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Col termine Verismo si designa quella corrente artistica e culturale che rappresenta il versante italiano del Naturalismo francese; attiva nell'ultimo trentennio del secolo XIX, essa acquista un ruolo di indiscussa egemonia dal 1875 al 1890.
Si colloca nell'età del realismo, vale a dire nella seconda metà dell'Ottocento, quindi in pieno clima positivista.
Il positivismo infatti rappresenta il versante filosofico del Verismo ed è caratterizzato dall'applicazione del metodo scientifico in ogni abito: ogni aspetto della realtà e del pensiero, persino l'uomo, sono infatti studiati come "fenomeni".
Nascono non a caso discipline come la psicologia, la sociologia ecc., numerose sono le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche tanto che proprio in tale periodo si assiste a quel fenomeno che viene definito Seconda rivoluzione industriale.
Con l'avvento del positivismo e con l'evoluzione delle scienze naturali, psicologiche, e sociologiche, la ricerca del vero assurge ad esigenza fondamentale, si libera da ogni residuo romantico di soggettivismo, da ogni sovrastruttura lirica o morale ed oggettivandosi attribuisce alla rappresentazione della realtà il solo ed unico valore di "documento".
Lo scrittore si tramuta in scienziato e questi si sostituisce all'ideologo: collocandosi innanzi al soggetto preso in esame, rinunzia ad ogni rielaborazione fantastica, lo accetta e lo dipinge nella sua integrità concreta, lo anatomizza, secondo una significativa espressione zoliana, per risalire dal dettaglio, dal fatto vero, ad una visione, la più realistica possibile, dell'uomo[1], dei suoi istinti, delle sue passioni, delle sue necessità materiali e spirituali, di tutto ciò, insomma, che costituisce il movente e la ragione prima della sua stessa esistenza.
Soltanto da tale visione, da tale « documentazione » può scaturire la conoscenza delle leggi generali della natura psichica o fisiologica o sociale dell'individuo (evoluzione, ereditarietà, selezione, determinismo, vedi Darwin e Taine) e delle leggi dell'azione umana.
Questa esigenza è avvertita, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, e per un trentennio circa, dalle letterature dei principali paesi europei, e raggiunge le sue più notevoli realizzazioni in Russia, con il realismo di Turgenev, di Dostoevskij e Tolstoj, fortemente impregnato di motivazioni psicologiche; in Francia, con il naturalismo; in Italia, con il verismo.
Il Naturalismo[2] francese, trasferendo il metodo delle scienze nella lettetura volle porre ad oggetto dell'opera arte la stessa realtà, ritratta impersonalmente, cioè senza la presenza dell'artista e dei suoi sentimenti.
Compito dello scrittore doveva essere quello di cogliere dal vivo «squarci» di vita e di presentarli al lettore con lo stesso distacco con il quale lo scienziato presenta i risultati di un'esperienza di laboratorio: è questa la teoria del « romanzo sperimentale
Gli scrittori naturalisti elevarono l'istinto a guida suprema dell'agire umano, e ricercarono i veri rappresentanti dell'umana condizione tra i depravati e gli emarginati che popolano le grandi metropoli (alcolizzati, assassini, prostitute): caddero così nel più rigido determinismo ed offrirono una falsa immagine dell'uomo, mentre avevano la pretesa di darne un ritratto obiettivo.
È pertanto facile notare come questo realismo si differenzi da quello romantico, pieno invece di carica ideale, e come il Naturalismo sia strettamente connesso un pessimismo che è, ad un tempo, condanna di ogni sorta di pregiudizi e censura della società che ha contribuito al loro insorgere: da qui il carattere scandaloso e provocatorio assunto nei confronti dell'età che lo vide nascere e fiorire.
Esso ebbe un precursore in Honoré de Balzac (1799-1850), che nella Commedia Umana guardò alla borghesia della Restaurazione ponendone in luce vizi e miserie, e sostenne la preminenza delle forze economiche nel determinare la scelta di condotta degli uomini; un immediato anticipatore in Gustave Flaubert (1821-1881), che nella Signora Bovary ritrasse la vita insignificante di due comunissime creature.
Ma l'influenza maggiore si deve al teorico Ippolite Taine (1828-1893), il quale considerò la vita dell'uomo condizionata a tre fattori:
race = i fattori ereditari
milieu= l'ambiente famigliare
moment = il momento storico in cui egli vive.
Anche le teorie di Darwin sull'evoluzione avranno una notevole influenza in campo letterario (si veda la morale dell'ostrica di Verga).
Oltre al caposcuola Emile Zola di cui sono rimasti celebri i romanzi L'assommoir (bettola in cui i protagonisti del racconto, miseri operai parigini, vanno a cercare nell'acquavite gli ingannevoli sogni del vizio), Teresa Raquin (drammatica vicenda di amori, delitti e rimorsi), Nanà (la cortigiana, idolo delle folle, che inebria e rovina quanti le si avvicinano), aderirono al naturalismo Edmond Goncourt (18221896) con Elisa, Alphonse Daudet (1840-1897) con Saffo, il giovane Guy de Maupassant (1850-1893) con Palla di sego (Boule de suif), lunga novella che rimane tuttora il suo capolavoro.
Il Verismo italiano s'ispirò, inizialmente, al naturalismo, mutuandone il culto per l'arte impersonale e derivandone la predilezione per il romanzo, genere più di ogni altro idoneo alla nuova espressione artistica, ma procedette poi per vie sue, ed in parte originali.
