Appunti per Scuola e Università
humanisticheUmanistiche
Appunti e tesine di tutte le materie per gli studenti delle scuole medie riguardanti le materie umanistiche: dall'italiano alla storia riguardanti le materie umanistiche: dall'italiano alla storia 
sceintificheScientifiche
Appunti, analisi, compresione per le scuole medie suddivisi per materie scientifiche, per ognuna troverai appunti, dispense, esercitazioni, tesi e riassunti in download.
tecnicheTecniche
Gli appunti, le tesine e riassunti di tecnica amministrativa, ingegneria tecnico, costruzione. Tutti gli appunti di AppuntiMania.com gratis!
Appunti
umanistiche
BambiniComunicazioneComunicazioniEcologia ambienteEducazione pedagogia
Etica moralitaFranceseGiocoGrammaticaInglese
LatinoLetteratura italianoPersonalitaPortogheseRisorse umane
SociologiaSpagnoloStoriaTedesco


AppuntiMania.com » Umanistiche » Appunti di Storia » Il fascismo

Il fascismo




Visite: 1098Gradito:apreciate 5-stela [ Medio appunti ]
Leggi anche appunti:

Sintesi di storia


SINTESI DI STORIA I riv. Industriale Nascita della borghesia Esodo dalle

L'italia dal 1900 al 1914


L'ITALIA DAL 1900 AL 1914 Quadro storico Dopo le amarezze della

Il regime dei Talebani


Il regime dei Talebani L'AFGHANISTAN L'Afghanistan confina con il Turkmenistan,
immagine di categoria

Scarica gratis Il fascismo

IL FASCISMO


Cenni storici sull'ascesa al potere di Mussolini:


1919: a Milano Mussolini fonda i "Fasci di Combattimento", con un programma iniziale chiamato il "Programma di San Sepolcro" considerato ambiguo perché antiborghese, anticapitalista, ma anche antimonarchico e repubblicano (questa ambiguità permetteva di trovare simpatie non solo presso i ceti medi ma anche a sinistra e a destra);

  • 1920: il movimento fascista inizia a diffondersi accompagnato dal fenomeno dello squadrismo (utilizzato soprattutto nella pianura padana e in Puglia per stroncare il movimento contadino), ampiamente tollerato dalle forze di polizia e dai pubblici poteri;
  • Dopo la fine della Prima Guerra Mondiale (1918) in Italia si susseguirono diversi governi: Nitti (1919/1920), Giolitti (1920/1921), Bonomi (1921/1922), Facta (alcuni mesi del 1922); questo era uno dei sintomi della crisi;
  • Mussolini seppe sfruttare la situazione e nel novembre 1921 trasformò il vecchio movimento dei fasci nel Partito Nazionale Fascista (PNF) con un programma (Programma del PNF) molto diverso da quello del '19.
  • 1922: nell'ottobre, Mussolini organizzò un vero e proprio colpo di stato: la marcia su Roma per forzare il sovrano ad affidargli il potere. Così, a fine mese, Vittorio Emanuele III affidò a Mussolini l'incarico di formare il nuovo governo;
  • Fra l'ottobre del 1922 e il gennaio del 1925 vi fu una fase di transizione verso la dittatura in cui il fascismo si propose come moderato e conservatore. Mussolini intanto continuò ad oscillare tra legalità e illegalità utilizzando la violenza squadrista come arma di soppressione politica, istituì il Gran Consiglio del Fascismo (organo consultivo del governo) e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) nella quale assorbì le squadre fasciste: una milizia di partito, legalizzata e posta al fianco dell'esercito. Tuttavia l'Italia continuava ad essere un regime parlamentare con un governo di coalizione. Così, nel 1923 Mussolini fece approvare una legge elettorale (Legge Acerbo) per assicurare ai fascisti e ai loro sostenitori il successo: la legge accordava alla coalizione dei partiti, che avessero ottenuto la maggioranza dei voti (non inferiore al 25%), i 2/3 dei seggi della Camera dei deputati. La Lista Nazionale, composta da fascisti e liberali di destra, ottenne, anche formalmente, il controllo del Parlamento (anche grazie all'ampio uso della violenza nel corso delle votazioni).

1924: nel giugno il deputato socialista Giacomo Matteotti, dopo aver denunciato le intimidazioni e gli imbrogli elettorali, viene rapito e ucciso dai fascisti. Questo causò un'ondata di indignazione che portò l'opposizione a ritirarsi dal Parlamento e riunirsi separatamente finché non fosse stata ripristinata la legalità democratica (Secessione dell'Aventino); tutto ciò risultò privo di qualsiasi efficacia pratica. Mussolini, forte dell'appoggio del re, con un noto discorso alla Camera (3 gennaio 1925) si attribuì ogni responsabilità per le violenze fasciste:

"Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione                                          superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato una associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere!. Voi state certi che nelle quarantott'ore successive a questo mio discorso, la situazione sarà chiarita su tutta l'area." 

