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Schedatura del romanzo 'Il nome della rosa'




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Schedatura del romanzo 'Il nome della rosa'



'Fa freddo nello Scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus'


Così si conclude il 'Nome della rosa', lasciando un senso di dolce-amaro.

E' un romanzo molto bello, l'aggettivo più appropriato è intenso.

L'intera narrazione si svolge in un'abbazia benedettina della quale non conosciamo il nome. Precisato è invece il tempo dei fatti narrati: si svolgono nell'anno 1327 e la durata è di sette giorni, ancora suddivisi dai momenti della preghiera.

Il contesto storico è evidente: sono, infatti, spesso narrate vicende realmente accadute che influenzano le azioni e i pensieri dei personaggi.

Lo stesso Guglelmo da Baskerville, uno dei due protagonisti, è un frate Francescano le cui idee spesso si scontrano con quelle dell'ordine dei Benedettini. Questo personaggio è veramente interessante, il suo intuito stupisce continuamente, le sue riflessioni sono colte e gli strani atteggiamenti che a volte assume sono giustificati da un passato da Inquisitore che viene rivelato nel corso della vicenda.

Viene interpellato dall'abate per scoprire chi sia il responsabile delle morti di vari monaci. Questo lo porterà ad esplorare l'abbazia, incontrarsi e scontrarsi con i suoi abitanti e visitare la biblioteca, il cui accesso è vietato.

L'altro protagonista è la voce narrante: Adso da Melk. Egli racconta ormai anziano, quei sette giorni trascorsi da novizio durante i quali le caratteristiche dominanti del suo carattere erano l'insicurezza e l'inesperienza. Le sue sicurezze vengono frequentemente ribaltate dalle conclusioni di Gugliemo che vede come una figura di riferimento. ' come accade per la figura di un padre, di cui si studiano i gesti, e i corrucci, e se ne spia il sorriso' (p.23)

I dialoghi in questo romanzo sono molto particolari e, dal mio punto di vista, l'aspetto che più colpisce. Le disquisizioni tra Guglielmo e Jorge sul 'riso' sono combattute 'ad armi pari': medesima proprietà di linguaggio e cultura. Sono conversazioni che non sembrano avere mai una fine, perchè entrambi ribaltano le conclusioni tirate dall'altro.


'Le scimmie non ridono, il riso è proprio dell'uomo e della sua razionalità' disse Guglielmo.

'E' segno della razionalità umana anche la parola e con la parola si può bestemmiare Dio' (p.138)


'Vedete?' disse Gugliemo 'questa storia vi pare ripugnare alla ragione e l'accusate di essere ridicola! [] Ridete del riso, ma ridete.' (p.140)


Jorge è dal canto suo un personaggio che lo stesso Guglielmo mette al suo pari.  La sua cecità è controbilanciata dalla sua fervida memoria. E' un sottile assassino, anche se assassino non è il termine adatto in quanto non uccide mai di propria mano le vittime. Egli cosparge di veleno il libro che è causa di tutto: è ciò che tutti ricercano e ciò che uccide, tanto che potremmo definirlo il 'personaggio' principale. Al suo interno racchiudeva il secondo libro della Poetica di Artistotele in cui il riso viene elogiato e che avrebbe, secondo Jorge, ribaltato tutti i canoni su quali certi dogmi si basavano.


'Ogni libro di quell'uomo [Aristotele] ha distrutto una parte della sapienza che la cristianità aveva accumulato lungo i secoli' (p.476)


Jorge manovra Malachia, il bibliotecario dell'abbazia: l'unico che ha accesso alla biblioteca come Berengario il suo aiutante. I sospetti di Guglielmo ricadono anche su quest'ultimo, apparentemente legato ad una delle vittime da misteriosi motivi. Ci sono poi personaggi più o meno secondari, ma tutti interessanti. Severino, l'erborista che rivela particolari preziosi su alcune erbe capaci di dare allucinazioni, Umbertino descritto da Adso così descrive: '.. il suo volto non era dissimile da quello dei mostri []. Non mi è mai accaduto in vita, come accadde a moltri altri miei confratelli, di essere visitato dal diavolo, ma credo che [] esso non avrebbe avuto altre fattezze di quelle che mi presentava in quell'istante il nostro interlocutore', Salvatore, conoscitore di molte lingue. E' una delle caratteristiche di questo romanzo che, se le descrizioni fisiche sono fatte da descrizioni della voce narrante, il carattere viene fatto intuire dalle loro parole: non a caso i dialoghi in questo romanzo sono altamente frequenti. L'accuratezza, poi, delle descrizioni di Adso pare non lasciare niente al caso.

Attorno alla vicenda principale, la morte dei monaci, ruotano vicende di secondaria importanza come la relazione corporale che lega Adso ad una donna sconosciuta, peccato che anche quando sarà vecchio, rimpiangerà, nonostante le parole consolatorie di Guglielmo. Questi infatti, dopo la confessione, spiega ad Adso che quella donna era portatrice di tentazione e questo discorso è facilmente ricollegabile alla visione della donna nel Medioevo. Ed è in questo punto che possiamo vedere, ancora una volta, quanto i pensieri di Guglielmo possano essere aperti e distaccati dai canoni a cui si attacca la bigotteria della Chiesa di quel tempo: nei suoi discorsi giustifica la meretrice, dicendo che forse è solamente una donna che deve sfamare i suoi fratelli più piccoli.

Il cellario è il personaggio cui ruota intorno un'altra vicenda minore: incolpato di eresia è protagonista insieme a Bernardo, il suo accusatore, di un intero capitolo in cui si susseguono accuse e giustificazioni. E da questi interessantissimi dialoghi, risulta tutta la rabbia e l'odio nei confronti di chi trasgrediva le severe regole della religione, anche se la giustizia viene ottenuta distorcendo, spesso, le frasi dette, quasi una rappresentazione del famoso detto: 'Il fine giustifica i mezzi'.

L'incredulità di Adso e la sua ignoranza sono un veicolo per raggiungere la piena comprensione di ogni riga di questo romanzo.

La possibilità di immedesimarsi in questo romanzo è innegabile: i pensieri e le parole, quando circoscritte a quel tempo, quando tutt'ora riscontrabili, portano a riflessioni quasi dovesse anche il lettore schierarsi dall'una o dall'altra parte.

Concordo pienamente con Kennet Atchity che scrisse sul 'Los Angeles Times' per recensire questo libro: 'Quando Baskerville e Adso entrano nella stanza murata allo scoccare della mezzanotte e all'ultima parola del capitolo, ho sentito [] un caratteristico sobbalzo al cuore'

La biblioteca in quanto labirinto è un elemento ampiamente affascinante e come molti altri permette una vasta gamma di livelli di lettura.

Unica nota negativa che mi sento di rilevare sono le accurate descrizioni che rallentano il ritmo della narrazione fin troppo, ma delle quali non si può certo negare la bellezza e la particolarietà: Eco riesce a trasmettere emozioni anche attraverso semplici descrizioni.

Un romanzo veramente interessante, consigliabile a chiunque abbia voglia di leggere un 'giallo' o di riflettere o di studiare un po' di storia attraverso la quotidianetà.












* Le citazioni e quindi il riferimento delle pagine si riferiscono a 'Il nome della rosa' di Umberto Eco, LV edizione Tascabili Bonpiani, dicembre 2007.

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