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Sintesi: Il
romanzo di Sibilla Aleramo 'Una donna' inizia col ricordo
della fanciullezza della protagonista, che fu libera e spensierata, infatti
ella rivede la bambina che era, e le sembra quasi un sogno tanto era bello quel
periodo.
Per parecchio tempo, nell'epoca buia della sua vita , rivivendo quei momenti le
viene da pensare alla vera felicità. In seguito però capì che già da bambina
non dovette mai credersi interamente felice, ma neanche sfortunata; era la
maggiore di quattro fratelli, la preferita dai genitori. All'età di dodici anni
si trasferì con la famiglia da Milano in una cittadina del Mezzogiorno perché
il padre aveva ottenuto la direzione di un'industria chimica. Dopo pochi anni
che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne
impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre e da qui inizia il suo
periodo di solitudine; non aveva amiche perché restava tutto il giorno a
lavorare, le donne del paese riferivano cose orrende sul suo conto perché non
badava alle faccende di casa, non sapeva cucire, ricamare, insomma occupava un
ruolo che al tempo era riservato ad un uomo; però lei era la figlia del
direttore. Inoltre, non aveva più accanto a sé la mamma, che la trascurava
parecchio perché non condivideva le scelte della figlia. Il paese dove viveva
la famiglia non offriva svaghi, la madre della protagonista si era piano piano
chiusa in se stessa, dato che non aveva amiche e stava tutto il giorno in casa
a leggere; un giorno però presa dalla depressione, si gettò dal balcone e
miracolosamente si salvò. Quando le cose sembravano essersi sistemate nella
famiglia della protagonista, proprio quest'ultima venne a sapere dei continui
tradimenti del padre verso la madre. Ma come poteva essere possibile che il
tanto adorato padre tradisse la madre con una ragazza poco più grande della
figlia? Il mondo improvvisamente le cadde addosso ed ella perse la fiducia che
aveva nell'uomo e mai più riuscì a riacquistarla. A risistemare un po' le cose
per la giovane arrivò l'amore, un ragazzo di venticinque anni, suo collega
d'ufficio. Le chiacchiere in paese si diffusero subito, in quanto lei aveva
solo sedici anni, lui invece venticinque, ma col passare del tempo si
placarono. Il tempo passava e la protagonista trovò nel fidanzato un uomo
geloso e incolto che lei però voleva amare ugualmente. Arrivò così il
matrimonio che fu infelice da subito; la ragazza rimase incinta, ma perse
subito il bambino, ricadde in depressione, e pensava che se aveva perso il
bambino era perché Dio capì che il bimbo non avrebbe vissuto in una famiglia
felice come invece era stata la sua. Gli anni passano e la protagonista riuscì di
nuovo ad avere un figlio, era felicissima, ma dopo poco tempo dovette darlo
nelle mani di una nutrice perché non aveva più latte per nutrirlo. Per in
malinteso, la protagonista fu giudicata male da tutto il paese e per la
vergogna, anche se non aveva commesso niente decise di togliersi la vita
bevendo del veleno, ma per fortuna il suo gesto fu interrotto dall'arrivo del
marito, giunto appena in tempo per salvarla. Da quel giorno la giovane donna
decise di cambiare completamente vita, iniziando a migliorare il rapporto col
marito. Seguì poi un periodo intenso nel quale ella visse solo di letture,
meditazioni e dell'amore del figlio. In seguito partecipò ad un movimento
femminista che si sviluppò nel capoluogo della sua provincia che sosteneva era
stata, fino a quel momento, trattata come una schiava ed ignorata. Iniziò un
nuovo lavoro in una casa editrice di Roma, la città in cui si era trasferita da
poco con la famiglia. Era entusiasta di questa nuova vita, aveva perfino
iniziato a frequentare i teatri, i musei ed aveva un gruppo di amiche. Sembrava
veramente rinata. Divenne ben presto amica e consigliera del suo principale,
una donna che all'apparenza sembrava avere tutto: soldi, carriera, famiglia, ma
che in realtà soffriva tremendamente, e alla protagonista sembrava di rivedere
se stessa qualche anno prima. Il bello però terminò alla fine dell'inverno
quando il figlioletto, di appena cinque anni si ammalò gravemente. La malattia
del bimbo durò alcuni mesi, alla fine dei quali la famiglia si concesse una vacanza
in montagna per permettere al piccolo di ristabilirsi. Quando tornarono il
marito si trasferì nuovamente nel paese d'origine, nella casa che in precedenza
era stata del suocero, a dirigere la fabbrica di quest'ultimo; lei restò a Roma
col figlio e una domestica. In quei giorni di assenza del marito, la
protagonista capì di non averlo mai amato, e di averlo sposato perché ormai le
chiacchiere in paese erano troppe e se lei non avesse compiuto quel passo,
sarebbe stata definita una ragazza facile e una poco di buono. Dopo pochi
giorni il marito tornò e la donna le propose una separazione amichevole,
pensando che lui accettasse. La sua reazione invece fu tremenda, la gettò in