Si apriva così la fase della dittatura fascista.

La dittatura fascista:

A partire dal 1925 Mussolini mirò alla fascistizzazione dello stato e della società civile cioè alla subordinazione al potere fascista delle istituzioni, dell'amministrazione pubblica e di tutte le forme di vita associata. Per raggiungere tale obbiettivo il Duce attuò vari provvedimenti:

Leggi "fascistissime

solo i sindacati legalmente riconosciuti (quelli fascisti) avevano diritto a stipulare contratti collettivi;

il Partito Nazionale Fascista fu l'unico partito riconosciuto;

fu reintrodotta la pena di morte e creata l'OVRA (Organizzazione Vigilanza e Repressione Antifascismo), la polizia segreta politica;

fu istituito un Tribunale speciale per la difesa dello Stato composto da ufficiali delle forze armate e delle milizie.

L'organizzazione del consenso e della società:

fu realizzato un pieno controllo dell'informazione e dei mezzi di comunicazione di massa ( vietata la stampa antifascista, i grandi quotidiani come "La Stampa" e il "Corriere della Sera" ebbero direttori favorevoli al regime, venne fondato un ente radiofonico: l'Eiar, l'Istituto Luce produsse famosi cinegiornali di propaganda, ecc.)

fu dedicata particolare attenzione al settore della cultura e della scuola (per ottenere il consenso della popolazione mostrando la propria visione del mondo come la migliore); venne istituita l'Opera Nazionale Balilla, che inquadrava i giovani dai 12 ai 18 anni (divisi in balilla e avanguardisti) per fornire loro una specie di istruzione premilitare e un minimo di indottrinamento ideologico (il regime voleva creare un "uomo nuovo"); per i bambini sotto i 12 anni fu istituita l'organizzazione i "Figli della Lupa"; gli studenti universitari si riunirono nel GUF (Gruppi Universitari Fascisti)

Attorno al mito della guerra furono realizzate forme di aggregazione ideale, grandi occasioni di creazione di identità, di senso di appartenenza  e alla memoria della nazione: adunate, marce, inni, feste del regime, manifestazioni di massa, sfilate di reduci, vedove e mutilati.

La politica economica interna:

La politica economica del fascismo attraversò tre fasi principali:

: politica essenzialmente liberista; il governo favorì la libertà di iniziativa economica riducendo vincoli e peso fiscale sulle imprese; in questo periodo vi fu uno sviluppo economico;

: incominciano ad emergere difficoltà economiche tra cui la svalutazione della Lira rispetto alle altre monete e la conseguente inflazione. Per questo venne introdotta la cosiddetta "Quota Novanta" (90 Lire = 1 Sterlina) e venne attuata una manovra deflazionistica che causò il rallentamento dell'economia (e l'inasprimento del credito);

dal 1930: si attuò una politica protezionistica; l'operazione più importante fu la creazione, nel 1933, dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (Iri) dotato di ampie competenze che divenne azionista di maggioranza delle banche in crisi (in questo modo lo Stato italiano divenne Stato - imprenditore).

La politica agraria:

Per quanto riguarda la politica agraria vi furono due provvedimenti importanti:

Dal 1925 fu promossa la "battaglia del grano", per assicurare al Paese il fabbisogno di grano, producendo una diminuzione delle importazioni , a vantaggio dei latifondisti, che videro aumentare i propri profitti, e a svantaggio di più moderne colture specializzate;

fu attuata la "bonifica integrale" che si propose di recuperare terreni sul suolo nazionale (soprattutto in Emilia - Romagna, nel Veneto, in Lazio, in Campania, in Puglia, in Calabria, in Sicilia e in Sardegna).

La politica coloniale: Il regime cercò di ampliare i possedimenti coloniali italiani riconquistando prima di tutto Libia, Eritrea e parte della Somalia; successivamente attaccando e sconfiggendo l'Etiopia, presentando agli italiani questa guerra come un'impresa civilizzatrice da parte di un popolo superiore nei confronti di un popolo inferiore. La Società delle Nazioni, visto l'attacco dell'Italia ad un altro stato indipendente, multò questa con sanzioni economiche rispettate da molti paesi. Questo significò che l'Italia doveva produrre da sola ciò che prima esportava; Mussolini ne approfittò per lanciare una politica di "autarchia": l'Italia sarebbe dovuta diventare autosufficiente in campo economico.

