"L'età ellenistica"
Sempre per quanto
riguarda il mondo antico, la situazione riscontrabile nell'età imperiale romana
può essere paragonata a quella che si poté osservare in Grecia durante il
periodo ellenistico. Infatti, a causa dell'opera di conquista attuata da
Alessandro Magno, i macedoni giunsero a porre sotto il controllo
dell'imperatore un territorio vastissimo, che si estendeva dall'Adriatico fino
ai confini dell'India e della Cina. In questo contesto, la realtà della
città-stato greca attraversò un periodo di rapido ed inevitabile declino, in
quanto fu sostituita da organismi più ampi, quali le monarchie assolute i cui
sovrani si spartirono l'impero di Alessandro. In questo arco di tempo si formò
una società multirazziale e cosmopolita, in cui la cultura greca costituiva il
principale fattore di unificazione, soprattutto grazie all'ellenizzazione della
classe dominante della province sottomesse. In questo nuovo mondo, innanzitutto
mutò il rapporto tra cittadino e società; infatti, nell'ambito della città
stato tutta la collettività partecipava attivamente alla gestione della polis.
Ma ora, l'uomo greco era proiettato in un ambiente senza più confini, non aveva
più la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica, e si attuò la
sua condizione di cittadino libero si trasformò in quella di semplice suddito,
immerso in una mescolanza di etnie e di genti diverse. Ciò portò l'individuo a
considerarsi un microcosmo autonomo, che viveva in un mondo i cui meccanismi
gli erano sottratti. In tale situazione non mutò solo il rapporto con la
politica, ma anche quello con la religione; quest'ultima non era più il culto
di stato, come avveniva nella polis, alle cui cerimonie partecipava tutta la
collettività, ma veniva vissuta più intimamente, nel tentativo di stabilire un
rapporto più autentico con la divinità, e da ciò fu determinato lo
straordinario sviluppo di culti di tipo orientale. Durante l'età ellenistica vi
fu, inoltre, proprio a causa dell'instaurazione di regimi assolutistici, un più
serrato controllo sulla cultura, che i sovrani sfruttavano per scopi politici,
commissionando agli intellettuali opere
propagandistiche. Avendo quindi gli intellettuali la loro libertà di
espressione, relegati al semplice ruolo di servili cortigiani dei sovrani che
finanziavano le loro opere, si svilupparono, soprattutto in poesia, nuovi
canoni compositivi, che si basavano sulla ricerca della perfezione stilistica,
tralasciando l'importanza dei contenuti; infatti, il poeta non aveva più la
possibilità di porsi come guida della società, come sua voce critica, e quindi
la sua arte era destinata solo ad un ristretto gruppo di eruditi, che potevano
comprenderne la raffinatezza ed esclusività.
Individualismo e
cosmopolitismo furono, quindi, i caratteri distintivi della società
ellenistica, proprio in relazione alla sottomissione dell'uomo greco ai
dominatori stranieri ed alla perdita della sua libertà politica.
All'interno della
stesa società greca, però, erano presenti diversi punti di vista riguardo alla
sua nuova struttura: di particolare importanza sono sicuramente le concezioni
di Polibio e di Plutarco. Il primo, infatti, visse il periodo in cui la Grecia fu assoggettata dai
romani e, avendo trascorso molto tempo all'interno della loro società, poté
osservarne a fondo l'organizzazione e, rientrato in patria, si impegnò in
un'opera di mediazione tesa a far accettare ai suoi connazionali la presenza di
dominatori stranieri. Secondo Polibio, che nelle Storie illustra come i romani siano riusciti a conquistare il
dominio sul mondo, la società romana era superiore a quella greca in quanto
organizzata in modo da distribuire equamente i poteri, per non permettere che
si verificasse quel processo che egli definiva anaciclosi, e che aveva
caratterizzato, invece, la storia greca. Lo storico compì quindi, per
giustificare la sua teoria, un'analisi scrupolosa della costituzione romana: il
potere del monarca era affidato a due consoli, che erano affiancati nel governare
sia dal Senato, che difendeva gli interessi della nobiltà, che dai tribuni
della plebe, che invece rappresentavano il popolo. Nella società romana,
inoltre, la religione veniva usata per tenere a bada l'aggressività delle
masse, mentre la difesa dello stato era affidata ad un forte esercito. Tutto
ciò aveva permesso al popolo romano, governato dall'istituzione repubblicana,
di dominare il mondo intero, e di imporsi anche sulla Grecia che, sebbene fosse
culturalmente più avanzata, non era riuscita a contrastarli. Polibio non vide
altra possibilità, quindi, oltre a quella di ammettere la superiorità dei
romani, e si pose al servizio di Roma, promuovendo l'alleanza tra ceto dominante
romano e classe dirigente greca, alleanza che avrebbe costituito il cemento
della civiltà in tutta l'epoca antica. Plutarco, invece, nelle "Vite
parallele", operò un confronto che coinvolse i maggiori personaggi della storia
greca e romana, che potevano essere considerati dei modelli etici che gli altri
uomini dovevano imitare. Durante la sua analisi, però, in maniera velata, lo
storico lascia intendere la superiorità degli uomini greci rispetto a quelli
romani con i quali sono messi a confronto. Infatti, secondo Plutarco, gli
ellenici, seppur fossero stati sottomessi dalla superiore capacità dei romani
nella guerra, essi mantenevano intatto il loro primato culturale; la Grecia, infatti, anche dopo
la perdita della sua libertà, rimase il principale punto di riferimento della
cultura occidentale, e veniva scelta come meta di viaggi di formazione da parte
di tutti i più importanti intellettuali romani del tempo, che desideravano
venire a contatto con quanto la civiltà greca aveva prodotto attraverso i
secoli.