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LA RELIGIONE DEI GRECI
Scaletta: 1 - Cenni storici.
2 - Il pantheon:
2a - Gli dei;
2b - Gli eroi.
3 - Il culto:
3a - Il culto agrario;
3b - Il sacrificio;
3c - Il ciclo festivo;
3d - Gli oracoli.
4 - La religione della città.
1 - Cenni storici:
Come le altre forme religiose dell'area mediterranea, quella greca era una religione etnica, risultata il prodotto culturale della civiltà micenea, una popolazione di origine indoeuropea che parlavano un dialetto greco. Essi approdarono in Grecia un po' prima della metà del 2° millennio a.C., venendo così in contatto con la civiltà minoica. I Greci Micenei, entrando in contatto con il mondo cretese, al quale successivamente si sostituirono, ne adottarono la scrittura e molti tratti culturali, conservando però una loro specificità nell'articolazione del pantheon, che presenta già delle profonde analogie con li sistema politeistico omerico ed esiodeo. La decifrazione della scrittura micenea ha permesso infatti di riconoscere la presenza di divinità come Zeus, Poseidone, Era , Ermes, Ares e Dioniso, che si ritrovarono tutte nella successiva religione greca. Inizia così il cosiddetto Medioevo ellenico, periodo oscuro e confuso, documentato solo da scarsi ritrovamenti archeologici, nel corso del quale cominciarono a germinare quelli che saranno i tratti specifici della nuova religione greca. E' da tutto questo che nasce la religione greca, legata al territorio ed alla civiltà stessa della Grecia, articolata nelle sue molte città, ciascuna delle quali aveva un proprio sistema di culti e un proprio calendario, per quanto il pantheon fosse comune.
2 - Il pantheon:
Il mondo miceneo costituì il retroterra su cui i Greci costruirono il loro universo mitologico; esso rappresentava il passato su cui i Greci fondarono il proprio presente. Ereditato dunque anch'esso dalla precedente civiltà micenea, il pantheon si rivela articolato in un politeismo funzionale, organico e personale, fondato su uno schema generazionale.
2a - Gli dei:
Nei poemi omerici gli dei sono già forme perfette. Antropomorfi e differenziati, si manifestano in forma personale, assolvono precise funzioni e occupano sfere d'azione circoscritte. Il nucleo costante di questo pantheon è formato per lo più da Zeus, Era, Poseidone, Artemide, Apollo, Atena ed Ermes, ai quali si aggiungono, con diverso livello nelle singolo città, Demetra, Ares, Afrodite, Efesto ed Estia. Queste divinità ( secondo Esiodo ) non godono dell'eternità, ma nascono da altre figure divine, cosicché il mondo divino, sviluppandosi per via generazionale, appare modellato sull'esistenza umana. Esso pone all'inizio del racconto teogonico Gaia, la terra, Chaos, il vuoto, Eros, che è lo stesso principio generativo, e Tartaro, che è un luogo destinato ad essere il punto più profondo degli inferi. Gaia produsse l'intero universo, i mari, i monti, i fiumi e poi, unendosi ad Urano, il cielo, ovvero uno dei figli da lei generati, diede vita alla prima generazione divina, costituita dai Titani. Il più giovane di questi, Crono, evirerò il padre Urano e assunse il potere su tutti gli esseri in quel periodo esistenti. Unendosi quindi con la sorella Rea, fece nascere gli dei della seconda generazione, Estia, Demetra, Era, Ade, Poseidone e Zeus. Nel timore di perdere il potere, Crono scacciò uno ad uno i suoi figli, ad eccezione di Zeus, messo in salvo da Rea. Quest'ultimo riuscì alla fine a detronizzare il padre, dopo un lungo conflitto, dando avvio all'organizzazione definitiva del cosmo, attuata attraverso una serie di accoppiamenti, da cui nacquero altre figure divine che prolungarono l'azione di Zeus sul mondo. Sono questi gli dei della terza generazione. Questo modello generazionale si accompagna evidentemente ad uno schema di tipo dinastico che rinvia probabilmente agli antecedenti micenei e alla struttura tipica delle famiglie gentilizie dell'epoca arcaica fondate, appunto sulla discendenza dinastica e, con molte probabilità, esso risente anche degli influssi provenienti dall'area vicino-orientale. Tuttavia quel medesimo schema si contrappone all'organizzazione democratica che assumeranno le città greche ed in particolare Atene. Su questo universo domina Zeus garante dell'ordine e della giustizia il quale, attraverso il nome, rivela la sua lontana origine indoeuropea, conservando forse l'antico ruolo uranico nel potere esercitato sulle folgori o sul tempo meteorico, così come dell'eredità indoeuropea conserva il ruolo di dio della prima funzione. Entro lo spazio controllato da Zeus gli altri dei agiscono nel limite delle loro rispetti sfere di competenza, per quanto a volte le loro azioni varchino quei confini e si intersechino efficacemente le une con le altre. Così Era è la dea moglie di Zeus, Demetra è la dea da cui gli uomini hanno appreso l'uso dei cereali, Afrodite è la dea della bellezza, Artemide è la dea della caccia, Atena è la dea che interviene a tutelare le attività tipiche del mondo femminile domestico e, Apollo, che è la divinità tutelare della poesia e della divinazione, ovvero un rituale che contribuisce a sottrarre al caso l'esistenza umana. Come in tutti i fatti socialmente importanti è riconoscibili vi poteva essere la presenza di più divinità, anche nel quadro della divinazione come accanto all'oracolo di Apollo a Delfi si incontra quello di Zeus a Dodona, ma anche quello di Demetra a Patre, in Acaia. Successivamente, con l'affermarsi delle città, anche gli dei entrarono nello spazio urbano, dove trovarono dimora nei templi; diventarono concittadini degli uomini, ne condivisero il destino e con essi concorsero a mantenere gli equilibri della città medesima.
