Aureliano (270-275)
Il successore Aureliano poté perciò attuare la sua opera di
riunificazione dell'Impero, ma dovette ancora affrontare alcune irruzioni di
barbari, tra cui Iutungi, Quadi, Marcomanni e Alemanni, che si erano spinti fin
nell'Italia Centrale. Questi furono fermati al Metauro e sterminati presso
Pavia; valutando poi il pericolo che allora parve incombere sulla stessa Roma,
Aureliano iniziò la costruzione di una nuova cinta di mura, le Mura Aureliane
in gran parte ancora esistenti. Vero impegno d'onore fu per lui quello di
ricostruire l'unità dell'Impero, allora diviso in tre parti: nel centro
l'Italia, l'Africa e la Balcania con Roma capitale; in Occidente il regno
gallo-romano (Gallia e Britannia) sotto Tetrico, già generale romano; in
Oriente il principato di Palmira, centro carovaniero nel deserto siriaco.
Aureliano si volse all'Oriente nel 272, ove Zenobia fu sconfitta; ritornatone,
potè impadronirsi della Gallia perché Tetrico si accordò con lui: egli fu così
salutato col titolo di restitutor orbis.
Aureliano tentò anche di porre rimedio alla crisi monetaria, reprimendo
duramente i conseguenti disordini verificatisi a Roma, e limitò i pochi
privilegi rimasti all'Italia, ove il corrector, magistrato straordinario
adibito a porre rimedio alle varie condizioni di decadenza nella Penisola,
acquistò i poteri di un vero governatore imperiale.
Anche Aureliano fu ucciso dai soldati (275); dopo un periodo
d'interregno fu designato il vecchio consolare Claudio Tacito, che poco dopo
morì, forse anch'egli ucciso. Il suo successore Aurelio Probo, valente generale
illirico, attese a lavori di strade, di bonifica, di agricoltura, ma
soprattutto dovette combattere e patteggiare coi barbari, permettendo loro
vasti insediamenti nell'Impero. Fu ucciso a sua volta dai soldati (282), e la
stessa sorte toccò a M. Aurelio Caro e ai suoi figli Carino e Numeriano.