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IL PRIMO DOPOGUERRA
Il fallimento della Società delle Nazioni e il pangermanesimo nazista
Se la nascita del nazionalismo italiano è circoscritta ai primi anni del '900, invece la rinascita secondo nuovi termini e caratteristiche del nazionalismo tedesco è tutta da attribuire alle dirette conseguenze della Prima Guerra Mondiale.
Ne La pace perpetua, Kant sottolineava l'inadeguatezza dei trattati di pace nel sedare di fatto ogni tipo di conflittualità: in effetti sono solamente delle tregue, in quanto implicano la possibilità della ripresa delle ostilità, lasciando sempre implicita qualche riserva; anche nella situazione di pace, è sempre presente una situazione di costante minaccia della guerra, una guerra fredda.
Che ogni trattato di pace abbia dunque premesso una rinascita del sentimento nazionale di rivalsa è dunque chiaro e storicamente riscontrabile: il Congresso di Vienna (1815) fu la premessa storica del Risorgimento Italiano; il Trattato di Francoforte (1872) e quello di Berlino (1878) fu invece quella della Prima Guerra Mondiale.
La stipulazione del Trattato di Versailles del 1919 e la nascita della Società delle Nazioni nello stesso anno furono senza dubbio le premesse storiche del Nazionalsocialismo e dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
La formazione di un'entità sovranazionale che garantisse il mantenimento della pace e realizzasse il profilo di una società globale venne auspicato da un gran numero di intellettuali, che vedevano la possibilità finalmente di attuare una prospettiva di pace perpetua come quella formulata da Kant: tuttavia i limiti della Società delle Nazioni furono subito evidenti.
Innanzitutto non nacque come esigenza di tutta la comunità internazionale, ma era evidentemente subordinata agli interessi politici che le potenze vincitrici (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti) vollero mantenere in relazione al Trattato di Versailles, che altro non fu che un atto di spregiudicata supremazia nei confronti soprattutto della Germania, che subì sanzioni politiche (l'occupazione militare e la perdita di diverse regioni) ed economiche pesantissime; la Società volle principalmente far rispettare i termini del Trattato, ed è da sottolineare che la Commissione per il Disarmo della Società delle Nazioni infatti agì in modo del tutto univoco nei confronti di ciò che rimaneva dell'impero tedesco.
Inoltre il mancato ingresso nell'organizzazione delle potenze politiche principali ( tra cui gli Stati Uniti) e l'assenza di potere sovrano federativo sugli altri stati fu evidente sintomo di poca autorevolezza della Società, il cui scarso potere scemò nel giro di appena un decennio.
L'esperimento di un'organizzazione sovranazionale sovrana si ripeterà comunque nel secondo dopoguerra, quando parleremo di Nazioni Unite.
Gli echi del nazionalismo si fecero subito sentire nella Germania devastata dalla guerra e dalle sanzioni del Trattato: il partito politico che fece sentire con maggiore irruenza la sua voce nella crisi politica tedesca fu senza dubbio il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi (NSDAP), guidato da un austriaco chiamato Adolf Hitler.
Il fenomeno nazionalista hitleriano fu senza dubbio quello più completo visto finora, che implementò tutte le caratteristiche proprie dell'ideale nazionalitario:
il senso di rivalsa nazionale nei confronti del nemico enunciato da Fichte, in virtù della superiorità spirituale del popolo tedesco;
il senso di appartenenza razziale e di superiorità biologica nei confronti degli altri popoli, definite razze inferiori, sulla base di convinzioni pseudo-scientifiche tipiche dell'età imperialista;
il pannazionalismo, in particolare il pangermanesimo di Bismarck, ovvero la volontà di riunire sotto un'unica egida tutti i popoli tedeschi mediante l'espansionismo militare;
un fortissimo sentimento antisemita, che era peraltro già dilagante in Europa nelle ultime fasi dell'800, come nel caso del generale Dreyfus.
In particolar modo quest'ultimo venne affermato da Hitler in modo estremamente aggressivo, definendo la razza ebraica (come, peraltro, ai bolscevichi) il cancro da estirpare dalla Germania.
Una caratteristica fondamentale del successo politico del nazionalismo hitleriano è senza dubbio l'utilizzo senza scrupoli della propaganda: sempre seguendo un progetto di rigenerazione nazionale, il nazismo vuole far propria la totalità della nazione, catalizzando i disagi e i risentimenti di questa verso nemici tangibili (gli ebrei, i bolscevichi, la Francia, la Gran Bretagna) mediante l'utilizzo di messaggi devianti volti a influenzare la massa quali slogan, ricorso alla paura, razionalizzazione di credenze popolari, semplificazione forzata dei problemi politici e sociali individuando sempre il capro espiatorio.
Hitler giustificò dunque, investito dalle masse e in diritto delle sue dottrine pseudo -scientifiche, un fenomeno nazionalista esasperato, che si riflesse storicamente nella politica ultra-espansionistica e di sterminio che mirava alla creazione della Grande Germania, potenza militare millenaria che avrebbe governato l'intera Europa, eliminando le razze che avrebbero potuto sconfiggere l'ideale nazista (ebrei ma anche zingari, slavi, ecc.) e sostituendo le popolazioni autoctone dei territori conquistati con quelle ariane pure.
La politica dello Spazio vitale (Lebensraum) fu la sintesi completa di questo nuovo concetto di nazionalismo, che Hitler stesso spiegò ne La mia battaglia (Mein kampf):
<<Senza considerazione per le tradizioni e i pregiudizi, il nostro popolo deve trovare il coraggio di unire il proprio popolo e la sua forza per avanzare lungo la strada che porterà il nostro popolo dall'attuale ristretto spazio vitale verso il possesso di nuove terre e orizzonti, e così lo porterà a liberarsi dal pericolo di scomparire dal mondo o di servire gli altri come una nazione schiava>>
E' la premessa di tutti gli avvenimenti che accadranno dal 1° settembre del 1939, data dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
La guerra, che vide la disfatta di questa ulteriore degenerazione del pensiero nazionale, portò ad una riflessione comune, dell'intera comunità mondiale, sul vero e proprio fallimento di intere generazioni di politici, ideologicamente legate al proprio elitarismo nazionale più che ad una salvaguardia globale, in prospettiva di un cambiamento che individuasse nuovamente l'uomo come cittadino del mondo e mirasse nuovamente al mantenimento di un assetto pacifico riguardante l'intero genere umano: il riconoscimento dei diritti di libertà, fratellanza, uguaglianza sotto un entità giuridica sovranazionale, affine al Progetto di pace perpetua di Kant.
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