Riassunto della critica dannunziana
Nella prima metà del novecento la critica
dannunziana è influenzata dalla teoria di Benedetto Croce secondo cui il
compito della critica letteraria deve essere quello di distinguere la poesia
dalla "non poesia", ovvero mirare a scoprire per quali aspetti della sua
poetica D'Annunzio deve essere considerato un poeta autentico e per quali non
lo sia. Se i vari studiosi,tra i quali lo stesso Benedetto Croce, Alfredo
Somigliano, Francesco Flora, sono in sintonia per quanto riguarda i caratteri
da rifiutare: il D'Annunzio esteta, tribuno, retore, superuomo; discordanti,
invece, sono gli aspetti che questi critici idealisti privilegiano:ora il
"dilettante di sensazioni", ora il poeta intensamente visivo, ora quello che sa
trasformare la parola in musica, ora quello "notturno" ripiegato
nell'interiorità.
Dal secondo dopoguerra - con Giorgio
Squarotti, Aldo Rossi, Stefano Agosti - gli interessi e le direzioni d'indagine
mutano preferendo agli aspetti di poetica la lingua e lo stile, mettendo in
luce gli aspetti più segreti della scrittura dannunziana cercando di risalire
alla visione della realtà che ne deriva: in particolare Ezio Raimondi e
Annamaria Andreoli esaminano i rapporti con il Simbolismo europeo e le
influenze esercitate dall'autore sulla letteratura novecentesca, Giovanni Getto
riporta alla luce le trame di simboli nascoste nelle opere. Un discorso a parte
va affrontato per Carlo Salinari e Arcangelo De Castis che analizzano i testi del
poeta pescarese in relazione alle ideologie del suo periodo storico - l'Italia
d'inizio novecento caratterizzata dallo sviluppo industriale e dalla
conseguente nascita delle forze sociali - di conseguenza gli spunti più
interessanti appaiono la definizione dell'atteggiamento dello scrittore nei
confronti della moderna realtà industriale e della macchina; il suo rapporto
con il mercato editoriale;la critica alla società borghese causa principale
della morte dell'arte.
In questi ultimi anni spiccano i nomi di
Squarotti e Turchetta, in particolare questo analizzando d'Annunzio lo descrive
come un autore percorso da un'inquietudine che tocca i grandi nodi della
coscienza europea del novecento, ma che troppo spesso si rifugia dietro falsi
miti e stereotipi.