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Italo svevo: vita ed opere




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ITALO SVEVO: VITA ED OPERE



Se Pascoli e D'Annunzio offrono l'esempio di due diversi aspetti della nuova borghesia italiana agli inizi del '900, Svevo e Pirandello sono i due grandi scrittori d'opposizione che scorgono e rappresentano tutte le inquietudini di un'epoca molto contraddittoria.

Italo Svevo (il quale nome è lo pseudonimo d'Ettore Schmitz), nacque a Trieste nel 1861. Il padre Francesco era un commerciante di vetrami ed era, come la madre Allegra Moravia, d'origine ebraica.

Secondo la tradizione familiare, Ettore era destinato a seguire la carriera del padre e, per questo, a dodici anni fu inviato, con i suoi fratelli, in Germania (in un collegio a Segnitz) per studiare il tedesco e le discipline commerciali. Viene, così, a contatto con la gran letteratura tedesca e vi si appassiona.

Nel 1878 torna a Trieste per frequentare un istituto commerciale; ma, dopo il fallimento dell'azienda paterna, nel 1880, lasciò gli studi per cominciare a lavorare presso la sede triestina della Banca Union di Vienna. Contemporaneamente, produce le sue prime prove narrative con lo pseudonimo d'Italo Svevo.

Tra queste troviamo: "Difetto moderno" e "I tre caratteri".

La sua passione letteraria, gli pose l'esigenza di perfezionare la sua conoscenza dell'italiano, non consolidata, sia per i primi studi compiuti in Germania, sia per l'utilizzo a Trieste del dialetto come lingua quotidiana.Nel 1890 pubblica a puntate sull'"Indipendente" un lungo racconto: "L'Assassinio di Via Belpoggio" e, nel 1892, pubblica a sue spese il romanzo "Una vita" (presso l'editore Vram).

L'opera, però, non riscosse un grande successo presso il pubblico.

Nel 1896, sposò la cugina Livia Veneziani e, di conseguenza, fu introdotto nell'attività del suocero (fabbricante di pregiate vernici marine).

Così, nel 1899, lasciò il lavoro in banca per dedicarsi agli affari e all'ampliamento delle sue conoscenze letterarie.Successivamente produce (sempre presso l'editore Vram) il suo secondo romanzo: "Senilità". L'insuccesso anche di questo romanzo, indusse Svevo a dedicarsi esclusivamente alle attività commerciali. Ma, nel 1903, egli scrisse la commedia "Un marito", che dimostrò la presenza in lui di un'ancora grande passione letteraria.

Tra il 1906-07, conobbe a Trieste James Joyce, che viveva dando lezioni private d'inglese. Tra lui e Svevo nacque una grande amicizia di tipo letterario.

Così, Svevo sottopose al giudizio di Joyce alcuni manoscritti e i due suoi romanzi, dei quali Joyce apprezzò particolarmente Senilità, incoraggiando Svevo a proseguire nella sua produzione letteraria. Un altro importante incontro (avvenuto tra il 1910-12) fu quello con Freud, che suscitò in Svevo un grande interesse per la psicoanalisi.Ne sono esempio le sue traduzioni d'opere di psicoanalisi, come: "Sul sogno" e "L'interpretazione dei sogni".

Nel 1919 cominciò a scrivere il terzo romanzo: "La coscienza di Zeno", che pubblicò a proprie spese a Bologna nel 1923, Nel timore di un ulteriore insuccesso, egli inviò, però, prima una copia del romanzo a Joyce, che consegnò l'opera ai migliori critici e scrittori francesi, dai quali fu apprezzato particolarmente.

Nel 1928, cominciò la stesura di un nuovo romanzo: "Il Vecchione", interrotta dalla sua morte nel settembre del 1928, avvenuta in seguito ad un incidente automobilistico a Motta di Livenza (Treviso).


