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L'IMPERO ROMANO (29 a.C. - 476 d.C.)
Ottaviano, riprendendo la politica di Cesare, accentrò su di sé tutte le principali cariche dello Stato, lasciando formalmente intatte le vecchie istituzioni repubblicane (senato ecc.). Dopo la battaglia di Azio, in cui sconfisse il rivale Antonio, egli ottenne il titolo di imperatore a vita (comandante supremo di tutte le forze militari), principe del senato (diritto di parlare per primo), augusto (protetto dagli dei), potestà tribunicia a vita (persona sacra e inviolabile, con diritto di veto alle delibere del senato), console a vita (tutto il potere esecutivo), pontefice massimo (max autorità religiosa) e altri ancora. In alcune province orientali era anche considerato una divinità. Il cuore della vita politica divenne la corte imperiale (senatori, giuristi, letteratiscelti dall'imperatore). I senatori vennero ridotti di numero e si elevò il censo minimo per poterlo diventare.
Ottaviano fece importanti riforme amministrative (ad es divise le province in senatorie e imperiali), finanziarie (ad es. volle, a fianco del tesoro statale un proprio tesoro o fisco), militari (esercito permanente per l'impero e coorti pretorie per l'imperatore), etico-religiose (restaurò antiche tradizioni.
Quando morì si cercò di affermare la successione per ereditarietà (casa Giulio-Claudia): Tiberio (concilia principato-senato, politica di pace all'estero, muore Cristo), Caligola (supremazia del principato, culto dell'imperatore, culti/usanze orientali, favorisce schiavi/plebe per il consenso, muore ucciso), Claudio (concilia principato-senato, crea burocrazia di liberti imperiali, inizia persecuzioni anticristiane, amplia confini dell'impero, concede per la prima volta il diritto di cittadinanza a molti abitanti della Gallia, ammettendone alcuni al senato, al fine d'indebolirlo); Nerone (primato principato, anticristiano, favorisce piccola-media borghesia imponendo che il denarius fosse ridotto di titolo e di peso ma avesse la stessa capacità di acquisto, fa uccidere il filosofo Seneca e il poeta Luciano congiurati contro di lui, si fa uccidere da uno schiavo dopo essere stato dichiarato nemico della patria dal senato).
Poi andarono al potere gli imperatori della casa Flavia: Vespasiano (il primo di origine borghese, concede il diritto di cittadinanza alla Spagna, esoso sul piano fiscale, mandò in rovina molti piccoli proprietari, pose fine alla guerra giudaica grazie all'opera del figlio Tito, che nel 70 distrusse Gerusalemme); Tito (attenuò le persecuzioni anticristiane, proseguì la politica paterna); Domiziano (supremazia principato, si fa chiamare "signore e dio", protegge i piccoli proprietari contro la concorrenza delle province, grande persecuzione anticristiana, ucciso in una congiura). Alla sua morte s'impone il sistema dell'adozione (la scelta del migliore operata dall'imperatore).
Il primo però, Cocceio Nerva, venne eletto dal senato (diminuì le tasse, abolì le leggi di lesa maestà, richiamò gli esiliati politici, favorì classi meno abbienti, no persecuzioni, designò come successore); Ulpio Traiano (originario della Spagna, primo provinciale al trono, ammise in senato molti provinciali, anticristiano, l'impero raggiunge max estensione); Elio Adriano (supremazia principato, favorì le province, distrugge nuovamente Gerusalemme nel 132, grande ammiratore della civiltà greca, inaugura la serie degli imperatori filosofi: Antonino Pio e Marco Aurelio); Antonino Pio (indifferente alla province, lasciò al senato ampia libertà di governo); Marco Aurelio (stoico, favorì emancipazione degli schiavi, tollera le persecuzioni, rispetta il senato, per la prima volta permette a talune tribù barbariche d'insediarsi nell'impero ottenendo in cambio uomini per l'esercito); Commodo (supremazia principato, tenta una monarchia teocratica servendosi della plebe, fissò un calmiere dei prezzi, favorì gli eserciti in tutti i modi, morì in una congiura). Siamo nel 193.
Tende a prevalere l'elemento militare nell'attribuzione del potere imperiale (anarchia militare). Durerà fino a Diocleziano, determinando il passaggio dal principato a un vero e proprio dominato. Gli eserciti era costituiti soprattutto da provinciali, poco interessati all'unità imperiale e molto legati al comandante che li pagava meglio.
