I E II RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE
La rivoluzione industriale ebbe origine e si
sviluppò in Gran Bretagna negli anni tra il 1770 e il 1830, diffondendosi solo
in seguito negli altri paesi. Fu sostanzialmente e originariamente una
rivoluzione tecnica, cioè un mutamento del carattere della produzione
consistente nell'introduzione di macchine capaci di sostituire il lavoro umano
e di essere azionate da forze motrici non umane o animali. In stretta
successione al mutamento tecnico si ebbe però anche un mutamento nell'organizzazione
della produzione, con il passaggio dal sistema domestico (cioè del lavoro
eseguito a domicilio dall'artigiano) al sistema della fabbrica. L'introduzione
sistematica delle macchine, infatti, impose la concentrazione dei lavoratori in
un unico luogo di lavoro e il controllo della produzione passò dal
mercante-imprenditore al capitalista che assunse la funzione di organizzatore
del lavoro.
I motivi
all'origine della trasformazione del sistema produttivo sono di diversa natura
ma ovviamente inerenti alla situazione economica della Gran Bretagna del XVIII
sec., paese in pieno sviluppo demografico già interessato da un certo grado di
evoluzione industriale e da un'intensa attività commerciale, sufficientemente
ricco di capitale e di materie prime grazie anche alle sue colonie. In ogni
caso, diretti incentivi alla ricerca di metodi atti ad abbassare i costi di
produzione e ad aumentare il rendimento del lavoro furono, da una parte,
l'espansione effettiva o potenziale del mercato interno (dato l'aumento della
popolazione, soprattutto urbana) ed estero e, dall'altra parte, sia la relativa
scarsità della manodopera sia il suo relativamente alto costo. Le innovazioni
tecniche che usualmente si ricordano come caratterizzanti la rivoluzione
industriale furono l'introduzione del telaio meccanico, della macchina a vapore
e la spoletta automatica nel campo tessile; il crogiolo e il puddellaggio per
la fusione e l'affinamento nella lavorazione del ferro e infine la calce
idraulica, la macchina per cucire e quella per scrivere, i gas illuminante e la
fotografia ed altre invenzioni.
Come già si è detto
la rivoluzione industriale non fu però solo una rivoluzione tecnica ma anche
una rivoluzione organizzativa. Determinando il sorgere della fabbrica, cioè
della concentrazione degli operai in un unico stabilimento, rese possibile la
divisione del lavoro e la produzione di una sempre maggiore quantità di beni in
condizioni di costo decrescente. L'allargarsi del sistema della fabbrica
accentuò quindi l'abisso che esisteva tra capitale e lavoro dilatando a
proporzioni insolite il numero dei salariati e mutando il carattere del
processo produttivo da individuale a collettivo. D'altra parte la massa degli
operai salariati (reclutati per lo più fra i lavoratori a domicilio e i
contadini), dovendo ora acquistare sul mercato quegli oggetti che prima si
procurava direttamente con la produzione domestica, contribuì a incrementare la
domanda di beni di consumo e quindi favorì l'ulteriore espansione della
produzione e l'ulteriore sforzo ad aumentare la produttività del lavoro. La
rivoluzione industriale fu un fatto determinante dell'eccezionale rapidità del
progresso economico della Gran Bretagna, ma ebbe anche pesanti e dolorose
conseguenze sociali e politiche a causa delle misere condizioni in cui viveva
il proletariato. Le fabbriche, situate nella maggior parte dei casi in locali
inadatti e malsani sorgevano nei centri urbani la cui popolazione,
moltiplicatasi in pochissimi anni, era costretta ad alloggiare in veri e propri
tuguri (slums). Veniva fatto un larghissimo impiego di donne e fanciulli,
mentre gli orari di lavori raggiungevano anche le ottanta ore settimanali e i
salari nominali e reali erano mantenuti a livello di pura assistenza. L'ampio
uso delle macchine favorendo il rapido aumento della produzione, portava
frequentemente a un eccesso dell'offerta sulla domanda con conseguenti crisi e
disoccupazione. Si verificavano così vere e proprie ribellioni degli operai
contro le macchine che in esse vedevano la causa della propria miseria
(luddismo). Le prime manifestazioni di protesta furono violente e
disorganizzate. Gradatamente tuttavia, e in parallelo allo sviluppo della
rivoluzione industriale, anche le organizzazioni di lavoro (trade unions)
ottennero il diritto di esistenza mentre venivano approvate leggi che
regolavano il lavoro (soprattutto delle donne e dei fanciulli) e la sicurezza
dei lavoratori nelle fabbriche.
