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La francia e l'europa dal direttorio a napoleone




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Storia


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LA FRANCIA E L'EUROPA DAL DIRETTORIO A NAPOLEONE


4. La carriera di Bonaparte. Nato ad Ajaccio nel 1769 da una famiglia di piccola nobiltà corsa, Napoleone Bonaparte era divenuto ufficiale di artiglieria al tempo dell'Antico Regime, e con la rivoluzione iniziò la sua ascesa al potere. Dopo essersi accostato ai Giacobini, dimostrò le sue eccezionali qualità militari nello strappare Tolone ai federalisti ribelli, tanto da ottenere a soli 25 anni la promozione a generale. Dopo gli eventi del 9 termidoro, la sua carriera sembrava spezzata, ma tornò presto a frequentare i salotti parigini e ad accostarsi ai nuovi potenti. Divenne amico fidato di Barras, un membro molto influente del governo, e gli fu affidata la difesa armata del Direttorio. Questo successo ne apportò un altro: fu incaricato del comando dell'armata che doveva operare in Italia. Sebbene l'esercito non fosse dei migliori, con le sue grandi capacità Napoleone riuscì nell'impresa, ricevendo ancora maggiore approvazione da parte dei suoi superiori.


5. La prima campagna d'Italia: 1796-1797. Napoleone vinse le truppe sabaude e costrinse Vittorio Amedeo III a cedere alla Francia Nizza e Savoia e ad aprire il paese ai francesi. La Repubblica d'Alba, sorta ad opera dei Giacobini piemontesi, fu affidata da Napoleone ai Savoia, lasciando già comprendere che non gli interessava tanto il rinnovamento italiano, quanto il benessere della Francia.

Liberatosi dei Savoia, Napoleone costrinse gli austriaci ad abbandonare Milano e a ritirarsi a Mantova. Poi si rivolse ai piccoli stati dell'Italia settentrionale e centrale, che furono costretti a rendere ingenti somme di denaro e a cedere opere d'arte dei loro musei o manoscritti delle loro biblioteche, che arricchirono ulteriormente il patrimonio culturale francese.

Poi fu il turno del papa, che fu costretto ad accettare, con il Trattato di Tolentino, lo stato di neutralità impostogli da Napoleone.

A nulla servì la controffensiva austriaca: l'esercito austriaco infatti dovette rifugiarsi nel territorio veneto, dove Bonaparte lo inseguì, incurante della neutralità proclamata dalla Serenissima. Cadeva così la Repubblica Veneta, sostituita dalla Repubblica Democratica. Allo stesso modo cadde anche la repubblica aristocratica di Genova, che divenne la Repubblica democratica ligure.


6. Le repubbliche giacobine in Italia fino al Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797). Le conseguenze dell'intervento di Napoleone in Italia furono:

- la scomparsa degli Stati secolari;

- la cancellazione di antichissimi confini.

Non mancarono in consensi tra gli strati popolari e medi, ma le loro speranze svanirono a causa della spietata condotta di guerra dei liberatori e anche perché i francesi si appoggiarono alla borghesia moderata e non direttamente al popolo; da ciò deriva quindi la passività popolare nei confronti della rivoluzione, e non dalla condizione storica del tempo.

Sotto il patronato di Napoleone in Italia ci furono numerosi cambiamenti:

sorse l'Amministrazione generale della Lombardia, indipendente dai francesi per quanto riguarda la gestione degli affari;

nacque la repubblica Cispadana formata dai territori di Modena, Reggio, Bologna e Ferrara;

fu poi il turno della Repubblica ligure e della Repubblica Transpadana (Lombardia).

Le nuove repubbliche erano sì indipendenti, ma comunque controllate a distanza dalla Francia. Esse potevano naturalmente essere travolte dalla controffensiva austriaca, ma continuarono ad essere fedeli a Napoleone. Egli riuscì a superare la resistenza nemica e penetrò in Austria, puntando su Vienna. Si fermò solo quando gli furono avanzate ragionevoli proposte di pace: il Belgio, la Lombardia e l'Emilia sarebbero passati nelle mani della Francia, il Veneto e Venezia sarebbero toccati all'Austria. I risultati di questa ufficiosa pace furono resi pubblici con il trattato di Campoformio, il 17 ottobre. Nella trattativa Napoleone non era stato molto coerente perché aveva preferito la ragion di Stato utilizzando i popoli come merce di scambio e entrando a compromessi con il nemico. Per rimediare unificò le Repubbliche transpadana e cispadana e, aggiuntevi alcune province veneziane, diede vita alla Repubblica cisalpina, con capitale Milano, con esercito, amministrazione e bandiera propri: era quindi uno Stato autonomo.