Rapporto con la Chiesa

I primi anni del fascismo furono coronati dalla conciliazione con la Chiesa, avvenuta nel 1929 tra Mussolini e Papa Pio XI tramite i Patti Lateranensi, documento che si articolava in tre parti distinte:

trattato internazionale: la Santa Sede riconosceva lo Stato italiano e la sua capitale e si vedeva riconosciuta la sovranità sullo "Stato della Città del Vaticano";

convenzione finanziaria: l'Italia si impegnava a pagare al Papa una forte indennità a titolo di risarcimento per la perdita dello Stato pontificio;

concordato: regolava i rapporti interni fra Chiesa e Regno d'Italia; riconosceva la religione cattolica come sola religione di Stato e rendeva obbligatorio l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole.


Rapporto con il re:

Al monarca spettavano i seguenti compiti:

comando supremo delle forze armate;

la scelta dei senatori;

il diritto di nomina del capo del governo.

Gli intellettuali di fronte al fascismo:

All'indomani delle leggi cosiddette "fascistissime", che segnarono il passaggio del fascismo da una fase legalitaria ad una totalitaria, si tenne a Bologna un convegno sulle istituzioni culturali fasciste a cui parteciparono 250 intellettuali, esponenti di tutte le espressioni della cultura, dalla letteratura all'arte, alla musica. Al termine del convegno, essi firmarono un "Manifesto degli intellettuali fascisti", steso dal filosofo Giovanni Gentile (1875-1944), che fu Ministro della Pubblica Istruzione dal 1922 al 1924. In questo manifesto il fascismo era considerato un movimento tipico dello spirito della nazione italiana, perché garante di tutte le istituzioni e le tradizioni dello Stato. Questo documento esaltava il movimento fascista come l'unico erede degli ideali risorgimentali in grado di realizzare una stato totalitario, qualitativamente superiore rispetto al liberalismo tradizionale. Secondo gli estensori del manifesto, il fascismo, oltre a quello politico, aveva un valore morale ed anche religioso.

Dopo pochi mesi, sulle pagine del quotidiano "Il Mondo", venne pubblicato un altro manifesto:                      il "Manifesto degli intellettuali antifascisti ", scritto dal filosofo Benedetto Croce (1866-1947). Croce rivendicava la libertà e l'autonomia di tutte le scienze e di tutte le arti in nome dell'intelligenza di ciascuno: ".L'intelligenza consiste nel dubbio, nella discussione, nello scambio di opinioni diverse, nella revisione dei propri concetti.". Croce denuncia la confusione dottrinale presente nel manifesto degli intellettuali fascisti e reagisce alla concezione in esso espressa che la lotta tra fascismo e antifascismo sia una lotta di religione:".Il fascismo non è una nuova religione ed affermare simile idea è solo una lugubre facezia.". Il contromanifesto polemizza contro il carattere intollerante, fazioso, passionalmente "religioso" del manifesto opposto, riaffermando il valore superiore della cultura e della sua autonomia dalla politica.

Di fronte alla diffusione di tecniche volte alla persuasione e al consenso usate dalle dittature degli anni Trenta, gli intellettuali spesso reagiscono rifiutando la cultura di massa e riproponendo una cultura di élite, fondata sul distacco e sulla superiorità. Di qui i due tipi di letterato prevalenti in questo periodo in Italia:il "letterato-letterato" che si disinteressa della politica e vive nella torre d'avorio della cultura; e il "letterato-ideologo", che agisce all'interno degli apparati politici per sostenerli o per contestarli.

Tra i più importanti esponenti della letteratura italiana che appoggiarono la stesura di ambedue manifesti ricordiamo Ungaretti, che ideologicamente appoggiava il nuovo regime, Montale, che firmò il manifesto degli intellettuali antifascisti ed infine, non per importanza, Saba, il quale rimase indifferente. L'attività letteraria di questi tre famosi scrittori, che in qualche modo videro la loro vita artistica interessata dal periodo dei totalitarismi, si può ricondurre a quella parte della poesia detta ermetica, "classicista modernista" e antinovecentisca. Da qui un breve accenno sull'Ermetismo, sul "Classicismo Modernista" e sull'"Antinovecentismo", nei quali seguirà un commento sul poeta interessato da ciascun movimento.

