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Diventare cittadini del mondo




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DIVENTARE CITTADINI DEL MONDO


CAP 1 IL CONCETTO DI SVOLTA COMUNICATIVA

Il concetto di "svolta comunicativa" viene in mente a Bechelloni per concettualizzare le trasformazioni societarie in atto nel mondo che sono state attivate dalla rivoluzione comunicativa ovvero un insieme di processi sociali e culturali. La svolta comunicativa esprime l'esigenza che si possa e si debba lavorare e combattere per intervenire nella trasformazione e contruibuire alla nascita di qualcosa che molti chiamano "società dell'informazione" ma che dovrebbe chiamarsi "società della comunicazione".Questa dovrà essere caratterizzata dalla centralità dell'essere umano inteso come individuo persona come protagonista della propria biografia e regista della propria identità. Lui individua nella comunicazione "disturbata" o disturbante una delle principali cause del presente stato delle cose. I disturbi della comunicazione impediscono di cogliere a livello diffuso quale può essere la leva principale che può essere messa in moto per contenere i conflitti distruttivi per gettare le basi di una sfera pubblica mondiale.

CAP. 2 INVESTITI DAL VENTO DELLA STORIA

Per miliardi di persone l'attacco terroristico all'America dell'11 settembre ha significato in modo più convincente della 2 guerra mondiale la vulnerabilità a cui ciascuno di noi è esposto per il solo fatto di abitare il pianeta terra. Sia che si sia a favore o meno della globalizzazione o della guerra il fatto sociale che non è possibile non percepire è costituito dall'irrompere della storia nella vita di tutti noi. Prima dell'11 settembre era possibile pensare che la globalizzazione fosse un processo transitorio al quale ci si poteva sottrarre e che la maggior parte degli esseri umani avesse potuto continuare a vivere al riparo dal vento degli eventi e della storia. In realtà non era così ormai da tempo ma molti continuavano a pensarlo. Il vento ci ha costretti a stare vigili e a  preoccuparci per il nostro destino. Per la prima volta l'espressione "cittadino del mondo" fino ad allora usata con orgoglio da pochi che si consideravano come "illuminati" è diventata un espressione denotativa che serve a prendere atto di una realtà di fatto: come abitanti del pianeta terra siamo tutti inequivocabilmente anche cittadini del mondo. Non si è determinata quella netta spaccatura del mondo in due parti come era parzialmente accaduto con la guerra fredda. Non ci sono state nemmeno le avvisaglie di uno scontro di civiltà. C'è stata solo la vulnerabilità per tutti. Le persone dunque si sono attivate e si sono connesse al mondo, questo perchè si sono sentite coinvolte. Si è attivato un LEARNING PROCESS. L'11 settembre ha costretto tanti a percepire il vento della storia.

CAP.3 RIVOLUZIONE COMUNICATIVA E SVOLTA COMUNICATIVA

Leggere l'evento dell'11 settembre in chiave comunicativa come attivatore di un learning process significa sottrarsi a quel processo di imputazione delle colpe che ha portato molti a riproporre lo schema noiloro, buonicattivi, amicinemici. Il vento della storia attiva paura e incertezze ma anche energie e volontà. Due effetti principali dell'attacco terroristico:

visibilità concreta della globalizzazione e della vulnerabilità umana

un numero certamente limitato rispetto alla totalità della popolazione ma comunque estesto di persone è stato sollecitato dal grande evento a studiare, cercare risposte