2b - Gli eroi:
Gli eroi sono una categoria di esseri d'origine a volte semidivina a volte umana, che gode di un suo statuto nel politeismo greco. Si situano tra gli uomini e gli dei, con i quali sono in costante comunicazione. Possono essere assegnati alla tipologia degli eroi culturali, che spesso assolvono il compito di fondare istituti e forme della vita materiale e culturale o eroi guerrieri che si distinguono dall'umanità per la loro forza e potenza eccezionale. Per alcuni, tra cui Esiodo, essi erano semidei, succeduti alle tre stirpe generazionali, ma che avevano preceduto l'apparizione degli uomini sulla terra, senza che avessero con questi ultimi legami di parentela. Anche se, al suo pensiero, si contrappone quello di Rohde che li pensa come spiriti defunti che soggiornano all'interno della terra, vi vivono eternamente e si avvicinano agli dei per la loro forza. Diversamente dagli dei, immortali e senza vecchiaia, gli eroi sono destinati a morire, e in quanto mortali essi assumono frequentemente la funzione di antenato mitico, divenendo i capostipiti di numerose famiglie gentilizie di età arcaica, che conservano funzioni religiose ancora in epoca classica. Per quanto potessero avere funzioni analoghe a quelle degli dei, come fornire oracoli o compiere guarigioni o fondare culti ovvero costumi rituali, gli eroi si caratterizzavano dagli dei proprio per il loro rapporto con la morte. Così il culto che si tributava loro era di tipo funerario anche se, molto raramente, un eroe poteva venire trasformato in dio, diventando così immortale, come nel caso di Eracle. Dopo la morte la salma dell'eroe veniva introdotta nella città e la sua tomba veniva collocata al centro d'essa, vicino all'agorà, mentre la città medesima da lui si attendeva protezione.
3 - Il culto:
Se gli dei e gli eroi occupavano lo spazio del mito, in cui restavano confinati, all'uomo veniva consegnata la realtà storica, che egli controllava attraverso l'atto rituale. Questo permetteva di conservare il presente e di risolvere, nel segno della stabilità, le ricorrenti e periodiche crisi che potevano minacciare gli equilibri della comunità umana. In epoca arcaica le manifestazioni culturali sembrano circoscritte al sacrificio devoluto agli dei il quale rappresentano una sorta di momento istituzionale deputato al dialogo con essi. Con l'avvento delle città gli dei e gli eroi divengono concittadini e protettori degli uomini e il culto, nelle sue diverse espressioni, assume i connotati di uno strumento attraverso il quale la loro azione è orientata nel presente o esclusa da esso. Il culto era di differenti tipi ovvero il culto agrario, il sacrificio, il ciclo festivo e gli oracoli.
3a - Il culto agrario:
Nel complesso, tuttavia, la Grecia non possedeva molti riti atmosferici, poiché il regime stagionale dei venti e delle piogge non era sottoposto a variazioni sensibili. La devozione dei contadini preferiva rivolgersi a degli dei più vicini e più famigliari di Zeus, sulla base di una duplice preoccupazione: quella di promuovere la fecondità delle piante e degli esseri viventi e quella di scongiurare la calamità. Nel primo caso, erano direttamente investite le potenze del suolo e del sottosuolo; nel secondo caso, ci si rivolgeva a divinità protettrici quali Apollo, la cui azione si estendeva all'intera città, se non oltre.
3b - Il sacrificio:
Il sacrificio, sbocco necessario di ogni azione rituale, che riproduceva l'azione primordiale dal Titano Prometeo attraverso la quale era avvenuta la separazione tra uomini e dei, unendo provvisoriamente i due universi, alla fine rinnovava quell'antica divisione. Il mondo greco conosceva due forme di sacrificio; uno, destinato agli inferi, agli eroi e ai defunti, l'enagisma, nel quale la vittima, un animale a manto sacro, era completamente bruciata; ed uno, devoluto agli dei olimpici, la thysia, che prevedeva la bruciatura della parte destinata agli dei, cioè il grasso e le ossa dell'animale, che dovevano essere a manto chiaro, mentre le carni della vittima erano distribuite tra i partecipanti al banchetto sacrificale secondo il loro rango, così che alla fine si riproducevano le articolazioni e le gerarchie sociali.