Ermetismo :

Sul piano letterario e artistico, nonostante la persistente presenza delle avanguardie, nell'Europa fra le due guerre tendono comunque a prevalere un clima postavanguardistico e talora antiavanguardatistico e una propensione alla "restaurazione della letteratura", e cioè al recupero della tradizione del classicismo. Il ritorno alla tradizione si unisce spesso al recupero di tendenze simboliste, in cui finisce, riassorbita anche l'influenza francese del Surrealismo. Nasce così l'Ermetismo, sviluppatosi a Firenze intorno alla metà degli anni Trenta. Come dice il termine, impiegato inizialmente in senso negativo, l'Ermetismo è una poetica che teorizza una poesia difficile, "chiusa", volutamente oscura . Uno dei più grandi esponenti è Giuseppe Ungaretti.

Ungaretti e il fascismo:

'Patria e rivoluzione: ecco il grido nuovo. () Aderisco ai fasci di combattimento, il solo partito che intende la tradizione e l'avvenire, in modo genuino.'

(in: Il Popolo d'Italia, 13 novembre 1919).

Non si ha alcuna notizia di un ripensamento di Ungaretti sulla sua adesione al fascismo, neppure dopo la sua caduta. L'adesione al fascismo da parte di Ungaretti è un problema notevole della critica letteraria e biografica, che andrebbe indagato a fondo e che non è mai stato preso seriamente in considerazione. Le sue poesie contro la guerra e poi la sensibilità e l'umanità dimostrata dal poeta sono in stridente contraddizione con l'adesione ad un movimento che faceva delle persecuzione politica e poi dell'alleanza con il nazismo (anche avallando e praticando direttamente le persecuzioni ebraiche), i suoi mezzi di lotta correnti. Contraddizione ancor più evidente se si pensa al nuovo massacro del secondo conflitto mondiale, del tutto simile a quello a cui si riferiva e che condannava lo stesso Ungaretti nelle sue liriche del 1915 - 1916. Ungaretti visse personalmente questo periodo

Nel 1924, per esempio, non si ha notizia di una sua reazione di fronte all'omicidio del deputato socialista Matteotti. Certo, nel 1944 scrisse nuovamente contro la guerra: 'Non gridate più ', e la raccolta del 'Dolore '. E tuttavia mantenne i suoi rapporti con il fascismo ed addirittura le sue relazioni personali con Mussolini, che gli fece avere la cattedra universitaria Roma. L'adesione di Ungaretti al fascismo rimane dunque una grande ombra sulla sua vita e sulla sua integrità morale. D'altra parte la sua poesia e le sue riflessioni,cariche di umanità, testimoniano la genuinità della sua lirica che non era certo al servizio del 'regime'.

Tra le sue più importanti poesie, per quanto riguarda l'argomento trattato, citiamo la seguente:

Non gridate più                                                    

Cessate di uccidere i morti

non gridate più, non gridate

se li volete ancora udire,

se sperate di non perire.


Hanno l'impercettibile sussurro,

non fanno più rumore

del crescere dell'erba,

lieta dove non passa l'uomo.

(Ungaretti, Il dolore

Non gridate più (commento)

Basta con la guerra!

E' il messaggio della poesia 'Non gridate più' composta da Ungaretti in occasione del bombardamento del cimitero romano del Verano nel 1944.

In questo contesto il poeta invita al silenzio in rispetto dei morti, uccisi una seconda volta. La poesia inizia con una analogia che rasenta l'identificazione dei morti con vivi: 'cessate d'uccidere i morti', la fine della guerra e della distruzione e` invocata per poter udire i caduti.

Implica una visione pessimista dell'umanità: dove passa l'uomo non cresce più l'erba, l'uomo e` come Attila.

"Classicismo Modernista":

Tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta esiste un filone di poesia allegorica, che si richiama al patrimonio classico, umanistico e cristiano. Questa poetica non impressionistica, né realistica, anzi "metafisica" è estranea all'analogismo e al gusto delle "corrispondenze" simboliche care all'Ermetismo e volta piuttosto a recuperare l'allegorismo dantesco: è questo il caso della poesia di Eugenio Montale che esporremo tramite una sua poesia e due sue interviste.

Montale e il fascismo:

Le idee totalitarie del fascismo, l'assolutismo, l'appiattimento dei valori umani, l'imposizione di determinate regole ed il completo disconoscimento della libera espressione di parola e di comportamento, causarono la ribellione di molti intelettuali, che vissero questo periodo in modo molto sofferto, sia interiormente che politicamente, pur astenendosi, nella maggior parte dei casi dalla militanza politica attiva. Tra questi spicca per acume, capacità ed impegno, Eugenio Montale.

