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Approfondimento di Latino e di Greco
Guerre persiane
Denominazione di due guerre che, dal 490 al 478 a.C., opposero l'impero persiano alle città-stato della Grecia, la cui vittoria segnò l'affermazione del modello politico e culturale ellenico nel Mediterraneo antico.
I Greci avevano fondato varie colonie sulle coste dell'Anatolia, perciò, quando Ciro conquistò la Lidia nel 547, la situazione delle poleis cambiò radicalmente perché dovettero pagare i tributi imposti e videro calare notevolmente i commerci per l'agguerrita concorrenza dei Fenici, al soldo dei Persiani. Quando Mileto si ribellò nel 500, il diffuso malcontento spinse alla rivolta aperta anche le altre città dell'Anatolia, che si coalizzarono per attaccare la città di Sardi, ma furono aiutate solo da Atene e da Eretria, le quali inviarono una piccola flotta di 25 navi; così la rivolta fu soppressa nel sangue, e i Greci dovettero rinnovare la loro sottomissione A Dario, re dei Persiani. È possibile definire questo scontro come una lotta tra la libertà della Grecia e il dispotismo della Persia. Dario, allora, nel 490 organizzò una spedizione punitiva nei confronti di Atene, facendo sbarcare un forte esercito, che si confrontò con gli Ateniesi presso Maratona. Tuttavia, gli Ateniesi, guidati da Milziade, attaccarono di sorpresa i Persiani, e li costrinsero a ritirarsi. Si era quindi conclusa la Prima Guerra Persiana, che per Atene ebbe conseguenze politiche ed economiche molto positive.
In seguito a questa guerra, ad Atene la popolazione si divise sul da farsi: da una parte c'erano coloro i quali, rappresentati da Temistocle, premevano per la creazione di una potente flotta da guerra, perché vedevano in questo la possibilità di fare grossi guadagni; dall'altra c'erano quelli che, capeggiati da Aristide, puntavano sull'accordo con i Persiani. Ebbero la meglio i primi, e Aristide fu esiliato con il metodo dell'ostracismo. Intanto i Persiani avevano ripreso con maggiore intenzione il loro progetto di conquista della Grecia. Perciò, dopo la morte di Dario, gli successe suo figlio Serse, che si pose personalmente a capo di una flotta di oltre mille navi.
Scoppiò quindi la Seconda Guerra Persiana, che fu certamente più dura della prima, perché i Persiani avevano organizzato una forza di conquista gigantesca. L'esercito persiano si inoltrò verso il cuore della Grecia, ma alle Termopili la sua marcia fu bloccata da trecento Spartani che riuscì a resistere per circa tre giorni, dando il tempo agli alleati di difendere bene la regione. La battaglia decisiva si svolse a Salamina, dove i triremi ateniesi riuscirono a battere le navi persiane, che erano più grandi ma meno agili nelle manovre. Serse decise quindi di ritirarsi. Nella primavera successiva, le ostilità ripresero, Atene fu saccheggiata ma i Persiani furono sconfitti per terra a Platea e per mare a Micale. La minaccia persiana era definitivamente scomparsa.
(519 ca. - 465 a.C.), re di Persia (486-465 a.C.). Figlio di Dario I e di Atossa, succedette al padre nel 486. Represse una rivolta in Egitto e a Babilonia, in seguito si dedicò all'allestimento della flotta e dell'esercito in previsione di una spedizione contro i greci. Nella primavera del 480 marciò con il suo esercito attraverso la Tracia, la Tessaglia e la Locride; alle Termopili sconfisse le forze greche guidate da Leonida I, avanzò quindi verso l'Attica e occupò Atene, abbandonata dai greci. Nella battaglia di Salamina tuttavia la flotta persiana venne sconfitta da un contingente di navi da guerra greco guidato dall'ateniese Temistocle. Serse si rifugiò in Asia Minore, lasciando il suo esercito in Grecia sotto il comando del cognato Mardonio, che venne ucciso a Platea l'anno seguente. Serse venne assassinato presso Persepoli da Artabane, capitano della guardia di palazzo; gli succedette il figlio Artaserse che regnò dal 465 al 425 a.C.