La "Condizione Triestina"

Svevo, nel suo profilo autobiografico, afferma che, per comprendere le ragioni del suo pseudonimo, bisogna tener presente la funzione che assume, in questo contesto, Trieste.

Egli, infatti, si pone come una sorta di mediatore tra due versanti culturali, interpretando le caratteristiche della condizione triestina.

Durante questo periodo, infatti, l'ambiente culturale triestino è caratterizzato dalle culture più varie.

Infatti, nel 1918, Trieste faceva parte dello stato italiano e, grazie alla sua posizione geografica di confine, in essa convivevano tre culture: una italiana, una tedesca ed una slava (più una piccola comunità ebraica).

Trieste, inoltre, costituiva uno dei principali centri di traffici e scambi culturali, stabilendo un rapporto interattivo con numerose capitali europee (in particolare Vienna).

Questa città, quindi, può essere considerata come un punto d'incontro di diverse razze e culture. Essa, infatti, non raggiunse mai una vera omogeneità di cultura e di costumi, ma restò per sempre un luogo di scambi e di contrasti, che vennero da sempre tenuti in equilibrio dalla ricchezza del commercio.

Questa instabilità di cui è tipica Trieste, spiega l'inquietudine di numerosi intellettuali del tempo, circa l'assenza a Trieste di una alta tradizione culturale.

Questa inquietudine fu percepita anche da Svevo e se ne avverte l'eco nelle parole del protagonista del suo più celebre romanzo, La coscienza di Zeno, alle prese con la fatica dello scrivere.


Svevo scrittore di idee

La prima formazione di Svevo, si ebbe in ambito tedesco: ciò spiga la posizione di Svevo per una letteratura di "idee" (contenuti speculativi) e la passione per il teatro per discutere dall'uso degli aspetti salienti del dibattito culturale del tempo. La sua cultura, però, non fu mai strettamente letteraria: ebbe tantissimi interessi filosofici e scientifici tra cui lo studio sul rapporto tra arte e scienza. In questo abbiamo un'analogia con l'opera di F. De Sanctis:

l'orientamento di Svevo verso il realismo e l'interesse per i fenomeni di unione tra scienza ed arte. Egli, infatti, rimarrà per sempre legato al concetto di superiorità di un'arte realistica, dove, per realismo si intende un'arte ispirata alle più avanzate scoperte scientifiche.

Questi concetti si svilupparono pienamente in uno scritto tardo (Soggiorno londinese) dove Svevo, delinea i suoi rapporti con la psicoanalisi allargando il discorso al rapporto tra filosofi-scienziati. Svevo intende, infatti, rispondere alla critica messagli a proposito dalla Coscienza di Zeno, che già rimproverano di essere stato assoggettato dalle teorie di Freud.

La problematica che si propone Svevo è quella della Libertà dell'individuo nella società moderna. Egli, quindi, si ispira allo Schopenhauer (fu membro dello Schopenhauer: Gesell Schaft di Francof sul treno), fu per Svevo il negatore del libero arbitrio. Egli si ispirava anche su Darwin, considerandolo come l'eroe del pensiero moderno, sono due le tematiche del Darwin a cui Svevo si dedica:

la violenza, che presiede la selezione naturale (sociale)

il forzato adattamento dell'individuo all'ambiente in cui vive.

Il problema della libertà individuale, viene, così affrontato da Svevo con un fraintendimento delle concezioni del Darwin: infatti, mentre queste esaltavano la violenza e lo spirito di dominio, Svevo inventa il personaggio dell'inetto. Sul piano letterario molta influenza ebbero, per la sua formazione, romanzieri come: Balzar, Stendmal, Flaubert (rappresenta la miseria della coscienza del piccolo borghese)