Nel 1925 Montale, coerentemente con la propria posizione liberale, firma il manifesto degli intellettuali antifascisti. Nel 1927 si trasferisce a Firenze che appare al poeta una sorta di patria della cultura, intese come valore supremo da difendere contro l'ignoranza e la rozzezza del regime fascista. Proprio perché non iscritto al partito fascista viene licenziato dal suo impiego di direttore del prestigioso Gabinetto Vieusseux. Dalla nuova condizione dell'intellettuale e dalla nuova situazione storica (l'avvento del fascismo) deriva un' ideologia che oppone alla massificazione dilagante i valori elitari della cultura e dell'arte, unico risarcimento possibile per gli intellettuali.

Ora riportiamo  per chiarire il rapporto tra poesia e realtà storica e politica in Montale il componimento d'apertura della sezione "Ossi di seppia" (che dà il titolo all'intera raccolta) e, successivamente, due passi di due diverse interviste..


Non chiederci la parola

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l' animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l' ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo,ciò che non vogliamo. 1

1: ciò che.vogliamo:se si pensa che gli Ossi uscirono nel 1925 nelle edizioni di Piero Gobetti, questa incapacità di identificazione suona anche come rifiuto di una data condizione storica, quella determinata dal fascismo.


INTERVISTA A MONTALE

'Gli avvenimenti che fra le due guerre mondiali hanno straziato l'umanità li ho vissuti standomene seduto e osservandoli

[] Gli avvenimenti esterni sono sempre più o meno preveduti dall'artista; ma nel momento in cui essi avvengono cessano, in qualche modo, di essere interessanti. Fra questi avvenimenti che oso dire esterni c'è stato, e preminente per un italiano della mia generazione, il fascismo. Io non sono stato fascista e non ho cantato il fascismo; ma neppure ho scritto poesie in cui quella pseudo rivoluzione apparisse osteggiata. Certo, sarebbe stato impossibile pubblicare poesie ostili al regime d'allora; ma il fatto è che non mi sarei provato neppure il rischio fosse stato minimo o nullo. Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia. Non nego che il fascismo dapprima, guerra più tardi, e la guerra civile più tardi ancora mi abbiano reso infelice; tuttavia esistevano in me ragioni di infelicità che andavano molto al di al di fuori di questi fenomeni []

Dopo questa premessa posso dirvi, in risposta alla vostra domanda, che io gli avvenimenti che fra le due guerre mondiali hanno straziato l'umanità li ho vissuti standomene seduto e osservandoli. Non avevo altro da fare. [] In definitiva, fascismo e guerra dettero al mio isolamento quell'alibi di cui esso aveva forse bisogno. La mia poesia di quel tempo non poteva che farsi più chiusa, più concentrata (non dico più oscura). Dopo la liberazione ho scritto poesie di ispirazione più immediata che per certi lati sembrano un ritorno all'impressionismo degli Ossi di seppia, ma attraverso il filtro di un più cauto controllo stilistico. Non vi mancano accenni a cose e fatti d'oggi. In ogni modo sarebbe impossibile pensarle scritte dieci anni fa. E perciò, a parte il loro valore, che non posso giudicare, debbo concludere che mi sento perfettamente a posto col cosiddetto 'spirito del nostro tempo'.


(Intervista radiofonica a Eugenio Montale,
raccolta in E. Montale, Sulla poesia,
a cura di G. Zarnpa, Milano, Mondadori, 1976)


INTERVISTA A MONTALE

Vuol parlarci della sua esperienza umana in questi anni. Come una poeta ha veduto e vissuto gli avvenimenti che fra le due guerre mondiali hanno straziato l'umanità? Come pensa di aver reso attraverso la sua poesia questa acquisita esperienza?

".L' argomento della mia poesia (e credo di ogni possibile poesia) è la condizione umana in sé considerata; non questo o quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo, significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l'essenziale col transitorio. Non sono stato indifferente a quanto è accaduto negli ultimi trent'anni, ma non posso dire che se  i fatti fossero stati diversi anche la mia poesia avrebbe avuto un volto totalmente diverso. Un artista porta con sé un particolare atteggiamento di fronte alla vita e una certa attitudine formale a interpretarla secondo schemi che gli sono propri. Gli avvenimenti esterni sono sempre più o meno preveduti dall'artista; ma nel momento in cui essi avvengono cessano,in qualche modo, di essere interessanti. Fra questi avvenimenti che oso dire esterni c'è stato, e preminente per un italiano della mia generazione, il fascismo. Io non sono stato fascista e non ho cantato il fascismo; ma neppure ho scritto poesie in cui quella pseudo rivoluzione apparisse osteggiata. Certo, sarebbe stato impossibile pubblicare poesie ostili al regime d'allora; ma il fatto è che non mi sarei provato neppure se il rischio forre stato minimo o nullo. Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia. Non nego che il fascismo dapprima, la guerra più tardi,e la guerra civile più tardi ancora mi abbiano reso infelice; tuttavia esistevano in me ragioni di infelicità che andavano molto al di là e al di fuori di questi fenomeni.

