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Nascita e sviluppo dei movimenti femministi




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NASCITA E SVILUPPO DEI MOVIMENTI FEMMINISTI

1.1. L'emancipazione femminile tra 800 e 900

1.1.1 Rivendicazione dei diritti femminili tra 800 e 900

La corsa alla conquista dei diritti femminili favorita dalla rivoluzione francese e a cui l'illuminismo aveva fornito un'inesauribile riserva di strumenti intellettuali, venne violentemente arrestata, nel 1804, dall'emanazione del codice di Napoleone che diede corpo all'idea che la donna fosse proprietà dell'uomo e il suo compito primario quello di restare relegata in casa. Portalis, uno dei preparatori del codice, in base al solito principio della legge di natura che relega le donne in una condizione di inferiorità.

Nella prima metà dell'800 il movimento per l'emancipazione che si era via via allargato fino a coinvolgere le classi meno privilegiate, si ritirò, tornando ad essere appannaggio di un'élite politica e culturale. Alla lotta veniva fornita una matrice a volte marcatamente socialista, secondo le più diffuse teorie del dibattito filosofico in corso, altre volte di tipo nazionale e democratica, secondo le aspirazioni degli stati europei a partire dagli anni '20. In Italia troviamo Bianca Milesi, che dopo aver studiato in Austria e Svizzera, tornò nel suo paese natio, diffuse le innovative tecniche educative che aveva appreso, e creò scuole popolari di mutuo insegnamento, dando vita anche ad una sezione femminile della carboneria per la diffusione delle idee mazziniane. Tra le sue discepole predilette c'era Cristina Trivulzio principessa di Belgiojoso la quale fu una vera e propria riformatrice sociale. Nel 1849, durante l'assedio di Roma, sollecitata da Mazzini, lei, colta, ricca e aristocratica, mise insieme un gruppo di 'scostumate' popolane e organizzò il pronto soccorso e il servizio ospedaliero per i feriti. Di queste nobildonne che aprivano i loro salotti a patrioti, letterati ed artisti permettendo la circolazione e lo sviluppo delle idee e che si dedicarono in particolar modo alla causa dell'elevazione culturale della donna, creando asili, circoli, scuole innovative, ve ne sono tantissime.

1.1.2 Nascita dei primi movimenti femministi

Verso la metà del secolo, smorzatosi l'ondata reazionaria che aveva messo a tacere le speranze nate con la rivoluzione, il femminismo si rianimò, uscì definitivamente dai salotti, passò dalle elaborazioni teoriche individuali ad un'organizzazione più solida. I giornali fondati e diretti da sole donne si moltiplicarono e divennero tanto più importanti quanto più dietro di essi prendeva corpo un'associazione femminile.Nel 1832 in Francia, Desirée Verret e Marie-Reine Guindorf fondarono la La femme libre espressione del femminismo della classe operaia, che invitava tutte le donne, pagane e cristiane, a collaborare. In seguito il giornale fu preso sotto la direzione di Suzanne Voilquin, un'operaia ricamatrice di Parigi che, ottenuta la separazione dal marito, prese a viaggiare e riuscì a studiare travestendosi da uomo. Essa cambiò sia il nome del giornale con quello di La Tribune des Femmes. Famose sono rimaste le battaglie de La Tribune a favore dell'indipendenza delle colonie e contro la prostituzione, quelle per l'indipendenza economica delle donne, per l'educazione e la formazione paritaria a quella dell'uomo e il libero amore. Nel 1834 la repressione politica mise fine a quest'esperienza editoriale. La Gazette des Femmes invece dava voce alle aspirazioni delle donne della borghesia, che come contribuenti, esse sostenevano, dovevano beneficiare degli stessi diritti politici e civili. Erano tre le direzioni i cui si muoveva la propaganda del giornale: il diritto di petizione, per concedere alle donne un'esistenza legale, il diritto ad essere sostenute in tutte le iniziative da loro intraprese e il diritto a che venissero condannati tutti i delitti perpetrati contro di esse. Dopo il 1848, con la seconda repubblica, il femminismo francese acquisì nuovo slancio e si può definire a tutti i diritti di tipo socialista, caratterizzato com'era dalla lotta per il miglioramento delle condizioni materiali e della propaganda delle idee. I più famosi giornali femministi di questo periodo furono La Voix des Femmes che esprimeva il suo slogan in questi termini: una nuova concezione dell'esistenza implica una rivoluzione per tutti e per tutte, e La Politique des Femmes, che assumerà la guida del movimento femminista. Nel giugno del '48 ci fu una sanguinosa repressione che censurò tutti giornali femministi, ma appena un anno dopo L'Opinion des Femmes denunciò tutti i soprusi subiti.Era tra l'altro questo il periodo in cui scrittori e disegnatori famosi si dilettavano nell'arte della derisione del personaggio della femminista.