Settimio Severo (militare, ottiene il titolo dal senato, inaugura l'età dei Severi, crea una monarchia assoluta, si fa chiamare "dominus"-signore, si servì di plebe-esercito-borghesia/cavalieri, equiparò per primo Italia e province, concedendo cittadinanza a intere città d'Africa e d'Oriente, morì contro i barbari); Caracalla (uccise il fratello che avrebbe dovuto governare con lui, concesse a tutti i sudditi liberi dell'impero la cittadinanza romana, ucciso dai suoi ufficiali); Macrino (a capo della congiura contro Caracalla, primo imperatore del rango equestre-borghesia e non senatorio, nonostante governo saggio e pacifico fu ucciso dai senatori e dai suoi soldati); Elagabalo (creò un senato femminile con a capo sua madre, concesse cariche statali rilevanti a liberti e schiavi, introdusse a Roma usi-costumi orientali, ucciso dai militari); Severo Alessandro (il primo a riconoscere un valore alla predicazione cristiana, ma siccome contro i germani dovette comprare la pace con l'oro i suoi soldati lo uccisero).
Nuova anarchia militare (235-258). I soldati della Germania proclamano imperatore Massimino (primo barbaro sul trono romano, combatte contro i germani, aumenta la pressione fiscale, requisì molti latifondi, perseguitò i cristiani, ucciso dai suoi soldati). Dopo di lui gli imperatori si susseguono velocemente, quasi tutti proclamati dai militari e quasi tutti uccisi. I barbari entravano sempre più nelle file degli eserciti romani. Forti le persecuzioni.
Imperatori illirici: con loro l'autocrazia militare mise del tutto in ombra il senato. Molte guerre antibarbariche. Il più importante fu Diocleziano, che trasformò lo Stato in una monarchia assoluta teocratica, ruppe tutti i legami tradizionali col senato e col popolo, riservò per sé la difesa della parte orientale dell'impero e diede quella occidentale a Valerio Massimiano (entrambi coadiuvati da due luogotenenti, Galerio Massimiano e Costanzo Cloro: "tetrarchia"-comando di 4. Le leggi erano emanate dalla tetrarchia, ma la figura centrale resta Diocleziano). Ridusse tutte le province alle dipendenze dell'imperatore, divise il potere civile da quello militare (entrambi affidati a persone di rango borghese), creò una vasta burocrazia (ai cui ruoli poteva accedere chiunque). Fece corrispondere, ai fini tributari, un lavoratore-colono a un'unità di superficie di terra da lui lavorata: l'imposta da pagare era fissata in base a un rilevamento del reddito del terreno fatto ogni 5 anni (poi ogni 15). La tassazione era maggiore quanto minore era la densità demografica. Non si teneva conto di carestie, pestilenze, guerre. Creò poi un'imposta sulla ricchezza mobile, colpendo i prodotti di commercio, industria e professioni. Promulgò un editto sui prezzi massimi delle merci, per frenare l'inflazione, ma fu un fallimento perché si sviluppò il mercato nero.
Poi, vedendo che i coloni, per il duro fiscalismo, abbandonavano le terre, li obbligò a restare per tutta la vita (inclusi i figli) sul luogo di lavoro: chi perdeva i diritti civili diventava servo della gleba. Lo stesso per gli artigiani. Fortissime le persecuzioni anticristiane. Dopo 20 anni di governo Diocleziano abdicò insieme a Massimiano. Il sistema della tetrarchia continuò con altri imperatori fino alla guerra civile tra Costantino e Massenzio. La vittoria di Costantino portò all'Editto di Milano (313) con cui si concedeva anche ai cristiani piena libertà di culto. La tetrarchia era finita. Costantino conservò sia la divisione dell'impero in 4 parti (ma solo a livello amministrativo), sia la distinzione dei poteri civili e militari, incrementò la burocrazia, fece una disastrosa riforma finanziaria, trasferì la capitale a Bisanzio (che chiamò Costantinopoli). Si servì del cristianesimo per motivi politici: esentò dalle imposte le proprietà ecclesiastiche, stabilì tribunali speciali per il clero, convocò il concilio di Nicea contro l'arianesimo, permise alla chiesa di ricevere ambasciatori, riconobbe la domenica come giorno festivo Tra i suoi successori va segnalato Giuliano l'apostata, che cercò, ma inutilmente, di ripristinare il paganesimo come unica religione di stato.
Con Teodosio (Editto di Tessalonica, 380) il cristianesimo diventa l'unica religione di stato. Dopo di lui l'impero non fu più unito. In occidente i veri padroni erano i generali barbari. Uno di questi, Odoacre, preferì inviare le insegne imperiali al basileus, dichiarando di voler governare l'Italia come un suo luogotenente. L'imperatore conferì ad Odoacre il titolo di patrizio romano.
Il crollo dell'impero romano
Perché crollo l'impero romano, visto che era molto più avanzato, sotto vari aspetti tecnico-scientifici, del feudalesimo?
Se guardiamo i conflitti di classe, le insurrezioni schiavistiche e le ribellioni delle colonie di quel periodo, dovremmo dire che l'impero è crollato quando meno c'era da aspettarselo. Dal punto di vista della lotta socio-politica, la resistenza delle classi oppresse (se si escludono gli ebrei e i cristiani) era molto più forte tra il II sec. a.C. e il I sec. d.C. che non nel III e IV sec. d.C.
