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DONNA E LAVORO
Le donne del XXI secolo diventano protagoniste della storia, presenti in tutte le attività ed i campi professionali una volta destinati solo agli uomini.
Nell'ultimo secolo la condizione femminile ha avuto un'arrestabile evoluzione con la conquista della parità con l'uomo, dell'autonomia personale, di una sempre maggiore proiezione nel sociale, del superamento di vincoli e condizionamenti.
Donne che, purtuttavia, non abbandonano i tradizionali ruoli: l'essere creatrice di vita, l'aver cura della propria famiglia.
Ma ciò detto, va rilevato il profondo cambiamento intervenuto nelle donne.
Esse vivono una identità complessa che condiziona scelte, rapporti con la famiglia, la società, i figli.
Esse fanno i conti con il conflitto tra ruoli ( lavoratrice-moglie-madre), con la dura quotidianità di conciliare l'impegno e la responsabilità nell'ambiente domestico ed nel lavoro extra-familiare.
Ma le responsabilità di cura e di educazione continuano ad essere ancora una loro prerogativa.
Ciò determina nelle donne stress e tensione che, spesso, si ripercuotono nel menage familiare, costringendole a rivedere il loro ruolo di madre, il loro concetto di maternità che non è più oblativa ed obbligata. Mettere al mondo figli non è più prioritario: prima vengono l'auto-realizzazione professionale ed individuale.
Difficilmente, oggi, le donne si pensano solo mogli e madri, senza un orizzonte pubblico e senza autonomia economica.
Il figlio viene percepito come spugna che assorbe, sconvolge tempi, carriere, delicati equilibri di coppia.
Nei Paesi Occidentali il tema del lavoro femminile è valutato con notevoli distinguo culturali e geografici.
Ma, un po' dappertutto, si va consolidando un'economia della famiglia in cui i proventi del lavoro femminile sono una fonte irrinunciabile, non più un optional, per far fronte al costo della vita
Oggi sono molte le conquiste fatte soprattutto a livello legislativo, ma non ancora tali da tutelare la donna lavoratrice e madre.
Spesso il lavoro femminile è associato al fenomeno del calo della fertilità della coppia. In realtà, di fronte ad un mercato del lavoro sempre più precario e discontinuo, sono proprio le famiglie monoreddito che valutano negativamente l'eventualità di avere uno o più figli.
Ma, la comparazione tra i paesi occidentali porta alla considerazione che il lavoro femminile non sempre è ostacolo alla maternità, soprattutto se un'oculata politica familiare predispone un sistema di servizi per l'infanzia che risponda alle nuove istanze.
L'esempio dei paesi scandinavi è, in questo senso, eloquente: negli ultimi decenni i livelli di fecondità sono in netta ripresa per merito di efficaci misure (politica del lavoro, servizi,ecc.) intraprese per favorire la conciliazione dei ruoli femminili.
In Italia c'è una situazione diversa: le misure di sostegno alla famiglia ed i servizi per la prima infanzia non sono ancora tali da mettere la donna nella condizione di conciliare i suoi molteplici ruoli.
Certamente ci sono stati in Italia, negli ultimi decenni, variazioni significative sulla condizione femminile, che hanno permesso alle donne di acquisire una diversa autonomia e di ritagliarsi spazi inediti di iniziativa e alternativa alla vita familiare.
Anche grazie alla riforma del diritto di famiglia del 1975, si è creata una
maggiore simmetria relazionale tra uomini e donne. Ma c'è anche un pesante risvolto di questa mutata situazione: le donne hanno guadagnato un carico di lavoro superiore a quello maschile.
Questa ineguale distribuzione del lavoro domestico è trattata da un'ampia
letteratura che associa l'evento della nascita di un figlio ad un aumento di tensione e stress per la donna lavoratrice, dovuta non solo all'aumento di tempi e lavoro destinati alla cura e alle attività domestiche, ma anche alla preoccupazione di affidare precocemente i propri figli ad esterni.
La donna, più istruita , è molto più consapevole del suo ruolo di madre : grazie alla diffusione delle teorie psicologiche sa che non solo la felicità, ma l'intelligenza stessa dei figli è nelle sue mani, per la quantità e la qualità di stimoli che può trasmettere già dalla fase prenatale.
