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"Solo et pensoso i più deserti campi" di Francesco Petrarca
Scritto prima del 1337, questo sonetto tratta dell'inquietudine che colpisce l'animo
del poeta, e che lo spinge ad una ricerca di luoghi solitari dove egli possa
calmare i propri tormenti interiori.
Il componimento è diviso in due quartine che seguono una rima incrociata
(ABBA-ABBA)e due terzine con rima replicata (CDE-CDE), entrambe composte da versi endecasillabi.
Petrarca,
nella prima quartina, ci descrive la sua ricerca di spazi deserti e solitari,
in cui fuggire per poter nascondere alle altre persone la sua sofferenza
interiore. Prosegue poi fornendoci la descrizione del suo stesso aspetto,
afflitto e privo di allegria al punto che anche la
natura, secondo lui, riesce a capire l'angoscia della sua vita(3S strofa). Conclude poi dicendo che questa ricerca di isolamento è
inutile, in quanto Amore è sempre in grado di raggiungerlo e parlare con lui.
Sul piano tematico, così questa lirica riassume il
travaglio interiore del poeta, costretto ad allontanarsi dalla gente e a
cercare rifugio nella solitudine.
A livello
strutturale si intuisce una preferenza per il
parallelismo, infatti in entrambe le due quartine si può notare come la prima
proposizione abbia una lunghezza di due versi e sia collegata, in tutti e due i
casi, alla seconda frase da una congiunzione in rilievo (v. 3: et ; v. 7: perché). Inoltre
è rilevante l'anastrofe al v. 3 ( et gli occhi porto per
fuggire intenti) che ha come scopo l'isolamento dell'aggettivo riferito
allo sguardo, collocato alla fine del verso, che si fissa sul panorama
circostante.
Il registro stilistico utilizzato è alto, poiché l'autore accosta un lessico raffinato con qualche riferimento ad un lessico usuale. Sono da evidenziare il chiasmo nell'ultima terzina ( ragionando con meco, et io co-llui ) e l'enjambement dei versi 10-11. Prevale la costruzione paratattica.
Nel testo si trovano vari riferimenti al linguaggio dantesco, come per esempio le selve del v. 10 e le vie selvagge del v. 12 che si ricollegano ai versi del proemio della Divina commedia. Oltre a ciò i passi tardi et lenti si riallacciano al XXIII canto dell'Inferno al v : "che giva intorno assai con lenti passi".
Questo sonetto entra a far parte del "Rerum volgarium fragmenta" o Canzoniere, la cui stesura è influenzata enormemente dal dissidio morale, che poneva allo scrittore un interrogativo preciso: amare Dio o la propria donna? Così Petrarca stesso fu condannato da numerose critiche, specialmente dei suoi contemporanei, ma io personalmente ritengo che amare una donna e desiderare di possederla anche "fisicamente" non implichi direttamente una rinuncia alla dedizione a Dio. Così questo contrasto interiore che colpisce il poeta, credo non sia così adeguato in un contesto e in un modo di pensare odierno.
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