7. Le repubbliche sorelle in Europa. Il Direttorio continuò la sua politica di espansione in Europa. I modelli di espansione erano 2:

negli Stati in cui i movimenti patriottici locali avevano possibilità di conseguire il potere e di mantenerlo (paesi Bassi, alcune regioni della Svizzera, alcune aree del centro-nord italiano);

negli Stati in cui solo la conquista francese poteva imporre la rivoluzione (Italia centrale e meridionale, Spagna, Germania occidentale).

In generale però si può dire che l'espansione francese prese di mira le regioni aventi una forza politica interna capace di trasformarle in "repubbliche sorelle". Erano così chiamate perché sarebbero state alleate della Francia.

Anche in Europa ci furono numerosi cambiamenti geografici: i Paesi Bassi di lingua fiamminga divennero la Repubblica Bavata; la Svizzera divenne repubblica Elvetica e venne annessa alla Francia; sorsero inoltre la Repubblica Romana e la repubblica Napoletana.

I patrioti sentivano la necessità di unificazione tra i "due popoli", quello della ricchezza e della cultura, quello della miseria e dell'ignoranza.


10. La spedizione francese in Egitto (1798-1799). L'espansione francese non poteva concludersi entro i confini europei: la Francia pretendeva anche il dominio del Mediterraneo, raggiungibile con la conquista dell'Egitto, che avrebbe probabilmente indotto la Turchia ad aderire al sistema francese, minacciando, come diretta conseguenza, i traffici intercontinentali dell'Inghilterra.

L'impresa fu affidata ancora una volta a Napoleone, che nel frattempo era diventato molto popolare in Francia, per la sua fama di condottiero vittorioso e diplomatico accorto e moderato. Napoleone partì da Tolone, conquistò Malta e sconfisse i Mamelucchi. Pochi giorni dopo l'ammiraglio inglese Horatio Nelson distrusse la flotta francese e neanche l'esercito di terra riuscì a ribaltare la situazione. La Francia usciva quindi distrutta dalla spedizione in Egitto.


13. Dal consolato all'impero. Il 16 luglio 1801 Bonaparte, dopo lunghe trattative, concluse un Concordato con la Santa Sede:

- la Francia riconosceva il cattolicesimo come religione della maggioranza dei cittadini e si impegnava a rispettarne le manifestazioni di culto;

- il clero rinunciava ai patrimoni ecclesiastici ottenuti in seguito alla rivoluzione e accettava il divorzio, il matrimonio civile e l'eguaglianza religiosa;

- i vescovi sarebbero stati nominati dal Primo Console e istituiti dal Papa;

- il clero parrocchiale sarebbe stato stipendiato dallo Stato e doveva giurare fedeltà alla repubblica.

Con un'amnistia generale fece rientrare in patria tutti gli emigrati che durante la rivoluzione erano stati costretti ad abbandonare il paese e ottenne quindi anche il loro appoggio.

Dopo essere stato proclamato Primo Console aveva affidato la censura della stampa al ministro degli Interni. La Francia era ormai divisa tra chi lo appoggiava e chi no. Ottenne man mano sempre più potere, grazie alla Costituzione dell'anno XII: ogni sua volontà diventava legge. Favorì l'ascesa la potere dei suoi familiari e dei suoi fidati, con una sorta di nepotismo, creando intorno a sé una élite che costituì la base del suo sistema imperiale.

Bonaparte venne poi proclamato imperatore dei francesi. L cerimonia si tenne il 2 dicembre 1804 nella cattedrale di Notre-Dame. Nel momento cruciale, Napoleone tolse la corona dalle mani del Papa e, stando in piedi, si incoronò; poi pose la corona sul capo di sua moglie inginocchiata. Con quest'atto dimostrò di racchiudere nelle sue mani il potere regale e quello temporale.


