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Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 e si trasferisce nel 1865 a Firenze, l'allora capitale d'Italia, dove, dopo aver composto il suo primo romanzo, I carbonari della montagna, conosce Capuana e i maggiori intellettuali dell'epoca avvertendo l'influenza dei francesi Balzac, Flaubert e Zola. Alcuni anni dopo, nel 1872, Verga si trasferisce a Milano, dove resta fino al suo definitivo ritorno a Catania, nel 1893. Qui trascorre in solitudine gli ultimi anni della sua vita, morendo il 22 gennaio 1922. La vita letteraria del Verga si divide in due differenti parti: la prima tra il '66 e il '74 durante la quale scrive romanzi d'intonazione tardo-romantica come Storia di una Capinera, Tigre Reale o Eros; sono racconti di amori travolgenti con gran sensualità e passionalità, conditi da sottigliezze psicologiche. Con la novella Nedda del 1874 inizia la fase d'indirizzo verista e qui troviamo gli scritti più famosi del Verga: Vita dei Campi (1880), Novelle Rusticane (1883) e il ciclo dei Vinti di cui fanno parte I Malavoglia (1881) e Mastro Don Gesualdo (1889). I Vinti è un ciclo di racconti incompleto, il progetto originario prevede un ciclo di cinque romanzi che raffigurino cinque esponenti di classi sociali via via più agiate. Verga muore lasciando l'inizio de La Duchessa dei Leyra, e de L'onorevole Scipioni e de L'Uomo di lusso non ha lasciato che i titoli.
Nel racconto i personaggi sono davvero numerosissimi, alcuni dei quali presentati dettagliatamente, altri guardati solamente di sfuggita.
'Mastro Don Gesualdo' è diviso in quattro parti ed ha come centro Vizzini nella Sicilia borbonica degli anni venti prima dell'unità d'Italia. Il racconto inizia all'alba del giorno di San Giovanni, santo patrono di Vizzini, quando le campane svegliano gli abitanti del paesello per accorrere al palazzo dei Trao, in fiamme. Tutto il Paese accorre per spegnere l'incendio e anche per spettegolare sui Trao, ma in quel trambusto don Diego scopre la sorella Bianca in camera con il cugino Ninì, se si venisse a sapere sarebbe uno scandalo, ma il fatto passa Inosservato tra i paesani intenti a spegnere il fuoco capitanati dall'operoso Gesualdo che fa quanto gli è possibile per evitare che succeda qualcosa alla sua roba. Il giorno successivo don Diego si reca dalla cugina Rubiera, madre di Ninì, chiedendo un matrimonio riparatore tra i due, ma la ricca e operosa cugina va su tutte le furie, suo figlio dovrà mettere la testa e sposare una donna ricca e d'alto rango, in quanto a Bianca non sarà difficile trovarle un11 gennaio 2000 marito adeguato. E così grazie all'aiuto del canonico Lupi, gia compagno d'affari meno santi con la baronessa si decide di maritare Ninì con Fifì Margarone e Bianca con don Gesualdo. Il primo matrimonio non andrà in porto, mentre il secondo si, anche se Bianca accetta di sposare Gesualdo solo per riparare al danno commesso con Ninì. Ma Gesualdo è un brav'uomo, sempre pronto con i suoi soldi ad aiutare perenti ed amici, e pensa che Bianca, anche senza dote è pur sempre una nobile: lei metterà il nome e lui la ricchezza. Infatti quando nascerà una figlia prematura (frutto infatti degli amori prematrimoniali di Bianca), verrà chiamata Trao Motta Isabella. Il padre vuole che lei sia una vera signora, e la manda in collegio, ma lei lo delude innamorandosi con un cugino poeta e spiantato: Corrado La Gurna. La relazione è duramente ostacolata da Gesualdo che così facendo si fa odiare anche dalla figlia che però poi finisce per cedere, accondiscendendo al padre e accettando di sposare, con l'aiuto del marchese Limolì un attempato nobile, Alvaro Filippo Maria Gargantas de Leyra, andando a vivere nella sua casa. Con la partenza di Isabella iniziano i guai di don Gesualdo: infatti il genero non fa altro che attingere alle sue casse, parenti, amici e vicini si accaniscono contro di lui infangando il suo nome e le sue ricchezze e Bianca muore consumata dalla tisi e dal dolore della lontananza della figlia. Gesualdo rimane solo, tormentato dai dolori allo stomaco causatigli dal cancro e anche i più quotati medici non sanno che fare per lui. A questo il genero che lo detesta con tutto il cuore decide di trascinarlo nella sua casa di Palermo per guadagnarne l'eredità e promettendogli le cure dei migliori medici. Non c'è però nessuna speranza per il vecchio leone che morirà roso dal cancro in una casa non sua Trascorrendo le ultime ore della vita in compagnia solo di un servo che lo sbeffeggerà. Nemmeno dopo la sua morte qualcuno avrà delle belle parole da destinargli.