Negli ultimi
decenni del secolo XIX e nel primo del XX, lo sviluppo industriale raggiunse la
sua piena maturità, tanto che si è potuto parlare di una "seconda rivoluzione
industriale". Essa fu caratterizzata dall'espansione dell'economia
capitalistica nei continenti africano e asiatico, dal prevalere dell'industria
pesante (metallurgica e meccanica) su quella leggera, dalla diffusione di nuovi
materiali (acciaio e gomma) e di nuove fonti di energia (petrolio ed
elettricità). Lo sviluppo industriale fu sostenuto, anche questa volta, da
innovazioni scientifiche e da processi tecnologici. Nel campo della metallurgia
fu introdotto il convertitore che consentì risparmi di tempi e costi nella
trasformazione in acciaio dei materiali ferrosi, l'introduzione della turbina a
vapore rivoluzionò le vecchie macchine a vapore. Un largo impiego
dell'elettricità, poté essere ottenuto con la costruzione di potenti centrali
idroelettriche, l'invenzione della lampada a filamento di carbone rese
possibile l'illuminazione elettrica delle grandi città. L'industria chimica si
sviluppò nel campo dei coloranti degli esplosivi e dei medicinali. Verso la
fine del XIX secolo s'intensificarono i legami tra le banche e il capitale
industriale ciò portò alla fusione del capitale bancario con quello industriale
dando vita al capitale finanziario. Si sviluppò con esso un nuovo tipo di
capitalismo che, a differenza del vecchio capitalismo primo-ottocentesco che
esportava soprattutto merci, esporta capitali ed investe nelle arre
sottosviluppate, là dove i capitali sono scarsi ed abbonda invece la mano
d'opera che può essere retribuita con bassi salari. A differenza della prima
questa seconda rivoluzione si ebbe in Germania, la quale negli ultimi decenni
del secolo superò la produzione delle acciaierie inglesi grazie allo
sfruttamento delle risorse minerarie (ferro e carbone) delle regioni conquistate
(Alsazia e Lorena) e del bacino carbonifero della Ruhr. Anche gli Stati Uniti
d'America subirono un enorme sviluppo industriale. Fu fondata da Rockefeller la
Standard Oil Company per la raffinazione del petrolio. In Inghilterra i
capitali trovarono impiego sia nel finanziamento di opere grandiose: il taglio
dell'Istmo di Suez, sia nella concessione di prestiti a paesi economicamente
arretrati, ma ricchi di materie prime e di mano d'opera a buon mercato.
L'allargamento del mercato fu favorito dal travolgente sviluppo dei mezzi di
trasporto e di comunicazione. Fu costituita una rete unitaria di ferrovie che
favorì i traffici commerciali. Fu potenziata anche la navigazione e ci fu
l'apertura di nuovi canali che migliorarono i trasporti marittimi. L'espansione
del capitalismo e l'ingigantirsi della produzione determinano la crescita
impetuosa del proletariato industriale, che finisce per trovare una propria
adeguata espressione politica nei partiti socialisti. La prima fase
dell'organizzazione del movimento operaio inizia in quasi tutti i paesi
d'Europa dopo il 1860. I leaders più ascoltati furono Proudhon e Lassalle. Il
primo era avverso alla concezione marxista della conquista del potere da parte
del proletariato; vagheggiava, invece la costituzione di piccole comunità
destinate a legarsi tra loro in federazione. Anche Lassalle pur affermando che nel sistema capitalistico
i lavoratori fossero condannati a rimanere sempre al livello di minima
sussistenza era avverso alla concezione marxista e incitava gli operai tedeschi
a lottare per il suffragio universale con il quale si sarebbe costretto lo
stato a creare nuove fabbriche gestite dagli operai. Il movimento operaio ebbe
in ogni paese caratteristiche proprie. In Inghilterra dopo il fallimento
dell'esperienza cartista il movimento operaio si rivolse alle rivendicazioni di
carattere sindacale. Nel 1883 sorse la Fabian Society un movimento fondato da
un gruppo di intellettuali, con un programma socialistico: abolizione della
proprietà privata trasferimento alla collettività della gestione del capitale
industriale. Il primo vero partito socialista si ebbe in Inghilterra: il
partito laburista e indipendente al quale aderirono le Trade Unions e la Fabian
Society. Poco dopo in Germania si forma il Partito socialdemocratico tedesco.