terra ed iniziò a percuoterla mentre ella si dibatteva, allora lei si rassegnò e
chiese perdono dicendogli che aveva pensato alla separazione in un momento di
depressione, ma che era stata una pessima idea. Chiarite le cose il marito
ritornò al paese e la protagonista continuò a soffrire in silenzio e a piangere
per non essere riuscita a mettere fine alla storia una volta per tutte. Dopo
poco tempo raggiunse il marito, trovò l'uomo cambiato, affettuoso, non più rude
come era stato per anni. Nel paese non c'era più nessuno della sua famiglia, i
genitori e due fratelli erano tornati a Milano e la sorella si era sposata ed
era andata a vivere nel Veneto. Era sola, suo figlio era l'unico compagno. In
quei giorni le passò davanti tutta la sua gioventù: le corse in giardino, alla
fabbrica, le ore passate con la mamma e sempre in quei giorni trovò nella
soffitta delle vecchie lettere che la madre scrisse al proprio padre dicendogli
che soffriva a causa del marito, ma che non l'avrebbe lasciato per amore dei
figli; la protagonista capì allora che doveva continuare a stare col marito,
anche soffrendo, per amore del piccolo. Le liti col marito intanto
continuavano, ma la giovane teneva duro per cercare di far crescere il figlio
in una famiglia unita. Dalle liti però si passò alle botti e la ragazza
stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che
avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna partì e
tornò a Milano con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in
modo che suo figlio la raggiungesse. I giorni passarono e pure i mesi e gli anni,
ma il suo piccolo a Milano non venne. Le lettere che la madre gli scriveva non
ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, scrisse
un libro di modo che le parole contenute in esso lo raggiungessero.
Personaggi: Il romanzo di S. Aleramo può essere considerato per molti aspetti una sorta d'autobiografia, e si può benissimo riscontrare ciò attraverso un esame dei personaggi del romanzo stesso. Tutti coloro, infatti, che intervengono nella storia possono essere messi in parallelo con molte delle persone che hanno fatto concretamente parte della vita dell'autrice; alcuni esempi sono il padre della protagonista, il marito e alcuni dei suoi amanti (infatti un uomo importante che ha condizionato particolarmente la vita di Sibilla Aleramo stessa fu Dino Campana, un suo celebre amore). L'autrice, però, volendo spesso generalizzare le atroci esperienze della protagonista, sottolineando il fatto che la maggior parte delle donne del tempo subiva gli stessi supplizi, non vuole dare una specifica caratterizzazione fisica a qualsiasi personaggio incontrato, ma, al contrario, focalizza di più la sua attenzione sulla loro psicologia. Ovviamente il personaggio intorno al quale ruota tutta la vicenda è un alter ego della Aleramo, ovvero una donna che lotta continuamente nella sua vita per far sì che il "gentil sesso" possa ottenere una certa libertà nei confronti degli uomini che fungono, invece, da tiranni a discapito delle loro compagne spesso indifese. La protagonista, che narra personalmente la storia della sua vita, è un personaggio sicuramente dinamico, poiché cambia, nel corso della storia, molte delle sue idee a proposito dell'emancipazione e, in particolar modo, della maternità; è una donna di ferree ideologie e d'aspetto abbastanza piacevole, anche se all'inizio del romanzo l'autrice ricorda il periodo della propria infanzia, descrivendosi quasi come un "maschiaccio" con i capelli corti, sempre indaffarata ad aiutare il padre a portare avanti la sua grande fabbrica. Successivamente con il matrimonio però la sua vita cambia, e soprattutto la libertà che aveva prima di studiare , di uscire e di dedicarsi ai suoi passatempi le è ristretta da un uomo che, superficialmente vedeva all'inizio come dolce, comprensivo e di piacente aspetto. Al contrario è lui il vero antagonista, quell'uomo violento e possessivo che costringe la propria donna ad una vita di stenti e di continue paure. Un altro personaggio che può essere considerato una spalla dell'antagonista, anche se da un solo punto di vista ideologico, è la madre della donna stessa; la sua esperienza, infatti, traumatica, il fatto che a causa della sua vita infelice accanto ad un uomo che non l'amava più diventa pazza, influenzano particolarmente la donna che, non volendo ricadere negli stessi errori di sua madre, prende decisioni, alcune volte, dolorose per far prevalere in lei quel sentimento fondamentalmente egoistico che le era mancato. Inizialmente la madre è descritta come una donna molto bella e fragile, dagli occhi grandi e la carnagione chiara; poi, dal momento in cui la sua pazzia aumenta e deve essere rinchiusa in un manicomio, il suo viso perde l'espressività di prima e la donna acquista delle caratteristiche infantili non soltanto da un punto di vista fisionomico, ma anche nel modo di parlare e di esprimersi.
