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Jean-Jacques ROUSSEAU
Nel panorama filosofico dell'Illuminismo, la personalità e il pensiero di Rousseau occupano un posto del tutto particolare : i concetti di sentimento, istinto, spontaneità, di natura, che occupano gran parte del suo pensiero, sembrano porsi fuori dei quadri mentali del razionalismo illuministico ed hanno spesso fatto si che si parlasse di "protoromanticismo" di Rousseau
Nato a Ginevra nel 1712, Rousseau fuggì dalla sua città natale nel 1728, visitando molti luoghi e facendo mille mestieri diversi, finchè non trovò ospitalità presso madame de Warens.
Nel 1741 si rimise in viaggio e si trasferì a Parigi dove entrò in contatto con i filosofi e i circoli illuministi e nel 1749 compose il famoso "Discorso sull'origine e i fondamenti sulle scienze e sulle arti" per un concorso bandito dall'Accademia di Digione sul tema se il progresso scientifico e artistico avesse in qualche modo contribuito al progresso dei costumi.
A breve distanza, sempre per un alrto concorso dell'Accademia, scrisse il "Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza fra gli uomini".
Ben presto però, a causa del suo carattere scontroso e difficile, si allontanò dai circoli illuministici.
Dal 1758 al 1762 fu ospite del Maresciallo di Lussemburgo, ed in questi anni scrisse " La nuova Eloisa", un romanzo d'amore nel quale esalta il matrimonio contratto per libera scelta seguendo le tendenze naturali e non le convenzioni e le convenienze sociali.
Di questi anni sono " Emilio" e " Il contratto sociale" pubblicate nel 1762.
Dopo la condanna da parte del Parlamento dell'" Emilio" e, per evitare conseguenze più gravi, fuggì in Svizzera, dove vi rimase poco a causa dell'ostilità suscitata dalle idee religiose espresse nelle sue opere.
Nel 1765 si recò dunque in Inghilterra, ospite di Hume, ma ben presto i problemi politici del filosofo inglese lo portarono a fuggire nuovamente.
Nel 1769 terminò le "Confessioni" e dopo un soggiorno parigino, morì a Ermenonville nel 1778.
Il pensiero
Le antitesi di Rousseau tra natura e civiltà e sentimento e ragione emergono chiaramente già nelle sue prime opere .
Il " Discorso sulle scienze e sulle arti", sostiene che la corruzione umana si è andata sempre di più accentuando a mano a mano che, con il progresso, l'uomo ha moltiplicato i suoi sforzi per uscire da quella "felice ignoranza"in cui saggiamente la natura lo aveva posto.
In questo senso ogni singola scienza deriva da un vizio: l'astronomia dalla superstizione, l'eloquenza dall'ambizione, dall'odio, dall'adulazione e dalla menzogna, la geometria dall'avarizia, etc.
Le scienze, le lettere e le arti hanno fatto sì che gli uomini soffocassero il loro sentimento di libertà originaria fino al punto di renderli amanti della loro schiavitù.
Nel " Discorso sulle ineguaglianze degli uomini" Rousseau cerca di rintracciare il volto naturale e pulito dell'uomo, non ancora sporcato dalla religione e dalla riflessione.
Rousseau distingue due forme di ineguaglianza:
ineguaglianza naturale che non si può eliminare e non è responsabile dei mali che solitamente le sono attribuiti
ineguaglianza sociale e politica che si potrebbe debellare solo se gli uomini riconoscessero uno stato dove non esistono ne padroni ne schiavi, né ricchi né poveri, né potenti né deboli.
Nel "Contratto sociale" si parte dal principio che l'uomo è nato libero ed è diventato in seguito schiavo.
Questa condizione però non è opera della natura, ma è opera della convivenza sociale, che nasce dalla necessità di salvaguardare la propria conservazione.
Per tornare alle origini, Rousseau è convinto che sia necessario stipulare un nuovo "patto", un "contratto sociale" che istauri un'associazione capace di difendere e proteggere , con la forza di tutta la comunità , la persona e i beni di ciascuno e per il quale ciascuno ubbidisca solo a se stesso e resti libero.
Un patto fondato sull'eguaglianza e sulla libertà.
La sua concezione di stato è dunque "democratica" , i governanti sono semplici ministri e non padroni del popolo e possono essere destituiti solo quando mancano al proprio dovere, sono solo dei commissari che non hanno alcun titolo decisionale se non con l'approvazione del popolo tutto.
L' "Emilio" esprime invece, l'esigenza di creare una educazione in grado di far manifestare le facoltà naturali dell'uomo.
La pedagogia dunque non deve imporre nozioni ed abitudini, ma deve dare l'impressione all'educando di trovare spontaneamente quello che essa vuole che apprenda.
Essa più che sui precetti si deve fondare sugli esercizi, sulla pratica.
Il fanciullo nella sua prima età non ragiona ma sente, non ha ancora idee ma immagini, il primo compito dell'insegnante è dunque quello di insegnargli ad usare i sensi e assecondarlo facendo sì che si indirizzi da solo verso le sue naturali inclinazioni.
L'educazione dell'adolescente sarà la continuazione della precedente, ma qui l'educatore dovrà cercare di metterlo alla prova ponendogli degli ostacoli, affinché la sua naturale bontà non si arrenda alle prime difficoltà, ma sia anzi fortificata.
L'educazione religiosa invece avverrà solo dopo il periodo adolescenziale.
Il fondamento della religione e della moralità sono nella coscienza umana, non vi sono miracoli né particolari visioni, tutto il credo religioso sta nella nostra anima .
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