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MONTALE: Il male di vivere
Vita.
Montale è questo qui: https://it.youtube.com/watch?v=Nisz3-03J4g
Il video non gli rende giustizia, vicino a Carla Fracci poi.
Con Montale finiamo l'analisi della poesia tra le due guerre.
Eugenio Montale è il più giovane dei tre poeti. Nasce a Genova nel 1896 da un'agiata famiglia della media borghesia. Trascorre l'infanzia tra Genova e Monterosso (è il primo paese delle cinque terre arrivando dal Nord, è davvero un bel posto).
Studia ragioneria, ha infatti una salute cagionevole e i genitori non vogliono affaticarlo troppo mandandolo al liceo classico. In realtà questa sembra un po' una scusa. Montale era infatti l'ultimo di sei figli e nella mentalità dell'epoca, al più piccolo non spettavano particolari responsabilità famigliari, neppure quella di studiare. È Montale stesso che racconta in diverse interviste come durante l'infanzia venne lasciato molto a se stesso. Dall'altro lato questa libertà educativa permise a Montale di seguire come meglio voleva le proprie inclinazioni artistiche, tra cui anche il canto.
Nel 1917 parte militare per Parma.
Nel 1925 aderisce, dopo essere stato a Torino, al MANIFESTO DEGLI INTELLETTUALI ANTIFASCISTI promosso dal critico letterario Benedetto Croce.
Sempre in quell'anno pubblica la sua prima raccolta poetica, Ossi di seppia.
Nel 1927 si trasferisce a Firenze per lavorare come redattore alla casa editrice Bemporad. (Vi ricordate che è a Firenze che aiuterà poi Saba dopo l'avvento delle leggi razziali?).
Diventa direttore di una biblioteca, la biblioteca del Gabinetto di Vieusseux (mannaggia che nome). Rimarrà alla direzione fino al '38, venne poi allontanato perché si rifiutava di prendere la tessera fascista. In questi anni conosce Drusilla Tanzi, che diviene presto sua moglie. (Angolo gossip: Drusilla era la moglie di un amico di Montale, il critico d'arte Matteo Marangoni. I due ufficializzarono la loro relazione dopo la morte di Marangoni, nel 1958).
Nel 1948 si trasferisce a Milano e lavora come redattore al Corriere della Sera.
Nel 1963 muore Drusilla Tanzi.
Nel 1975 ottiene il Nobel per la letteratura.
Nel 1981 muore.
Poetica.
Il filo rosso della poetica di Montale è stato, forse un po' semplicisticamente, identificato con il "male di vivere", cioè con l'insanabile rapporto tra l'uomo contemporaneo e la realtà.
È un poeta complicato, difficilmente classificabile e meno immediato di Saba e Ungaretti.
Quello che mi preme che capiate è però quanto già spiegato in classe e cioè il Correlativo oggettivo.
Il correlativo oggettivo è un procedimento linguistico usato perlopiù in poesia soprattutto da T.S. Eliot, che lo definisce in questo modo: «una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare». Ok, la definizione di Eliot non è molto chiarificatrice. Proviamo a semplificarla, vedendo prima di tutto qual è il fine di questo modo di scrivere: con il C. O. i concetti e i sentimenti più astratti trovano una loro espressione, si correlano in oggetti ben definiti e concreti, tanto che la nostra attenzione di lettori è attratta più dagli oggetti che dai concetti astratti che gli stanno dietro.
Qui arriva Montale a spiegarci meglio questo passaggio. Montale sostiene infatti che quando fa poesia il suo intento è quello di «esprimere l'oggetto e tacere l'occasione-spinta». Ecco, il concetto astratto è per Montale l'occasione-spinta, l'antefatto della poesia o di un verso. Fino ad allora invece l'occasione-spinta era stata sempre più o meno esplicitata o comunque resa comprensibile. Pensate a Carducci e al suo Pianto antico. Dalla lettura del componimento capiamo che l'antefatto è la morte di qualcuno, come, almeno secondo me, dietro Il gelsomino notturno, si capisce che dietro c'è una prima notte di nozze di una coppia di sposi.
Il C. O. si distanzia dal simbolismo perché nel S. l'io del poeta è presente, è anzi necessario per capire la sua struttura simbolica. Senza l'io di Pascoli non potremmo infatti essere certi del valore che quell'io attribuisce ad esempio all'oggetto-fiore.
L'intento di Montale è quello di oscurare quindi l'antefatto delle sue poesie. È per questa ragione che viene considerato tuttora un poeta piuttosto complicato e oscuro.
Da un punto di vista linguistico, il suo lessico è sempre esatto e preciso e molto ricercato. Di tanto in tanto immette un linguaggio aulico all'interno di uno più quotidiano.
A differenza di Ungaretti, la sua sintassi è elaborata e nient'affatto semplificata.
Le raccolte poetiche.
Quelle principali sono quattro.
Ossi di seppia
Le occasioni
La bufera e altro
Satura
Ossi di seppia è caratterizzato da oggetti poetici scabri, propri del paesaggio ligure.
Le occasioni, simile a Ossi di seppia, cambia solo per il paesaggio di riferimento, che è quello della Toscana. Compare inoltre la figura di Clizia, donna mito di Montale.
La bufera e altro: è nel solco delle Occasioni. C'è sempre Clizia a cui il poeta attribuisce valenze cristiane salvifiche.