Temistocle
(Atene 527-460 ca. a.C.), generale e uomo politico ateniese, comandò la flotta ateniese nella battaglia di Salamina. Dopo la sconfitta persiana nella battaglia di Maratona (490 a.C.), si convinse che i greci avrebbero potuto combattere il pericolo persiano solo allestendo una grande flotta. Bandito da Atene il rivale Aristide nel 483 a.C., Temistocle rimase arbitro della scena politica ateniese e persuase i suoi concittadini a impegnarsi nella costruzione di una flotta di triremi (navi da guerra con tre ordini di rematori). Quando gli ateniesi appresero che Serse I, re di Persia, si preparava a invadere nuovamente la Grecia, consultarono l'oracolo di Delfi; l'oracolo rispose loro che dovevano difendersi con 'mura di legno'. Temistocle interpretò la risposta riferendola alle navi ateniesi. Alla vigilia della battaglia di Salamina, nel 480 a.C., le forze alleate greche stavano per disperdersi. Secondo la tradizione, Temistocle, per scongiurare tale pericolo, fece precipitare gli eventi mandando a Serse un messaggio segreto in cui gli suggeriva di attaccare prima che la flotta greca avesse l'opportunità di fuggire. Temistocle stesso guidava le navi ateniesi, che costituivano più della metà della flotta greca posta al comando dello spartano Euribiade. La battaglia di Salamina fu per i persiani una sconfitta clamorosa. Temistocle persuase quindi gli ateniesi a ricostruire la loro città, distrutta dall'esercito persiano, e a collegarla con il porto del Pireo per mezzo di lunghe mura (479-78 a.C.). Anche Temistocle venne colpito dall'ostracismo nel 471 a.C.; si ritirò ad Argo e poi in Asia Minore, dove si guadagnò il favore della corte persiana di Artaserse I, figlio di Serse. Visse a Magnesia fino alla morte.
a.C.), detto il Giusto, politico e generale ateniese. Fu uno dei dieci comandanti greci della battaglia di Maratona (490 a.C.), in cui i greci sconfissero le forze persiane guidate da re Dario I. Nel 482 a.C. Aristide fu bandito da Atene a causa di un disaccordo di vecchia data con il generale Temistocle sulla politica navale di quest'ultimo. Fu amnistiato quando i persiani invasero nuovamente la Grecia sotto la guida di Serse I nel 480 a.C. e partecipò alla battaglia di Salamina. Nel 479 a.C. guidò alla vittoria l'esercito ateniese contro i persiani nella battaglia di Platea, e l'anno seguente svolse una ruolo di primo piano nella formazione della confederazione di città-stato greche conosciuta come lega delio-attica.
(Alicarnasso 484 a.C. ca. - 425 a.C.), storico greco. La tradizione vuole che sia stato esiliato dalla sua città intorno al 457 a.C. per aver cospirato contro il dominio persiano. Probabilmente si recò a Samo, da dove iniziò a viaggiare attraverso l'Asia Minore, Babilonia, l'Egitto e la Grecia. Non si sa con precisione che direzione presero né fino a che punto si spinsero i suoi viaggi, certo è che gli consentirono una preziosa conoscenza diretta della geografia e delle tradizioni di tutti i luoghi che furono poi oggetto della sua opera storica. Intorno al 447 si recò ad Atene, dove si guadagnò la stima dei personaggi più illustri, compreso il grande statista Pericle. Nel 443 Erodoto si stabilì nella colonia panellenica di Turii, nell'Italia meridionale. Dedicò il resto della vita al completamento della sua grande narrazione storica, dedicata ai fatti e agli antefatti delle guerre persiane. Il titolo tradizionale di Storia o Storie non è originario, come pure la suddivisione in nove libri, effettuata dai grammatici alessandrini. I primi libri contengono la descrizione geografica, etnologica e storica degli abitanti di Lidia, Scizia, Media, Assiria, Egitto e Persia. Gli ultimi tre libri descrivono i conflitti armati tra la Grecia e la Persia agli inizi del V secolo a.C. Alle spalle di Erodoto non esistono storiografie né precedenti metodologici; il suo criterio di base è quindi il controllo personale, ciò che egli stesso ha visto e appreso direttamente, chiedendo informazioni ai testimoni che gli parevano più attendibili. A volte seleziona le fonti, altre volte si mostra scettico verso ciò che ha appena riferito, altre ancora riporta miti, favole e tradizioni locali, oppure confronta diverse versioni del medesimo fatto. Il corso della storia è indirizzato dal fato e dagli dei, che non possono impedire il male ma intervengono a punire i malvagi e gli arroganti. All'uomo è dunque celato il senso del suo destino, ma, seguendo l'esperienza e la ragione, è libero di scegliere e responsabile delle proprie azioni: proprio nella libertà sta la dignità della natura umana, ed è la libertà che ha consentito ai greci di differenziarsi dai 'barbari' e di sconfiggerli. Il suo senso della realtà, la ricerca dei dati di fatto, lo stile semplice e avvincente (l'opera era destinata alla pubblica recitazione), applicato a un campo vergine di ricerca, cioè le cause delle 'azioni degli uomini', ha fatto di Erodoto il 'padre della storia'.
