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IL DOPOGUERRA IN ITALIA
All'indomani della liberazione l'Italia riprendeva il corso della sua vita democratica, dopo la lunga pausa dovuta alla dittatura fascista. Era un'esperienza del tutto nuova per gran parte dei cittadini, e anche se molti uomini politici del mondo prefascista assunsero importanti responsabilità, è certo che il collegamento col passato, dopo le drammatiche esperienze vissute, era assai difficile.
Al di là dei problemi politici, di fronte agli Italiani stava la tragica realtà economica. Le campagne, devastate dalla guerra e abbandonate dai contadini, producevano solo la metà del grano che veniva prodotto nel periodo prebellico.
Le grandi città avevano subito massicci bombardamenti e molte erano semi distrutte: le vie di comunicazione erano interrotte (per quasi un anno fu assai difficile persino il collegamento tra Milano e Roma), il materiale ferroviario quasi interamente distrutto; la flotta mercantile, prima della guerra una delle maggiori del mondo, in gran parte affondata. Le difficoltà di collegamento e d'approvvigionamento delle materie prime, in particolare di quelle provenienti dall'estero, impedirono che si potesse sfruttare a fondo la capacità produttiva delle nostre industrie, rimasta relativamente integra anche grazie alla vigilanza operaia (le distruzioni non superavano un quarto del totale degli impianti). La necessità primaria era dunque di lavorare intensamente per ricostruire il paese e a questo scopo la via più breve era il ricorso all'aiuto che ci veniva offerto dagli americani.
Grazie a questi aiuti e alla
compressione dei salari (i lavoratori, colpiti da una fortissima
disoccupazione, dovettero limitare le rivendicazioni economiche) si poté
riavviare la macchina della produzione e stimolare l'iniziativa privata.
I risultati economici furono notevoli: si ebbe una rapida ricostruzione, cui
seguì una ripresa straordinaria dello slancio produttivo, tanto che quindici
anni dopo si parlava con ammirazione nel mondo del miracolo economico italiano.
La produzione si sviluppò tuttavia in modo disordinato anche per la mancanza di
un'efficace controllo da parte dei pubblici poteri, soprattutto in materia
fiscale, fatto grave questo, le cui conseguenze si dovevano avvertire più
tardi.
Anche il risveglio culturale del paese fu straordinariamente vivace.
L'esperienza violenta della guerra e degli anni della Resistenza, la speranza d'un futuro migliore, la caduta delle barriere che avevano isolato per tanti anni la nostra cultura da
quella europea, aprirono orizzonti nuovi e stimolarono un nuovo fervore creativo. Si affermarono scrittori nuovi, il nuovo cinema italiano sorprese e commosse le folle del mondo.
Erano forme d'espressione fresche, dirette, anche crude della realtà, dopo tanti anni di retorica e di torpore morale.
Il nostro movimento intellettuale contribuì moltissimo a ricreare i necessari legami spirituali con gli altri paesi dai quali per molto tempo il nostro destino era stato diviso.
Sul piano politico, ai partiti, che rappresentavano il principale legame con l'Italia prefascista, si ponevano difficili problemi di adattamento alla nuova realtà economico-sociale.
Bisognava tener conto, oltre tutto, dell'inserimento di fatto dell'Italia nella sfera d'influenza anglo-americana. Così la Democrazia Cristiana, erede del Partito Popolare, venne ad assumere il ruolo di baluardo contro l'avanzata del comunismo e a mettere in secondo piano le esigenze di rinnovamento pure sentite da molti suoi uomini.
Il Partito Socialista era diviso tra una maggioranza favorevole alla collaborazione coi comunisti e una minoranza che vi si opponeva. Il Partito Comunista, invece, sotto la guida di Togliatti rinunciò alla prospettiva di una rivoluzione immediata e si dedicò a una paziente opera di allargamento dell'elettorato e di penetrazione nelle organizzazioni sindacali.