Infine c'è Satura, che segna un vero e proprio cambiamento nella poetica di Montale. L'autore, complice forse anche la morte della moglie, decide di scrivere poesie in cui l'antefatto è esplicitato, anzi, a volte il centro della poesia è proprio l'antefatto. Montale approda a una poesia più realista, per certi versi avvicinabile a quella di Saba, sebbene Montale non si adagi mai a utilizzare un lessico generico, quello trito di cui parla Saba.
- Spesso il male di vivere ho incontrato -
Spesso
il male di vivere ho incontrato:
era il
rivo strozzato che gorgoglia,
era
l'incartocciarsi della foglia
riarsa,
era il cavallo stramazzato.
Bene
non seppi, fuori del prodigio
che
schiude la divina indifferenza:
era la
statua nella sonnolenza
del
meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
È una delle poesie più famose di Montale, in cui meglio viene espressa la condizione di dolore esistenziale raccontata da Montale (un grande allegria insomma).
Appartiene a Ossi di seppia.
L'espressione male di vivere è presa direttamente da Leopardi, da un verso del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia (v.104 «[.] a me la vita è male»).
La struttura della poesia è bipartita: nella prima quartina c'è l'affermazione negativa del male di vivere a cui seguono tre esempi, tre oggetti a esso relativi (rivo; foglia; cavallo)
Nella seconda quartina, all'affermazione positiva dell'indifferenza come distacco dal male di vivere, seguono tre esempi (statua; nuvola; falco).
Non tutti i critici sono d'accordo nel parlare dell'uso del correlativo oggettivo in questa poesia poiché l'antefatto astratto è ancora presente (il male di vivere e l'indifferenza). È pur vero però che gli oggetti scelti costituiscono da soli buona parte della poesia e che gli antefatti sono celati
Per capirci meglio, questa poesia rientrerebbe perfettamente nel C. O. se fosse scritta così:
Era il rivo strozzato che gorgoglia
l'incartocciarsi della foglia
riarsa, il cavallo stramazzato.
(Non) era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Così scritta, questa potrebbe certo essere una poesia autosufficiente.
Avremmo descrizioni non riconducibili a un antefatto, seppure astratto.
- Ho sceso dandoti il braccio. -
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Questa poesia
appartiene a Satura. Dopo molti anni
di silenzio poetico, Montale torna a scrivere raccogliendo nel 1971 i versi
scritti dal
Il titolo della raccolta ha più significati: allude alla vena satirica che percorre la raccolta e allude anche all'espressione latina satura lanx che significa "piatto pieno di cibi diversi", a indicare la varietà di temi di questa raccolta.
È divisa in quattro sezioni (Xenia I; Xenia II; Satura I; Satura II). Xenia è il termine latino che indica i doni fatti a un ospite nel momento in cui lascia la casa che lo ospitato. In questo caso l'ospite è senz'altro Drusilla Tanzi, moglie di Montale, morta nel 1963, chiamata affettuosamente "Mosca", partita per poi non tornare più.
Dalla lettura della poesia appare chiaro il cambiamento di rotta del poeta. Il suo io è ben presente, è anzi il riferimento principale della poesia. Anche Montale cede, ormai in età avanzata, a comporre una raccolta di poesie che ha forti tratti autobiografici, una sorta di canzoniere privato, un diario insomma. Vedete come alla fine i tre autori analizzati sono profondamente legati.
Dal dopoguerra ai giorni nostri -
Abbiamo visto come la poesia tra le due guerre si sia rinnovata attraverso Saba, Montale e Ungaretti. Ora vorrei dare una breve occhiata a come si rinnova il romanzo, soprattutto attraverso la figura di Cesare Pavese. Non si può infatti parlare di un rinnovamento comune a tutti gli scrittori. I più importanti sono: Cesare Pavese, Elio Vittorini, Beppe Fenoglio, Primo Levi e Italo Calvino. Ognuno di essi ha evidentemente un proprio universo particolare e io ho scelto di vedere solo Pavese, un po' per questioni di tempo un po' perché secondo me è dei quattro l'autore più profondo e completo.
Il fattore accomunante però esiste ed è rappresentato essenzialmente dall'impatto con una fase storica molto particolare, quello della seconda guerra, della guerra civile seguita all'armistizio e dell'immediato dopoguerra. Dei cinque autori, ben quattro condividono un acceso antifascismo. L'unico a fare eccezione è proprio Pavese, che non fu mai fascista, ma che per ragioni biografiche e personali non fu mai incline all'impegno politico. Si potrebbe dire insomma che il punto comune a questi autori e dunque alla forma-romanzo è la traumatizzante esperienza della II guerra.
Un tema che non si può sollevare parlando di questo periodo storico è il Neorealismo. È un termine che nasce in ambito cinematografico (avete presente film come Roma città aperta e Ladri di biciclette?). Neorealismo significa un approccio nuovo, concreto e attento al racconto del reale verso la situazione bellica dell'Italia di metà anni '40. Molti critici hanno parlato di Neorealismo anche in letteratura, un esempio potrebbe essere Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino o Il compagno di Pavese. È però da sottolineare come tutti gli autori citati abbiano poi sempre trovato una chiave di lettura molto personale e solo in parte riconducibile al Neorealismo.
Appunti su: il paesaggio ligure come espressione del malw di vivere, perchC3A8 ho scelto il male di vivere, il male di vivere nella letteratura inglese, |
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