'Mastro Don Gesualdo' è un libro difficile e pieno di messaggi, rispecchia la vita dei borghesi dell'epoca al confronto con i nobili, l'arroccata e rapace nobiltà, con i trasandati Trao Verga vuole forse mandare un massaggio alla nobiltà stupida e zuccona, la nobiltà che vuole vivere solo di rendita, che non scende a compromessi anche a costo d'andare in rovina, mai disposta a mollare né a rimboccarsi le maniche e a lavorare a fianco dei 'plebei', in questo caso l'unica eccezione sta per la Baronessa di Rubiera, indaffarata anch'essa nel lavoro dei suoi campi e nella vendita del suo grano. Gli eroi del Verga sono infatti i poveri e gli umili e se qualcuno come Gesualdo tenta di invertire le regole si troverà tutti contro, dai parenti agli amici, dai vicini a persino i famigliari; attorno al cadavere del Mastro, infatti si svolge il chiacchiericcio persino dei servi, cosa che in una normale circostanza non si sarebbero mai permessi di fare.
Grazie a gerihalliwell_spice@hotmail.com
La vicenda è ambientata a Vizzini, centro agricolo non molto distante da Catania. Vizzini è un grande e animato borgo campagnolo dove convivono persone di ogni genere. Non vi sono riferimenti a fatti storici o date specifiche, vi sono accenni in alcuni punti al 1820-21 e al 1837; si presume che lo svolgimento si collochi tra il 1820 e il 180-45.
Nella notte di San Giovanni brucia il palazzo della famiglia Trao, una delle più importanti e influenti del paese a causa della loro nobiltà e durante la notte viene scoperta donna Bianca insieme a don Ninì Rubiera. Il giorno dopo don Ferdinando si reca dalla baronessa Rubiera per raccontarle il fatto; ella però non vuole vedere il figlio sposato con una ragazza povera, così la convince a maritarsi con Gesualdo Motta soprattutto per interessi economici. Intanto Don Ninì rifuta di sposare Fifì e dopo il breve amore con Aglea si trova costretto a un matrimonio di convenienza con Donna Giuseppina Alosi. Isabella orami cresciuta se ne torna a Vizzini dopo aver studiato a Palermo; si innamora di Corrado Lagurna, con il quale si trova a suo agio, nipote della zia Cirmana. Poche settimane dopo muore il padre di Gesualdo insieme ad altri cari amici a causa del colera, così Santo e Speranza pretendono la divisione delle terre perchè sono convinti che appartengano al padre; ciò segna l'inizio della 'decadenza di Gesualdo'. Ad aggravare la situazione subentra Isabella che ama Corrado contro il volere del padre, così quando viene rimandata a Palermo, scappa per tornare dall'amato. Gesualdo la convince a sposare il duca di Leyra che non la amerà mai ma dissiperà tutta la dote della figlia in ricevimenti. Isabella si sente sola senza Corrado. Bianca muore di Tisi e Gesualdo rimane solo con Diodata dalla quale ha due figli che non riconoscerà mai. La rivoluzione giunge anche a vizzini, dove i contadini pretendono le loro terre e Gesualdo si rifugia da Limoli dove si ammala. Tornato a casa non trova nemmeno Diodata che lo ha abbandonato; Gesualdo muore in solitudine nel suo palazzo a causa della malattia provocata dai dolori di famiglia, la figlia e gli eredi che vogliono dividersi la sua eredità e dal suo troppo attaccamento alla roba dalla quale si accorge di avere avuto soltanto dispiaceri.
