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La musicalità nel decadentismo




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La musicalità nel decadentismo



La poesia, già durante il Romanticismo acquisisce il valore della musicalità, che ne diventa uno dei principali elementi costituenti. I romantici consideravano quest'arte la totale apertura verso l'infinito, strumento di unione con l'Assoluto. Ma la completa ricerca della musicalità vede la massima estremizzazione nel Decadentismo, ed in particolare in una sua specifica linea di sviluppo: il Simbolismo.

Se per i Decadentisti la poesia è veicolo del mistero e dell'assoluto, la parola poetica non può più essere strumento razionale, ma il suo significato si fa sempre più labile ed evanescente, divenendo oscura. Il mistero si potrà penetrare attraverso l'intuizione, le doti interpretative o divinatrici che solo particolari individui posseggono, o addirittura attraverso una sorta di slancio mistico.

Vari sono i mezzi tecnici attraverso cui lo scrittore decadente ottiene questi effetti suggestivi. Innanzitutto la musicalità: la parola non vale tanto quale significante logico, ma quale pura fonicità.

Nella visione decadente la musica è l'arte suprema, proprio perchè è la più indefinita e suggestiva, perchè è svincolata da ogni significato logico.

Simbolisti quali Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Stephane Mallarmè e Paul Verlaine, raggiunsero con le loro opere poetiche il culmine di questo suggestivo linguaggio sonoro.

La trasformazione della parola poetica in musica è esplicitamente teorizzata in apertura dell' "Arte poetica" di Verlaine, il quale afferma "Musica sovra ogni cosa".

Pura musica sono spesso anche i versi dannunziani. Nell' "Alcyone" emerge pienamente il rapporto di Gabriele D'Annunzio con la musica e "La pioggia nel pineto" ne è un'espressione lampante.


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.




Nella lirica, una pioggia estiva sorprende il poeta e la sua compagna Ermione.

Già al cadere delle prime gocce rade sul fogliame il poeta invita la compagna ad ascoltare, e i due si abbandonano pienamente a gustare il rumore della pioggia che trae dalle fronde degli alberi una meravigliosa varietà di suoni. Alla voce della pioggia si accorda il canto delle cicale e il gracidio delle rane, che si affievoliscono mentre la pioggia aumenta la sua intensità.

Il poeta ricostruisce il tessuto sinfonico attraverso versi frantumati ricchi di riprese foniche ed un fitto sistema di rime. La musicalità è quindi favorita dall'impiego di versi brevi e brevissimi che garantiscono la massima fluidità musicale e valorizzano un singoli elementi lessicali o sintattici.

Alla qualità musicale del discorso poetico dà un contributo anche la modulazione fonica. Basti osservare la variazione tra toni chiari della a e i toni cupi delle o toniche.



Sinestesia


Affine alla funzione della metafora decadentista è quella della sinestesia. Essa prevede l'accostamento di sfere sensoriali diverse; è una fusione di sensazioni. Impressioni che colpiscono un senso, evocano automaticamente altre impressioni relative a sensi diversi; ad esempio una sensazione visiva, come un colore, suscita sensazioni uditive, olfattive o tattili.

Di tutte le diverse forme di sinestesia, la sinestesia musicale è una delle più comuni.

In questo caso un sinesteta associa costantemente colori precisi a tonalità, scale, arpeggi, accordi (più facilmente triadi), motivi o interi movimenti. Occorre una successione di note sufficiente a rilevare la tonalità d'impianto. Anche figurazioni ritmiche, il timbro di uno strumento musicale o addirittura particolari rumori (tuoni, versi di animali, clacson) possono ricondurre a colori. Questi si presentano in modo spontaneo senza sforzo di volontà o di immaginazione.

Le associazioni cromatiche possono variare nel tempo, raffinandosi o rimanere fisse.

Si pensa che questa capacità sia trasmissibile geneticamente, e i dati scientifici riportano la maggior frequenza di casi si ha nelle donne.

Ogni sinesteta si costruisce la sua "tavolozza" di gradazioni, che nella maggior parte dei casi è in contrasto con quella appartenente ad un altro sinesteta.

Spesso in questo sistema associativo entrano in gioco anche i gusti, e nel caso della sinestesia di tipo fonico, numeri, giorni delle settimana o mesi vengono investiti di colori.

La sinestesia sembra accompagnarsi ad un insolito grado di attivazione crociata fra le aree della corteccia sensoriale che, nella maggior parte di noi, sono funzionalmente indipendenti: tale attivazione crociata potrebbe essere basata su un eccesso di connessioni neurali fra aree diverse. Gli studi confermano che i sensi dei neonati non sono ben differenziati, ma mescolati in una confusione sinestetica.