Da essi, derivano i tratti che caratterizzano gli eroi dei primi romanzi sveviani: essi sono dei sognatori che evadono del grigiore della vita quotidiana, costruendosi una fittizia realtà alternativa, da cui derivano le caratteristiche che sono l'inettitudine, la tendenza al sogno, ecc. Una grande influenza fu data anche dai romanzieri naturalistici (Zola) e in contrattempo di Bourget (il romanziere in polemica con il naturalismo zoliano) che si dedica al concetto di romanzo psicologico indagando sugli aspetti più inconsci e labirintici dell'animo umano. Tra i romanzieri russi una grande influenza fu data Turgenev, che presenta con la sua opera una serie di personaggi inetti, sognatori ed inconcludenti. Un'influenza determinante fu data, inoltre, dal Dostoevskij, che si addentra nelle zone segrete della psiche per cogliere gli impulsi più ambigui ed inconfessabili. Importante per Svevo fu anche l'amicizia con Joyce, che con i suoi giudizi positivi su "una vita" e "senilità", contribuì a rafforzare in Svevo la fiducia nelle proprie capacità.


Svevo e la psicoanalisi

L'interesse di Svevo, si sviluppò principalmente sulla dimensione psicologica dell'individuo, osservata attraverso l'analisi degli stati più profondi della coscienza, da cui emergono le contraddizioni, i conflitti, le angosce, entro cui si sviluppa l'individuo con le sue nevrosi.E' con questi concetti che si sviluppa un interesse per il pensiero di Freud. Questo spiega i continui rapporti che Svevo stabilisce con Vienna, dove le teorie psicoanalitiche si sviluppano con anticipo.

A questo contribuì la malattia del cognato Bruno Veneziani, che si sottopose ad un ciclo di analisi per fornire una conoscenza più diretta del metodo terapeutico e delle teorie psicoanalitiche. La scoperta della complessità della psiche dell'uomo, la natura della nevrosi, costituiscono i poli su cui si sviluppa la ricerca di Svevo.

L'interesse dello scrittore per la psicologia, però, si sviluppa anche prima del suo interesse per le teorie freudiane.

Ciò nonostante, Svevo non conciliò mai il valore terapeutico alla psicoanalisi, tendendo a ridurla esclusivamente ad uno strumento conoscitivo, rimanendo dell0opinione che il carattere individuale è immodificabile e, per questo, la pretesa della psicoanalisi di dare al paziente un nuovo io, non ha alcun fondamento.


"Senilità"

Nonostante Senilità venne pubblicato nel 1898 presso l'editore Vram, la sua prima concezione risale al 1892. Esso, infatti, fu scritto con l'intento di preparare di Angiolina, che fu la prima a conoscere il romanzo.

Senilità è il racconto di un'avventura amorosa tra il trentenne Emilio Brentani e una prostituta, Angiolina.

Emilio è un impiegatuccio che gode di una piccola fama letteraria e si duole di averla sprecata.

Vorrebbe vivere come lo scultore Balli (suo amico), che non teme l'insuccesso artistico e riscuote anche un grande successo con le donne.

Emilio crede di non poter imitare l'amico per le sue grandi responsabilità: sua sorella Amalia (che vive con lui) ed è caratterizzata dalla stessa inerzia.

Così, per Emilio la piccola avventura diviene importante, proprio per il valore immorale di Angiolina, che sembra legarlo sempre più a lei.

Non sapendo imitare il Balli, ne invoca l'aiuto.

L'intervento di quest'ultimo, però, tra i due amanti ed anche tra fratello e sorella, ha degli effetti disastrosi.

Entrambe le donne, infatti, s'innamorano di lui. Inutilmente Emilio tenta di allontanarlo da Angiolina, riuscendoci per un Po; mentre con facilità riesce ad allontanarlo dalla sorella che, segretamente, si procura l'oblio con l'etere profumato.

Un giorno Emilio trova la sorella nel delirio della polmonite e richiama il Balli per assistere la sorella moribonda.

Dopo aver scoperto un ennesimo tradimento di Angiolina, Emilio lascia sola la sorella, ma poi torna da lei e le resta accanto fino alla morte.