Accenni alle vicende politiche: la rivolta palermitana e la Costituzione di Francesco Duca di Calabria nel 1812 nell'Italia Meridionale.
I protagonisti del Verga sono dei 'vinti' dalla vita che non trovano soluzioni ai problemi e sono costretti a subire; vengono descritti e presentati così come sono attraverso al Verismo.
Grazie a Francesco Veneziano
Giovanni Verga nacque nel
1840 a Catania dove trascorse l'infanzia e la gioventù. La sua vocazione
letteraria lo spinse a lasciare l'isola per continuare con più profitto gli
studi nel continente. Dal 1865 al 1872 visse a Firenze dove strinse amicizia
col Capuana; in seguito si trasferì a Milano dove dimorò quasi
ininterrottamente sino al 1893. Fatto ritorno a Catania vi morì nel 1922. La
sua attività di scrittore è compresa tra il 1891 e il 1896. I suoi primi
romanzi si rifecero al romanticismo e furono romanzi psicologici e sentimentali
(come 'Storia di una
capinera'); dal 1874 però, con la novella 'Nedda', aderì
a una nuova corrente letteraria, il Verismo, della quale divenne il massimo
esponente. Il Verismo italiano si rifà al Naturalismo francese, corrente
letteraria nata in contrapposizione del Romanticismo. A fondamento del
Naturalismo sta la filosofia positivista, succeduta a quella idealistica su cui
si basava il Romanticismo. Il Positivismo si basa sulla certezza che, a
regolare la vita degli uomini siano delle leggi scientifiche e non la
metafisica, qualcosa di tangibile e certo non la Divina Provvidenza. Il
Naturalismo si rifà a fatti reali descrivendoli fedelmente, in modo oggettivo,
senza che l'autore precisi il proprio punto di vista o dia insegnamenti
pedagogici, lasciando al lettore il compito di dedurre un qualsiasi giudizio e
di esprimere la propria interpretazione. In Francia il Naturalismo fu portato
agli eccessi sino a condurre a situazioni crude, esasperate, talvolta immorali.
Trasportato in Italia il Naturalismo perdette molto della sua crudezza e si
inserì come una corrente ispirata a modelli veri ma 'corretta' dalle
convinzioni religiose e sentimentali del Romanticismo. Tra le principali opere
veriste di Verga spiccano raccolte di novelle ('Le novelle rusticane',
'Vita dei campi')
e il ciclo dei 'Vinti', un ciclo di cinque romanzi ('I Malavoglia',
'Mastro-Don Gesualdo', 'La duchessa di Leyra',
'L'onorevole Scipioni' e 'L'uomo di lusso'),
dei quali però soltanto i primi due furono compiuti e il terzo appena
cominciato.
Mastro Don Gesualdo è un tenace lavoratore che, riuscito a far fortuna coi suoi
soli mezzi, vuole innalzare la sua condizione sociale e passare dalla classe
popolana a quella aristocratica sposando una nobile dei Trao. Presto si rivela
infelice della vita che ha scelto, tra l'incomprensione della moglie e
l'indifferenza superba della figlia (che crede sua ma che in realtà non lo è),
educata aristocraticamente e vergognosa delle basse origini paterne. Per di più
la giovane sposa un nobile che a poco a poco rode il patrimonio faticosamente
accumulato da Mastro Don Gesualdo. Mentre cresce intorno a lui l'ostilità di
tutti, ad eccezione della fedele servitrice Diodata che il padrone rimpiange di
non aver sposato, Gesualdo intristisce vinto, nelle sale del palazzo nobiliare
della figlia, assistendo senza ribellarsi alla dilapidazione dei suoi averi e
alla cupidigia degli eredi, finché non muore di cancro nella più squallida desolazione,
abbandonato da tutti.
