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LA rivoluzione francese
Francia, fine 1700.
Verso la fine del 700, in Francia, c'è una rivoluzione politica che pone fine alla monarchia dei Borbone per instaurare la repubblica, trasforma i sudditi francesi in cittadini cui sono riconosciuti inviolabili diritti, smantella gli antichi privilegi signorili ed ecclesiastici ponendo le basi per una società fondata sull'uguaglianza giuridica.
La rivoluzione politica c'è in un periodo di gravi difficoltà economiche e finanziarie per il Paese: c'è una carestia che aggrava la miseria dei lavoratori agricoli e spinge verso le città masse di contadini rovinati e di vagabondi in cerca di lavoro o carità. Contemporaneamente i proprietari di manifatture (in particolari tessili) procedono a massicci licenziamenti, aumentando il numero dei disoccupati.
I prezzi dei generi di prima necessità aumentano: la farina e il pane tra il 1786 e il 1789 raddoppiano. Il bilancio dello Stato è in grave deficit da anni.
La gravità della situazione suggerisce al sovrano Luigi XVI di convocare l'assemblea degli Stati generali per esprimersi sulle soluzioni da dare alla crisi.
La prima riunione degli Stati generali avvenne il 5 maggio 1799. Li compongono 1165 delegati, per metà rappresentanti della nobiltà e del clero, per metà del Terzo stato (liberi professionisti, funzionari pubblici, intellettuali.).
I rappresentanti del Terzo stato impongono il voto per persona e il 17 giugno si autoproclamano Assemblea Nazionale. Dopo aver giurato di non sciogliersi prima di aver dato alla Francia una costituzione e aver aggregato a sé la parte più illuminata del clero e della nobiltà, l'assemblea, divenuta ora rappresentativa della nazione, si dichiara Assemblea costituente. La folla parigina intanto manifesta la propria rabbia contro le istituzioni e dà il proprio sostegno all'opera dei rappresentanti del Terzo stato assaltando i castelli del dazio e la fortezza della Bastiglia, simboli dell'oppressione fiscale e politica.
Questi eventi hanno effetti decisivi. Mentre Luigi XVI, intimorito dai moti di piazza, ritira le truppe mercenarie chiamate a Parigi per intervenire contro l'Assemblea, le iniziative rivoluzionarie si moltiplicano: nelle città francesi si costituiscono municipalità libere e milizie volontarie che stringono intese fra loro e si mettono a disposizione dell'Assemblea nazionale; nelle campagne i contadini saccheggiano i castelli dei signori e ne disperdono gli archivi dove sono conservate le carte che fissano i loro obblighi nei confronti dei proprietari.
A Parigi, l'Assemblea inizia un'intensa attività legislativa e vara importanti provvedimenti con cui pone fine alle istituzioni dell'Antico Regime. In seguito vengono approvati: l'Abolizione dei privilegi e dei diritti signorili, la Dichiarazione dei diritti fondamentali dell'uomo e del cittadino (libertà di pensiero, parola, stampa) e il riconoscimento della sovranità popolare, la nazionalizzazione dei beni della Chiesa che saranno venduti all'incanto. Inoltre c'è la riforma dell'amministrazione pubblica, con la suddivisione del territorio in 83 dipartimenti, e quella del sistema giudiziario, con il divieto delle torture disumane ancora in vigore.
Una parte della popolazione Parigina, informata tramite giornali, immagini satiriche e volantini rivoluzionari, si avvicina alla politica.
Nascono dei club nei quali si commenta la vita politica. All'inizio sono composti dai soli deputati, ma ben presto apriranno le loro porte ai molti simpatizzanti. I più attivi in questo senso sono i Giacobini, in cui i suoi aderenti (in genere della media e piccola borghesia) si riuniscono. Il club giacobino si orienta verso una politica più dura nei confronti del sovrano e dei nemici della Rivoluzione.
Il 3 settembre 1791 viene approvato il testo definitivo di una costituzione fondata sulla divisione dei poteri e sul bicameralismo: essa non introduce il suffragio universale, ma un sistema elettorale che consente di votare solo ai maschi. Al sovrano, obbligato a giurare fedeltà alla carta e alla nazione, viene riconosciuto il potere esecutivo, ma con diverse limitazioni: può scegliere i ministri ma devono renderne conto all'Assemblea (a cui spetta il potere legislativo); gli spetta la direzione della politica estera ma deve renderne conto all'Assemblea.