In Italia, a differenza del marxismo che trovò difficoltà ad affermarsi si
diffuse l'anarchismo predicato da Bakunin che trovava largo consenso nel
sottoproletariato urbano. Il primo partito si ebbe a Milano: il Partito operaio
italiano che fu costretto alla clandestinità. Nel 1892 si costituì a Genova il
Partito dei lavoratori italiani destinato a diventare il partito socialista
italiano. Il crescente sviluppo organizzativo dei movimenti operai nei vari
paesi d'Europa fece sentire la necessità di dar vita ad un organismo
internazionale. Nacque così a Londra per iniziativa di Marx la Prima Internazionale. Ad essa aderirono
tutte le correnti e le associazioni che si erano sviluppate in seno alla classe
operaia. Grazie alla strategia della lotta di classe propria di Marx ed Engels:
l'Internazionale dichiarò che l'emancipazione dei lavoratori doveva avvenire ad
opera dei lavoratori stessi e che il fine ultimo del movimento operaio
internazionale era la conquista del potere politico, considerando questo il
solo modo per porre fine allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Fin dall'inizio
l'Internazionale fu lacerata da profondi dissensi fra i seguaci di Proudhon e
quelli di Marx. Il maggiore avversario del marxismo fu Bakunin il quale era
diretto non tanto alla classe operaia quanto al sottoproletariato miserabile.
Quanto ai rapporti tra marxismo e anarchismo in seno alla Prima Internazionale,
ogni collaborazione si rivelò impossibile. La rottura definitiva si ebbe nel
Congresso dell'Aia del 1872 nel quale furono votati: l'espulsione degli
anarchici e il trasferimento del consiglio generale dell'Internazionale a New
York. Tuttavia, l'Internazionale non era destinata ad una lunga esistenza: nel
congresso tenuto Filadelfia nel 1876 decise di sciogliersi. A determinare
questo scioglimento furono anche gli incendi parigini che allarmarono i governi
tanto che dichiararono illegali tutte le sezioni dell'Internazionale. La
dissoluzione della Prima Internazionale non segnò la scomparsa dei vari partiti
socialisti e operai che continuarono a sviluppare in modo autonomo la loro
attività. Ciò rese possibile la formazione a Parigi della Seconda Internazionale che esercitò un ruolo di coordinamento tra i
movimenti operai. Da essa furono esclusi gli anarchici, vi aderirono invece il
Partito Socialista Italiano, il Partito laburista inglese, la società Fabiana.
Il programma di massima fu quello marxista della conquista del potere
finalizzata all'instaurazione di una società socialista con l'eliminazione
dello Stato e della proprietà privata; ma ciò non escluse l'azione volta al
raggiungimento di riforme graduali quali il suffragio universale, il sistema
elettorale proporzionale, abrogazione delle leggi restrittive della libertà
personale, giornata lavorativa di otto ore, assicurazione per invalidità,
vecchiaia e infortuni sul lavoro, ed altre. I governi combatterono la Seconda
Internazionale ma non poterono rifiutarsi di promuovere alcuni dei
provvedimenti richiesti dai socialisti: la riduzione della giornata lavorativa
ad otto ore e l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. Così sembrò che
ci si stesse avviando sulla via della collaborazione. Nel Congresso di Zurigo
uno dei leaders della corrente marxista affermava che i proletari avrebbero
dovuto opporre il loro rifiuto di battersi contro i fratelli proletari. I
socialisti francesi redassero un manifesto comune nel quale si condannava la
guerra e ci si impegnava a non scendere in lotta gli uni contro gli altri, ma
all'alba della Grande Guerra si disposero, indossata la divisa, a combattere
contro i propri fratelli. La Seconda Internazionale crollò nel fragore della
guerra.