23. La battaglia di Lipsia, l'invasione della Francia, la fine dell'Impero napoleonico. Nei primi mesi del 1813 la Prussia si alleò con la Russia e dichiarò guerra alla Francia. Napoleone credeva di poter contare sulla fiducia dei suoi precedenti alleati, che però lo abbandonarono. Alla Russia si unì poi la Svezia (Napoleone fu così tradito dal cognato che aveva aiutato a salire al potere). In seguito si aggiunsero anche Olanda, Danimarca, la Confederazione del Reno, Germania, Inghilterra e per ultima anche l'Austria: Napoleone si trovava così contro una coalizione che comprendeva le maggiori potenze europee. Napoleone fu sconfitto a Lipsia contro quegli stati per i quali lui stesso aveva collaborato alla creazione. In Francia numerosi furono i disertori; Napoleone dovette licenziare i suoi collaboratori più fidati perché ormai trattavano apertamente con il nemico.

Dopo pochi mesi lo zar di Russia e il re di Prussia marciarono lungo gli Champs-Elysées alla guida di un esercito vittorioso. Era la prima volta che un esercito straniero entrava a Parigi dopo la guerra dei Cento Anni.

Napoleone non voleva arrendersi, ma fu costretto ad abdicare e in Francia tornò la monarchia con Luigi XVIII. Napoleone dovette cedere ai vincitori l'Isola d'Elba e un contributo annuo di due milioni di franchi. Luigi XVIII intanto si era impegnato a regnare come un monarca costituzionale e concedette ai francesi una "Carta".


24. I "Cento giorni" (marzo-maggio 1815). Nonostante la sconfitta, Napoleone non si era ancora rassegnato. La restaurazione di Luigi XVIII era stata accolta con ostilità dai francesi, perché aveva portato con sé un seguito di aristocratici che minacciavano coloro che avevano ottenuto benefici dalla rivoluzione. C'era anche il pericolo della restaurazione dell'Antico Regime che preoccupava la borghesia. Napoleone, sfuggito alla sorveglianza della flotta inglese, marciò alla volta di Parigi con pochi fedeli, ai quali però si unì l'esercito che gli era stato mandato contro e che vedeva in lui un buon capitano. Luigi XVIII dovette abbandonare Parigi e Napoleone si insediò alle Tuileries. Iniziarono così i Cento giorni di Napoleone. Quando la notizia arrivò a Vienna si decise di ricostituire la coalizione anti-francese e, nonostante Napoleone avesse assicurato i suoi fini pacifici, la guerra iniziò nuovamente. Napoleone, per ingraziarsi l'opinione liberale, concesse ai Francesi una carta più ampia di quella di Luigi XVIII. Poi affrontò i suoi nemici in una battaglia campale a Waterloo, dove fu sconfitto. Si consegno nelle mani degli inglesi e fu esiliato nell'isola di Sant'Elena, dove morì il 5 maggio 1821.


LA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


1. L'Inghilterra patria della rivoluzione industriale. La situazione europea alla vigilia della Rivoluzione Industriale non era delle migliori. I Paesi dell'Europa occidentale avevano bisogno di una pausa per recuperare le ricchezze perse durante le guerre; la Francia aveva perduto terreno nella lotta per la supremazia commerciale ed economica, a causa dei territori coloniali persi da Napoleone.

L'unica ad essere esclusa da questa drammatica situazione era la Gran Bretagna, dove erano invece presenti le condizioni favorevoli per una svolta nei sistemi di produzione. Le guerre del Settecento avevano arricchito la Gran Bretagna di colonie e di conseguenza erano aumentate anche le materie prime importate. Contemporaneamente lo sviluppo demografico e le aumentate richieste di mercato rendevano superati i tradizionali processi di distribuzione commerciale.

L'Inghilterra divenne "officina del mondo" e il capitalismo da agrario e commerciale di trasformò in industriale.


2. L'aumento della popolazione. Prima le malattie, le carestie, le guerre e la sottoalimentazione pareggiavano le nascite e mantenevano basso l'indice della popolazione nonché la durata media della vita. Ora invece un migliore regime alimentare, le progredite condizioni igieniche e il controllo delle epidemie fecero sì che la mortalità si ridusse drasticamente. Ciò portò un vertiginoso aumento della popolazione europea e anche le esigenze di mercato aumentarono. Cambiarono anche gli insediamenti umani: i villaggi rurali diventavano ormai grandi città.