La trama del romanzo si può dividere in quattro sequenze narrative unite dal
filo conduttore dell'attaccamento alla 'roba' ma nelle quali possiamo
individuare molteplici motivi che contribuiscono tutti a preparare il lettore
al drammatico epilogo. Nella prima parte facciamo la conoscenza dei numerosi
personaggi, molti dei quali secondari ma ugualmente importanti per far
progredire la vicenda. In ogni singolo capitolo del romanzo è esaminato
dettagliatamente un aspetto dei personaggi.
Nel 1° capitolo viene presentata la famiglia Trao, famiglia chiave per lo
svolgimento della vicenda, e conosciamo i fatti che porteranno Bianca Trao a
sposarsi con Mastro Don Gesualdo per evitare uno scandalo. Infatti come sapremo
nel 2° capitolo Bianca aspettava un bambino dal cugino, il barone Rubiera, e i
fratelli, dopo essersi consultati con la madre del barone, la baronessa
Rubiera, si affretteranno a trovare un marito che possa legittimare la
gravidanza. La figura della baronessa Rubiera è particolare perché, pur essendo
nobile, ha deciso di non rimanere nell'ozio e di darsi da fare lavorando per
accumulare soldi e consentire al figlio di vivere con gli onori del grado; sarà
lei che giostrerà a suo vantaggio matrimoni di convenienza. Nel 3° capitolo
incontriamo la nobiltà del paese riunita per assistere alla processione del
santo patrono e tramite i pettegolezzi dei paesani, possiamo conoscere i piani
della baronessa Rubiera e la mentalità dei nobili del tempo. La baronessa
infatti aveva combinato il matrimonio tra Bianca e Mastro Don Gesualdo, ricco
ma non nobile, così da portare denaro al casato dei Trao, illustre ma povero, e
il matrimonio del proprio figlio con donna Fifì, nobile e ricca ma brutta;
sperava inoltre di fare una società di affari con Mastro Don Gesualdo, prossimo
a divenire parente. Nel 4° capitolo conosciamo per la prima volta
approfonditamente il protagonista e capiamo che tipo d'uomo è. Lo incontriamo
mentre, durante un temporale, vaga tra le sue proprietà curando i propri interessi
e incitando i lavoranti. Mastro Don Gesualdo è un uomo che grazie a molta
parsimonia e volontà ha costruito da sé una fortuna, cominciando da semplice
muratore sino a diventare proprietario terriero e a partecipare a numerosi
appalti. In questo capitolo conosciamo anche Diodata, un'orfana accolta da
Mastro Don Gesualdo e da lui tenuta come servitrice. In Diodata Gesualdo
troverà sempre qualcuno con cui confidarsi e che lo comprenda, e rimpiangerà di
non averla sposata. Il 5° capitolo ci presenta i rapporti di Mastro Don
Gesualdo con la famiglia. A casa di Gesualdo vivevano anche il padre Nunzio, il
fratello Santo e la sorella Speranza con il marito. Si delinea subito che
Gesualdo si è generosamente sobbarcato il peso di tutta la famiglia, ma non sopporta
che i suoi parenti mettano il naso nei suoi affari o lo critichino. Il padre a
sua volta non sopporta di essere 'spodestato' del ruolo di
capofamiglia, la sorella non vuole dare l'impressione di vivere d'elemosina pur
bramando i soldi del fratello, gli altri due sono inetti in tutto e si limitano
a godere della generosità del ricco parente. Questa situazione va stretta a
Mastro Don Gesualdo che vuole sposarsi e mettere su famiglia da solo. Nel 6°
capitolo vediamo gli sforzi del canonico Lupi, un personaggio che farà da
mediatore in molti litigi tra parenti, per persuadere Bianca e la sua famiglia
ad accettare il matrimonio con Gesualdo; secondo la mentalità del tempo questo
matrimonio era impensabile ed era considerato impossibile elevare la propria condizione
sociale. Nel 7° capitolo vi è finalmente il matrimonio: è evidente durante il
ricevimento il rifiuto dei parenti nobili per questo 'estraneo' che
entra nella famiglia, infatti essi disertano in massa la festa.