Ad affiancare però la protagonista è presente un personaggio che l'aiuta fortemente a rendere più stabili le sue idee d'emancipazione: il figlio. Questi è particolarmente attaccato a sua madre. Cresciuto si renderà perfettamente conto di quanto lei possa soffrire accanto ad un marito che lui stesso non ama; è però l'unica ragione di vita per sua madre e per questo ha potuto evitare un ulteriore tentato suicidio da parte sua. Il suo appoggio involontario lo ha però reso vittima di una vita probabilmente difficile e infelice al fianco del solo padre, dopo che sua madre ha preferito andarsene e cercare la libertà lontano dalla propria famiglia.
Successivamente, difatti, la protagonista si trasferisce definitivamente nella città di Torino al fianco di suo padre, un uomo al quale lei stessa è sempre stata molto vicina; inizialmente lo vede quasi come un esempio da seguire soprattutto in campo lavorativo, poi come un appoggio morale sul quale può fare sempre affidamento. Si sente molto legata alla figura di quell'uomo colto, severo e potente, anche se nella sua adolescenza si è sentita tradita pure da lui nel periodo in scopre l'esistenza di una sua amante. Quindi questo personaggio funge da completamento alla protagonista, come i suoi amanti e amici avuti dopo il matrimonio; conoscendoli infatti la donna è venuta a contatto con compagni più dolci e comprensivi che non fanno altro che convincerla e spronarla, implicitamente e involontariamente, a trovare qualcosa di nuovo e di meglio per vivere una vita serena e tranquilla. L'alter ego dell'Aleramo riesce, così, a ritrovare negli altri parte di se stessa. Sono presenti anche numerosi personaggi secondari, tra i quali spiccano soprattutto la suocera e la cognata che riflettono in particolar modo l'ottusità e la cattiveria che si diffondono facilmente in un paesino di campagna dove la cultura non gode della dovuta importanza.
E' necessario, infine, sottolineare la presenza di un agente non umano, ovvero dell'oggetto del desiderio che muove tutta l'azione: l'emancipazione, la libertà, la voglia d'essere indipendente, che s'identificano nel lavoro di giornalista e scrittrice che la protagonista svolge momentaneamente nella città di Roma.
Luoghi e tempi:
Il racconto si svolge principalmente in tre città: Milano, un paesino del Mezzogiorno e Roma.
Milano è il simbolo della libertà e dell'ingenuità delle bambine che ancora non comprendono la complessità dell'universo femminile e l'ingrato futuro cui sono destinate. E' proprio ciò che accade alla protagonista, che qui passa la sua fanciullezza spensierata, libera e nello stesso tempo felice per questa sensazione. Più avanti si ricorderà di questo periodo come di un sogno bellissimo, che sfortunatamente la dura realtà tenderà a far svanire. Successivamente, per seguire gli avvicendamenti lavorativi del padre, si trasferisce in un anonimo paesino del Mezzogiorno.
Questo è, al contrario della rinomata provincia del nord, simbolo della consapevolezza delle donne del loro ruolo nella società che considerano "un carcere strano", in cui l'unica nobiltà è la rassegnazione. Simbolo di questa condizione è la protagonista che, sposatasi giovane è picchiata e rinchiusa dentro casa dal marito per un fatto di gelosia; quest'ultimo, come se ciò non bastasse, non le concede neanche un minimo di considerazione e di rispetto, neanche dopo la nascita del loro figlio. Tutto questo la porta a preferire la morte ad una vita di miserie e d'ingiuste rassegnazioni.