Accanto a questi 'partiti di massa' si muovevano formazioni politiche minori, pur se guidate da uomini di grande prestigio: il Partito Repubblicano, che si richiamava agli ideali mazziniani; il Partito d'Azione e la Democrazia del lavoro, che sarebbero scomparsi presto dalla scena politica, il Partito Liberale, conservatore e difensore dell'iniziativa privata.
Il 25 aprile 1945 il CLN, che controllava ormai completamente la situazione nelle regioni settentrionali, assunse tutti i poteri civili e militari e nel giugno seguente designò FERRUCCIO PARRI, l'animatore della nostra Resistenza nazionale, come capo d'un governo al quale parteciparono i partiti Comunista, Socialista, Democristiano, Democratico del lavoro, Liberale e d'Azione. Il Partito d'Azione chiese che si mantenessero in vita, come organi locali, i Comitati di Liberazione, ma non fu sostenuto dagli altri partiti, neppure della Sinistra. Gli stessi comunisti, che in pratica li controllavano, ne accettarono la soppressione, puntando le proprie carte sull'esito delle elezioni ormai prossime. Questi contrasti determinarono in novembre la caduta del governo Parri al quale succedette, un mese dopo, un nuovo governo presieduto dal democristiano ALCIDE DE GASPERI. Gli altri partiti continuarono a collaborare, nonostante l'irrigidimento nei rapporti tra i due blocchi sul piano internazionale acuisse le divergenze politiche all'interno della nuova coalizione.
Perché l'Italia potesse intraprendere il suo cammino verso la ricostruzione e la democrazia, andava innanzitutto risolto il problema istituzionale decidendo, mediante un "referendum nazionale", nel quale per la prima volta in Italia il voto veniva esteso alle donne, se mantenere la monarchia sabauda o dare al paese l'istituzione repubblicana.
Vittorio Emanuele III, direttamente compromesso con l'abbattuta dittatura fascista, abdicò il 9 maggio 1946 in favore del figlio Umberto. Ma il regno di UMBERTO II fu assai breve: il 2 giugno, con una maggioranza di due milioni di voti (12.718.019 contro 10.709.423), nasceva la Repubblica Italiana. Il giurista napoletano ENRICO DE NICOLA ne diveniva il presidente provvisorio, mentre i Savoia prendevano la via dell'esilio.
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Nell'elezione dei rappresentanti dell''Assemblea Nazionale Costituente, i
democristiani ottenevano un importante e in qualche modo inatteso successo
rispetto ai socialisti e ai comunisti. Questi tre partiti costituirono un
governo ancora guidato da DE GASPERI, che affrontò decisamente il fondamentale
problema della ricostruzione.
Furono create in questo periodo le regioni autonome, VAL d'AOSTA, TRENTINO - ALTO ADIGE, SICILIA e SARDEGNA (alle quali più tardi s'aggiungerà il FRIULI - VENEZIA GIULIA). Nelle isole, soprattutto in Sicilia, s'era intanto sviluppata una tendenza al separatismo.
Nel febbraio del 1947 l'Italia siglava a Parigi il trattato di pace con le nazioni vincitrici. Oltre alle colonie e al Dodecanneso, restituito alla Grecia, l'Italia cedeva l'Istria e parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia e alla Francia, tra l'altro, l'alta valle Roja con Briga e Tenda. La città di TRIESTE venne posta sotto l'amministrazione anglo-americana e solo nel 1954 fu restituita all'Italia in cambio della cessione alla Jugoslavia dei territori a sud della città.
A conferma dell'ottimo clima in seguito stabilitosi nei rapporti tra Italia e Jugoslavia, il trattato di Osimo nel 1975 regolò definitivamente i problemi di confine tra i due stati.
Nel luglio del 1947 all'interno del Partito Socialista, legato allora ai comunisti da un patto d'unità d'azione, si verificò una scissione che portò alla fondazione del nuovo partito socialdemocratico; quest'ultimo, pur accettando i postulati del socialismo, era contrario all'unità d'azione coi comunisti.
