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Dalla cacciata dei Tarquinii alla parificazione della plebe




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Dalla cacciata dei Tarquinii alla parificazione della plebe


La monarchia di Roma era di tipo assoluto, con la concentrazione di tutti i poteri in mano al monarca. Dopo la cacciata dei Tarquini il sistema politico mutò e i poteri furono divisi fra più persone. Il potere regio fu infatti diviso in cariche annuali di tipo collegiale, dove ogni potere era amministrato da due persone minimo e ognuna aveva il diritto di veto sull'altra, affinché non venissero a crearsi situazioni di abuso di potere.

Sorse così una repubblica aristocratica, poiché solo gli aristocratici potevano aspirare a cariche pubbliche. I plebei erano esclusi dalla vita politica di Roma e diedero luogo a lotte civili per ottenere dei diritti.

Dopo la cacciata di lui e della sua famiglia, Tarquinio il Suberbo aizzò contro Roma le popolazioni vicine per riprendere il trono. Così Roma entrò in guerra con Etruschi, Sabini, Equi e Volsci, ma soprattutto contro i Latini. Quest'ultimi vennero sconfitti presso il Lago Regillo.

Dopo la sconfitta dei Latini Roma stipulò un patto di alleanza difensiva con questi, chiamato foedus cassianum (lett. Patto di Cassio) approvato da Spurio Cassio nel 493 a.C.

Questo patto è il più grande atto diplomatico, dopo il patto con Cartagine, stipulato in quel periodo. Infatti in questo modo Roma si poneva al pari della confederazione latina, evitando di diventarne semplicemente un membro.

Dopo il primo periodo di lotte esterne, Roma conobbe numerose guerre civili causata dalla disuguaglianza sociale di patrizi e plebei.

I patrizi infatti si erano ormai accaparrati il pieno controllo dello stato e la loro casta era chiusa, poiché non potevano avvenire matrimoni tra patrizi e plebei.

I plebei invece restavano completamente esclusi dalla politica e si erano divisi in ricchi e poveri. I primi erano coloro che si erano arricchiti e aspiravano alle cariche pubbliche. I secondi invece erano la maggior parte e desideravano liberarsi degli oneri imposti dai patrizi.

La plebe a Roma viveva nelle condizioni più squallide. Infatti la maggior parte di essi era piccola proprietaria e quando avveniva la guerra era costretta a lasciare il campo incolto. Inoltre non erano pagati per fare la guerra ed erano costretti ad indebitarsi. Infine essi non avevano diritto ad una parte dell'agro pubblico, cioè una parte di territorio conquistato.

La plebe indebitata era poi soggetta alla legge sui debiti, essa prevedeva che chi si fosse indebitato senza poter restituire il denaro, sarebbe diventato uno schiavo del creditore.

Dopo due anni dalla battaglia di Regillo la plebe diede atto al primo scioperò della storia. I plebei infatti si ritirarono armati sul Monte Sacro chiedendo più diritti.

La città si trovò così in una situazione di stallo, che finì con un discorso alla plebe da parte di Mananio Agrippa.

I patrizi allora furono costretti a istituire delle cariche pubbliche proprie dei plebei, quali i tribuni e gli edili. I primi erano dieci ed erano sacri e inviolabili, avevano il diritto di veto su ogni legge o decisione contraria agli interessi della plebe. I secondi aiutavano i tribuni nelle loro mansioni.