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Montale e il fascismo
Un poeta contemporaneo che è stato coerentemente anti-fascista è Eugenio Montale. Nacque a Genova nel 1896, partecipò alla prima guerra mondiale e a guerra finita fondò una rivista, "Primo tempo" (1922). Nel 1925 pubblicò il primo volume di "Ossi di Seppia". Si trasferì a Firenze dove fu direttore del gabinetto, ma fu licenziato per i suoi comportamenti antifascisti. Quindi si trasferì a Milano dove fece il giornalista. Nel 1967 fu nominato senatore a vita e nel 1975 gli venne conferito il premio nobel per la letteratura. Autodidatta, incapace di inserirsi in un'attività produttiva, malinconicamente convinto di essere un inetto, lettore appassionato, si formò sui futuristi, simbolisti francesi, su tutta la cultura e letteratura di fine Ottocento e primo Novecento. E accompagnò la sua opera creativa con un intensa meditazione critica sui caratteri di essa e sui suoi strumenti espressivi, definendo intenzioni e risultati con lucida ironica coscienza. L'argomento della poesia del Montale è la condizione umana in se considerata, non in avvenimenti storici. Per Montale questo non significa estraniarsi da quando avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio. Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che lo circondava, la materia della sua ispirazione è quella "Disarmonia". Montale è stato coerentemente antifascista, e certo il fascismo, il nazismo, le vicende d'Europa degli anni trenta, la guerra, sono stati elemento della sua disperazione; e in disarmonia con il mondo egli si è sentito dopo la seconda guerra mondiale, quando è stato anticomunista, antiavanguardista, sprezzante verso la storia politica, sociale, culturale del secondo dopoguerra. Di qui capiamo la sua inadattabilità al mondo di oggi. Montale non ha mai visto un'alternativa possibile se non nella coscienza o nel sentimento: una disperazione e un pessimismo senza scampo, che non permette altro rimedio che un'affermazione stoica di dignità umana, lo sforzo di sopravvivere nel magma di una disgregazione universale. Questo atteggiamento si nota già nella prima raccolta, Ossi di seppia, cioè una vita morta e reietta dalle onde sulle spiagge, oggetti prosciugati e disidratati, privati di ogni palpito. In lui vediamo un'aridità interiore, una chiusa angoscia, il senso di un atroce "male di vivere", per cui non resta all'uomo altro che la "Divina Indifferenza". Nella seconda raccolta, Le Occasioni, approfondì motivi e ricerca espressiva in un processo ulteriore verso la stretta fusione di classicismo e simbolismo e nella tendenza a una poesia metafisica. Al centro restava la visione del mondo incoerente, un ammasso di oggetti estranei all'uomo quando non addirittura ostili, la coscienza della propria solitudine e del proprio destino umano e solo qualche rara occasione che ci permette di vivere. E la poesia, in quegli anni bui quando dittature e guerre soffocavano, diventa l'unico scampo: uno scampo aristocratico, che stacca e isola pochi eletti dalla grigia folla comune. Scoppiata la guerra , nel momento in cui la massima si fa l'angoscia dell'uomo, Montale scrive le liriche Finisterre (1940-'42) che poi raccoglie in La bufera e altro (1956). Qui Montale continua il suo esame di un mondo che avverte sempre più estraneo. Col passare degli anni questo sentimento di distacco dal mondo si fa sempre più acuto. Montale ripugna alla civiltà industriale, vede in essa la morte dell'arte.
LE IDEE
Le idee totalitarie del fascismo, l'assolutismo, l'appiattimento dei valori umani, l'imposizione di determinate regole ed il completo disconoscimento della libera espressione di parola e di comportamento, causarono la ribellione di molti intellettuali, che vissero questo periodo in modo molto sofferto, sia interiormente che politicamente, pur astenendosi, nella maggior parte dei casi dalla militanza politica attiva. Tra questi spicca per acume, capacità ed impegno, Eugenio Montale.