I° LEGISLATURA - CAMERA DEI DEPUTATI
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Tale scissione permise alla Democrazia Cristiana di rinunciare alla collaborazione dei partiti dell'estrema sinistra. Alcide De Gasperi che, dopo un viaggio in America e poco prima della scissione socialista aveva costituito un governo senza i comunisti e i socialisti, formò, dopo le elezioni del 18 aprile 1948 che diedero la maggioranza assoluta dei seggi alla Democrazia Cristiana, il primo governo di coalizione coi partiti di centro(liberali, socialdemocratici,repubblicani).
Questa formula di governo fu detta 'quadripartito' e aprì la fase dei governi 'centristi' in cui la Democrazia Cristiana aveva un peso preponderante.
All'opposizione rimasero le forze di sinistra (comunisti e socialisti), sia quelle di estrema destra, che diedero vita al Partito Monarchico e al Movimento Sociale Italiano. L'ultimo atto unitario dei partiti usciti dalla Resistenza fu l'elaborazione della 'Costituzione', il documento su cui si sarebbe basata la nascente democrazia italiana. Entrata in vigore il primo gennaio 1948 la Costituzione sanciva che la Repubblica era retta su sistema parlamentare. Pur se destinata a restare per diversi anni parzialmente mai attuata, anche in istituti fondamentali, la Costituzione ha orientato tutta la vita pubblica italiana successiva al 1948, ed il processo di sviluppo del nostro paese e' stato segnato dalla progressiva realizzazione di quanto in essa era stato scritto all'indomani della Resistenza.
La ricostruzione economica e civile continuò dopo il '47 nel clima politico esasperato dai riflessi della guerra fredda, il meno adatto all'attuazione di quelle riforme di cui la società italiana aveva bisogno per rinnovarsi autenticamente. I problemi continuavano ad essere assai gravi: nonostante gli sforzi fatti, avevamo più disoccupati di qualsiasi altro paese europeo; la nostra moneta aveva subito una svalutazione paurosa (5000 lire del 1947 valevano come 100 del 1938), le scuole funzionavano a fatica ed erano comunque insufficienti; la frattura tra classi privilegiate e classi popolari era accentuata dalla mancanza di approvvigionamento alimentare, cosicché continuava una deplorevole pratica del 'mercato nero', cioè la vendita clandestina a prezzo maggiorato di generi alimentari rari o razionati, che era cominciata negli anni della guerra. Andava intanto affrontato anche l'aspetto attuale d'uno dei più antichi problemi della storia d'Italia: la questione meridionale. Anche se molto di ciò che divideva nord e sud era cambiato nel cammino percorso dal paese, restava da risolvere il problema del divario economico tra le due parti della penisola. A parte la realtà geografica che influiva sul diverso grado di sviluppo economico, pesavano sul problema le conseguenze politiche create dagli ultimi anni di guerra, quando i contatti tra nord e sud erano stati del tutto interrotti. Nei primi anni della ricostruzione, mentre nel nord il capitale privato riavviava le grandi industrie e incrementava la produzione, il sud mostrava scarsi segni di risveglio. Per correggere questa tendenza, nel 1950 venne istituita la CASSA PER IL MEZZOGIORNO che utilizzava denaro pubblico per incrementare lo sviluppo industriale e agricolo nel meridione. Vennero potenziate le aziende industriali di proprietà di enti pubblici (come L'IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, o l'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi), facenti capo allo Stato.
Nel 1957 la nascita del MEC (Mercato Comune Europeo), riducendo progressivamente le barriere doganali fra gli Stati che vi aderivano (Francia, Germania Federale, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo), favorì lo sviluppo economico dell'Italia, inserendola in modo più organico nel quadro della vita europea.
Attraverso la collaborazione economica, il Mercato Comune avrebbe dovuto creare rapidamente le premesse per un'integrazione anche politica fra gli Stati Europei. I progressi fatti in questa direzione sono stati tuttavia fino a oggi assai lenti. Si e' dovuto aspettare il 1979 per poter far eleggere a suffragio universale dai cittadini dei nove paesi costituenti la CEE (COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA, alla quale nel 1973 hanno aderito anche Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca) il primo parlamento europeo.