(Atene 460 a.C. - 400 ca. a.C.), storico greco. Figlio di un aristocratico ateniese, nel 424 a.C. fu tra gli strateghi della flotta ateniese in Tracia durante la guerra del Peloponneso, ma non giunse in tempo per evitare la presa di Anfipoli da parte dello spartano Brasida. Per questo errore fu esiliato e tornò in patria solo alla fine della guerra, nel 404 a.C. La sua opera è giunta sino a noi divisa in otto libri dai grammatici successivi, e con il titolo, anch'esso non originario, di Storie o Guerra del Peloponneso; essa abbraccia tre fasi della guerra: il conflitto tra Atene e Sparta dal 431 al 421 a.C., che si concluse con la pace di Nicia, la spedizione degli ateniesi in Sicilia dal 415 fino al disastroso fallimento del 413 e, infine, la ripresa delle ostilità fino al 411, anche se il piano originario dell'opera comprendeva gli eventi fino al 404. Tucidide fu consapevole che l'obiettivo della nuova scienza storica risiedeva nella verità dei fatti narrati; quindi si ripromise nella sua opera di descrivere fedelmente quelli di cui egli stesso fu testimone, e di sottoporre a rigorosa verifica le testimonianze relative agli altri eventi. Rientra nello stesso intento di precisione documentaria il nuovo e grande rilievo dato alla scansione temporale e alla concatenazione cronologica degli avvenimenti. L'atteggiamento di Tucidide nei confronti della materia fu di tipo scientifico, in quanto guidato dall'intento di individuare i rapporti causali operanti nella storia: un'indagine di questo tipo non può contemplare né la lode né il biasimo. Il metro dell'azione degli uomini e al tempo stesso strumento per scoprire le norme che la regolano è la ragione e ogni fattore metafisico è escluso dalla ricerca e dall'analisi dello storico. La storia, per Tucidide, è un 'possesso per il futuro': non nel senso di un ammaestramento morale, ma quale strumento per riconoscere la dinamica delle forze che producono gli avvenimenti umani. In queste coordinate ideologiche, i numerosi e drammatici discorsi che Tucidide inserì nella narrazione svolgono una funzione essenziale: in essi la ragione si confronta con i fatti e soppesa gli interessi in gioco e le soluzioni possibili, consentendo all'autore di analizzare il rapporto causale tra i fatti presi in esame. Poiché è nell'ambito politico che si manifestano le opposizioni e le decisioni che determinano gli eventi storici, l'opera di Tucidide può essere considerata eminentemente politica, e in ciò sta il motivo della sua straordinaria fortuna nelle epoche successive.