Nel 1925 Montale, coerentemente con la propria posizione liberale, firma il manifesto degli intellettuali antifascisti. Nel 1927 si trasferisce a Firenze che appare al poeta una sorta di patria della cultura, intese come valore supremo da difendere contro l'ignoranza e la rozzezza del regime fascista. Proprio perchè non iscritto al partito fascista viene licenziato dal suo impiego di direttore del prestigioso Gabinetto Vieusseux. Dalla nuova condizione dell'intellettuale e dalla nuova situazione storica (l'avvento del fascismo) deriva un'ideologia che oppone alla massificazione dilagante i valori elitari della cultura e dell'arte, unico risarcimento possibile per gli intellettuali.
SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO
da 'Ossi di seppia', 1925 di EUGENIO MONTALE
Metro: due quartine di endecasillabi (tranne l'ultimo verso), rimati secondo lo schema
ABBA, CDDA.
Parafrasi
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Spesso ho incontrato il
Spesso il male di vivere ho incontrato: dolore che investe ogni
aspetto della realtà:
1 era il rivo strozzato che gorgoglia, era il ruscello che gorgoglia
impedito nel suo fluire,
era l'incartocciarsi della foglia era il raggrinzirsi della fo-
glia bruciata dalla siccità,
2 riarsa, era il cavallo stramazzato. era il cavallo caduto a terra
pesantemente.
Bene non seppi, fuori del prodigio Non conobbi alcun bene, tran-
ne il fatto straordinario
3 che schiude la divina Indifferenza: che consiste nell'Indiffe-
renza e nel distacco:
4 era la statua nella sonnolenza era la statua nella sonno-
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. lenza del meriggio, e la
nuvola, e il falco librato
nell'aria.
N O T E
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1-2 era il rivo stramazzato: il faticoso fluire del ruscello, l'accartoc-
ciarsi al sole delle foglie e lo stramazzare
stanco del cavallo sottolineano la quotidiani-
tà ferita e simboleggiano la sofferenza del
vivere che investe l'uomo.
3 divina Indifferenza: solo l''indifferenza' e il 'distacco' danno al poeta
una possibilità di salvezza. L'aggettivo 'divina'
conferisce all'Indifferenza dignità di conquista ultra-
terrena che equipara l'uomo alla divinità e gli
consente di non provare dolore.
4-5 era la statua levato: il poeta precisa le qualità dell''indifferenza'
per mezzo di tre simboli caratterizzati dal
distacco e dalla freddezza: 'la statua', con la
sua insensibilità; 'la nuvola', con la sua lonta-
nanza; 'il falco', con la sua libertà.
Inoltre il 'meriggio', inteso come momento di
torpore, non fa che accentuare l'atmosfera di
immobilità.
ANALISI TESTUALE:
Il testo descrive esplicitamente il concetto montaliano del "male di vivere" ed offre un chiaro esempio di correlativo/oggettivo, ossia del rapporto che la parola stabilisce con gli oggetti da essi nominati, cioè dell'oggetto come espressione di uno stato d'animo. Nel primo verso, l'uso della prima persona suggerisce un movimento che va dal personale al concreto, dal soggettivo all'oggettivo Utilizzando la forma verbale <<ho incontrato>> il poeta materializza il concetto del "male di vivere", identificandolo quasi come una persona reale, sottolineando in tal modo la vitalità e la realisticità del contatto con esso. Questo male si identifica direttamente con gli emblemi che lo rappresentano: <<il rivo strozzato>>, immagine che ritrae l'acqua costretta a fluire attraverso una strettoia , <<l'incartocciarsi della foglia riarsa>> e il <<cavallo stramazzato>>, che oramai stanco e corroso dalla fatica si abbandona a se stesso e si lascia cadere a terra.
In opposizione al "male di vivere" che si manifesta negli aspetti più comuni della Natura, non vi può essere per Montale altro <<bene>> che l'atteggiamento di stoico distacco e di <<indifferenza>> assunto dalla divinità di fronte alla miseria del mondo. Ai tre emblemi del "male" si oppongono tre correlativi oggettivi di questa specie di <<bene>>: la statua, la nuvola e il falco.
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