Fino al 1953 i governi italiani erano stati dominati dalla personalità di Alcide De Gasperi, che aveva saputo garantire l'equilibrio nella vita politica del paese; ma nelle elezioni avvenute in quell'anno la Democrazia Cristiana perse la maggioranza assoluta in parlamento e De Gasperi si ritirò dalla scena politica. Egli morì l'anno seguente.
Le condizioni del paese cominciarono a mutare, sia per effetto dell'evoluzione politica interna del paese, spinta ora da un rapido progresso economico, sia perché sul piano internazionale si verificò, in seguito alla morte di Stalin e all'attenuarsi della tensione tra i due blocchi, un progressivo miglioramento di rapporti che finì col ripercuotersi anche sulla situazione italiana.
L'unita' d'azione tra i socialisti e i comunisti cessò di essere rigida e col tempo parve possibile che il PSI potesse essere accolto fra i partiti di governo. D'altra parte si rendeva sempre più urgente la necessità di dare ordine all'economia del paese e di provvedere alle indispensabili riforme sociali.
Da questo nuovo stato di cose nel 1962 nacque, dopo numerosi contrasti, il primo governo di centro-sinistra, presieduto da AMINTORE FANFANI, cui parteciparono democristiani, socialdemocratici e repubblicani con l'appoggio esterno dei socialisti (entrati poi nei successivi governi di centro-sinistra).
Tale governo mise in atto la nazionalizzazione dell'industria elettrica; fu anche realizzata una riforma della scuola media come primo passo verso una generale riforma del nostro sistema scolastico, assai importante per il futuro del paese.
L'ingresso dei socialisti al governo nel 1963 provocò l'uscita dal PSI del gruppo che fondò il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), in seguito confluito nel PCI. Nel 1966 si e' avuta la riunificazione del PSI e del PSDI, seguita tre anni dopo (luglio 1969) da una nuova scissione.
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Nel paese si e' intanto verificata una crescita della coscienza di classe dei lavoratori culminata nelle conquiste dell''autunno caldo', come fu detto l'autunno del 1969, quando la casuale coincidenza del rinnovo di alcuni importanti contratti di lavoro, in particolare di quello dei quasi due milioni di lavoratori metalmeccanici, creò nel paese un movimento unitario di lotta quale non s'era mai visto in Italia.
Lo STATUTO DEI LAVORATORI, entrato in vigore nel giugno 1970, la realizzazione dell'unita' d'azione fra le tre maggiori centrali sindacali (CGIL, CISL, UIL), ormai autonome dai partiti, e le importanti lotte per le riforme sociali hanno fatto avanzare nel nostro paese il movimento dei lavoratori.
Approfondimento sul personaggio:
Alcide De Gasperi
Parlare della figura
d'Alcide De Gasperi equivale a parlare di un fondamentale periodo
storico-politico italiano, di uno degli uomini che hanno condotto il Paese
verso la sua rinascita, di un personaggio estremamente fedele ai suoi ideali.
Gli anni che lo formarono, sia a livello culturale che politico, furono quelli
passati all' Università di Vienna, dove sposò le tematiche del movimento
cristiano-sociale.
Insita nella sua personalità era la convinzione di dover adeguare alle nuove
frontiere politiche la tradizione cattolica, maturando distinzioni tra fede e
socialità. Una situazione spinosa contro la quale De Gasperi si accanì, era
quella riguardante la territorialità trentina, nel 1911, infatti, fece un
discorso al Parlamento di Vienna, dove fu intransigente il suo impegno a difesa
dell' italianità, proprio perché prima dell' entrata in guerra, l' Italia giocò
sui due tavoli dell' Intesa e della Triplice la concessione austriaca del
Trentino.
La Prima Guerra Mondiale si collocava così per il De Gasperi in una svolta
storica ed egli, nel dopoguerra, ebbe un difficile impegno come maggior
portavoce dell'autonomia trentina, arrivando a presiedere il congresso di
Bologna tenutosi nel 1919.