La seconda parte è quella che forse più di tutte, rende l'idea di quanto
fossero tesi i rapporti tra la nobiltà e Mastro Don Gesualdo. Nel 1° capitolo
Gesualdo partecipa ad un appalto per le terre comunali e riesce a ottenerle
togliendole, a dispetto della parentela, al barone Zacco che le aveva sempre
avute; al termine dell'asta una lettera da Palermo informa che sono scoppiati
moti carbonari e anche nel paesino il popolo comincia ad agitarsi, vuole le
terre del comune e i nobili cercano di calmare la folla. Nel 2° capitolo Mastro
Don Gesualdo con i maggiori esponenti dell'alta borghesia del paese partecipa a
una riunione di carbonari ma alla fine scopre che a casa sua ci sono i
carabinieri che lo attendono così si rifugia a casa di Diodata. Nella prima
parte del 3° capitolo noi vediamo, tramite gli occhi dei vicini, le abitudini
dei Trao: Diego e Ferdinando, fratelli di Bianca, nobili ma molto poveri, non
possono sopportare le elemosine dei parenti e vivono di stenti confidando nella
soluzione di una lite giudiziaria vecchia di secoli coi regnanti spagnoli. Don
Diego sta male, è ammalato di tisi, malattia che mina la salute di tutti i
familiari. Ben presto si capisce che è spacciato e si mandano a chiamare i
parenti; Bianca è disperata, è già avanti con la gravidanza e le doglie la
colgono in casa dei fratelli: nasce Isabella. Nei capitoli 4° e 5° osserviamo
il disfacimento dei piani della baronessa Rubiera e del suo stesso patrimonio
perché Ninì non vuole sposare la brutta fidanzata ma un'attrice e al fine di
conquistare il suo cuore è costretto a chiedere un prestito a Gesualdo per
comprarle regali; la baronessa saputo ciò sviene e rimarrà per sempre muta e
paralitica. Gesualdo antepone il denaro alla parentela ed esige il pagamento,
Ninì è perciò costretto a sposare una vecchia ricca per non finire sul
lastrico.
La terza parte è incentrata su Isabella, la figlia di Bianca e del barone
Rubiera, che Gesualdo crede sua. Cresciuta in collegio a Palermo tra
l'aristocrazia, la ragazza aveva sempre provato per il padre un senso di
vergogna. Nei primi due capitoli Gesualdo che è andato a riprendere la figlia
in collegio per portarla in campagna al sicuro dalla minaccia del colera, si
accorge che la ragazza lo tratta freddamente e capisce che rimane molto delusa
quando vede la casa di campagna dove la sua famiglia si era rifugiata. Mastro
Don Gesualdo si offre anche di ospitare la parentela ma quando va a prendere
suo padre i parenti lo respingono dicendogli che non lo considerano più membro
della famiglia da quando ha sposato Bianca, e anche alcuni dei numerosi parenti
di Bianca si rifiutano di avere a che fare con lui. Tra i parenti della moglie
Gesualdo accoglie anche la zia Sarina e con lei il cugino di Isabella,
Corradino La Gurna. Donna Sarina spera di far innamorare i due cugini per
potere mettere le mani sulla consistente dote di Isabella. Nel 3° capitolo
Mastro Don Gesualdo intuisce il piano ma il fatto è compiuto e, dopo aver
cacciato Corradino deve cercare un genero per salvare la figlia dallo scandalo,
come era successo per Bianca. Nel 4° capitolo viene celebrato il matrimonio tra
Isabella e il duca di Leyra, nobile palermitano ricco di terreni sui quali però
gravano numerose ipoteche.