3. La trasformazione delle campagne. I primi segni di cambiamento si ebbero nella produzione agraria: i proprietari non avevano più intenzione di guadagnare aumentando le superfici messe a coltura, ma volevano raggiungere ali profitti organizzando aziende che fossero capaci di imporsi sul mercato, segnando così l'inizio dell'era capitalistica delle campagne. Avvenne che:

antiche pratiche di coltivazione (maggese) vennero sostituite da moderni sistemi di coltura come i sistemi a rotazione continua;

l'attrezzatura tecnica venne rinnovata;

furono utilizzati nuovi metodi come l'allevamento del bestiame nelle stalle e la produzione dei foraggi artificiali;

l'impianto delle colture non era più orientato secondo i bisogni della famiglia, ma secondo le esigenze di mercato;

la trasformazione del paesaggio agrario: imposizione di recinti dove prima c'erano campi aperti e terre comuni;

lo sconvolgimento dei rapporti sociali: piccoli proprietari e contadini poveri, non sopportando la concorrenza dei capitalisti, furono costretti a vendere il campo ed emigrare oppure a lavorare presso il nuovo proprietario come salariati;

nascita del proletariato.


4. Le macchine e la fabbrica. L'aumento delle richieste sul mercato rivelò inadeguato il sistema tradizionale di tipo familiare di trasformazione delle materie prime in merci e manufatti.

Alcuni imprenditori capirono che lo si poteva rendere più efficiente e più rapido utilizzando alcune tecniche e invenzioni più o meno recenti. Nell'industria tessile per esempio verrà utilizzata la macchina a vapore per muovere le ruote dei telai, fino ad allora mosse dall'uomo o dalla forza dell'acqua.

Così nacquero, al posto delle vecchie manifatture in prossimità delle correnti d'acqua, fabbriche nelle vicinanze delle città, dove ingente era la forza-lavoro proletaria.

Molto importanti furono le nuove  forme di energia, perché ad esempio evitando l'utilizzo della forza idrica si evitavano i problemi legati alla siccità, alle gelate, alle piene.

L'aumento della produzione portò ad una diminuzione dei prezzi. Per rimediare ad una prima crisi di sovrapproduzione, i proprietari non chiusero le fabbriche, ma dilatarono i consumi agli strati inferiori della popolazione.

Nella metallurgia, molto importante fu l'introduzione di nuovi metodi di affinamento e fusione. La macchina a vapore veniva utilizzata per estrarre il carbon fossile, un combustibile economico e facile da trasportare. Si moltiplicarono inoltre gli altiforni e le ferriere, non più alimentati a legna.

Altre innovazioni tecniche furono la macchina per cucire e quella per scrivere, la fotografia, la piallatrice, utilizzate nei vari campi lavorativi. Nella chimica, l'introduzione del cloro sintetico fu utilizzata per il candeggio, al posto dello zolfo. Si produsse la soda per far fronte alla richiesta dei saponifici e delle vetrerie.

Tutte queste innovazioni non servirono però a soddisfare bisogni, quanto ad aumentare i profitti, ad accumulare denaro. Karl Marx scrisse "Il manifesto" e affermò che il capitalista si arricchisce perché esiste l'operaio, quindi il proletariato è importante ed è un suo diritto pretendere determinate cose. Secondo Marx il compromesso non serve a niente: bisogna portare avanti una lotta con scioperi, manifestazioni, occupazione delle fabbriche, anche se dopo l'orario lavorativo. Il capitalista guadagna perché non retribuisce adeguatamente l'operaio: c'è un plusvalore, secondo cui l'operaio lavora 15 ore, ma viene pagato come se lavorasse 12.


7. I grandi centri industriali. Una serie di profonde trasformazioni avvennero in Inghilterra a causa della rivoluzione. L'Inghilterra da paese agricolo divenne un paese principalmente industriale. Le grandi città esistevano già prima della rivoluzione, ma erano in numero inferiore e meno popolose. Ne sorsero comunque delle altre, ma altre decadono perché ancora troppo legate all'agricoltura o perché poste su vie di comunicazione ormai poco frequentate. Gli operai vivono nelle squallide periferie con le loro famiglie, ammassati in miserabili complessi edilizi noti con il nome di slums, costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno. La tradizionale famiglia patriarcale contadina viene sostituita da una nuova famiglia mononucleare, composta da padre, madre e figli. In questa nuova famiglia la figura maschile perde importanza, acquistata invece dalla donna che lavora al pari dell'uomo. Cambiano anche i rapporti tra gli individui, non più profondi e diretti, ma meno profondi e limitati.