Nel periodo durante il quale veniva combattuta la Prima Guerra Mondiale
(1915-1918), la vita del De Gasperi non ebbe particolari attività,
semplicemente attendeva le elezioni (1919), anche per via della Dieta di
Innsbruk alla quale, nel 1911, era stato eletto. Diede comunque una mano al
comitato profughi posto sotto il patronato dell' arciduchessa Maria Josepha e
del barone Von Beck. Negli anni che seguirono la fine del conflitto bellico
erano tre le forze politiche che si proponevano il compito di amministrare l'
Italia: il Partito Popolare, il Partito Fascista e quello Socialista. Di fronte
all'affermazione del Partito Fascista, De Gasperi dovette tener conto della
debolezza di Sturzo, l' uomo politico protagonista di alcuni movimenti
contadini del sud agli inizi del Novecento e fondatore del PPI e abbassarsi al
volere del duce. Tentò, quindi, un colloquio con Mussolini, il quale era
intento a formare un movimento totalitario escludendo tutti gli altri partiti,
riuscendo ad ottenere delle assicurazioni per il suo partito (PPI). Tuttavia,
venne arrestato per antifascismo nel 1927 e condannato a quattro anni di
carcere; trovò presso la Santa Sede comunque rifugio, e ricevette un incarico
alla Biblioteca Vaticana. Nel 1924 con l' attentato a Giacomo Matteotti,
fondatore del PSU (Partito Socialista Unito), Mussolini terminò la creazione di
una realtà antiparlamentare.
Nel frattempo, in Germania, Adolf Hitler era già diventato capo indiscusso del
Partito Nazionalsocialista e da tempo aveva scontato i suoi otto mesi di
reclusione derivanti dal fallimento del colpo di stato di Monaco. Nello stesso
periodo di reclusione scrisse 'Mein Kampf', trattato sull' ideologia
nazista e sulla superiorità della razza ariana. Con la Grande Depressione del
1929, che sanciva l' accusa da parte tedesca di un complotto ebreo-comunista ai
danni della Germania, il popolo riconobbe in Hitler l'uomo capace di ricondurre
lo stato verso lo splendore. Di lì a poco egli costruì un regime dittatoriale.
Nel 1939 scoppia la Seconda Guerra Mondiale con l' invasione della Polonia per
mano nazista.
In Italia la situazione non era totalmente appiattita, molte erano le
personalita' che volevano sovvertire la vigente situazione di regime, tra
queste spiccano i nomi di Benedetto Croce e Piero Gobetti, di Gaetano Salvemini
e Carlo Rosselli, che comunque dovettero scegliere come base operativa delle
loro azioni l' estero. In particolare a Parigi si stabilì un comitato
presieduto da Palmiro Togliatti, un comitato ovviamente comunista, legato con i
gruppi clandestini rimasti in patria che sollecitavano i movimenti
antifascisti.
Data importante, che segna la fondazione della Dc degasperiana, è quella del
1943, in piena guerra, nello stesso periodo in cui il diplomatico Myron Tylor,
rappresentante del presidente americano Roosvelt, incontra Pio XII. Si
comprende che si parla del periodo in cui le sorti della guerra iniziano a
rovesciarsi. De Gasperi, che aveva fatto amicizia con il barone Dalla Torre,
era dunque in procinto di dar vita ad un partito di cattolici, un partito che
sposava comunque le idee vaticane, (ancora incerte sul da farsi) e le istanze
del popolo, che cercava rassicurazioni dal Papa. De Gasperi cercò l'appoggio
dei giovani e trovò particolarmente disponibili Pasquale Saraceno e Sergio
Paronetto, i quali parteciparono alla stesura delle idee ricostruttive del
'Documento di traduzione del Codice Malines', distribuito poi
clandestinamente. Bisognava ora accreditare il giovane gruppo cattolico sia sul
versante del Vaticano che su quello della vita democratica, che iniziava a
rimuovere i primi passi. Mussolini era dunque caduto e nuovo capo del governo
era Pietro Badoglio, un ex generale, a suo tempo contrario all'entrata in
guerra da parte dell' Italia. Tale personaggio non influirà negativamente sui
tentativi del Movimento Cattolico di imporsi sulle masse. Iniziarono gli anni
di attività del CLN(Comitato di Liberazione Nazionale), il 16 Ottobre del 1943
in una riunione si decise che il nuovo governo avrebbe dovuto prendere tutti i
poteri costituzionali dello Stato, che poteva segnare il passaggio da un regime
dittatoriale a una Repubblica. Nell' Italia combattente al fianco degli
alleati, De Gasperi si preoccupava dei pensieri che gli anglo-americani
potevano avere riguardo ad una possibile influenza da parte dell' URSS sull'
Italia, una preoccupazione che si attenuò, poi, con la visita da parte di
Churchill a Roma .