La svolta comunicativa viene a collocarsi a cavallo fra 3 eventi. Il primo è la seconda guerra mondiale, la più sconvolgente che mai ci sia stata. Il secondo è il perfezionarsi di scienze e tecnologie che daranno vita all'energia nucleare, alla televisione e ai computer. Il terzo è costituio dalla messa a punto di teorie come quella dell'informazione o della comunicazione che avranno un enorme influenza. Dopo la seconda guerra mondiale il processo di allargamento della sfera pubblica procede in modo sempre più veloce coinvolgendo milioni di persone attraverso la rivoluzione dei consumi e la nascita degli stati, il diffondersi dei regimi liberal democratici e l'allungamento della vita. L'11 settembre in questo contesto si pone come spartiacque fra un prima e un dopo. Un prima caratterizzato dall scarsa rilevanza delle opinioni pubbliche, prima di quella data era presente la preoccupazione di alcuni opinion leaders per lo strapotere degli USA, ma dopo aver toccato con mano la vulnerabilità del potere imperiale americano, ora invece è nata la consapevolezza di regolare politicamente i conflitti per evitare che diventino reciprocamente distruttivi.

CAP.4 ABUSO DI PAROLA: LE PAROLE DERUBATE DEI LORO SIGNIFICATI ORIGINARI

Per Bechelloni se vogliamo come italiani e come abitatori del mondo riempire di speranza la nostra vita dobbiamo imparare l'arte dell' OTTIMISMO MILITANTE ovvero riscoprire il senso profondo della nostra storia per coltivare quella vocazione universalistica che talvolta illuminato il nostro passato. La comunicazione per lui non riguarda le macchine, si abusa della parola intelligenza attribuendola alle macchine. La parola comunicazione è stata anch'essa abusata e tradita. Si è cominciato con l'inserimento della parola con l'espressione mass media of communication e gli informatici hanno chiamato la tecnologia dell'informazione "tecnologia della comunicazione". Comunicazioni vengono chiamate anche le transazioni finanziarie e i mezzi di trasporto. Il furto e l'abuso sono stati talmente innavertiti che oggi chi si occupa della mente umana pens aid poterla trattare come un pc. Molti termini dal campo della fisica e dell'informatica sono stati trasferiti al campo dell'umano e del sociale. Con l'effetto paradossale di impoverire la capacità degli esseri umani di fare esperienza. Questa è stata la TECNOLOGIZZAZIONE DELLA COMUNICAZIONE UMANA, una sorta di ipersemplificazione della complessità. La maggior parte degli esseri umani sembra disorientata di fornte alla valanga informativa che quotidianamente la investe. Il ciclone informatico sta banalizzando la comunicazione svuotandola dei suoi significati specifici. E' allora necessario rifarsi alle origini. La comunicazione è un problema attivato dal germogliare di società aperte: dal passaggio dalla solidarietà meccanica e dai ruoli ascritti delle tradizioni alla solidarietà organica e i ruoli elettivi  delle modernizzazioni permanenti. Dalel società chiuse a quelle aperte. La comunicazione diventa una risosrsa solo a partire dalla conoscenza del problema, cioè dalla capacità di capire che è difficile entrare in comunicazione con sé stessi e con l'altro. La società della comunicazione di oggi è solo una società dell'informazione, una società di controllo e comando incapace di convocare gli esseri umani al dialogo.

CAP.5 COMUNICAZIONE COME PUNTO DI VISTA E COME RISORSA

La comunicazione non è una tecnologia anche se di esse si serve, non è nemmeno una scienza anche se è oggetto della conoscenza scientifica. La comunicazione è un processo che ha il fine di costruire relazioni cooperative anche di tipo conflittuale. La comunicazione è DISTURBATA o DISTURBANTE quando respinge quando chiude e rifiuta e non convoca al dialogo. Non ci può essere dialogo quando l'altro non viene convocato come interlocutore. Un atteggiamento anticomunicativo può essere considerato quello dei terroristi o comunque quello di chiunque si ritenga depositario di Verità.

CAP. 6 MASSE O INDIVIDUI NELLA SFERA PUBBLICA?