Nonostante, Svevo afferma di essersi attenuto, nel romanzo, sulla realtà delle cose fedelmente, senza pregiudizi, il romanzo non si pone come lo studio di un ambiente o la rappresentazione di determinati comportamenti.

Esso consiste in una sottilissima ragnatela di problemi psicologici che s'intesse tra i quattro personaggi principali.

Quindi la dimensione sociale, non viene ignorata, ma Svevo vi ci arriva per un'altra strada, attraverso le strutture psichiche. La struttura del romanzo, è ordinata sui rapporti dei quattro personaggi centrali, ma l'intreccio si snoda principalmente sull'analisi del protagonista: la vicenda viene rappresentata attraverso il punto di vista di Emilio (e di meno di Amalia).

Emilio Bretani, impersona, infatti, Alfonzo Nitti, anche lui è un piccolo borghese ed, inoltre, è un intellettuale abituato ad interpretare il reale attraverso schemi letterari; e ciò si riflette nella sua condizione psicologica: dominata dalla paura di affrontare la realtà.

Di conseguenza, egli si costruisce una sorta di limbo, rifugiandosi nell'ambito del nido domestico. Ciò nonostante, nell'animo di Emilio, rimane un'inquietudine, dovuta alla voglia di vivere intensamente.

Così, la relazione con Angiolina, sconvolge la monotonia della sua esistenza, scoprendo la sua incapacità di affrontare la realtà.

Inizialmente egli dichiara di volere solo una storia breve, ma si tratta di un autoinganno; egli arriverà, così, a sostituire la donna reale con una donna ideale, trasformando Angiolina in una creatura angelica.

Egli, inoltre, nasconde tutta la sua insicurezza costruendo l'immagine di se virile ed autorevole, proponendosi di educarla.

Ma, non riuscendo nel suo intendo, Emilio si rivolge all'amico Balli. Emilio e Stefano, rappresentano due diverse risposte alla crisi dell'individuo nella società alla fine 800: Emilio è l'esempio della sconfitta e dell'impotenza.

Balli è l'esempio del tentativo di trasformare l'impotenza in onnipotenza. Emilio, infatti, filtra la realtà servendosi di schemi letterari; di conseguenza trasforma Angiolina in una figura angelica.

Così, Svevo proietta le componenti essenziali della sua cultura nel personaggio di Emilio, riducendole a stereotipi.

In Emilio è presente una falsificazione delle sue ideologie: si atteggia a gelido scienziato, ma si comporta come un romantico, agisce come un uomo che disprezza la morale comune anche se, in realtà, n'è vittima.

Il suo pessimismo è paura della realtà ed il suo socialismo è un sogno evasivo.

Quindi, Emilio costruisce (tramite un processo di autoinganno) una visione di se consolante e gratificante.

Qui si manifestano risultati di Svevo nello studio del proprio io: egli rende evidente il processo di autoinganno, decifrandone tutti i giochi nevrotici, pur rimanendo oscuro l'impulso primo che muove questa energia psicologica.

Si sviluppa il concetto di differenza dei destini individuali: perché per alcuni c'è sempre sconfitta e per altri vittoria e successo?

Perché alcuni possono avere facilmente ciò che per altri è possibile raggiungere?

Queste sono le domande a cui il romanzo tenta inutilmente di rispondere.

Ma è soprattutto il destino di Amalia che rappresenta l'inesplicabilità della vita.

Ella viene coinvolta nell'avventura amorosa del fratello e sentirà risorgere in lei quegli impulsi che pensava di aver soffocato, e ne sarà travolta.

Anche in Senilità, come in Una vita, la tecnica narrativa di Svevo, toglie ogni possibilità di identificazione con il protagonista.

Egli non fa appello alla nostra simpatia, sollecitando il nostro senso critico, aumentato dai brevi interventi del narratore.

Nel suo rapporto con Angiolina, Emilio sogna un amore libero dalle convenzioni che si identifica con un'ideologia socialista. Infatti, la società si riscatta dalla malattia dell'esistenza borghese.