La quarta parte del romanzo è la più drammatica, la fortuna volge le spalle a
Gesualdo e questi, ormai disilluso, muore nell'indifferenza di tutti. Nel 1° e
nel 2° capitolo vediamo il genero che, sei mesi dopo il matrimonio ha già
dissipato tutta la dote e chiede degli altri soldi, intanto la malattia di
Bianca è peggiorata e lei è costretta a letto mentre i servitori si licenziano
per timore del contagio; soltanto la famiglia Zacco viene a far visita alla
malata perché il barone alla morte di Bianca vorrebbe dar sua figlia in sposa a
Gesualdo. Nel 3° capitolo Gesualdo, rimasto vedovo, riceve una lettera della
figlia, alla quale è stata tenuta nascosta l'agonia della madre per dissuaderla
dal venire in paese ed evitarle le fatiche del viaggio: anche lei, infatti, è
malata della stessa malattia che affligge tutti i Trao; nella stessa lettera il
genero chiede altri soldi. Il colpo è durissimo per Gesualdo, tanto più che nel
paese sono scoppiati tumulti repubblicani e lui stesso è malvisto dalla gente
del popolo. Nel 4° capitolo Gesualdo sta sempre più male: il dispiacere di
vedere dilapidata dal genero tutta la 'roba' che aveva faticosamente
accumulato contribuisce ad aggravare la terribile malattia che gli è stata
diagnosticata, il cancro allo stomaco. Nel 5° capitolo Gesualdo, invitato dal
genero a Palermo, trascorre gli ultimi giorni in una camera della sfarzosa residenza
della figlia e lì, disperato per il fallimento della propria vita, morirà
abbandonato da tutti.
Come altri romanzi di Verga anche questo si ispira a una novella, ma Mastro Don
Gesualdo è diverso dal Mazzarò, protagonista della novella 'La roba'. Mentre
quest'ultimo è molto avaro e si priva di qualsiasi comodità pur di accumulare
sempre più, Gesualdo, secondo me, non è così avaro come lo accusano i nobili
del paese, è parsimonioso perché, avendo costituito lui stesso la sua
'roba', sa quanta fatica costa accumularla e quindi risparmia sul
superfluo, pur non facendo mancare nulla del necessario alla moglie e alla
figlia che invece non lo ripagano del suo affetto. Gesualdo capisce troppo
tardi che doveva sposare Diodata, che solo lei, proveniente dalla stessa classe
sociale, avrebbe potuto dargli quell'amore negatogli da Bianca. Giunto alla
fine dei suoi giorni Gesualdo riflette sul fallimento della propria esistenza,
mentre il Mazzarò della novella non capisce il suo fallimento e cerca di
distruggere più 'roba' possibile per portarla con sé nell'aldilà.
Verga ha scritto il romanzo in un italiano non molto chiaro e scorrevole ed è
presente la mimesi, ossia nel discorso diretto il linguaggio imita quello che
poteva essere usato dai vari personaggi. La voce narrante è in terza persona e
la focalizzazione è interna, cioè il lettore sa tanto quanto il narratore.
Secondo i canoni del Verismo, l'autore non esprime direttamente il suo punto di
vista, ma lascia al lettore ogni considerazione; il punto di vista assunto è
invece quello della gente, assunto attraverso la tecnica del discorso indiretto
libero.
Appunti su: https:wwwappuntimaniacomumanisticheletteratura-italianorelazione-sintetica-de-mastro-35php, figlio di isabella avuto da una relazioneprotagonista l onorevole scipione di Verga, http:wwwappuntimaniascrigroupcomumanisticheletteratura-italianorelazione-sintetica-de-mastro-35php, |
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