3c - Il ciclo festivo:
Nella città la celebrazione dei culti era inserita in un calendario festivo che permetteva di esercitare un controllo sul tempo, a sua volta canalizzato in questo modo entro la dimensione dell'ordine. Le varie manifestazioni culturali erano tutte funzionali ai diversi settori dell'esistenza umana e ne esprimevano gli orientamenti. Alcune di queste, legate al culto di specifiche divinità come Zeus, per gli agoni olimpici, o Poseidone, per quelli istmici, assunsero un carattere panellenico, per cui in occasione della loro celebrazione, veniva imposta una tregua santa a tutte le città greche. Con tali agoni si onorava anche un eroe, che spesso era il fondatore delle gare e nel quale il vincitore trovava il suo modello.
3d - Gli oracoli:
Una forma di culto tipicamente greca è infine quella rappresentata dagli oracoli. Per i greci, i santuari erano luoghi prediletti dagli dei e da essi abitati; perciò la destinazione originaria dei santuari era quella del culto. Soprattutto, dal santuario il dio mandava agli uomini i suoi responsi, gli oracoli, che venivano consultati da cittadini provenienti da ogni parte della Grecia. Gli oracoli venivano interpretati dai sacerdoti e avevano un valore non solo religioso, ma anche civile, in quanto fornivano indicazioni sulla fondazione di nuove colonie, sull'opportunità di iniziare una guerra e su una qualsiasi azione politica. Come ogni altra forma di divinazione erano posti sotto la tutela di Apollo. Essi inoltre avevano la funzione di indicare i modi necessari per ricondurre entro la norma episodi critici circoscritti e individuati, che sfuggivano ai consueti modelli normativi. Questi culti avevano un carattere per lo più locale. L'oracolo più illustre era quello di Apollo a Delfi, ma grande fama aveva anche l'oracolo di Zeus a Dodona e così oracolari erano anche i culti di molti eroi. Con la generale funzione orientativa della mantica, circoscritta a situazioni particolari di crisi, si allinea pure la iatromantica, ovvero una divinazione di tipo medica. Del resto la malattia era vissuta come un'alterazione dell'ordine cosmico, prodotta da una trasgressione nei confronti del sistema normativo tradizionale, a causa della quale l'uomo era sottratto alla sua naturale condizione di purità. L'oracolo diventava allora uno strumento che, attraverso una preliminare purificazione, riconduceva il consultante nella sua condizione originaria, aprendo lo spazio umano all'intervallo della divinità.
4 - La religione della città:
Quando si affermarono le città, i privilegi delle aristocrazie vennero progressivamente aboliti e la nozione di cittadino sembrò quasi prevalere sulla comune identità etnica. Si creò allora un nuovo legame con il territorio che superò il vincolo della famiglia. Anche il mondo degli dei e degli eroi, perciò, subì uno slittamento in senso civico e politico. Gli dei vennero introdotti nella città e si integrarono, condividendo con gli altri lo spazio urbano. Il pantheon, nella sua complessa unità, riproduceva l'unicità dello spazio urbano, realizzando il bisogno di unità nella società. La dimensione dell'individuo coincideva con quella della città, nella quale egli riconosceva la sola fonte in grado di rispondere ai suoi bisogni. A loro volta, le divisioni, le articolazioni delle città e le sue estese gerarchie, si riflettevano nella specializzazione e nella gerarchia dei poteri del mondo divino, dalle quali erano legittimate. Ogni divinità operava in precise sfere di competenza, dove trovava il proprio limite, di conseguenza ogni situazione o circostanza socialmente importante non era mai lasciata al dominio di una sola divinità. Quindi, una volta integrati gli dei nel tessuto civico, la città si proponeva come unica mediatrice tra mondo divino e mondo umano. La celebrazione periodica del culto e delle feste, il calendario stesso, persino l'ortodossia dei racconti mitici erano posti sotto il controllo della città, che esercitava il suo potere attraverso i magistrati. Ogni città godeva di una propria autonomia politica e religiosa, di cui era gelosa, aveva calendario e feste proprie, una propria divinità tutelare e culti propri. Ma tutte le religioni, delle città, erano anche dominate da tre principi fondamentali, ovvero, la religione trasferisce al livello della città i culti domestici, in secondo luogo assicura il recupero dei vecchi culti di palazzo ed infine deve vigilare sui singoli in modo che il favore degli dei non si allontani dallo Stato per loro colpa.
Bibliografia:
- Filoramo G. , Massenzio M. , Raveri M. , Scarpi P. , 1998, Manuale di storia delle religioni, Bari. - Henri - Charles Puech, 1987, Le religioni del mondo classico, Parigi.
- Guarracino Scipione, 1999, Nuova società e storia 1 , Milano.
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