In Francia, è la rivoluzione del 1871 che instaurò la 'Comune' di Parigi, l'altra occasione offerta alle donne per rinsaldare il loro spirito di corpo; Louise Michel, Léodile Champseix, Paule Minck scrivevano sui giornali e viaggiavano di città in città per parlare dell'importanza di difendere la Comune. L'11 aprile un gruppo di donne, tra cui Nathalie Lemel, creò l''Unione delle donne'. Formato in prevalenza da operaie, l''Unione' si prefiggeva compiti di tipo assistenziali e, costituendo in ogni quartiere circoli e club, dava a tutte le donne la possibilità di esprimersi liberamente sui problemi che le tormentavano. Ma, solo dopo pochi mesi, le truppe di Thiers, diedero inizio ad una vera e propria guerra contro i rivoluzionari per riprendersi il potere. 
Nemmeno in questo momento le donne rinunciarono all'azione e, se da una parte imbracciarono i fucili come la Michel, dall'altra portarono avanti una poderosa opera di propaganda per sostenere gli animi: il 6 aprile del '71 comparvero su tutti i muri di Parigi mille manifestini dell''Unione delle donne.

1.1.3 Il movimento suffragista

Sempre nella seconda metà del XIX secolo bisogna far risalire la storia della lotta per il diritto di voto alle donne. Il primo convegno sui diritti delle donne si ebbe nel 1848 a Seneca Falls, in America, vicino a New York. Vi si radunarono 300 persone e alla fine fu redatto ad opera di alcune suffragiste come Susan B. Antony, Elizaberth Cady Stanton e Lucy Stone, una Declaration of sentiments dove si sanciva l'uguaglianza di diritti fra i sessi e ci si proponeva la lotta per il voto. Interessante è notare che in occasione di questo congresso fu sancito, forse per la prima volta, la fine del monopolio maschile della predicazione dal pulpito nelle chiese cristiane. 

In America, intorno al 1869, il movimento suffragista si articolava in due organizzazioni: la 'National Women Suffrage Association' e l''American Women Suffrage Association'. Entrambi impegnati per lo stesso scopo, il suffragio, si proponevano però di raggiungerlo con metodi diversi. Il primo, più moderato e riformista, agiva soprattutto nella zona di Boston e di esso ne fu il portavoce il foglio Women's Journal; il secondo, più aggressivo e radicale, si muoveva soprattutto nell'area di New York. Solo nel 1890 le due si fusero nell''American National Women Suffrage Association' a cui si unirono anche piccoli gruppi femminili e religiosi. In Inghilterra è nel 1860 che si forma la prima 'Associazione per il suffragio alle donne' a cui aderirono Emily Davies, le sorelle Garrett e Barbara Bodichon.Nel 1866 affidarono al deputato e filosofo John Stuart Mill una petizione da presentare alla Camera dei Comuni che però non venne approvata dal primo ministro Gladstone. Solo coll'inizio del nuovo secolo il movimento prese impeto e violenza. Il primo stato nel mondo ad ottenere il suffragio allargato alle donne, anche grazie all'appoggio di gruppi di ispirazione religiosa, fu, nel 1893, la Nuova Zelanda. In Italia già nel 1863, su proposta dell'onorevole Peruzzi, la Camera dei deputati disputò la questione giuridica delle donne; e ancora avvenne nel 1871, su proposta dell'onorevole Lanza, nel '76 grazie a Nicotera e nell'80 e '82 fu la volta di Depretis, anche se il movimento suffragista italiano non ebbe mai la forza e la determinazione di quello inglese o americano.