C'è chi sostiene che intorno ai tre anni, con la maturazione corticale, si perdono le connessioni tra queste aree per una più netta distinzione e segregazione dei sensi, il che rende possibile l'appropriata associazione delle diverse percezioni.

Dato certo è che la sinestesia è molto comune nell'infanzia, e tende a scomparire del tutto nell'adolescenza. Se questo sia associato alla riorganizzazione cerebrale, o allo sviluppo ormonale, o al passaggio vero forme più astratte di pensiero, non è ancor chiaro. Può fare la sua comparsa nel caso di cecità, epilessie, uso di sostanze allucinogene.



Se in alcuni autori romantici la sinestesia appariva come il frutto della fantasia, verso la fine dell'Ottocento divenne un vero e proprio espediente poetico. La sinestesia è largamente utilizzata dai poeti decadenti, come Pascoli e d'Annunzio, così come dal simbolista Rimbaud che nel sonetto "Vocali" associa al suono delle varie vocali sensazioni cromatiche



A nera, E bianca, I rossa, U verde, 0 blu: vocali!
Un giorno dirò i vostri ascosi nascimenti:
A, nero vello al corpo delle mosche lucenti
Che ronzano al di sopra dei crudeli fetori,

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di ghiaccio, bianchi re, brividi di umbelle;
I, porpore, rigurgito di sangue, labbra belle
Che ridono di collera, di ebbrezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni sacre dei mari verdi,
Quiete di bestie ai campi, e quiete di ampie rughe
Che l'alchimia imprime alle fronti studiose.

O, la suprema Tromba piena di stridi strani,
Silenzi attraversati dagli Angeli e dai Mondi:
- O, l'Omega, ed il raggio violetto dei Suoi Occhi!



Premesso che le vocali che ispirano il francese Rimbaud hanno carattere e sonorità completamente differenti da quelle della lingua italiana, si può constatare come questa poesia sia evocatrice di soggetti indicativi delle nuove direzioni verso cui si è orientata la ricerca poetica.

La rappresentazione della realtà non è più definita e ben circoscritta, ma il poeta evoca attraverso le parole e i loro suoni, immagini sfumate ed indefinite.

Rimbaud, sull'esempio di Baudelaire, adotta le analogie simboliche. Il simbolo, attraverso processi sinestetici, è sprigionato dal suono della parola come esclusivamente forza sonora evocativa. Essa porta con sé significati misteriosi.

In questo caso le vocali, elementi che conferiscono musicalità al verso, vengono identificati con colori (probabilmente legati a esperienze dell'infanzia del poeta) che portano il poeta a viaggiare con la fantasia e a collegarsi con le figure più svariate non provenienti dalla realtà osservata, attraverso un gioco di associazioni.



Dagli armonici ai colori


Pensando alla dimensione della musica come esperienza vibratoria, ovvero il suono come organizzazione di armonici e quindi vibrazioni, sorge immediato il confronto con la dimensione del colore, anch'essa ottenuta per sovrapposizioni.

Il fenomeno vibratorio è quindi sia acustico che visivo.


Dal punto di vista fisico della teoria ondulatoria, la luce appartenente ad una zona ristretta dello spettro. La grande differenza qualitativa ed emotiva percepita fra i diversi colori dello spettro non trova alcun riscontro dal punto di vista fisico, dove la differenza è solo quantitativa. L'origine della differenza qualitativa va ricercata ad un livello neuro-fisiologico.

Una sorgente luminosa emette un flusso di fotoni di diversa frequenza. Quando questo flusso attraversa la cornea, l'umore acqueo, la pupilla, il cristallino, l'umore vitreo e raggiunge la retina, luogo di elaborazione dei segnali luminosi, intervengono due tipi di recettori:

l       i bastoncelli, utili prevalentemente per la visione notturna e sensibili esclusivamente alla regione blu dello spettro.

l       i coni, recettori impiegati nella visione diurna e nella percezione dei colori. Sono di tre tipi: uno sensibile al rosso, uno al verde ed uno al blu.


Come risultato dell'assorbimento ogni fotorecettore genera un segnale elettrico elaborato nella retina e trasmesso al cervello.

Quindi lo stimolo di colore deriva da una radiazione luminosa, da un flusso di fotoni, da un'onda elettromagnetica, così come la percezione uditiva deriva da onde sonore che, convogliate nel condotto uditivo e trasmesse sotto forma di impulsi elettrici, vengono trasmesse attraverso il nervo acustico al cervello.

Si ricorda inoltre che i colori si suddividono in PRIMARI (rosso giallo e blu), SECONDARI (arancio, verde e viola) e TERZIARI.

Di conseguenza così come un suono reale è la somma di un certo numero di suoni armonici, allo stesso modo un colore al di fuori dei primari è costituito dalla somma dei suoi formanti.





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