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In Italia, la letteratura volgare nasce in un momento di forte espansione comunale: un'espansione economica che vede un notevole incremento dei traffici mercantili.
Le città sono i centri propulsori di quest'espansione e alcune di loro come Firenze, Venezia, Genova e Milano costituiscono dei veri e propri imperi economici, collocando i propri mercanti in ogni centro commerciale d'Europa e del vicino Oriente
I rapporti tra città e mondo rurale sono strettissimi: l'agricoltura è il solo vero mezzo di sussistenza materiale e la vita delle città si regge su un intenso sfruttamento delle campagne circostanti.
La nobiltà detiene quasi ovunque il controllo politico e militare sulla società ed è pienamente inserita nella vita dei comuni. I mercanti tendono ad investire le ricchezze accumulate mediante le loro attività in proprietà terriere e i più ricchi finiscono per entrare nei ranghi della nobiltà.
Il latino continua ad essere la lingua della comunicazione colta a circolazione europea e dà luogo ad una produzione letteraria ancora ricchissima. Al di là della frantumazione dei linguaggi e delle situazioni particolari delle varie regioni, il latino garantisce la continuità del tessuto culturale del mondo cristiano, permette a chi lo usa di sentirsi parte di una comunità intellettuale senza confini. Questa continuità si realizza però soltanto entro gruppi sociali limitati.
Il latino non è ridotto a lingua letteraria: esso continua ad essere lo strumento di comunicazione della diplomazia e della grande politica. Nel XIII secolo si inserisce progressivamente il volgare, specialmente quando si deve comunicare con quanti non conoscono il latino: così diventano sempre più numerosi gli atti notarili in volgare e in molti centri comunali vengono scritti in volgare i più importanti documenti pubblici; il volgare entra in quella cultura religiosa che intende radicarsi nella concreta vita di tutti i giorni.
La verità dei dialetti crea molte difficoltà, perché nessuno di essi ha capacità di circolare e diffondersi in tutta la penisola. Per superare queste difficoltà si creano lingue intermedie che non corrispondono al parlato dei territori in cui hanno origine: comincia così la ricerca di una lingua unitaria.
Restano in ogni caso molte incertezze sull'efficacia e sui limiti del volgare italiano. Queste, superate di colpo dalla commedia di Dante, sono testimoniate dalla forte resistenza del latino e dall'ampio uso che in Italia se né fa. Basta ricordare che in francese antico sono scritte due tra le opere più importanti della letteratura italiana del secolo, il Tresor di Brunetto Latini e il Milione di Marco Polo.
I centri monastici e gli studi universitari sono i principali luoghi di allestimento dei manoscritti latini, destinati a soprattutto a un pubblico di ecclesiastici studenti e giuristi.
Al nuovo pubblico aristocratico e cittadino si rivolgono i manoscritti in volgare; tale produzione è notevole soprattutto in Toscana, dove sono attivi vari centri di scrittura e di vendita.
La maggior parte dei manoscritti in volgare sono andati perduti per la scarsa considerazione che ebbero umanisti del 400 e del 500. Essi impegnati a costruire le prime grandi biblioteche, giudicarono rozze e barbariche le manifestazioni più antiche della nostra lingua. Quanto è giunto fino a noi ci mostra che la struttura del libro volgare era molto lontana da quella del libro moderno. I primi libri sono soprattutto zibaldoni che possono contenere opere differenti, di origini e provenienza diverse.
Nel confezionamento dei manoscritti, le opere in volgare erano sottoposte a modifiche molto maggiori che non quelle latine: ciò avviene per lo stato ancora incerto della lingua.
Tra i molti luoghi dove si elabora la cultura, continuano ad avere un peso notevole le corti signorili, specie i grandi feudatari del nord: in esse si trasmette una cultura che esalta i caratteri della vita aristocratica seguendo i modelli letterari della vicina Provenza.
Molto più complessa è la vita alla corte meridionale di Federico II che aggrega intorno a se molteplici forme di sapere ed esperienza di scrittura legate a lingue e tradizioni di diverse origini. La sua corte è in continuo movimento poiché segue il suo imperatore in tutti gli spostamenti militari e diplomatici. Federico dà impulso alla conoscenza delle tecniche scientifiche e favorisce lo svolgersi di una letteratura poetica latina, di una cultura araba filosofica e letteraria, di una cultura in lingua d'oil, di una cultura greco-bizantina e di una cultura tedesca. Ha poi il merito di aver sostenuto la nuova poesia in volgare siciliano.
Facendo convivere tante e tanto differenti tradizioni, Federico II intende dimostrare la capacità unificante del proprio potere I documenti pubblici e la corrispondenza ufficiale vengono redatti da insigni dictatores, che elaborano una scrittura ricercata e solenne. Maestro di prosa aulica è tra i funzionari di Federico II il celebre Pier Delle Vigne.
La chiesa continua ad essere il punto di riferimento per un gran numero di istituzioni culturali: i monasteri benedettini perdono il ruolo primario che avevano nei secoli precedenti, ma i nuovi ordini mendicanti, che si impegnano a fondo nella vita urbana, creano nuovi modi di produzione e trasmissione della cultura religiosa.
In molti centri si instaurano presto delle signorie, dove il signore, pur facendo vivere gli organismi comunali, fa del proprio palazzo una corte, in cui ospita intellettuali, spesso costretti a fuggire dalle loro città.
Nelle città comunali si registrano interessanti novità anche nel campo dell'istruzione primaria: si sviluppa sempre più l'attività dei maestri laici, singoli maestri creano proprie classi private attraverso il diretto rapporto con le famiglie degli allievi. Si accompagna a questo la diffusione di vere e proprie scuole pubbliche, delle cui spese si fanno carico gli organismi comunali, l'insegnamento di base riguarda la lingua latina.
Nella società comunale, l'amministrazione comunale richiede una diretta partecipazione dei cittadini e i rapporti civili sono determinati essenzialmente dal corretto uso della parola all'interno delle istituzioni. Un rilevo particolare viene riconosciuto all'arte della parola: la retorica.
Brunetto Latini crea la figura dell'intellettuale civile, che coinvolge il proprio far letterario con l'esistenza individuale e l'attività politica. L'uomo colto si riconosce così nel modo in cui applica il suo sapere a un giudizio e a un intervento morale sul mondo: ciò consiste il senso dell'insegnamento trasmesso da Brunetto a Dante.
Un carattere determinante di questa poesia è la ripetizione di forme e motivi costanti, con parziali varianti dovute alle differenze linguistiche e sociali: la sua elaborazione si intreccia con il canto, la musica, la danza e avviene soprattutto durante le feste che scandiscono le stagioni. I giullari fanno da mediatori fra i motivi di origine popolare e quelli derivanti dalle culture superiori.
Il loro pubblico comprende un po' tutti gli strati sociali: va dalle più altere corti feudali alle piazze dei più poveri villaggi agricoli.
Le prime espressioni di poesia popolare in volgare sono in Italia molto precoci, di gran lunga anteriori a ogni testimonianza scritta di poesia colta, e in vario modo legati alla produzione giullaresca
L'eccessiva frantumazione può rendere troppo difficoltosa la comunicazione tra le diverse aree: si cerca allora di costruire un tipo di volgare capace di comunicare a un livello più ampio, che non sia semplicemente regionale. Ciò porterà nel XIV secolo all'affermazione del toscano come lingua letteraria media e alla conquista di una piena egemonia di Firenze su tutti gli altri centri culturali italiani, che però non perderanno la propria identità e vitalità.
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