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FRANCESCO DE SANCTIS
Francesco De Sanctis, il più grande critico e storico della letteratura italiana del secolo scorso, fu anche un grande maestro ed ebbe idee ben chiare sull'educazione.
Egli dedicò gran parte della sua attività all'insegnamento e nel 1871 fu nominato professore all'Università di Napoli; dieci anni prima (1861-1862) era stato ministro della Pubblica Istruzione, carica a cui tornò nel 1878, e, una terza volta, dal 1879 al 1882. Dalla sua opera la Nuova Antologia , possiamo trarne un articolo intitolato "La Scuola"; qui troviamo molte delle sue idee sul campo educativo.
Inizialmente spiega la funzionalità della scuola nei confronti di un ragazzo. Quest'ultima può essere utilitaria solo a patto che accanto all'insegnamento ci stia la parte educativa ed una ginnastica intellettuale morale che stimoli e metta in moto tutte le forze latenti dello spirito. Perciò la scuola diventa un laboratorio dove tutti sono compagni di lavoro, in cui il maestro non deve solamente esporsi e dimostrare ma osservare e discutere insieme ai suoi alunni. Così facendo vi si apprenderà la serietà dello scopo, la tenacità dei mezzi e la risolutezza accompagnata dalla disciplina e dalla pazienza. De Sanctis organizzava lezioni fuori dall'idea di quelle comuni, perché ne realizzava solamente una al mese; il suo lavoro come spiega lui stesso nel suo articolo, richiedeva una modestia e una pazienza di lavoro molto lontana dalla scuola accademica. La sua esigenza era sia quella di un apprendimento sintetico e non analitico, sia quella dell'acquisizione di un sapere fondato non sulla certezza razionale ma sull'intuizione storica. Egli inoltre afferma che i giovani quando devono esprimersi tendono al dogmatismo, quindi studiano e giudicano a priori, basandosi su certi preconcetti; questo impedisce in loro lo sviluppo dello spirito critico e sostituisce alla loro spontaneità una coscienza artificiale, che può indurre in una sbagliata disposizione a vedere ogni singolo caso nella sua generalità. Ciò risulta sbagliato per De Sanctis perché così facendo si opprime l'individualità e i concetti propri ed incomunicabili del ragazzo. Così diventa indispensabile l'aspetto del dialogo che assume una lezione, in cui alunno e insegnante partecipano attivamente contribuendovi con l'apporto delle proprie idee.
Vi sono diversi tipi d'educazione e l'autore mette fuori dubbio che se negli uomini più colti generalmente l'ambizione è vanità, la collera è pettegolezzo e l'idea è opinione la colpa è in gran parte della poca virilità dell'educazione scolastica.
Infine secondo De Sanctis opera non meno difficile è l'educazione intellettuale: per conseguire questo scopo, occorre designare forma e contenuto che rappresentano i due elementi inseparabili di un unico atto creativo. Egli cercava d'indirizzare i giovani alle forze intellettuali, alla serietà ed alla precisione, alla correzione e alla proprietà d'espressione svegliando in loro il nesso logico, l'esercizio grammaticale, l'arte di scrivere e le retoriche. Conclude dicendo che l'educazione è ciò che la scuola ci ha lasciato, e questa deve continuare anche al termine degli studi cosicché oltre al rinnovo dell'intelligenza vi sarà anche quello dell'anima.
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