Coloro per i quali l'arte è un prodotto delle condizioni ambientali e sociali dell'artista potranno obbiettare: il male è che vi siete estraniato dal vostro tempo; dovevate optare per l'una o per l'altra delle parti in conflitto. Mutando o migliorando la società si curano anche gli individui, nella società ideale non esisteranno scompensi o in adattamenti ma ognuno si sentirà perfettamente a suo posto; e l'artista sarà un uomo come un altro che avrà in più il dono del canto, l'attitudine a scoprire e a creare la bellezza. Rispondo che io ho optato come uomo; ma come poeta ho sentito subito che il combattimento avveniva su un altro fronte, nel quale poco contavano i grossi avvenimenti che si stavano svolgendo. L'ipotesi di una società futura migliore della presente non è punto disprezzabile, ma è un'ipotesi economica-politica che non autorizza illazioni d'ordine estetico, se non in quanto diventi mito. Tuttavia un mito non può essere obbligatorio. Sono disposto a lavorare per un mondo migliore; ho sempre lavorato in questo senso; credo persino che lavorare in questo senso sia il dovere primario di ogni uomo degno del nome di un uomo. Ma credo altresì che non sono possibili previsioni sul posto che occuperà l'arte in una società migliore della nostra.."

"Antinovecentismo":

Negli anni Trenta si profila un filone impressionistico-realistico di derivazione sabiana e comunque estraneo alla tradizione simbolista e postsimbolista. E' una poesia con inclinazioni realistiche o prosastiche e diaristiche spesso narrativa. Questa linea chiamata "antinovecentistica" da Pasolini, ha come capostipite Umberto Saba.


Saba e il fascismo:

Nato a Trieste nel 1883 e morto a Gorizia nel 1957. Ebbe una vita movimentata, fu mozzo su un bastimento. Poiché era nato da madre ebrea, quando in Italia ci furono le leggi razziali fuggì a Parigi e dopo la liberazione tornò a Trieste. Sentì l'influsso della -Voce- poi di Ungaretti e soprattutto di Montale; anche lui sentì la crisi del proprio periodo: la guerra e il dopoguerra. Poiché Trieste era una zona chiusa e lontana dalla cultura italiana, Saba cominciò a scrivere nello stile della poesia dell'ottocento, con una lingua vicina a quella parlata e al racconto in prosa. Appunto perché Trieste era lontana dalle novità del primo novecento Saba non amò l'ermetismo, anche se, come Ungaretti, amava la chiarezza e non le parole inutili, egli stesso diceva di essere il poeta più chiaro del mondo, infatti non amò la lingua elegante. La sua raccolta di poesie si chiama 'Canzoniere'. Saba, anche se poi conobbe la nuova poesia, si mantenne lontano da questa e parlò di un suo mondo di cose, di luoghi, di donne, cioè di tutto quelle piccole cose di ogni giorno (crepuscolarismo). Per esempio, parlava di Trieste, di sua moglie, di altre donne in cui egli, oltrechè la bellezza esteriore cercava sempre qualcosa di nascosto e profondo, per questo la sua poesia potrebbe chiamarsi -la storia di un uomo in cui si vede la storia di tutti gli uomini in quel periodo di crisi: infatti Saba ha molto amato gli uomini; la natura della sua poesia è piena di immagini chiare e gioiose. Soprattutto con il passare degli anni si sente nella sua poesia anche un senso di disperazione e consolazione, solitudine e amore degli altri che sono sempre legati fra di loro, infatti una sua raccolta si intitola -La serena disperazione.- Per esempio, quando parla della zona vecchia di Trieste piena di miseria, dice che in questa miseria ha visto il Signore perché gli uomini che vi abitano conoscono la vita ed il dolore e nel loro animo come in quello di tutti gli uomini è presente il Signore. Questi contrasti sono presenti in tutta la sua opera, basti pensare alle -Fughe-, poesia in cui, appunto come in una fuga musicale, vi sono vari voci di diversa tonalità, per esempio in Fuga egli dice che la sua vita a Trieste è nera, ma un'altra voce, per contrasto, dice che il cielo è azzurro e il mare è infinito. Proprio qui sta la grandezza e importanza della poesia del Saba, perché nella sua solitudine non si è fatto trascinare dai vari movimenti che c'erano allora ma è riuscito a sentire la voce profonda degli uomini del suo tempo e a prendere parte, nella sua poesia, alla loro sofferenza.