(Cheronea, Beozia 46 ca. - 120 d.C.), letterato greco. Studiò ad Atene dove conobbe e ammirò la filosofia di Platone, che rimase una componente essenziale del suo pensiero. Compì viaggi in Egitto e a Roma, fu sacerdote del santuario di Apollo a Delfi e rivestì cariche pubbliche nella città natale. Il corposo insieme di testi di Plutarco sopravvissuti si suddivide in due sezioni: le Vite parallele e i Moralia. La prima risulta costituita da ventidue coppie di biografie, ciascuna delle quali accosta un personaggio greco e uno romano ed è seguita da un confronto che giustifica il parallelismo. Pur facendo ampio ricorso alla tradizione storiografica, Plutarco non intendeva scrivere un'opera storica in senso proprio: il suo obiettivo era invece cogliere, nella realtà degli eventi, i tratti distintivi di una personalità, attento ai gesti e alle parole che rivelano la verità interiore dell'uomo. La capacità di descrivere scene dense di emozioni, il racconto teso e appassionante, l'aura di tragedia che avvolge molti dei suoi protagonisti sono i principali fattori poetici delle Vite e spiegano il fascino che esse esercitarono su William Shakespeare nella stesura dei suoi drammi di argomento romano. I Moralia comprendono numerosi scritti di contenuto non solo morale, ma anche politico, religioso, filosofico, pedagogico, scientifico e letterario, attestando la molteplicità di interessi di Plutarco, che affrontò ogni aspetto della tradizione culturale greca e ne offrì un'esposizione precisa e avvincente. Quest'opera influenzò Michel de Montaigne, che la prese a modello per i suoi Saggi.
(Eleusi 525 ca. - Gela 456 a.C.), tragediografo greco, con Sofocle ed Euripide massimo autore di tragedie della letteratura greca. Combatté nelle guerre persiane, fu a Maratona nel 490 a.C., a Salamina nel 480 a.C. e probabilmente a Platea l'anno successivo. Compì due viaggi, secondo alcune fonti tre, in Sicilia, dove morì. Le tragedie, la prima delle quali fu rappresentata intorno al 500 a.C., si presentano come trilogie unite da un tema comune. Dei 73 titoli tramandati, solo sette sono state conservati. La più antica è Le supplici; essa costituiva la prima parte di una trilogia (ma le altre due Gli egiziani e le Danaidi sono andate perdute) che narra le vicende delle nozze delle cinquanta figlie di Danao, re di Argo. I persiani, rappresentata nel 472, è una tragedia storica sulla battaglia di Salamina. I sette a Tebe, scritta nel 467 a.C. e ultima parte della trilogia di cui facevano parte anche Laio ed Edipo, rappresenta la contesa per il trono di Tebe tra Eteocle e Polinice, i due figli di Edipo. Il Prometeo incatenato (opera di incerta datazione) narra la punizione di Zeus a Prometeo, incatenato a una rupe del Caucaso dove un'aquila gli divora il fegato che ricresce di continuo, reo di avere sottratto il fuoco agli dei per donarlo agli uomini. Le restanti tre tragedie conservate, Agamennone, Coefore ed Eumenidi, scritte nel 458 a.C., compongono l'Orestea. La prima mette in scena il ritorno a casa di Agamennone, vincitore nella guerra di Troia, e la sua terribile morte per mano dell'infedele moglie Clitennestra. Nella seconda, Oreste, il figlio del re assassinato, vendica il padre uccidendo la sua stessa madre e l'amante Egisto. Nelle Eumenidi le Erinni, le dee vendicatrici, perseguitano Oreste, che ne sarà liberato dall'antico tribunale dell'Areopago, grazie all'intercessione di Atena.
(Pavia 100 a.C. - Roma 24 a.C.) storico-biografo latino, presentò in parallelo le biografie di personaggi romani e stranieri, soprattutto greci, distintisi per doti morali in varie attività. Si stabilì a Roma, dove rimase estraneo alla vita politica, preferendo dedicarsi agli studi all'attività letteraria, divenendo amico di importanti esponenti della cultura del tempo, quali Catullo, Attico e Cicerone. Ciò che ci è pervenuto delle sue opere, ed in particolare di "De viris illustribus" , è solo una piccola parte della grandiosa opera in 16 libri, in cui presentava alcuni ritratti di uomini famosi, quali Milziade, Temistocle e Pausania, in quanto artefici e strateghi delle battaglie di Maratona, Salamina e platea, che permisero ai Greci di eliminare la minaccia persiana. Di quest'opera ci è giunta quasi intatta la sezione "De excellentibus ducibus exterarum gentium", nella quale sono descritti i generali stranieri, tutti greci, a parte Annibale e Amilcare, entrambi Cartaginesi. La narrazione è guidata da un chiaro intento pedagogico-morale, in quanto i personaggi non vengono giudicati in base alla loro importanza, ma sono scelti e proposti come modelli esemplari dei valori etici come la virtus, la fides, la pietas, la prudentia, sui quali si fondava lo stato romano.
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