Non mancarono le proteste degli operai contro i licenziamenti. Contro l'introduzione di nuove macchine sempre potenti e perfezionate, gli opari reagirono distruggendole a colpi di martello. Questo fenomeno è chiamato luddismo, dal nome dell'operaio Ned Ludd, che vedeva nella macchina un vero e proprio nemico perché aveva ridotto l'uomo ad oggetto.

Non da meno fu la repressione del governo, con lo scopo di mantenere l'ordine: fu sospeso l'Habeas Corpus Act , che garantiva al cittadino inglese le libertà civili. Per rispondere a quest'affronto gli operai inglesi costituirono le Trade Unions, in un primo momento clandestine, ma poi legalizzate, con lo scopo di difendersi. Lo sciopero era comunque vietato.

I proletari inglesi furono sostenuti anche dalle classi borghesi più agiate, che promossero vivaci campagne di opinione pubblica; ma la lotta per l'emancipazione operaia continuò ad essere dura e sanguinosa.


9. La rivoluzione industriale negli altri paesi europei. Il processo di industrializzazione ebbe disuguale capacità di sviluppo. Nei diversi paesi, ma anche all'interno di uno stesso paese, l'industrializzazione fu lenta e procedette a macchia di leopardo, ossia non in modo omogeneo.

Comunque, nonostante la lentezza dello sviluppo, Francia, Belgio, Germania e Stati Uniti entrarono presto nel gruppo dei paesi industrializzati, nel periodo chiamato "seconda fase della rivoluzione industriale".



L'ETA' DELLA RESTAURAZIONE



1. Le contraddizioni dell'età della Restaurazione. Tra l'inizio della Rivoluzione francese e l'abdicazione di Napoleone c'erano stati numerosi cambiamenti: erano sorti nuovi stati e altri erano crollati, era stato introdotto il concetto di cittadinanza e nazionalità, erano state utilizzate nuove fonti d'energia, erano stati messi in discussione i misteri della religione e altro. I cambiamenti toccavano quindi tutte le branchie del sapere. Con la Restaurazione, tutte le novità furono condannate ufficialmente. Non si trattò però di un vero ritorno al passato, perché le esperienze delle ultime generazioni non potevano essere cancellate. Gli anni della Restaurazione sono quindi segnati dallo scontro di culture diverse, di contraddizioni e lotte.


2. Il Congresso di Vienna. Dopo l'abdicazione di Napoleone, il Congresso di Vienna si riunì nel 1814, anche se era stato aperto precedentemente, ma interrotto dai "Cento giorni" di Napoleone. A Vienna convennero i maggiori rappresentanti delle grandi potenze e non, e tra questi c'era anche Tolleyrand, ex ministro di Napoleone.

I diplomatici europei arrivarono alla conclusione che per ottenere una vera e propria pace si dovesse mettere fine per sempre alla Rivoluzione ed evitare che una potenza avesse il sopravvento sulle altre, come era stato fatto in precedenza. Per far ritornare sui rispettivi troni i re travolti dalla Rivoluzione e da Napoleone, i diplomatici invocarono il principio di legittimità, secondo cui il potere andava a quei sovrani che avevano una tradizione alle spalle. Si creò inoltre una sorta di gerarchia degli Stati. Si parlò di concerto europeo, quando si affermò l'esistenza di comuni interessi tra le potenze.

Un provvedimento positivo preso dal Congresso fu quello riguardante la condanna della tratta degli schiavi. Promotrice di questa condanna era l'Inghilterra, non tanto per questioni umanitarie, quanto perché questo commercio non era più produttivo. La condanna fu solo ufficiale, perché non venne messa in pratica se non con il passare del tempo.


