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Un' "ideologia" basata sul materialismo : il consumismo
Con il termine consumismo indichiamo la tendenza, tipica delle società moderne e sostenuta dalla pubblicità, al consumo veloce di beni e servizi; è un modo di interpretare il rapporto che si ha con le merci che consumiamo. Il consumismo è un' "ideologia" basata sul materialismo e ha come scopo quello di spingere la mente umana al consumo e alla dipendenza dai beni materiali. [1]Beni sempre più nuovi, e non necessariamente utili, vanno a sostituire quelli vecchi. Abbiamo così persone che ogni due mesi comprano l'ultimo modello di cellulare o vestito.. ecc perdendo di vista la vera utilità del bene, che diventa solamente una conferma del proprio benessere economico e prestigio. Ma questa rincorsa all'acquisto non riguarda solo i ceti più abbienti, che sperimentano i nuovi beni, ma tutta la popolazione, quando la moda si diffonde e si riducono e prezzi.
Cosa si nasconde dietro la rincorsa al consumismo? Status symbol e insicurezza in se stessi.
Varie sono le cause che portano ad un acquisto inconsapevole : prima tra tutte la non sicurezza in se stessi, il bisogno di sentirsi potenti possedendo un'auto potente e sempre nuova, il desiderio di affermazione di sé, nuove esigenze emozionali da soddisfare sempre con beni nuovi e migliori dei precedenti.[3]E' un circolo vizioso. Se osserviamo le pubblicità che ci vengono proposte alla televisione, per esempio, possiamo vedere che gli spot volti a promuovere la vendita di automobili saranno puntati sulla potenza dell'auto, delle bellezza, della comodità ecc. Non a caso questi spot vengono studiati da psicologi che conoscono bene il funzionamento della mente umana e i suoi meccanismi.
Gli italiani comprano griffe false
Se un italiano su due preferisce la boutique al mercato, il 40% ammette di acquistare prodotti contraffatti. E' uno dei dati del sondaggio sull'importanza delle griffe della scelta dei nostri acquisti, pubblicato dal mensile Focus. Le griffe piacciono soprattutto ai giovani tra i 14 e i 24 anni (62%). Ma la sorpresa arriva dagli uomini. Con il 60% sono loro le nuove fashion-victim. Questo nonostante la metà delle persone sottoposte al sondaggio riconosca che gli abiti firmati non sono sempre migliori di quelli non firmati. Tra i motivi, al primo posto, la necessità di non sfigurare davanti agli altri e dunque la ricerca di una maggiore sicurezza in se stessi. Per sentirsi a posto e perché consapevoli che si tratta comunque di un prodotto di qualità. Non importa quindi che la marca sia reale, ma che si veda e generi lo status symbol. Tra chi invece ha risposto che non comprerebbe capi contraffatti solo una minoranza motiva la scelta affermando che è illegale, il 34% invece non si pone il problema della legalità e afferma che non acquista il prodotto falsificato perché di qualità inferiore.
Non solo adulti: bambini e teenager burattini del consumismo
Anche i bambini sono coinvolti in prima persona nel fenomeno del consumismo. Piazzati davanti alla tv ,da genitori spesso assenti e nonni permissivi , sono sottoposti continuamente all'influenza della pubblicità di giochi, merendine, ecc.Messaggi ai bambini arrivano perfino dai cartelli pubblicitari sulle nostre strade " I bambini furbi vanno da xxxx" . Tutti messaggi, questi, che i bambini colgono e ripropongono sottoforma di richieste ai genitori, i quali trovano più sbrigativo esaudire i desideri dei figli che chiedersi se davvero fanno il loro bene. Il bambino abbandonato dalla famiglia nelle mani del consumismo si prepara a diventare così un adolescente costantemente stressato, lanciato all'inseguimento del gruppo e di modelli irraggiungibili e in futuro un adulto nevrotico.[5] Per non parlare dei teenager, i quali secondo un sondaggio condotto a fine settembre 2005 condotto in tre licei, sembrano non rendersi conto della crisi, anzi. Fanno shopping almeno una volta a settimana spendendo fino ai 200 euro soprattutto per vestiti ( la firma è possibilmente necessaria) e accessori. La famiglia, pur di non far mancare niente al proprio ragazzo e farlo sentire "un diverso" arriva a tagliare le spese, anche quelle necessarie. Sono i teenager che si fanno abbagliare da belle vetrine e comprano, comprano, comprano.
Il nuovo consumatore e i nuovi stili di vita
In questi anni c'è stato un processo di maturazione. E così consumare è diventato un vero e proprio job, un lavoro da imparare. Il consumatore è diventato selettivo perché vuole spendere bene il suo denaro, più attento ai prezzi , si informa e confronta i prezzi di ogni genere di prodotto. Ed ecco il boom degli outlet, rifugio di fashion victim assetati di shopping, ma non più disposti a pagare cifre folli. Questa attenzione del consumatore ha portato ad un "vivere altrimenti", si vuole consumare in modo diverso, meglio. E per fare ciò si ritorna all'enogastronomia tipica e di qualità, il consumatore vuole sapere da dove arrivano i prodotti che compra e nello stesso tempo è disposto a sperimentare nuovi cibi etnici. Gli acquirenti non sono più soggetti alla liaison, non hanno più un'affezione ad una marca perché vogliono risparmiare senza rinunciare tuttavia ad un cibo sano, ed ecco le private label, le marche-non marca delle grandi catene distributive. I centri commerciali subiscono il nuovo successo dell'ambulantato, il quale offre ai consumatori prezzi modesti, qualità buona e un rapporto personale migliore. Grande popolarità gode anche il commercio equo-solidale che, nato in Olanda nel 1967, era fino a poco tempo fa appannaggio di una minoranza radicalchic che andava a comprare i prodotti del sud del mondo nelle bottegucce.Ora questi prodotti vengono venduti anche nei supermercati, per questo il pubblico li conosce e li acquista. E' aumentato il consumo critico, il fattore etico diventa un criterio di scelta. Dietro a ogni prodotto c'è un progetto per aiutare una parte del mondo in difficoltà. Sempre di più i consumatori vogliono conoscere la filiera che sta dietro un prodotto, e si interrogano più spesso su cosa sta dietro ad un'etichetta.
Una soluzione
Se il consumatore acquista con la globalità dei sensi anche la globalizzazione può diventare un'opportunità[8]
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