Si trasferisce, infine nella capitale: Roma. La città eterna rispecchia la solitudine delle donne e la loro frustrazione nei confronti di una vita ingiusta: come conseguenza di tutto ciò si afferma il femminismo, movimento sorto per rivendicare la parità giuridica, politica e sociale delle donne rispetto agli uomini.
Quindi i luoghi del romanzo sono significativi perché, a causa delle varie esperienze della donna, acquistano accezioni negative o positive. La città è dunque il simbolo di libertà ed emancipazione, e ha perciò caratteristiche positive per l'autrice; il piccolo paesino meridionale, essendo invece il simbolo dell'ottusità e della chiusura mentale, è una sorta d'ambiente antagonista, e d'opposizione al desiderio d'indipendenza dell'autrice. Ape quanto riguarda, invece, le descrizioni di questi luoghi, ciò che prevale di più nella città è la presenza di persone acculturate, impegnate nel proprio lavoro e sempre indaffarate, mentre gli abitanti del paesino meridionale, svolgono lavori molto semplici e manuali e , per propria tradizione, tendono spesso a basarsi molto sui pregiudizi e sulle calunnie. La narrazione di tutta la vicenda si incentra dunque sui continui spostamenti della donna, che si distribuiscono per tutto il lungo tempo narrativo. In generale, la storia raccontata dalla protagonista stessa non è altro che un lungo flash back nel quale il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza occupano uno spazio minore rispetto agli avvenimenti più recenti accaduti. Per questo l'autrice, parlando della sua giovinezza si serve dell'imperfetto, trattandosi di un ricordo bello ed idealizzato, scrivendo il racconto attraverso un linguaggio articolato e fluido per indicare la spensieratezza di quel periodo.
Il tempo storico del romanzo è contemporaneo al momento in cui l'autrice scrive e corrisponde quindi ai primi anni del '900, periodo caratterizzato dalle prime insurrezioni femministe per la parità tra i sessi.
Temi:
Nel romanzo vi sono numerosi temi che vengono trattati dall'autrice con particolare attenzione essendo essi la base della sua stessa vita. Essi sono: i tentativi di industrializzazione del meridione, caratterizzato dalla depressione; il divario tra Nord e Sud che l'autrice cerca inizialmente di nascondere ma poi se ne convince; le differenze economiche e culturali tra la campagna arretrata e la città culturalmente più sviluppata ed animata; il diritto della donna ad una propria autonomia e la parificazione tra i due sessi, esso risulta il fondamento principale del romanzo; e la famiglia che costituisce il principale nucleo, particolarmente accentuato nel Meridione.
Narratore:
le vicende sono narrate in prima persona direttamente dalla protagonista, quindi il narratore è interno di 1° grado, è un narratore protagonista, la narrazione è soggettiva, il romanzo è un' autobiografia tutti i personaggi citati sono realmente esistiti, i fatti sono realmente accaduti, nulla è lasciato al caso o inventato, l'autrice narra semplicemente narra quella che è stata la sua vita dall'infanzia fino alla sua completa maturità. Il punto di vista è interno.
Commento personale:
Personalmente ritengo che il libro 'Una donna' sia un perfetto esempio di autobiografia femminista, non sono stupita da ciò che viene narrato perché qualche volta capita anche a me di pensare alla situazione delle donne nel Mondo, perché possono esservi alcune persone che ritengono che sia solo un argomento del passato che non abbia alcun riscontro col presente ma ancora adesso si sente parlare di donne uccise mediante la lapidazione. Mi spesso mi chiedo come sia possibile che tuttora possano accadere dei tragedie tali, ma non riesco a trovare alcuna risposta, niente che dia un senso a ciò che senso e questo libro è una testimonianza personale di ciò che significa essere donna in un mondo dove le donne non erano considerati come gli uomini bensì più come gli animali. Con questo non voglio dire che la donna odierna occidentale non sia integrata nella società perché questa sarebbe un'emerita calunnia, però vi sono ancora dei luoghi dove le donne sono considerate esseri inferiori e questo mi fa riflettere molto sulla società che viene considerata moderna ma che sotto certi aspetti risulta ancora rudimentale.
La parte da me preferita è quella dell'adolescenza perché è un periodo in cui la ragazza sembra sia realmente inserita nella fabbrica alla pari degli altri, ma poi si capisce che era solo un momento transitorio che viene poi concluso con la sottomissione della ragazza al volere del marito.
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