3. La Santa Alleanza. Dopo la fine del Congresso di Vienna, lo zar Alessandro di Russia rivolse un appello a tutti i governi perché venisse stipulata un'alleanza fondata sui principi della carità cristiana, della giustizia e della pace. I sovrani che avessero aderito a questa alleanza sarebbero stati considerati fratelli e avrebbero governato i popoli come un padre tratta i propri figli. Alla base della loro politica non ci doveva quindi più essere l'autoconservazione, ma i principi dell'eterna religione. Il trattato fu sottoscritto da Russia, Austria e Prussia. L'Inghilterra non vi aderì perché pensava che fosse solo una copertura dello zar per avere via libera sui Balcani, ma anche perché contraria ai principi. Né volle aderirvi il papa, perché l'alleanza accomunava cattolici, luterani e ortodossi. Anche altri stati non dettero la loro adesione a cominciare dalla Francia. La Santa Alleanza divenne poi "la guardia armata dell'assetto concordato a Vienna" quando fu messo in evidenza l'impegno della reciproca assistenza, ad opera di Metternich. Metternich ottenne poi che Austria, Prussia, Russia e Inghilterra sottoscrivessero un patto, la "Quadruplice Alleanza" che doveva ostacolare ogni tentativo rivoluzionario in Europa. Ciò dimostra che il "concerto europeo" aveva ormai imboccato una traiettoria conservatrice.


4. Il nuovo assetto territoriale della penisola italiana. Anche in Italia fu applicato il principio di legittimità e i vecchi sovrani si restaurarono nei loro Stati.

Austria Lombardia e Veneto

Vittorio Emanuele I aveva già Piemonte e Sardegna, recuperò Savoia, ottenne Liguria e Novara;

Ferdinando di Borbone regno delle Due Sicilie;

Papa Pio VII Stato pontificio senza Avignone;

Ferdinando di Lorena granducato di Toscana;

Ferdinando di Asburgo-Este ducato di Modena e Reggio;

Maria Luisa d'Asburgo ducato di Parma e Piacenza, che alla morte doveva ridare ai Borbone.


9. Le società segrete. La censura della stampa e il divieto di associazione avevano limitato la possibilità della lotta politica. Di conseguenza si manifestò la tendenza ad organizzarsi segretamente per continuare a difendere i nuovi ideali. Si crearono società segrete simili alla Massoneria, sorta in Inghilterra a inizio '700. Alcune sette avevano carattere nazionale e l'obiettivo di liberarsi dallo straniero. Altre prevedevano la libertà politica e la partecipazione dei ceti borghesi e popolari al governo. Le sette comunque legavano forze sociali diverse con programmi articolati e graduali. Tra tutte le sette si distinse per ampiezza di diffusione la Carboneria, nata in Francia e passata poi nell'Italia meridionale. Era così chiamata perché i minatori lavorano nelle miniere che sono luoghi chiusi e nascosti.

Anche se le intenzioni dei moti erano positive, non si ebbero risultati perché non ci fu propaganda, non erano appoggiati da abbastanza persone.



LE RIVOLUZIONI LIBERALI E NAZIONALI

NEGLI ANNI VENTI DEL SECOLO


La diffusione delle rivoluzioni nei primi decenni dell'Ottocento. Glia avvenimenti degli anni Venti dimostrarono che il Congresso di Vienna non poteva invertire il corso della storia. Il contrasto tra le esigenze di una società in cammino e i rappresentanti del vecchio ordinamento politico animò un vasto fronte di lotta. Negli anni Venti le rivoluzioni investirono Spagna, Italia, Grecia e persino la Russia, finché negli anni Trenta il residuo potere dell'aristocrazia fu sconfitto. Al contrario si consolidarono le istituzioni liberali e borghesi.


2. I movimenti di liberazione nazionale nell'America latina. Qui c'erano ancora le colonie; gli stati non avevano ancora una propria autonomia, né libertà, né guadagni. Erano quindi sfruttati. Anche l'America Latina viene influenzata ideologicamente da ciò che avviene in Europa e di conseguenza anche qui avvengono delle rivoluzioni.


5. La rivoluzione a Napoli e in Sicilia. A Napoli fu reclamata la Costituzione di Cadice, il che significava la richiesta del controllo pubblico sulle finanze statali e la difesa dei propri interessi minacciati dalla restaurazione del regime borbonico. Anche i movimenti popolari appoggiarono la Costituzione di Cadice perché era democratica. Alla guida dell'insurrezione si posero alti ufficiali tra i quali Guglielmo Pepe, così Ferdinando dovette cedere: giurò fedeltà alla Costituzione e promise di difenderla davanti alla Santa Alleanza. In seguito però ci furono ancora delle rivolte in Sicilia per l'autonomia dell'isola, e furono fermate con la forza.