Ai grandi numeri in genere si attribuiscono connotazioni negative e pericolose, come se la numerosità non fosse costituita da tante singolarità, come se gli esseri umani per il solo fatto di essere aumentati di numero avessero perduto i loro tratti specifici che rendono ciascuno unico e irripetibile. I grandi numeri sono visualizzati come masse che affollano le strade e le piazze e che vociferano feroci. Tutta la storia moderna e contemporanea a partire dalle tre rivoluzione (francese, inglese e amiercana) può essere letta come la storia del'inclusione e dell'integrazione dei grandi numeri o di quelle che sono state chiamate dall'800 "masse". I grandi numeri hanno fatto il loro ingresso in politica attraverso i sindacati e i partiti che non a caso assumono la denominazione "di massa". Fino al paradosso dei giorni nostri dove per indicare un processo opposto alla massificazione si usa l'espressione "individualismo di massa". La parole usate per indicare questi aggregati di individui che stavano entrsando in determinati ruoli sociali ha operato una drastica riduzione di complessità. L'uso della parola massa oscurava la realtà di un processo di differenziazione sociale , di individualizzazione che stava caratterizzando la società. Siamo di fronte a un paradosso. Non solo viene usato il nome sbagliato per definire una realtà sociale e un processo ma venne scelto il nome che negava proprio ciò che stava accadendo, perdipiù caricandolo di un'accezione negativa. Massa è stato usato come sinonimo di folla. Da questo derivano molti degli attributi negativi dati a questa parola. Chiamare masse tutti quegli individui che si rendevano visibili e presneti e chiamare massificazione i processi sociali di differenziazione che li riguardavano è stato un modo per tenerli a distanza, negarne l'esistenza e non prenderli in considerazione da parte delle elites. Con il collasso del comunismo si dimostra quello che il crollo del nazismo (per la sua troppo specifica e breve storia) non aveva potuto dimostrare fino in fondo: che solo le costituzioni (economiche, politiche, culturali) che hanno dato vita alle fragili, ma durature nel tempo perchè flessibili, scoeità aperte sono capaci di reggere le sorti di una comunità nella quale la sfera pubblica è in grado di allargarsi per includere via via i nuovi venuti.

CAP.7 SMARRIMENTO DI FRONTE ALL'IGNOTO

Mai prima era accaduto che miliardi di esseri umani si trovassero accomunati al di lò delle fedi e delle culture di ciascuno dallo stesso sentimento di incertezza riguardo al proprio destino nel mondo. Questo è uno dei risultati più visibili della globalizzazione di cui tanto si parla. Questo sentimento di smarrimento è quello che dovette accompagnare i nostri progenitori  ovvero quei piccoli gruppi di esseri umani che abitavano l'Africa e che a un certo punto della loro vita si fecero consapevoli della loro personale morte. Quello smarrimento di fronte all'ignoto e la consapevolezza della propria morte fu all'origine di una svolta epocale. Da quella consapevolezza presero avvio le pi

ù specifiche virtù dell'essere umano, pensare, comunicare creae e costuire civiltà. Questa ANALOGIA    è importante. Il nostro attuale smarrimento è ingigantito attraverso i media dopo l'11 settembre. Dobbiamo imparare ad agire imparando a convivere cone le nostre incertezze e le nostre paure aderendo al nostro presente proiettandolo in un futuro degno di essere vissuto.