Il Novecento artistico in Italia:

Con il nome di Novecento o di Stile Novecento si vuol indicare un movimento promosso da un gruppo di artisti italiani nel 1921, che aveva come scopo quello di far tornare alla tradizione pittorica antica, reagendo contro le 'stravaganze e le eccentricità' delle avanguardie.
Gli artisti del gruppo erano sette: Mario Sironi, Anselmo Bucci, Achille Funi, Ubaldo Oppi, Leonardo Dudreville, Emilio Malerba e Pieto Marussi, che esposero nel 1923 nella galleria Pesaro a Milano, inaugurata da Mussolini.

L'anno dopo l'esposizione ottenne un gran successo alla biennale di Venezia e, nel 1930, il '900 fu definito come l'arte ufficiale del Fascismo.

I pittori di questo movimento si sentirono attratti dalla pittura italiana da Giotto al Rinascimento, ritornarono quindi al figurativismo e al concetto forma-volume che già diffondeva la rivista 'Valori Plastici', fondata nel 1918, che pubblicava proposte di pittori, che aveva idee simili, come Carrà, De Chirico, Soffici, Morandi, ed altri, sebbene non avessero realmente una poetica stilistica comune, ma che, in ogni modo, preferivano ritornare al paesaggio, alle nature morte e al ritratto.
Le loro idee basilari si applicarono poi all'architettura, alla scultura, alla letteratura e alla musica, cercando di superare le strette barriere nazionali e diffondendosi in altri paesi europei.
Il governo fascista preferiva e consigliava una tematica epico-popolare, dentro gli schemi neoclassici e con fini sociali ed educativi, soprattutto antisperimentale, contro le stravaganze e le improvvisazioni delle avanguardie.

Il Fascismo voleva un'arte basata sul mestiere e sulla tradizione, che doveva piacere ed essere capita dal popolo, e perciò un'arte figurativa ben fatta tecnicamente, un'arte come artigianato e l'artista come uomo di mestiere.

A differenza dei regimi nazista e comunista, esso tollerava altre tendenze e non imponeva quest'arte come l'unica autorizzata, per quanto il governo accettasse e pagasse solamente le opere che si collocavano dentro la linea ufficiale fascista.

In realtà, e in generale, al fascismo interessava più il contenuto dell'opera che i suoi elementi formali o la sua corrente o il suo stile; in ogni modo un'opera senza contenuto era preferibile ad una con un contenuto contrario agli ideali fascisti.

Nelle esposizioni nazionali, durante quel periodo, si esposero anche opere astratte o espressionistiche, insieme a quelle realistiche di gusto ufficiale.

Nel 1925 Consiglio, nel suo libro 'Cinema, Arte e Linguaggio', scriveva: 'Le nazioni parlamentari limitano ancora l'uso della loro autorità ad una censura preventiva. Lo Stato comunista ha risolto il problema in maniera totalitaria inglobando l'arte nella sfera della propaganda sociale e della pedagogia. Lo Stato razzista (in quegli anni il termine si applicava alla Germania nazista e non ancora all'Italia fascista) esige una produzione che esalti l'idea nazionale e la superiorità razziale. Lo Stato fascista separa nettamente il cinema d'arte dal cinema di propaganda (ed in generale ogni arte): il primo è un'attività libera, ma col controllo preventivo della censura fascista, mentre il secondo si svolge dentro le funzioni riservate allo Stato'.

Conseguentemente il disegno doveva essere più importante del colore, le forme dovevano essere scultoree e stilizzate, il contenuto epico-storico, la tematica monumentale e grandiosa, ritornando razionalmente alla prospettiva e alle composizioni ben organizzate e prestabilite.

La maggioranza degli artisti italiani dell'epoca aderirono al 'Novecento', benché fossero di distinte tendenze; tra i più significativi si trovavano Arturo Tosi, Mino Maccari, Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Filippo de Pisis, Felice Casorati, Massimo Campigli, Osvaldo Licini, Giorgio Morandi e Gino Severini. Tuttavia alcuni si separarono, successivamente, scegliendo la pittura astratta, come Osvaldo Licini, Atanasio Soldati ed Alberto Magnelli, mentre altri, come Scipione (Gino Bonichi), Renato Guttuso e Renato Birolli preferirono l'espressionismo, a causa delle loro idee antifasciste.

Nel 1931 un'esposizione di pittori del '900 ad Helsinki, in Finlandia, fece conoscere il movimento in tutta Europa, ma nel 1945, con la caduta del fascismo, le nuove correnti astratte dettero un colpo mortale al '900, il quale passò alla storia.

