi del dopoguerra raggiunse una radicalizzazione estrema. Fu
proclamata la Repubblica di Weimar che affermò l'egemonia della
socialdemocrazia. Ma all'interno del movimento operaio si affermarono anche
tendenze rivoluzionarie che si coagularono nel movimento spartachista. Lo
scontro tra il governo e la sinistra raggiunse il suo apice nel 1919 con una
grande manifestazione a Berlino, stroncata nel sangue. Dopo l'episodio si
scatenò la controrivoluzione animata dalla formazioni più reazionarie legate ai
circoli militari. Una di queste, a Monaco, si organizzò in Partito Socialista
capeggiato da Adolf Hitler che tentò un colpo di stato; il tentativo fallì e
Hitler fu arrestato. L'episodio fu un chiaro sintomo di una situazione politica
irrimediabilmente deteriorata.