Intanto a Roma si studiava il modo di far rinascere la Confederazione Generale
Italiana del Lavoro unitario. Era un modo per garantire, tramite la presenza
cattolica all' interno del Sindacato, che l'eventuale proclamazione di scioperi
fosse sotto il controllo del CLN.
Alla data del 18 Luglio 1944 Togliatti e De Gasperi entrarono a far parte,
seppure con incertezze sul piano operativo, come ministri senza portafoglio,
del governo. Ambedue si incentravano sulla costruzione degli ordinamenti
democratici, ma i due leader studiavano strategie opposte. Togliatti annunciava
pubblicamente a Roma un centrismo con una determinante influenza comunista, che
avrebbe indebolito il sistema d'ordine, proponendo così l'alleanza tra i tre
partiti di massa; probabilmente fu questo errore di valutazione che rese più
idoneo il De Gasperi come candidato 'istituzionale' del CLN, in
questa fase la DC si proponeva dunque come il partito di centro che guardava a
destra, il cui obiettivo era fermamente quello di arrivare presto alla
democrazia. Intanto i colloqui di Mosca tra Stalin e Churchill, avevano definito
le aree di influenza postbellica nei Balcani e, quindi la posizione dell'
Italia. Questo diede maggiore sicurezza alle Destre.
La candidatura del De Gasperi alla presidenza del Consiglio fu una tattica per
fermare le esigenze di Nenni e dei socialisti , contro cui partecipava anche il
Partito Comunista Italiano (PCI). Oramai si venne a formare non più un asse
tripartito ma bipolare, costituito dalla DC e dal PCI , ma anche questi governi
di grande coalizione manifestavano crisi, perciò la soluzione Parri fu l'ultima
possibilità, i cui esiti erano determinati da un 'patto
istituzionale'che precede quello 'costituzionale'.
Nel secondo governo Bonomi il De Gasperi era divenuto ministro degli Affari
esteri, un ruolo decisivo e difficile da gestire a causa dei problemi
riguardanti l'integrità territoriale; ed era il caso della Venezia Giulia, di
Trieste, dell'Alto Adige, della Valle d'Aosta e delle altre zone del confine
Occidentale; c'era poi il problema della sorte dei prigionieri di guerra
italiani ed infine dovevano essere ridefinite le modalità del governo militare
alleato sul territorio nazionale, facendo valere il ruolo dell'Italia come
cobelligerante e il suo contributo bellico dato dalle formazioni partigiane.
Diplomatico e cauto, il De Gasperi seppe muoversi con accortezza riuscendo a
concludere positivamente alcuni punti critici riguardanti clausole
dell'armistizio, e tenendo fede al suo incarico durante il governo Parri, poi
nel primo e nel secondo da lui presieduti, fino al definitivo trattato di pace.
Inoltre la posizione di ministro degli Esteri gli permise di divenire
l'interlocutore privilegiato di Noel Charles e Alexander Kirk, rispettivamente
alto commissario britannico ed americano, responsabili dell' amministrazione
militare alleata in Italia.
Nell'autunno del 25 Aprile 1945, terminata la guerra col Giappone, finalmente
l'Italia veniva liberata dalla morsa nazifascista che l'aveva attanagliata: si
delineava così il trapasso alla pace.
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