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Le rivoluzioni del 1848. Sconfitta del radicalismo.




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Carattere ed origine della rivoluzione

Alla vigilia del 1848 la paura della rivoluzione era soprattutto legata a quella del socialismo, infatti governi e classi dirigenti vedevano nelle manifestazioni popolari di protesta e di lotta un attentato alla proprietà privata. In realtà i fermenti popolari erano molto più complessi, e diversi secondo le varie situazioni nazionali, e nelle rivolte proletarie, la difesa dei vecchi ordinamenti sociali ed economici prevaleva sull'impostazione socialista.

I tipi di sommosse che rendevano instabile l'assetto degli stati europei erano sostanzialmente di due tipi: le lotte liberali e nazionali nei paesi che erano politicamente divisi o dipendenti da un regime assolutistico (come l'Italia), e le rivendicazioni democratiche nei paesi che avevano già un ordinamento costituzionale.

Le correnti socialiste e operaie non riuscivano a porsi come protagoniste della lotta politica.

Il ruolo più importante fu quello delle correnti democratiche, che diedero alla rivoluzione del '48 un'impronta europea e che sostennero la rivoluzione sia che fosse una lotta liberale, sia che fossero rivendicazioni democratiche.

Una causa della rivoluzione fu senz'altro la crisi economica del '45-'47, dovuta essenzialmente ai cattivi raccolti del '45-'46, che esasperò il malcontento dei lavoratori e creò un grande

disagio nei ceti medi, investendo anche il settore industriale e commerciale, provocando una serie di fallimenti. Ci furono però paesi immuni dal "contagio rivoluzionario" come Inghilterra e Russia: nella prima ci fu solamente una ripresa del cartismo mentre nella seconda l'opposizione all'assolutismo fu essenzialmente un presupposto d'intellettuali e scrittori.


2. L'elezione di Pio IX. Gli Statuti

La scintilla della rivoluzione si accese in Italia, dove si erano formati movimenti democratici unitari e correnti federaliste moderate.

L'avvenimento che mise in moto la situazione italiana fu l'elezione di Pio IX, che fu spinto dalla pressione dell'opinione pubblica alla concessione di qualche riforma, come la partecipazione dei laici al Consiglio dei ministri.

Queste iniziative incoraggiarono in tutta Italia il movimento riformista, del quale Pio IX divenne un simbolo.

In questo clima furono pubblicati due opuscoli: la Proposta di un programma per l'opinione nazionale italiana e la Protesta del popolo delle due Sicilie, il primo che riproponeva temi di riforma sui quali potevano convergere le forze politiche liberali, ed il secondo che denunciava con vigore la corruzione del regime borbonico.

Ma la concessione più importante di Pio IX fu la concessione della libertà di stampa, che fu concessa anche, in seguito alla pressione della popolazione in Toscana ed in Piemonte.

Ci fu poi il progetto di una lega doganale da parte di Carlo Alberto, Pio IX e Leopoldo II di toscana alla quale avrebbero dovuto aderire Lombardia, Toscana e Piemonte, ma il rifiuto degli altri sovrani non ne permise la creazione.

Si aprì a questo punto la seconda fase della crisi politica aperta da Pio IX: di fronte all'intransigenza dei sovrani infatti i democratici indicavano la soluzione rivoluzionaria.

Se Mazzini rivolse un appello a Pio IX, non perdeva comunque di mira l'azione rivoluzionaria.

La scintilla scoccò inizialmente in Sicilia, dove la tendenza separatistica si univa al risentimento contro il dispotismo.

I rivoluzionari ebbero la meglio sulle forze borboniche e formarono un governo provvisorio che adottò la costituzione del 1812, seppure con qualche modifica.

A Napoli Ferdinando II fece appello all'intervento austriaco, ma fu impedito dal rifiuto del papa di concedere il passaggio delle truppe nel suo territorio.

Ferdinando fu costretto a cedere alla pressione rivoluzionaria.


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