Bisogna sottolineare che, tra le due guerre mondiali, il ritorno al classicismo e alla tradizione diventò palese in tutta Europa, non solo in Italia. Infatti dopo la Prima Guerra Mondiale apparvero dovunque 'i richiami all'ordine', 'il ritorno alla tradizione accademica': è sufficiente ricordare Derain e Vlaminck, il Picasso del periodo classico, e tutta l'arte, o pseudo tale, accademico-fotografica della Russia sovietica e della Germania nazista.


Sironi:


Mario Sironi è una delle figure protagoniste del Novecento Italiano per l'incontro della sua inclinazione verso un'arte monumentale con i programmi del Fascismo.Tale arte è il risultato di un percorso passato attraverso l'adesione,dapprima al Futurismo e in seguito (ma per un breve periodo)alla corrente metafisica.  Sironi crede fermamente nel Fascismo ed è convinto che la pittura murale possa farsi strumento di aducazione delle masse capace di comunicare loro valori attuali (quelli del Fascismo) come un tempo essa comunicava gli ideali religiosi. Per questo motivo Sironi considerava la pittura murale come il solo mezzo per riuscire ad esprimere i più alti valori del Fascismo:   'Dalla pittura murale sorgerà lo stile fascista', dirà Sironi in un suo scritto; ma, nonostante ciò Sironi non esprime il meglio di sé nella pittura murale, dal momento che i suoi contenuti non hanno quell'altezza che egli credeva di vedere nel Fascismo che, con il passare del tempo, si rivelerà del tutto privo di valori; da questo punto di vista gli affreschi di Sironi cadono molto spesso in una retorica vuota. Altre volte, al contrario, i contenuti fascisti trovano il loro linguaggio espressivo, sebbene in senso opposto rispetto a quello voluti dall'autore, in opere di dimensioni minori e non allegoriche.



Squadra d'azione:


La moderazione dei pochi colori tetri, la concentrazione degli uomini in camicia nera sul camion, i fucili e la bandiera che ne fuoriescono, suggeriscono con chiarezza quale violenta repressione sarà effettuata dalle 'squadracce' contro i sostenitori della democrazia.










Paesaggi urbani:

Con quest'opera Sironi raggiunge il pieno della maturità pittorica: con la rappresentazione di squallide periferie, l'autore, forse involontariamente, rende il senso cupo e oppressivo della situazione operaia, tema ripreso poi nell'opera L'architetto.                                   









L'architetto:


Con una straordinaria sintesi stilistica, Sironi costruisce l'immagine con pochi, robusti piani (le angolature spigolose del viso, messe in risalto dal rapporto luci ombre, e la calotta quasi stilizzata dei capelli), con l'uso mirato dei colori, con il volumetrico inserirsi del busto obliquo nello spazio. Anche gli elementi che potrebbero sembrare ornamentali o allusivi alla professione dell'uomo (il capitello, l'arco sullo sfondo, la modanatura), assumono un ruolo fondamentale nella composizione mettendosi in relazione diretta con la figura spingendola in primo piano.



Bibliografia:


Siti visitati:

https://www.arcadiaclub.com/zips/appunti/fascismo.doc

https://www.arakhne.it/didanext/sito/letteratura/veglia/VegliaContenuto/UngarettiEIlFascismo.html

https://www.arakhne.it/didanext/sito/letteratura/veglia/VegliaContenuto/NonGridatePiucommento.html

https://www.girodivite.it/antenati/xx2sec/_ungare.htm

https://www.maat.it/livello2/fascismo-manifesto.htm


Libri consultati:

M. Spiazzi,M. Tavella "Only connect."

A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto "Guida alla storia" (vol. 3)

R. Luperini, P. Cataldi, L. Marchiani, F. Marchese "La scrittura e l'interpretazione" (vol. 3) 



Scarica gratis Il fascismo
Appunti su: pittori che non aderirono al manifesto degli intellettuali fascista, Tesina saba fascismo, http:2F2Fwwwarcadiaclubcom2Fzips2Fappunti2Ffascismodoc,



Scarica 100% gratis e , tesine, riassunti



Registrati ora

Password dimenticata?
  • Appunti superiori
  • In questa sezione troverai sunti esame, dispense, appunti universitari, esercitazioni e tesi, suddivisi per le principali facoltà.
  • Università
  • Appunti, dispense, esercitazioni, riassunti direttamente dalla tua aula Universitaria
  • all'Informatica
  • Introduzione all'Informatica, Information and Comunication Tecnology, componenti del computer, software, hardware ...

Appunti Aeronautica Aeronautica
Tesine Architettura Architettura
Lezioni Astronomia cosmologia Astronomia cosmologia