CAP. 8 CONTRO IL NIHILISMO: UNA SFIDA PER LA SPERANZA

Nel secolo scorso si sono diffuse correnti culturali NIHILISTE che hanno ripreso in termini post moderni vecchie profezie apocalittiche sulla fine del mondo. Ancora oggi queste paure originate da ceppi religiosi sopravvivono intrecciandosi con le paure più terrene e laiche scaturite dalla perdita di fiducia nei riguardi della scienza del capitalismo e del progresso, della democrazia e di altri elementi che hanno preso il posto nel cuore di molti esseri umani di piccole e grandi religioni. Il pericolo per Bechelloni sta nel nihilismo, quella speciale malattia della mente che è nata, sviluppata e continua a svilupparsi nel cuore della civiltà occidentale. È la forma estrema del razionalismo acritco, il figlio bastardo della dea ragione. È la cinica risposta dell'intellettuale sradicato e frustrato che non potendo o riuscendo ad essere uomo di potere contribuisce alla costruzione di un idologia, quella nihilista, che ha lo scopo di togliere la speranza agli esseri umani. Il nihilismo si riveste di forme umili ma è un ideologia potente perchè capace di depotenziare le forze positive che albergano in ogni essere umano. Forze che altrimenti sarebbero accese e alimentate dalla volontà di perseguire scopi. Il nihilismo è portatore di morte, negatore per definizione di qualsiasi verità , alimentatore di uno SCETTICISMO RADICALE che lo porta a disprezzare il mondo, a prendere le distanze da tutto a favorire il disincanto di "chi la sa lunga", a predicare la satira e l'ironia come le forme espressive più adatte. E' pericoloso proprio perchè non viene percepito come pericolo. Il nihilismo è molto efficace perchè sembra essere portatore di un sapere più sofisticato. Esso è la matrice culturale del terrorismo.

CAP.9 IL DESTINO DELL'ITALIA COME ATTIVATRICE DI COSMPOLITISMO E PRAGMATISMO

In quanto popolo italiano noi siamo abbastanza fortunati perchè ci troviamo collocati da sempre in un luogo geografico e culturale che è uno straordinario punto di osservazione sulle dinamiche e sui processi del mondo umano. Anche se spesso non riusciamo a trarre vantaggio dalla nostra collocazione. Con la civiltà etrusca e poi con quella romana enrtambe intrise di valori e tradizioni provenineti da nord, sud oriente e occidente l'italia è all'origine della civiltà occidentale, sia europea che americana. L'Italia è stata fina dall'inizio la sede della Chiesa Cattolica romana una delle istituzioni maggiormente orientata per vocazione e per scelta all'universalimo e al dialogo interculturale. Nonostante tutto questo noi stiamo vivendo l'attuale passaggio d'epoca ovvero la transizione da una società tradizionale a una società modernizzata e democratica in modi e forme che rendono tutti un po' insoddisfatti. Sembra anche che non siamo in grado di percepirci a livello di opinione pubblica come parte integrante del più vasto mondo globalizzato che ci crconda.

CAP. 10 L'ITALIA COME RISORSA COSMOPOLITA

Bechelloni incontra la parola ITALICITA' in un articolo di Piero Bassetti. Per lui rappresenta il demos globale costituito da l'insieme delle comunità italiche globale e nel contempo locale. Comprende tutti coloro che apprezzano l'italic way of life, uno stile di vita e una cultura molto tipici e riconoscibili.  La parola italici può essere utilizzata per individuare 3 tipi diversi di individui:

gli italiani veri e propri: quelli che risiedono in italia o all'estero e sono cittadini italiani a tutti gli effetti

gli italiani d'origine: cioè i discendenti da parte di padre o di madre di italiani a suo tempo emigrati altrove e insediativisi permanentemente acquistando la cittadinanza e la lingua di altri paesi ma conservando l'impronta dei tratti culturali originari

altre persone: variamente sparse nel mondo le quali pur non avendo legami parentali o di sangue con nessuna delle prime due tipoligie hanno adottato in tutto o in parte tratti culturali italianità