1.1.4 Battaglia contro lo sfruttamento della prostituzione

Nel 1870 intanto a Ginevra si era tenuto il primo congresso internazionale delle donne in cui si era discusso prioritariamente dell'inutilità del conflitto franco-prussiano allora in corso e naturalmente dell'ingiusta discriminazione sessista. Nel '78 a Parigi si tenne un altro congresso internazionale a cui parteciparono francesi, tedesche italiane, svedesi, russe e polacche e inglesi, le più agguerrite, che alla guida di Josephine Butler stavano combattendo la battaglia contro la prostituzione legalizzata. La Butler si batteva contro il controllo amministrativo e medico delle prostitute, sostenendo che tale controllo costituiva un "sacrificio delle libertà femminili" alla "schiavitù del desiderio maschile" e nei comizi indugiava a descrivere nei dettagli lo "stupro meccanico della visita ginecologica". La regolamentazione, secondo le femministe, proteggeva e autorizzava il vizio maschile e non risolveva il problema delle prostitute spesso spinte sulla strada dal sistematico sfruttamento sociale ed economico imposto dallo stato a tutte le donne. 
La Butler propugnava allora un'opera di recupero di queste donne, ma sempre riconoscendo loro una fondamentale libertà di gestire la propria vita. La Butler trascinò molti altri paesi europei nella lotta per l'abolizionismo della regolamentazione, anche se in ogni paese tale lotta assunse tinte specifiche. In Germania ad esempio, si formò un gruppo di donne che oltre ad accusare il governo di farsi complice dello sfruttamento della prostituzione, portò avanti una vera e propria lotta di repressione morale della prostituzione stessa. Relativamente all'aborto invece le femministe ottocentesche erano schierate pressoché tutte contro questa pratica e lottavano perché venisse messa fuori legge.
Esse sostenevano che l'aborto facesse parte dello sfruttamento sessuale e del degrado delle donne, così come la contraccezione, altra pratica messa al bando.       D'altra parte le stesse femministe erano contrarie alla separazione della sessualità femminile dalla riproduzione, convinte che la contraccezione e l'aborto rendessero le donne impure, simili a prostitute e vulnerabili alle richieste maschili. Anche il gruppo di neo-malthusiane, che si costituì in Europa alla fine del secolo, se considerava la contraccezione un metodo onorevole, continuava a ritenere invece l'aborto una faccenda da bassifondi.

1.1.5 Movimento femminista in Italia: l'istruzione

In Italia nella seconda metà del XIX secolo vi fu un risveglio in senso femminista. A differenza della Francia, erano soprattutto le intellettuali borghesi che si impegnavano in campo sociale e con la loro opera costituivano movimenti di sensibilizzazione. Alessandrina Ravizza nel 1868 si introdusse nella 'Associazione generale di mutuo soccorso delle operaie di Milano' e fondò, in insieme a Laura Mantegazza, le scuole professionali femminili. 

Ben presto la Ravizza si accostò a gruppi di femministe impegnandosi in una serie di iniziative di opposizione ai tentativi reazionari di fine secolo. Come la Ravizza, le femministe italiane di fine secolo erano perlopiù donne senza figli, animate da ideali romantici e populisti, vicine agli ambienti socialisti e anarchici. Come lo fu Sibilla Aleramo, al secolo Rina Faccio. Di formazione positivista, perseguiva l'ideale di un socialismo unitario e interclassista e si impegnò in particolar modo per l'alfabetizzazione della popolazione.Risulta chiaro che era principalmente il problema dell'educazione che stava a cuore e sollecitava le varie iniziative: verso la fine del secolo l'immagine della donna istitutrice che riesce a mantenersi da sola, era diventata una specie di immagine femminista ideale.Ma anche la donna nubile, cittadina, viaggiatrice e colta costituiva un modello altrettanto idealizzato.

