|
Visite: 1310 | Gradito: | [ Medio appunti ] |
Leggi anche appunti:La prima guerra mondialeLA PRIMA GUERRA MONDIALE Cause e scoppio del conflitto La Il Manifesto del Partito ComunistaIl Manifesto del Partito Comunista Uno spettro si aggira per l'Europa: lo spettro IttitiITTITI VICENDE STORICHE Agli inizi del II millennio A.C., gli ittiti, popolazione |
La rivoluzione industriale ebbe origine e si sviluppò in Gran Bretagna negli anni tra il 1770 e il 1830, diffondendosi solo in seguito negli altri paesi. Fu sostanzialmente e originariamente una rivoluzione tecnica, cioè un mutamento del carattere della produzione consistente nell'introduzione di macchine capaci di sostituire il lavoro umano e di essere azionate da forze motrici non umane o animali. In stretta successione al mutamento tecnico si ebbe però anche un mutamento nell'organizzazione della produzione, con il passaggio dal sistema domestico (cioè del lavoro eseguito a domicilio dall'artigiano) al sistema della fabbrica. L'introduzione sistematica delle macchine, infatti, impose la concentrazione dei lavoratori in un unico luogo di lavoro e il controllo della produzione passò dal mercante-imprenditore al capitalista che assunse la funzione di organizzatore del lavoro.
I motivi all'origine della trasformazione del sistema produttivo sono di diversa natura ma ovviamente inerenti alla situazione economica della Gran Bretagna del XVIII sec., paese in pieno sviluppo demografico già interessato da un certo grado di evoluzione industriale e da un'intensa attività commerciale, sufficientemente ricco di capitale e di materie prime grazie anche alle sue colonie. In ogni caso, diretti incentivi alla ricerca di metodi atti ad abbassare i costi di produzione e ad aumentare il rendimento del lavoro furono, da una parte, l'espansione effettiva o potenziale del mercato interno (dato l'aumento della popolazione, soprattutto urbana) ed estero e, dall'altra parte, sia la relativa scarsità della manodopera sia il suo relativamente alto costo. Le innovazioni tecniche che usualmente si ricordano come caratterizzanti la rivoluzione industriale furono l'introduzione del telaio meccanico, della macchina a vapore e la spoletta automatica nel campo tessile; il crogiolo e il puddellaggio per la fusione e l'affinamento nella lavorazione del ferro e infine la calce idraulica, la macchina per cucire e quella per scrivere, i gas illuminante e la fotografia ed altre invenzioni.
Come già si è detto la rivoluzione industriale non fu però solo una rivoluzione tecnica ma anche una rivoluzione organizzativa. Determinando il sorgere della fabbrica, cioè della concentrazione degli operai in un unico stabilimento, rese possibile la divisione del lavoro e la produzione di una sempre maggiore quantità di beni in condizioni di costo decrescente. L'allargarsi del sistema della fabbrica accentuò quindi l'abisso che esisteva tra capitale e lavoro dilatando a proporzioni insolite il numero dei salariati e mutando il carattere del processo produttivo da individuale a collettivo. D'altra parte la massa degli operai salariati (reclutati per lo più fra i lavoratori a domicilio e i contadini), dovendo ora acquistare sul mercato quegli oggetti che prima si procurava direttamente con la produzione domestica, contribuì a incrementare la domanda di beni di consumo e quindi favorì l'ulteriore espansione della produzione e l'ulteriore sforzo ad aumentare la produttività del lavoro. La rivoluzione industriale fu un fatto determinante dell'eccezionale rapidità del progresso economico della Gran Bretagna, ma ebbe anche pesanti e dolorose conseguenze sociali e politiche a causa delle misere condizioni in cui viveva il proletariato. Le fabbriche, situate nella maggior parte dei casi in locali inadatti e malsani sorgevano nei centri urbani la cui popolazione, moltiplicatasi in pochissimi anni, era costretta ad alloggiare in veri e propri tuguri (slums). Veniva fatto un larghissimo impiego di donne e fanciulli, mentre gli orari di lavori raggiungevano anche le ottanta ore settimanali e i salari nominali e reali erano mantenuti a livello di pura assistenza. L'ampio uso delle macchine favorendo il rapido aumento della produzione, portava frequentemente a un eccesso dell'offerta sulla domanda con conseguenti crisi e disoccupazione. Si verificavano così vere e proprie ribellioni degli operai contro le macchine che in esse vedevano la causa della propria miseria (luddismo). Le prime manifestazioni di protesta furono violente e disorganizzate. Gradatamente tuttavia, e in parallelo allo sviluppo della rivoluzione industriale, anche le organizzazioni di lavoro (trade unions) ottennero il diritto di esistenza mentre venivano approvate leggi che regolavano il lavoro (soprattutto delle donne e dei fanciulli) e la sicurezza dei lavoratori nelle fabbriche.
