Saggio
sull'evoluzione dell'etica dal Medioevo al Rinascimento
In questo periodo si affermano due tipi di lingua, il latino e il volgare,
che hanno segnato il percorso culturale di questo e precedenti periodi. Il latino si riprende, per la prosa, quello di
Cicerone perché più armonioso e fluido, con l'intento però di superare quello
medievale, con lo scopo dell'armoniosità. Il volgare invece viene ripreso dal
'300, arrecando anche qui delle modifiche per cercare di superarlo e quindi di
arricchirlo. Per realizzare testi di letteratura in volgare, si studia appunto
tale lingua e in tale periodo si legge molto il Decameron di Giovanni Boccaccio. Egli è, infatti, un personaggio che si trova nell'epoca medievale. Le sue
prime opere sono rielaborazioni di romanzi
d'amore, di avventure cavalleresche del tardo stile cortese, e si può avvertire una tendenza al linguaggio e allo stile tipico francese a causa della maggiore ampiezza delle
sue descrizioni e le raffinatezze e le sfumature del gioco amoroso. Fin dal
principio, egli ha una predilezione per lo stile medio elegante. La sua particolarità sta negli argomenti più
popolari e realistici arrivando ad essere volgarmente burleschi. Egli scrive in
maniera realista liberamente, con un linguaggio molto ricco e magistrale, ma diventa
fiacco e superficiale non appena sfiora il problematico o il tragico. Nelle
storie amorose che egli vuol condurre
tragicamente o nobilmente prevale l'avventuroso e il sentimentale.
Passando all'epoca rinascimentale troviamo Luigi Pulci. Egli si forma in un ambiente fiorentino dove nella
corte medicea espone la sua poesia che si rifà al tema cavalleresco (come il
Poliziano), ma strutturato in forma burlesca e dei cantari, prendendo una
posizione bassa del volgare. La sua massima aspirazione era quella di creare
una poesia burlesca di gruppo. L'opera per la quale il suo nome occupa un posto
preminente nella letteratura comica del primo Rinascimento fu Il Morgante. Questo racconto riprende
elementi comici toscani e aspetti folkloristici. Troviamo poi Angelo Poliziano. Egli compose le 'Stanze per la giostra
di Giuliano de' Medici', per celebrare la vittoria in una giostra di
Giuliano de' Medici, poemetto che
rimase incompiuto probabilmente a causa dell'improvvisa morte del suo
destinatario. Egli fu il più brillante esponente della cultura umanistica
fiorentina. Era sostenitore di un'idea di imitazione dei classici eterogenea, e
ha lasciato con le sue opere l'immagine di un mondo raffinato e compiuto,
lontano dalle tensioni e aspirazioni quotidiane, tutto teso al raggiungimento
dell'equilibrio e della perfezione. Altro personaggio illustre è poi Matteo Maria Boiardo che fu un poeta
importante in quel tempo per la sua riscoperta della produzione epica,
scrivendo l'Orlando Innamorato. Si
tratta di un poema cavalleresco che mescola elementi del ciclo carolingio e
bretone, al quale l'autore aggiunse in seguito solo una parte di un terzo libro
rimasto incompiuto che poi sarà proseguito da Ariosto con l'Orlando Furioso. Per il suo contenuto avvincente e insieme
concentrato in alcuni motivi (la perenne fuga d'Angelica) e temi ricorrenti
(l'amore, l'attrazione per il fiabesco, la nostalgia per l'universo della
cavalleria), l'Innamorato ebbe gran successo. Un ultimo personaggio che
analizzo è Ludovico Ariosto, che
rappresenta la tipica figura dell'intellettuale cortigiano del rinascimento, ma
al tempo stesso nei confronti di tale ambiente è spinto da sentimenti di
rifiuto e polemica. Cosa importante da dire fu che egli strinse legami
d'amicizia con Pietro Bembo e perciò
né subì l'influenza, indirizzandosi verso la poesia volgare. Egli fu un uomo
amante della vita sedentaria, tranquilla e mistica. Sagace e saggio, manifestò
eccellenti doti pratiche nel cavarsela tra gli intrighi della vita cortigiana
del tempo, e dimostrò capacità politiche e diplomatiche negli incarichi da lui
assunti. Continuando il poema interrotto da Boiardo, Ariosto riprende la materia cavalleresca. I
personaggi sono quelli della tradizione carolingia, ma gran rilievo hanno sia
il motivo amoroso sia quello fiabesco e meraviglioso, tipico della materia
bretone. Alla struttura aperta del romanzo cavalleresco, ad un certo punto
dell'intreccio, comincia a sostituirsi una struttura totalmente diversa, quella
chiusa e coesa che è propria dell'epica classica. Alcuni indizi testimoniano la
volontà da parte del poeta del recupero della struttura epica. Egli abbassa i
personaggi eroici alla realtà quotidiana e familiare e rivela in essi l'uomo
comune.