1.1.6 L'8 Marzo: il perché di una festa

L'8 marzo ha radici lontane. Nasce dal movimento internazionale socialista delle donne. Era il 1907: Clara Zetkin (che nella prima guerra mondiale fondò la Lega di Spartaco) dirigente del movimento operaio tedesco organizza con Rosa Luxemburg (teorica della rivoluzione marxista che fondò il partito socialista polacco e il partito comunista tedesco) la prima conferenza internazionale della donna. Ma la data simbolo è legata all'incendio divampato in un opificio (Cottons) di Chicago nel 1908, occupato nel corso di uno sciopero da 129 operaie tessili che morirono bruciate vive.
Nel 1910 a Copenaghen, in occasione di un nuovo incontro internazionale della donna si propone l'istituzione di una GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA, anche in ricordo dei fatti di Chicago.
Successivamente la giornata comincia ad essere celebrata in varie parti del mondo e anche in Italia durante e dopo la prima guerra mondiale (1914-18). La tradizione, nel nostro Paese, viene interrotta dal fascismo. La celebrazione riprende durante la lotta di liberazione nazionale come giornata di mobilitazione delle donne contro la guerra, l'occupazione tedesca e per le rivendicazioni di diritti femminili. Nascono i gruppi di difesa della donna collegati al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che daranno origine all'UDI (Unione Donne Italiane).
Nel 1946 l'UDI prepara il primo 8 marzo nell'Italia libera, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti economici, sociali e politici delle donne. Sceglie la mimosa come simbolo della giornata. La vera 'esplosione' in termini di popolarità e di partecipazione, l'8 marzo l'avrà negli anni '70. Anni che segnano la collaborazione dei movimenti femminili e femministi che, tra l'altro, operano attivamente per la legge di parità, per il diritto al divorzio e all'aborto. La prima manifestazione femminista, risale infatti al 1972 e si svolse a Roma. Ma il top, la celebrazione dell'8 marzo, lo raggiunge nel 1980, con una grande manifestazione unitaria in cui confluiscono per la prima volta tutti i movimenti femminili e femministi. In conclusione possiamo dire che il percorso dell'8 marzo si snoda in quasi un secolo di storia che ha visto nascere movimenti politici, guerre, ideologie, ricostruzioni. Un cammino lungo e complesso per le donne di tanti paesi, più volte interrotto, ma che con grande tenacia è sempre stato ripreso con l'obiettivo dell'emancipazione e della liberazione delle donne.

1.1.7 Le conquiste giuridiche e legislative delle donne italiane

Anni 60

Diritto di voto: Il 2 GIUGNO 1946 l'Italia va alle urne per il referendum istituzionale. Per                                       la prima volta il voto viene esteso alle donne.

Parità salariale: Art. 37 della Cost., regolato da una legge solo nel '57 in applicazione di una convenzione internazionale del BIT. Con un accordo interconfederale del 1960 si decide l'eliminazione dai contratti collettivi nazionali di lavoro delle tabelle remunerative differenti per uomini e donne. Viene così sancita la parità formale e sostanziale tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Le clausole di nubilato vengono definitivamente vietate con la legge n.7 del '63.

Anni 70

Divorzio: L.898 del 1970, approvazione della legge sul divorzio. 12 maggio 1974: vittoria del No al referendum popolare per l'abrogazione della legge.

Maternità: L. 1204 del 1971; viene estesa la tutela della maternità alle lavoratrici dipendenti. Amplia ed estende i diritti introdotti dalla prima legge (L.860 varata nel 1950) sui diritti e le tutele delle lavoratrici, che definisce per la prima volta le assenze per maternità, ore di allattamento e divieto di licenziamento entro il primo anno di vita del bambino.

Asili nido: L. 1044 del 1971; l'obiettivo di questa legge è realizzare un servizio a supporto delle famiglie e soprattutto delle donne, onde favorirne la permanenza nel mondo del lavoro anche dopo la nascita dei figli. Inoltre si è voluto affermare il diritto del bambino alla socializzazione e allo sviluppo armonico della sua personalità.