Negli ultimi decenni del secolo XIX e nel primo del XX, lo sviluppo industriale raggiunse la sua piena maturità, tanto che si è potuto parlare di una "seconda rivoluzione industriale". Essa fu caratterizzata dall'espansione dell'economia capitalistica nei continenti africano e asiatico, dal prevalere dell'industria pesante (metallurgica e meccanica) su quella leggera, dalla diffusione di nuovi materiali (acciaio e gomma) e di nuove fonti di energia (petrolio ed elettricità). Lo sviluppo industriale fu sostenuto, anche questa volta, da innovazioni scientifiche e da processi tecnologici. Nel campo della metallurgia fu introdotto il convertitore che consentì risparmi di tempi e costi nella trasformazione in acciaio dei materiali ferrosi, l'introduzione della turbina a vapore rivoluzionò le vecchie macchine a vapore. Un largo impiego dell'elettricità, poté essere ottenuto con la costruzione di potenti centrali idroelettriche, l'invenzione della lampada a filamento di carbone rese possibile l'illuminazione elettrica delle grandi città. L'industria chimica si sviluppò nel campo dei coloranti degli esplosivi e dei medicinali. Verso la fine del XIX secolo s'intensificarono i legami tra le banche e il capitale industriale ciò portò alla fusione del capitale bancario con quello industriale dando vita al capitale finanziario. Si sviluppò con esso un nuovo tipo di capitalismo che, a differenza del vecchio capitalismo primo-ottocentesco che esportava soprattutto merci, esporta capitali ed investe nelle arre sottosviluppate, là dove i capitali sono scarsi ed abbonda invece la mano d'opera che può essere retribuita con bassi salari. A differenza della prima questa seconda rivoluzione si ebbe in Germania, la quale negli ultimi decenni del secolo superò la produzione delle acciaierie inglesi grazie allo sfruttamento delle risorse minerarie (ferro e carbone) delle regioni conquistate (Alsazia e Lorena) e del bacino carbonifero della Ruhr. Anche gli Stati Uniti d'America subirono un enorme sviluppo industriale. Fu fondata da Rockefeller la Standard Oil Company per la raffinazione del petrolio. In Inghilterra i capitali trovarono impiego sia nel finanziamento di opere grandiose: il taglio dell'Istmo di Suez, sia nella concessione di prestiti a paesi economicamente arretrati, ma ricchi di materie prime e di mano d'opera a buon mercato. L'allargamento del mercato fu favorito dal travolgente sviluppo dei mezzi di trasporto e di comunicazione. Fu costituita una rete unitaria di ferrovie che favorì i traffici commerciali. Fu potenziata anche la navigazione e ci fu l'apertura di nuovi canali che migliorarono i trasporti marittimi. L'espansione del capitalismo e l'ingigantirsi della produzione determinano la crescita impetuosa del proletariato industriale, che finisce per trovare una propria adeguata espressione politica nei partiti socialisti. La prima fase dell'organizzazione del movimento operaio inizia in quasi tutti i paesi d'Europa dopo il 1860. I leaders più ascoltati furono Proudhon e Lassalle. Il primo era avverso alla concezione marxista della conquista del potere da parte del proletariato; vagheggiava, invece la costituzione di piccole comunità destinate a legarsi tra loro in federazione. Anche Lassalle pur affermando che nel sistema capitalistico i lavoratori fossero condannati a rimanere sempre al livello di minima sussistenza era avverso alla concezione marxista e incitava gli operai tedeschi a lottare per il suffragio universale con il quale si sarebbe costretto lo stato a creare nuove fabbriche gestite dagli operai. Il movimento operaio ebbe in ogni paese caratteristiche proprie. In Inghilterra dopo il fallimento dell'esperienza cartista il movimento operaio si rivolse alle rivendicazioni di carattere sindacale. Nel 1883 sorse la Fabian Society un movimento fondato da un gruppo di intellettuali, con un programma socialistico: abolizione della proprietà privata trasferimento alla collettività della gestione del capitale industriale. Il primo