Se dovessimo pensare solo ai motivi endogeni dovremmo dire che l'impero è caduto non quando era più debole, ma quando era più forte (almeno in apparenza). Certo, sotto l'impero era aumentata la corruzione, la decadenza dei costumi, l'immoralità, ma fortissimo era il potere politico, amministrativo e militare.
E' impossibile immaginare che un impero possa crollare solo perché i costumi si sono corrotti. Potranno scoppiare delle guerre civili, anche lunghe e sanguinose, ma alla fine il vincitore saprà imporre su tutti il proprio dominio (ciò prescindendo dalla possibilità di superare la corruzione in maniera democratica).
Né ha senso affermare che l'impero è caduto a causa della irriducibile resistenza dei cristiani, i quali tutto erano meno che "rivoluzionari". Costantino, infatti, ad un certo punto lo comprese perfettamente.
Peraltro, va detto che non tutto l'impero crollò, ma solo la parte occidentale (quella più sviluppata), poiché quella orientale, ribattezzata nel nome di Cristo, sopravvisse per altre mille anni. Il che può forse indurci a credere che non tutto l'impero era uguale, cioè che la debolezza della parte occidentale (dovuta alla decadenza dei valori non alla forza politico-militare) era maggiore di quella della parte orientale.
Uguali infatti erano l'odioso fiscalismo, la coscrizione militare, le leggi inique Semmai anzi potremmo dire che le regioni orientali avrebbero avuto un motivo in più per distruggere le fondamenta dell'impero, poiché erano senz'altro maggiormente vessate da Roma.
Il motivo per cui non solo non sia crollata anche la parte orientale dell'Impero, ma che addirittura essa sia sopravvissuta per altri mille anni, non è mai stato sufficientemente spiegato dagli storici.
Probabilmente le popolazioni delle regioni orientali avevano nei confronti delle cosiddette "popolazioni barbariche" un atteggiamento meno ostile, più aperto di quello che avevano le popolazioni delle regioni occidentali, che erano più ricche e quindi meno disposte a dividere le loro ricchezze.
Un impero non crolla solo perché è corrotto, ma anche perché, espandendosi, ha dato fastidio a molte popolazioni, che ad un certo punto hanno ritenuto opportuno ribellarsi.
Quando i valori morali di un impero si indeboliscono progressivamente, il rimedio che solitamente si prende è quello dell'autoritarismo istituzionale, che diventa tanto più forte quanto più è debole la coesione sociale sui valori comuni.
E' dunque probabile che le popolazioni occidentali, abituate a vivere anche sullo sfruttamento di quelle orientali (quest'ultime temute da Roma assai meno, essendo più lontane), non fossero ben disposte a lottare contro i cosiddetti "barbari" per difendere i "valori" della civiltà romana; si lottava contro il nemico (e solo i mercenari, peraltro, lo facevano) più che altro per difendere un certo livello di benessere.
Viceversa, le popolazioni orientali da tempo dovevano aver capito che il modo migliore per difendere i veri valori della vita non era quello di stare dalla parte di Roma, che, in cambio della difesa contro i nemici, non offriva che ulteriori vessazioni e soprusi, ma era quello di mettersi direttamente dalla parte degli invasori.
Quando un invasore vede che il nemico si arrende senza combattere, non ha motivo di infierire. E' stato forse questo che ha permesso una facile integrazione fra culture, etnie e religioni così diverse.
In occidente invece la resistenza all'integrazione culturale e sociale è sempre stata fortissima. Ciò non poteva che esasperare gli animi di quelle popolazioni che, costrette da secoli a vivere in condizioni precarie, premevano ai confini dell'impero.
Roma dunque è caduta non solo per motivi endogeni, dovuta alla grande corruzione che la caratterizzava, ma anche per motivi esogeni, dovuti all'incapacità di gestire democraticamente i rapporti con le popolazioni confinanti.
Quando queste popolazioni entrarono nell'impero distrussero praticamente tutto, anche quello che avrebbero potuto utilizzare per migliorare i loro standard vitali. Ciò sta a significare che l'odio accumulato nel corso dei secoli nei confronti della potenza romana, specie di quella dell'area occidentale, aveva raggiunto livelli altissimi.
Giustiniano
La Renovatio imperii di Giustiniano fallì nell'Europa occidentale perché egli costatò che concedendo ampi poteri politico-economici alla chiesa romana, questa, invece che sostenere il suo progetto, faceva di tutto per ostacolarlo. Quanto più la chiesa romana riceveva poteri da Bisanzio, tanto più se ne serviva in funzione anti-imperiale e anti-ortodossa.
L'ingenuo ottimismo del monofisita basileus s'incontrò con la disponibilità cattolico-romana al monofisismo, ma non tenne conto che tale chiesa, per affermare il proprio potere politico, aveva necessità di staccarsi dalla rivale chiesa ortodossa.
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