6. La rivoluzione in Piemonte. In Lombardia si cercarono intese con i Federati piemontesi, mirando all'insurrezione di tutta l'Italia. Dopo le rivolte a Alessandria e Genova, a Torino i patrioti chiesero al re la Costituzione spagnola, ma Vittorio Emanuele, per non diventare un sovrano costituzionale, preferì abdicare in favore del fratello Carlo Felice. Questi si trovava in quel periodo fuori Torino, quindi il regno finì nelle mai di Carlo Alberto di Savoia-Carignano, che era da tempo aveva contatti con i liberali. Carlo Alberto concesse la Costituzione spagnola. Tutto ciò si concluse quando Carlo Felice da Modena sconfessò l'operato del nipote. Carlo Alberto fece finta di voler resistere alle imposizioni dello zio, ma scappo e si consegnò. Scoperta la fuga, la giunta volle tentare ugualmente la sorte delle armi, ma l'esercito si disfaceva per le diserzioni. L'esercito piemontese arrivò nelle mani degli austriaci che poco dopo occuparono Genova, Alessandria e Torino.



RIVOLUZIONI E RIFORME

NEGLI ANNI TRENTA E QUARANTA


2.La rivoluzione di Luglio. Carlo X di Borbone ascese al trono di Francia; durante il suo regno scoppiarono numerosi movimenti reazionari che infransero gli equilibri della Restaurazione e posero le premesse della rivoluzione del luglio 1830. I malcontenti della popolazione furono vari.

Ad esempio fu emanata una legge che prevedeva un risarcimento per quelle persone che avevano subito un esproprio in seguito alla Rivoluzione; come conseguenza le casse dello Stato sarebbero state drasticamente ridotte.

Nello stesso anno fu promulgata una legge che prevedeva pene severissime per chi avesse compiuto dei reati contro la religione.

La Francia stava passando un periodo di grave recessione economica.

La ricca borghesia si unì agli intellettuali liberali per ribellarsi; in seguito vi si unirono anche i ceti popolari che protestarono a causa della carestia e dei bassi salari.

Il capo del governo del re, il principe di Polignac, emanò quattro Ordinanze con cui sciolse il Parlamento, sospese la libertà di stampa, modificò il sistema elettorale a vantaggio dell'aristocrazia.

I Parigini insorsero resistendo agli assalti delle truppe per tre giorni. Finalmente il Parlamento proclamò la decadenza della dinastia borbonica; così Carlo X fu costretto a fuggire in Inghilterra.

Luigi Filippo d'Orléans diventò il nuovo sovrano a causa dei suoi atteggiamenti liberali e per la sua partecipazione negli eserciti rivoluzionari. Si definiva re per volere della nazione e non per diritto divino ed assumeva il tricolore rivoluzionario come bandiera francese. Approvò una nuova Carta costituzionale simile alla precedente, ma vista non come una carta concessa dal sovrano, bensì come un patto stipulato tra re e popolo. Emanò leggi che allargarono il diritto di voto alla maggior parte della popolazione. La stampa fu liberata dai divieti, ma non furono abrogate le leggi contro gli scioperi e fu mantenuta la pesante pressione fiscale.


3.La rivoluzione trionfa in Belgio e viene sconfitta in Polonia. Il principio del "non intervento".

- I Belgi insorsero contro la dinastia degli Orange-Nassau (Olandesi) impostagli dal Congresso di Vienna a causa del loro predominio politico; gli Olandesi furono costretti a rifugiarsi nel Lussemburgo e il Belgio si dichiarò indipendente.

La Francia dichiarò il principio del "non intervento" con il quale si dichiarò contraria all'intervento delle potenze nei problemi interni di un altro Stato; ma fece ciò esclusivamente perché interessata alla scissione di quel regno belga- olandese.

La corona belga fu assegnata al principe tedesco Leopoldo di Sassonia- Coburgo, che promulgò subito una Costituzione.

- Nicola I era a capo del regno di Polonia; aveva affidato il governo del paese ad un viceré, il granduca Costantino che fu costretto a ritirarsi in seguito ad una rivolta di ufficiali e proprietari terrieri a Varsavia. Lo zar fu dichiarato decaduto. Polacchi e Russi si combatterono sanguinosamente; i Polacchi speravano nell'intervento francese, ma la Francia non era più disposta a mettersi contro la Russia. L'esercito russo batté gli insorti e occupò Varsavia.

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