vero partito socialista si ebbe in Inghilterra: il partito laburista e indipendente al quale aderirono le Trade Unions e la Fabian Society. Poco dopo in Germania si forma il Partito socialdemocratico tedesco. In Italia, a differenza del marxismo che trovò difficoltà ad affermarsi si diffuse l'anarchismo predicato da Bakunin che trovava largo consenso nel sottoproletariato urbano. Il primo partito si ebbe a Milano: il Partito operaio italiano che fu costretto alla clandestinità. Nel 1892 si costituì a Genova il Partito dei lavoratori italiani destinato a diventare il partito socialista italiano. Il crescente sviluppo organizzativo dei movimenti operai nei vari paesi d'Europa fece sentire la necessità di dar vita ad un organismo internazionale. Nacque così a Londra per iniziativa di Marx la Prima Internazionale. Ad essa aderirono tutte le correnti e le associazioni che si erano sviluppate in seno alla classe operaia. Grazie alla strategia della lotta di classe propria di Marx ed Engels: l'Internazionale dichiarò che l'emancipazione dei lavoratori doveva avvenire ad opera dei lavoratori stessi e che il fine ultimo del movimento operaio internazionale era la conquista del potere politico, considerando questo il solo modo per porre fine allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Fin dall'inizio l'Internazionale fu lacerata da profondi dissensi fra i seguaci di Proudhon e quelli di Marx. Il maggiore avversario del marxismo fu Bakunin il quale era diretto non tanto alla classe operaia quanto al sottoproletariato miserabile. Quanto ai rapporti tra marxismo e anarchismo in seno alla Prima Internazionale, ogni collaborazione si rivelò impossibile. La rottura definitiva si ebbe nel Congresso dell'Aia del 1872 nel quale furono votati: l'espulsione degli anarchici e il trasferimento del consiglio generale dell'Internazionale a New York. Tuttavia, l'Internazionale non era destinata ad una lunga esistenza: nel congresso tenuto Filadelfia nel 1876 decise di sciogliersi. A determinare questo scioglimento furono anche gli incendi parigini che allarmarono i governi tanto che dichiararono illegali tutte le sezioni dell'Internazionale. La dissoluzione della Prima Internazionale non segnò la scomparsa dei vari partiti socialisti e operai che continuarono a sviluppare in modo autonomo la loro attività. Ciò rese possibile la formazione a Parigi della Seconda Internazionale che esercitò un ruolo di coordinamento tra i movimenti operai. Da essa furono esclusi gli anarchici, vi aderirono invece il Partito Socialista Italiano, il Partito laburista inglese, la società Fabiana. Il programma di massima fu quello marxista della conquista del potere finalizzata all'instaurazione di una società socialista con l'eliminazione dello Stato e della proprietà privata; ma ciò non escluse l'azione volta al raggiungimento di riforme graduali quali il suffragio universale, il sistema elettorale proporzionale, abrogazione delle leggi restrittive della libertà personale, giornata lavorativa di otto ore, assicurazione per invalidità, vecchiaia e infortuni sul lavoro, ed altre. I governi combatterono la Seconda Internazionale ma non poterono rifiutarsi di promuovere alcuni dei provvedimenti richiesti dai socialisti: la riduzione della giornata lavorativa ad otto ore e l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Così sembrò che ci si stesse avviando sulla via della collaborazione. Nel Congresso di Zurigo uno dei leaders della corrente marxista affermava che i proletari avrebbero dovuto opporre il loro rifiuto di battersi contro i fratelli proletari. I socialisti francesi redassero un manifesto comune nel quale si condannava la guerra e ci si impegnava a non scendere in lotta gli uni contro gli altri, ma all'alba della Grande Guerra si disposero, indossata la divisa, a combattere contro i propri fratelli. La Seconda Internazionale crollò nel fragore della guerra.
Appunti su: |
|
Appunti Aeronautica | |
Tesine Astronomia cosmologia | |
Lezioni Architettura | |