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Alla fine dell'800, col diffondersi dell'industrializzazione e dei connessi fenomeni di urbanizzazione, si vengono delineando i contorni di quella che oggi chiamiamo <<società di massa>>.
Caratteri della società di massa:
La maggioranza dei cittadini vive in grandi e medi agglomerati urbani;
il sistema delle relazioni sociali non passa più attraverso le piccole comunità tradizionali ma fa capo alle grandi istituzioni nazionali;
il grosso della popolazione è uscito dalla dimensione dell'autoconsumo ed è entrato nel circolo dell'economia di mercato.
L'esordio della società di massa rese più complessa la stratificazione sociale. Nella classe operaia si accentuò la distinzione tra manodopera generica e lavoratori qualificati. Aumentò la consistenza di un ceto medio urbano, formato da lavoratori autonomi e dipendenti, che sempre più si distingueva dagli strati superiori della borghesia.
L'idea di una scuola aperta a tutti e controllata dai poteri pubblici interessava le classi dirigenti, poiché la scolarizzazione diffusa poteva educare le masse e ridurre la criminalità, ma anche rappresentare un canale attraverso cui lo Stato poteva diffondere i propri valori tra le giovani generazioni.
A partire dagli anni '70 tutti i governi d'Europa si impegnarono per rendere l'istruzione elementare obbligatoria e gratuita: ci fu un generale aumento della frequenza scolastica, diminuì il tasso di analfabetismo, aumentò la diffusione della stampa quotidiana e periodica e il numero dei lettori, che contribuivano a formare l'opinione pubblica.
Tra la fine dell'800 e l'inizio del 900 si estese il diritto di voto alla totalità o alla stragrande maggioranza dei cittadini maschi maggiorenni, indipendentemente dal censo. Fu in questi anni che emerse una questione femminile, anche se il movimento per l'emancipazione delle donne ebbe successo solo in Gran Bretagna (1918: diritto di voto alle donne).
L'estensione del suffragio costrinse le classi dirigenti a tenere in conto gli orientamenti e le esigenze delle classi subalterne:
furono istituiti sistemi di assicurazione contro gli infortuni e di previdenza per la vecchiaia, e in alcuni casi sussidi per i disoccupati;
si cercò di impedire il lavoro dei fanciulli in età scolare;
furono introdotte limitazioni agli orari giornalieri degli operai e fu sancito il diritto al riposo settimanale;
furono gradualmente estesi i servizi pubblici a opera degli stessi comuni, che in molti casi ne assunsero la gestione tramite aziende pubbliche appositamente create;
per compensare queste spese furono introdotte nuove forme di imposizione fiscale, soprattutto imposte dirette; fu introdotto il principio della progressività (all'aumentare del reddito aumentavano le aliquote fiscali).
L'estensione del suffragio determinò l'affermazione del nuovo modello del partito di massa, basato sull'inquadramento di larghi strati della popolazione attraverso una struttura permanente, articolata in organizzazioni locali e facente capo a un unico centro dirigente. Prima della fine dell'Ottocento non erano mai esistiti veri e propri partiti, ma soltanto club o comitati elettorali.
Il partito di massa presenta le seguenti caratteristiche:
è radicato nella società;
è articolato in organizzazioni locali (sezioni, cellule);
ha un quadro dirigente permanente;
è legalmente riconosciuto;
ha un programma di riferimento;
fa riferimento ad una ideologia.
In tutti i più importanti paesi europei sorsero, alla fine dell'800, partiti socialisti che cercavano di organizzarsi sul piano nazionale attraverso un'azione legale (non più rivoluzionaria) all'interno delle istituzioni, partecipando alle elezioni, proponendo il modello di partito di massa. Il primo e più importante di questi partiti fu il partito socialdemocratico tedesco.
I partiti operai europei, aldilà delle diversità organizzative e delle divergenze ideologiche, si proponevano tutti il superamento del sistema capitalistico e la gestione sociale dell'economia; tutti si ispiravano a ideali internazionalisti e pacifisti, e tendevano a crearsi una base di massa tra i lavoratori e a partecipare attivamente alla lotta politica nel proprio paese.
Nel 1899 nacque la Seconda Internazionale: i rappresentanti di numerosi partiti europei per lo più di ispirazione marxista si riunirono a Parigi e fissarono alcuni importanti obiettivi, tra cui la giornata lavorativa di otto ore.
Il movimento socialista aveva diverse componenti: una rivoluzionaria, che individuava nella rivoluzione proletaria armata il mezzo per arrivare a costruire una società socialista; una componente riformista, che sosteneva la lotta per delle riforme; una componente revisionista, secondo la quale era opportuno rivedere il pensiero di Marx e democratizzare la società, evitando rivoluzioni che avrebbero inevitabilmente portato alla dittatura.
Accanto al marxismo, emersero all'interno del movimento operaio nuove correnti di estrema sinistra che contestavano la politica dei dirigenti socialdemocratici tedeschi ed europei, accusati di mascherare, dietro un'apparente fedeltà agli ideali rivoluzionari, una pratica riformista e legalitaria.
In Russia, Lenin si batteva per un partito tutto votato alla lotta, formato da militanti scelti e guidato da "rivoluzionari di professione". Questo era diviso nelle correnti menscevica (minoritaria) e bolscevica (maggioritaria). I menscevichi sostenevano che prima della rivoluzione socialista era necessaria una fase di sviluppo del capitalismo, di riforme sociali, economiche e politiche (es. riforma agraria), di graduale passaggio ad uno Stato liberale; i bolscevichi ritenevano invece che si dovesse verificare una rivoluzione socialista senza passaggi intermedi.
In Francia nacque il sindacalismo rivoluzionario; secondo i dirigenti sindacali francesi il compito dei sindacati non era tanto quello di strappare concessioni economiche alla controparte, quanto quello di educare i lavoratori alla lotta contro la società borghese. Il momento più importante dell'azione operaia era individuato nello sciopero, utile a rendere i lavoratori consapevoli della loro forza e a prepararli al grande sciopero generale rivoluzionario che avrebbe segnato la caduta della società borghese.
La Chiesa, attraverso strutture come le parrocchie e le associazioni caritative, poté impegnarsi nell'inquadramento dei lavoratori in organismi di massa capaci di porsi in concorrenza con quelli di ispirazione socialista. Nel 1891 con l'enciclica Rerum Novarum Leone XIII, pur senza attenuare l'intransigenza dottrinaria della Chiesa, condannò lo sfruttamento dei lavoratori e difese le loro esigenze, facendo appello ai valori cristiani per abolire le disuguaglianze e le tensioni sociali.
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