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Il decollo industriale
italiano
Prima Guerra Mondiale e nascita del Fascismo
Ma le grandi trasformazioni che investono l'industria italiana, ed il lavoro operaio, dopo il suo decollo e prima della lenta e difficoltosa introduzione di macchinari per una organizzazione scientifica del lavoro, sono direttamente connesse allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, e all'ingresso in guerra dell'Italia, nel 1915.
Che cosa succede? La produzione industriale negli anni di
guerra si orienta necessariamente alle esigenze dell'impresa bellica. Occorre
infatti rifornire l'esercito di autocarri, di armi, divise, alimenti. Per fare
questo tutte le imprese, in tutti i comparti interessati, sono mobilitate per
la produzione di guerra, vengono 'militarizzate', cioè dichiarate
'ausiliarie' dell'esercito. Gli operai che vi lavorano sono
sottoposti alla disciplina militare e, quindi, le infrazioni del regolamento
aziendale diventano punibili col codice militare. Per capire l'importanza della
regolarità della produzione pensiamo che molti lavoratori specializzati vengono
esonerati dal partire per il fronte perché necessari alla produzione. Le ore di
lavoro subiscono un aumento consistente, gli straordinari vengono resi
obbligatori, e si arriva anche a superare le 70 ore settimanali. Nel corso
della guerra migliaia di donne entrano nelle fabbriche a riempire i posti
lasciati vuoti dagli uomini partiti per la guerra. Si assiste così ad un
aumento dell'occupazione femminile ma anche minorile, soprattutto nel settore
meccanico.
Se le fabbriche devono produrre a pieno ritmo per la guerra è evidente che
l'effetto sia quello di una crescita delle dimensioni delle fabbriche, degli
occupati e dei profitti.
Per tornare alla Fiat, basta dare uno sguardo alla produzione di autoveicoli per capire l'incidenza della guerra sulla crescita industriale:
La fine del conflitto porta con se insieme alla pace una situazione drammatica. Non per le distruzioni subite.
La prima guerra mondiale è stata una guerra di
trincea, quindi relegata, nel nostro caso, al confine orientale. Le industrie
ed i cantieri navali con le esigenze della guerra, quindi crescita del numero
degli occupati, produzione orientata alle necessità della guerra, vanno
ridimensionati. I reduci che tornano a casa sono senza lavoro. Inoltre dobbiamo
pensare che i paesi coinvolti nel conflitto, quindi anche l'Italia, avevano
ottenuto ingenti prestiti dagli Stati Uniti per far fronte ai costi della
guerra. Finita la guerra occorreva restituirli.
Nei paesi coinvolti nella guerra, la crescita dei disoccupati e quindi le
tensioni sociali sono all'ordine del giorno, soprattutto in Germania, dove le
pesanti condizioni di riparazione dei danni di guerra imposte dai paesi
vincitori crea una situazione disastrosa, con la crescita di un inflazione
devastante.
In Italia, il biennio 1919-1920 è un biennio di grandi lotte dei lavoratori, di
scioperi, di occupazione delle fabbriche per rivendicare migliori condizioni di
vita. Nel 1922 il fascismo giunge al potere con un colpo di stato, ampiamente
appoggiato dai proprietari terrieri e dagli industriali che vedono nel
movimento creato da Mussolini un buon rimedio, un argine contro il pericolo del
socialismo, e contro le richieste del movimento operaio.
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