La parola Verismo fu coniata negli anni '70 per le arti figurative, ma venne riferita col tempo in modo sempre più esclusivo al campo della letteratura.
L'influsso del Naturalismo francese sul Verismo italiano, come detto, è evidente. Accomuna i due movimenti l'intenzione di omologare la letteratura alla scienza, sia sul piano del metodo (l'impersonalità dell'opera d'arte), sia sul piano dei contenuti (uso di conoscenze scientifiche per rappresentare, secondo precisi nessi di causalità, i fenomeni).
La matrice filosofica del Positivismo, che ripudia la metafisica e celebra il 'fatto', sta alla base di questa concezione.
Tuttavia, nel Verismo la prevalenza del momento oggettivo su quello soggettivo si sviluppò con una concretezza meno dottrinale e, che non rinnegava l'analisi scientifica dei « documenti » umani propugnata dal realismo francese, ma dimenticava spesso formule e precetti per accogliere la « poesia selvaggia » emanante dalle terre vergini e dagli esseri primitivi, fatti oggetto della narrazione.
Il canone dell'impersonalità perse nei veristi, anche nei maggiori, gran parte del suo rigore scientifico; all'idolatria del « documento » subentrò non infrequentemente come in Verga, «l'ottica della memoria », suscitatrice di innumerevoli suggestioni poetiche; la narrazione si ridusse a due soli elementi di valore figurativo:
il dialogo
il paesaggio
Uomini e cose, rappresentati nella staticità delle loro millenarie tradizioni e delle loro misere condizioni sociali, ingenerarono un pessimismo che a tutta prima sembra escludere ogni possibilità di riscatto, ma che in ultima analisi è frutto dell'umana e celata partecipazione dello scrittore alle loro misere e tristi vicende.
Lo studio della società non fu più ristretto ad un solo campo di osservazione -la parte deteriore delle grandi metropoli, che peraltro non esistevano in Italia - ma spaziò su quelle regioni che avevano maggiormente conosciuto il fallimento delle speranze risorgimentali, e sulle tristi condizioni delle plebi, che neppure l'incipiente sviluppo industriale sembrava in grado di elevare
Questa realtà umile e desolata affiorava in modo particolare dalle regioni arretrate del Mezzogiorno e dell'estremo Sud e ad esse principalmente si volsero gli scrittori veristi per studiare l'elementarietà, ma anche la vigorosità di sentimento di quanti vivevano entro il consorzio umano a livelli inferiori.
Uno dei tratti salienti del Verismo, infatti, è il suo carattere regionale (a differenza del Naturalismo): gli scrittori importanti del Verismo appartengono per lo più al sud della penisola.
Quindi, sia Verga che i naturalisti scelsero per lo più come oggetto di rappresentazione letteraria ambienti e personaggi delle classi più povere e si dedicano a generi letterari in prosa (romanzo, novella, dramma) adatti alla ricerca di esiti realistici, ma mentre la narrativa del Naturalismo descrive spesso gli ambienti del proletariato urbano, quella verista si rivolge prevalentemente agli ambienti rurali.
Inoltre gli scrittori veristi non attribuirono, generalmente, alla loro attività letteraria quel valore politico che è invece un dato fondamentale in molti autori d'oltralpe vicini ai movimenti popolari e socialisti.
Ciò non significa che Verga non offra stimoli importanti alle grandi tematiche politiche e civili che percorrono l'Italia post-unitaria: esso porta infatti a conoscenza di un pubblico vasto situazioni sociali che emergono dal silenzio e dall'abbandono. Tuttavia questa funzione di denuncia è per lo più involontaria e si afferma in gran parte al di là delle intenzioni degli autori veristi.
Ricordiamo che la rappresentazione letteraria delle classi popolari non è in se stessa una novità assoluta da ascrivere al Verismo (si veda Manzoni). Nuova è invece la prospettiva, aliena da tentazioni patetiche e attenta agli elementi concreti della condizione sociale, da cui viene osservato questo mondo.
Se dunque il Verismo porta innanzi la tendenza realistica già emersa nel filone manzoniano della prima metà del secolo, esso è però interprete di un'esigenza di oggettività che sostituisce all'interpretazione dell'autore un metodo rigoroso di rappresentazione dei fenomeni.
Il verismo ebbe il merito di portare alla luce un'Italia sconosciuta, quella delle classi condannate a consumare la vita in un'immensa fatica senza ricavare da essa tutto l'indispensabile per vivere, eppure capaci di accettare, con virile pazienza e rassegnata mestizia, un così doloroso ed immutabile destino; ma mentre in Francia, un paese ricco di cultura e di fervore democratico, l'opera di rinnovamento degli scrittori naturalisti fu seguita dai lettori con interesse e partecipazione, nell'Italia di fine Ottocento, culturalmente arretrata e povera di forze sinceramente democratiche, dominata dall'equivoco spiritualismo di Fogazzaro prima, dal sensualismo estetizzante del D'Annunzio in seguito, le opere dei nostri scrittori veristi, pur ricche di cose e di problemi, informate ad un'aspra concezione dell'umana esistenza, passarono pressoché inosservate.
Il teorico più noto del Verismo è il siciliano Luigi Capuana, che approfondì il concetto di impersonalità, ma al progetto di un'opera d'arte totalmente impersonale si dedicò anche il più grande scrittore italiano del periodo, Giovanni Verga, amico di Capuana e autore dei massimi capolavori del Verismo italiano.
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