Diritto di famiglia: 1975; con la L.151 viene varata la riforma del diritto di famiglia che introduce la parità tra uomini e donne nell'ambito familiare: la potestà sui figli, infatti, spetta a entrambi i coniugi che hanno identici diritti e doveri e non più solo al padre. In attuazione del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi.

Legge di parità (in materia di lavoro): L.903 del 1977; ha rappresentato la più importante svolta culturale nei confronti delle donne. Si passa dal concetto di tutela per la donna lavoratrice al principio del diritto di parità nel campo del lavoro. Vengono introdotte norme più avanzate in materia di maternità e primi elementi di condivisione fra i genitori nella cura dei figli. Nel marzo 2000 con la legge 53 sui 'congedi parentali' questa legge ha recepito i nuovi diritti di paternità in materia di assenza facoltativa.

Interruzione volontaria della gravidanza: L.194 del 1978 'Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza'. La legge ha come scopo principale la prevenzione delle gravidanze indesiderate, oltre che contrastare l'aborto clandestino.

Anni 90

Legge pari opportunità (Azioni positive): L.125 del 1991: fortemente voluta dalle donne, questa legge è uno strumento in grado di intervenire e rimuovere le discriminazioni e far avanzare l'idea di uguali opportunità uomo-donna nel lavoro. La L.125 ha rappresentato un importante passo avanti per rendere visibile e valorizzare la presenza e il lavoro delle donne nella società, nel lavoro e nella famiglia. Purtroppo resta ancora sostanzialmente inapplicata. Oltre 400 i progetti approvati in 8 anni. (Nel 2000 L.196 di modifica)

Imprenditoria femminile: L. 215 del 1992; l'imprenditoria femminile è in forte sviluppo: il 35% delle nuove imprese giovanili sono guidate da donne. Questa legge (promuove l'uguaglianza sostanziale, pari opportunità economiche e imprenditoriali) favorisce la nascita di imprese composte per il 60% da donne, società di capitali gestiti per almeno 2/3 da donne e imprese individuali, aumentano ogni anno. Le imprese sono tenute a mantenere la prevalenza femminile nella società per almeno cinque anni.

Violenza sessuale:L. 866 del 1996; stabilisce che la violenza sessuale non è più un delitto contro la morale, bensì contro la persona. Una legge di civiltà e dignità che rende giustizia alle donne e premia il lungo e sofferto cammino per affermare il diritto alla sessualità libera e condivisa.

Lavoro notturno: legge comunitaria del 1998 per il divieto assoluto delle donne al lavoro notturno durante la maternità sino al compimento di un anno di vita del bambino e il non obbligo fino a che il bambino ha 3 anni, nel caso di genitore unico, fino a 12 anni. Con la legge 903 del '77 il lavoro notturno era vietato alle sole dipendenti delle imprese manifatturiere. Con la legge varata nel '98, si regolamenta il lavoro notturno per tutti i settori pubblici e privati.

Assegno di maternità per casalinghe e disoccupate: L. 448 del 1999, prevede un'indennità di maternità per le donne che non lavorano, o che svolgono il cosiddetto 'lavoro familiare'. Con la Finanziaria del 2000 questo diritto viene esteso alle cittadine dell'Ue ed extracomunitarie con carta di soggiorno.

Infortuni domestici: L.493 del 1999, contiene il riconoscimento del lavoro in ambito domestico. Le persone comprese tra i 18 e i 65 anni che svolgono in via non occasionale, gratuitamente e senza vincolo di subordinazione, il lavoro domestico, hanno diritto all'Assicurazione contro gli infortuni.

Congedi parentali: L: 53 dell'8 marzo 2000. Questa legge armonizza i tempi di cura , di formazione e di relazione (tempi delle città). Si tratta di una grande conquista sociale: la cura dei figli smette di essere prerogativa delle madri dal punto di vista legislativo e coinvolge anche i padri garantendogli uguali diritti e tutele. Si tratta di una legge in controtendenza rispetto ai datori di lavoro che invocano riduzioni di salari e di diritti.



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