Oggi le attività di cura sembrano essere maggiormente focalizzate sugli aspetti relazionali/affettivi e sul collegamento con altre istituzioni sociali (scuole, servizi socio-sanitari)
Laddove esiste un sistema efficiente di offerte educative ( asili nido economicamente sostenibili o rete di aiuto familiare), il carico lavorativo della donna può essere ammortizzato. Viceversa, la loro assenza può decretare l'arresto della vita lavorativa della donna o la scelta di una procreazione ridotta.
La nascita di un figlio spesso coincide con una cristallizzazione dei ruoli di genere con conseguenze:
all'interno della relazionalità della coppia:
se non vi è assunzione di responsabilità da parte dei padri nella condivisione degli impegni familiari, la predisposizione delle donne ad avere altri figli cala drasticamente;
all'interno della relazionalità madre-figlio
l'eccessivo carico emotivo e fisico della donna può portare ad atteggiamenti rigidi, apprensivi, insicuri o, al contrario, assenti, distratti, permissivi, colpevolizzanti nei confronti dei figli.
Il comportamento dei padri gioca, quindi, un ruolo decisivo sia sul piano materiale che su quello psicologico.
L'ultimo rapporto ISTAT "Diventare padri in Italia" offre uno spaccato complesso, ma leggermente innovativo rispetto al passato, pur evidenziando una continuità con la nostra tradizione culturale.
Il rapporto citato mette in luce i seguenti aspetti:
- tempi maggiori che i padri trascorrono con i propri figli, anche se principalmente diretti ad attività ludiche o di tempo libero e non alle routines quotidiane di vita dei figli ( pulizia, abbigliamento, alimentazione, ecc.)
- nuova sensibilità educativa e piacere ad esercitare il ruolo paterno
- maggior consapevolezza del ruolo paterno.
- maggiore vicinanza fisica ed emotiva tra padri e figli
- percezione della possibile interscambiabilità di ruolo.
Anche se è ancora prevalente un'asimmetria di ruoli, ci troviamo di fronte ad una nuova generazione di padri.
Un'inversione di tendenza che facilita il superamento della rigida divisione di ruoli nell'esercizio delle funzioni genitoriali e che è foriera di un nuovo progetto di vita matrimoniale e familiare perché:
- dà la possibilità di emanciparsi da vincoli e condizionamenti rigidi e stereotipati
- educa alla flessibilità relazionale
- impone la definizione dei compiti, la negoziazione delle funzioni e la conseguente assunzione di responsabilità
- limita sovrapposizioni ed usurpazioni
Siamo, quindi, di fronte alla necessità di un progetto di vita a due, di una pianificazione delle funzioni genitoriali fondate su un'autentica democraticità e su una consapevolezza delle reciproche responsabilità, pur senza negare l'identità di genere.
Il nucleo domestico, così, sperimenta ed esperisce una convivenza civile che non solo preserva da chiusure,alienazioni,logorio,subordinazione,
ma garantisce un autentico esempio di convivenza comunitaria
trasmettere alle nuove generazioni.
Difatti, è noto che il criterio che permette alle famiglie di funzionare non è l'assenza di problemi, ma la capacità di farsene carico e risolverli, acquisendo competenze e strategie nella gestione delle difficoltà (che immancabilmente si presentano nella vita familiare), in un continuo e dinamico divenire e in un proporsi e riproporsi.
La progettualità, la possibilità di trarre fuori capacità di soluzione, di rimettersi in discussione, di innovare ed innovarsi giova alla relazione tra coniugi, la rinnova continuamente, la rifonda, la rivitalizza.
Negli ultimi tempi, si è assistito ad una invasione nelle funzioni e competenze tipiche della famiglia, che è stata epropriata proprio della sua peculiarità: l'essere una comunità, la prima e più importante nella scala sociale, con una precipua funzione educativa.
Infatti, poiché considerata inadeguata e incompetente a livello educativo, altri soggetti sociali hanno preso il suo posto.
E' stato un fiorire di esperti, consulenze, competenze extraconiugali, che hanno snaturato la famiglia del suo essere soggetto propositivo.
Il che porta ad un inevitabile senso di inadeguatezza educativa vissuta dai membri della famiglia.
Infine, il restringersi della dimensione collettiva a favore di quella individuale ha creato una sorta di vuoto intorno alla famiglia, accrescendo il senso di solitudine e di isolamento.
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