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L'ITALIA DA CRISPI ALLA CRISI DI FINE SECOLO
FRANCESCO CRISPI. Alla morte di Agostino Depretis divenne presidente del consiglio l'avvocato Francesco Crispi, principale consigliere politico di Garibaldi durante l'impresa dei Mille: era stato dunque un politico rivoluzionario e repubblicano, ostile al moderatismo di Cavour e ai Savoia.
Poi negli anni Ottanta era cambiato e aveva a poco a poco assunto posizioni monarchiche, probabilmente influenzato da Otto von Bismarck, il 'cancelliere di ferro' che lui apprezzava molto.
Egli quindi, sulla scia di Depretis:
Allargò cautamente la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica
Assunse misure protezionistiche in economia
Coltivò ambizioni coloniali
Promosse una serie di riforme sociali, per esempio la riduzione dell'orario di lavoro
Fu però più autoritario di Depretis e represse violentemente i moti operai di fine secolo
LE RIFORME DI CRISPI. Nei suoi 4 governi, dal 1887 al , il suo autoritarismo non gli impedì dunque di operare delle riforme:
Aumentò la presenza dello Stato nella vita civile, sociale ed economica del Paese
Allargò ulteriormente il suffragio
Fece sì che i sindaci (fino ad allora di nomina regia) venissero eletti direttamente dal popolo
Abolì la pena di morte
Cancellò il reato di sciopero
Si impegnò molto per la costruzione di un sistema sanitario pubblico
Cercò di mettere sotto il controllo governativo gli enti ecclesiastici di beneficenza
Varò misure protezionistiche più rigide di quelle di Depretis, tanto da causare una vera e propria 'guerra doganale' con la Francia
Rafforzò i rapporti commerciali con la Germania e l'Austria-Ungheria, a fronte della Triplice Alleanza
LE AMBIZIONI COLONIALI. Nonostante la sconfitta a Dogali del 1887, forte dell'appoggio di Germania e Austria-Ungheria, Crispi non volle rinunciare alla conquista del corno d'Africa.
L'imperatore etiope Menelik, siglò con l'Italia il Trattato di Uccialli ), che stabiliva il protettorato italiano su diverse zone dell'Etiopia, della costa somala e su alcune città eritree.
Nel 1885 però l'Italia, prendendo come pretesto un'interpretazione discordante del trattato, spinta dagli spiriti dei nazionalisti, riprese la penetrazione in Etiopia
Il negus Menelik si oppose con le armi e nel 1886 sconfisse pesantemente le truppe itaiane ad Adua
Questa sconfitta inaspettata provocò disordini e manifestazioni, e Crispi fu costretto a dimettersi.
LA CHIESA TORNA IN CAMPO. La Chiesa, di fronte alle esigenze delle grandi masse, cambiò profondamente atteggiamento.
Nel 1891, Leone XIII con l'enciclica Rerum Novarum:
Riconobbe ai lavoratori il diritto di battersi per i propri diritti e per condizioni di vita migliori
Invitava i cattolici a partecipare alla vita politica, in contrapposizione con il Non expedit
Nacquero inoltre:
Società di mutuo soccorso
Associazioni di carità
Casse rurali impegnate a finanziare i mezzadri e i piccoli contadini
LA CRISI ECONOMICA. La rigida politica protezionistica di Crispi:
Da una parte riuscì a difendere l'industria italiana dalla concorrenza straniera
Dall'altra danneggiò fortemente l'economia delle regioni meridionali e del Veneto, che vivevano delle esportazioni dei loro prodotti agricoli
Aumentarono così le disuguaglianze economiche e il malcontento, e con essi le tensioni sociali. Nelle zone più colpite i disoccupati cominciarono ad emigrare verso Argentina, Brasile, Uruguay e Stati Uniti: circa 5 milioni di italiani tra il 1876 e il 1915.
IL SOCIALISMO SI ORGANIZZA. Nelle regioni in cui c'era una situazione economica distorta, si sviluppò il movimento operaio e nel 1992 nacque il Partito socialista italiano
Fino ad alora a interpretare e rivendicazioni sociali egli operai e dei contadini erano stati gli anarchici, che avevano:
Come obiettivo la distruzione dello Stato
Come strumento politico la violenza
I socialisti invece
Avevano l'obiettivo di far pressione sulle classi borghesi, affinchè riformassero lo stato in senso più equo e solidale
Il tutto attraverso politiche sociali a vantaggio delle classi lavoratrici
LA SVOLTA AUTORITARIA. Dopo Crispi tornò al potere la Destra che, spaventata dall'integrazione delle masse lavoratrici nella vita dello stato e dalle loro rivendicazioni, rispose con una chiusura netta.
Nel 1898, a Milano, mentre al governo c'era il generale Pelloux, una folla che dimostrava contro l'aumento del prezzo del pane fu dispersa a cannonate.
Questa svolta autoritaria fu però bloccata dalle elezioni del 1900, quando l'elettorato premiò i socialisti, i radicali, i repubblicani e i liberali riformisti: l'opinione publica italiana non aveva gradito la svolta repressiva e cercava nuove strade per affermare la democrazia in Italia.
Un mese dopo le elezioni, l'anarchico Gaetano Bresci uccise a Monza il re Umberto I, che ai suoi occhi incarnava l'Italia della repressione.
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