Gli italici sono costruttori sociali della italicità. Essa ha ache vedere con l'italianità ma non si confonde con essa perchè non è portatrice di connotazioni nazionalistiche, non si identifica con lo Stato italiano o con la nazione italiana. Ha un respiro più largo e un significato universale. Parlare di italici e di itallicità può servire per meglio mettere a fuoco ciò che ha caratterizzato e caratterizza la civiltà italica superando due potenti ostacoli. Il primo è costituito dal paradigma dello stato nazionali. Che ha prodotto per reazioni di segno opposto sia i miti nazionalistici della Grande Italia

e del Fascismo al potere sia i miti miserabilistici dell'italietta priva di grandezze. Il secondo è costituio dal nuovo paradigma multiculturale che si sta facendo strada negli ultimi anni annacquando le specifictà in un indistinto nuovo cosmopolitismo che sarebbe figlio della globalizzazione e della società dell'informazione. In secondo luogo parlare di italici e di italicità può servire come esempio di una modalità di approccio alla conplessità contemporanea. Può servire per mettere in luce che ogni grande civiltà umana si è costituita e si costituisce attraverso una complessa rete di relazioni che affondano nella natura umana e nelle molteplici istituzioni e configurazioni sociali che gli uomini incessantemente tendeono a produrre e riprodurre. Cioò significa che se si vuole costruire un mondo migliore occorre evitare di restare alla superficie delle cose, alla merda visibilità del multiculturalismo di facciato. Occorre prendere atto della persistente e macroscopica realtà degli Stati Nazionali (mai tanto numerosi e agguerriti) delle tante etnie e nazionalità che continuano a percepirsi come esclusive e che vivono la globalizzazione come forma mascherata di  neo colonialismo. Le civiltà come appunto quella italica sono e possono essere delle AGGREGAZIONI INTERMEDIE delle comunità transnazionali che possono favorire una tollerabile coesistenza pacifica in un mondo da percepirsi multipolare. Ciò vuol dire che bisogna lavorare sui contenuti della comunicazione che circolano nel mondo per costuirne una internazionale e interculturale meno stereotipata, meno ideologizzata e meno semplicistica. Altrimenti il politicamente corretto (cioè il relativismo ideologizzato figlio anche del nichilismo) soffocherà sul nascere qualsiasi sforzo che la volontà culturale sta facendo per mantenere la pace possibile.

CAP.11 ITALICITÀ, ITALOFONIA E MULTILINGUISMO

Un multiculturalismo felice non può che nascere da una lunga e radicata abitudine all'interculturalimo ioè a riconoscere e praticare il riconoscimento e il dialogo tra le culture. Altrimenti il multiculturalismo serve solo a ghettizzare reciprocamente le diverse culture. E' necessario dunque attivare politiche pubbliche orientate al multilinguismo. Non solo nel senso di una pluralità di lingue in un paese solo ma di una pluralità di lingue parlate e scritte da ciscun individuo. Questo per far si che attraverso la conoscenza di più lingue gli individui si possano rendere consapevoli della complessità del mondo e mettersi in condizione di realizzare comunicazione interculturale e inter nazionalie. Per intendere meglio la direzione verso la quale Bechelloni ha intenzine di muoversi per lui è necessario fare una diversa concenttualizzazione dell'esperienza migratoria. Diversa rispetto al luogo comune che tende a ritenere l'esperienza migratoria come negativa ma addirittua distruttiva dell'identità umana. Essa non nasce da una fuga o da una cacciata se non in casi eccezzionali. Non è prodotta dal capitalismo ma nasce da una spitna propulsiva generata dall'immaginazione e dal desiderio. I migranti assomigliano a capitani coraggiosi e non a poveri disperati. L'esperienza migratoria è una risporsa per l'umanità, è portatrice di futuro, non è una disgrazia che nasce dalla disperazione. Nell'esperienza migratoria quando l'apprendimento id una lignua diversa da quella natia non avveien siamo di fronte a una patologia che si produce quando l'emigrante viene respinto. È solo attraveros il RITO DI PASSAGGIO dell'apprendimento della lingua che si può scommettere sull'esperienza migraotria come risorsa. L'esperienza migatoria degli italiani ci può essere utile per dimostrare empiricamente l'esistenza storica di processi comunicativi di lunga durata. Italici e italicità sono termini che derivano da plurisecolari processi di ibridazione culturale ed etnica.



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