Luigi XVI prende contatti segreti con le corti straniere per preparare un intervento militare. Viene catturato a Varennes il 20 giugno 1791, mentre sta per lasciare la Francia con la famiglia. Esso appare quindi come un traditore disposto ad allearsi con gli stranieri per marciare contro il proprio popolo.
Nella notte del 10 agosto 1792, una immensa folla assalta il palazzo delle Tuileries, costringendo il re a indossare il berretto rosso e appuntito, tipicho degli antichi Frigi, assunto come simbolo della libertà, e instaura una nuova municipalità - la Comuni insurrezionale - che depone il sovrano.
La Convenzione, nuova assemblea rappresentativa eletta nel settembre, dichiarerà l'abolizione della monarchia, avviando le procedure nel processo a Luuigi XVI che si concluderà nel gennaio del 1793 con la condanna e l'esecuzione capitale.
LA FRANCIA RIVOLUZIONARIA E L'EUROPA
La prima presa di posizione ufficiale da parte di sovrani europei risale al 27 luglio 1791, qualche settimana dopo il fallito tentativo di fuga di Luigi XVI: l'imperatore d'Austria e il re di Prussia stilano la Dichiarazione di Pillnitz con cui esprimono disapprovazione per l'evolversi delle vicende rivoluzionarie e preoccupazione per la sorte del re e della sua famiglia (la regina Maria Antonietta è sorella dell'imperatore). La dichiarazione ha un tono abbastanza duro e viene considerato minaccioso e quindi inaccettabile dai rivoluzionari francesi.
A provocare il conflitto militare sarà il governo francese che il 20 aprirle 1792 ottiene dall'Assemblea legislativa l'approvazione della dichiarazione di guerra all'imperatore Francesco II.
L'esercito francese subisce le prime sconfitte nei Paesi Bassi e solo la vittoria di Valmy (contro l'avanzata della Prussia) ridà fiducia all'esercito francese.
Mentre le corti straniere organizzano una grande coalizione antifrancese, giungono delle dichiarazioni di guerra approvate dalla Convenzione: la Francia è ora in guerra con Austria, Prussia, Inghilterra, Olanda, Spagna, gran parte degli Stati della Germania e dell'Italia.
Ripetutamente sconfitta dalla coalizione, la Francia perde tutti i territori annessi e le Antille occupate dall'esercito inglese.
Solo nel 1795 verranno stipulati trattati di pace con la Prussia, i Paesi Bassi, la Spagna. Resteranno in armi, invece, l'Austria, l'Inghilterra, il Piemonte.
Agli inizi del 1799 gran parte del territorio della penisola (Lombardia, Liguria, Emilia e Romagna, Marche, Umbria, Lazio e tutto il Meridione) viene a far parte delle Repubbliche cisalpina, ligure, romana, partenopea; il resto del territorio viene annesso alla Francia che si estende così al Piemonte e alla Toscana, oppure viene annesso all'Austria, cui il trattato di Campoformio tra Napoleone e l'Austria (1797) cede Veneto, Istria e Dalmazia in cambio del riconoscimento della Repubblica cisalpina. Solo il Ducato di Parma e Piacenza resta sotto l'antica dinastia dei Borbone, e la Sardegna, sotto quella dei Savoia.
Nel corso del 1799 l'esercito astro-russo, coalizzato contro la Francia e le sue Repubbliche sorelle, invade la penisola e restaura uno dopo l'altro gli antichi regimi. Questa restaurazione (riportare le cose ad una condizione originale) dura molto poco. Nel 1800 l'esercito Napoleonico scende di nuovo in Italia, dove si ricostruisce la Repubblica cisalpina che nel 1802 viene rinominata Repubblica Italiana e nel 1805 viene trasformata in Regno d'Italia, acquisendo dall'Austria i territori del Veneto, dell'Istria e della Dalmazia. Primo re d'Italia è Napoleone, viceré il figliastro Eugenio di Beaurnais.
Nel 1802 sui territori della Toscana viene creato il Regno di Etruria. Nel 1805 la Francia annette i territori della Repubblica ligure, del Ducato di Parma e Piacenza; nel 1809 toccherà all'Umbria e al Lazio di entrare a far parte dell'Impero francese: Roma verrà dichiarata "libera città imperiale".
Al sud il Regno di Napoli, occupato dai francesi nel 1806, viene affidato al fratello di Napoleone Giuseppe; quando, due anni dopo, questi assumerà la Corona di Spagna, il trono passerà a un cognato di Napoleone, Gioacchino Murat.
Fuori dal controllo napoleonico restano le isole: la Sicilia, governata dai Borbone sotto la protezione delle truppe inglesi, e la Sardegna, rimasta ai Savoia.
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