Ma l'utopia socialista vivrà in Emilio solo con un sogno e la realtà si confermerà alla fine in un momento in cui il protagonista lucidamente analizza la sua condizione senile.


"Una vita"

Fu pubblicato nel 1892 a spese dell'autore presso l'editore Vram di Trieste. E' la storia di Alfonso Nitti che lascia il villaggio natio e la madre per trasferirsi in città, dove trova lavoro presso la banca Maller & Company e affitta una camera presso la famiglia Lanucci.

La sua monotona vita ha una svolta quando Annetta lo invita agli incontri letterari che si tengono nel suo salotto e lo sceglie come collaboratore di un suo progetto.

Così tra i due nasce un rapporto sentimentale che sembra concludersi con un matrimonio ma all'improvviso Alfonso cambia atteggiamento e con il pretesto della malattia della madre, riparte per il suo villaggio, dove troverà davvero la madre molto ammalata e moribonda.

Dopo una lunga assenza rientra in città e scopre che annetta si e' fidanzata con Macario e sta per sposarsi, così, Alfonso sceglie uno stato di rinunzia e di quiete, ma si tratta di vani propositi; Alfonso si rassegna all'anonimato del lavoro bancario e alle varie persecuzioni a cui questo lavoro lo sottopone.

Così Alfonso decide di sfruttare direttamente Maller rivolgendogli frasi vagamente ricattatorie, poi chiede ad Annetta un colloquio affinché cessino le persecuzioni nei suoi confronti.Ma il senso ricattatorio della lettera provoca una dura reazione da parte di Maller: all'appuntamento si presenta Federico, fratello di Annetta, che sfida Alfonso a duello. Così egli comprende che si vogliono liberare di lui e si toglie la vitaida.Il romanzo si conclude con una lettera indirizzata dalla banca al notaio che custodisce il testamento di Alfonso, che definisce inspiegabili le ragioni del suicidio.

'Una Vita'risente ancora delle influenze dei romanzi ottocenteschi: è il romanzo della scalata sociale di un giovane protagonista. Alfonso, però, più che conquistare il successo, si limita a sognarlo fuggendo dalle occasioni favorevoli che gli si presentano; il romanzo si concentra sul processo di crescita umana e sentimentale di un giovane protagonista che lentamente raggiunge la maturità attraverso diverse prove.

E' tipica del romanzo la descrizione minuziosa dei vari ambienti sociali, che rappresenta un interesse per le concezioni naturalistiche. Importante è anche il quadro dell'ambiente piccolo borghese rappresentato dalla famiglia Lanucci, presso cui abita Alfonzo; ma entro questa cornice sociale, si colloca il carattere innovativo del racconto: l'analisi della coscienza del protagonista.

Come indicava il titolo iniziale (Un Inetto), il protagonista di Una Vita è il primo tipo di personaggio che caratterizza tutta la narrativa sveviana: la figura dell'inetto.

La condizione di esclusione sociale di Alfonso si tramuta in fragilità psicologica, di conseguenza egli si rifugia in una dimensione consolatoria, facendo della sua cultura uno scudo illusorio che lo differenzia dagli altri. Al grigiore della vita quotidiana, egli reagisce rifugiandosi in sogni ed ambizioni che lo consolano ed attenuano le sue frustrazioni.

Una Vita segna, inoltre, il passaggio dal romanzo tradizionale ad una nuova forma narrativa: la voce che racconta in terza persona è fuori campo, e si adegua ad un canone di impersonalità.

Il punto di vista è, infatti, collocato nella coscienza del protagonista e filtra gli eventi attraverso la soggettività: ciò indica il passaggio dal romanzo realistico-naturalistico a quello psicologico.

In Una Vita la coscienza diviene un labirinto di tortuosità inestricabili, in cui s'intrecciano sogni, momenti di lucidità e di veggenza, ambivalenze, contraddizioni, ed impulsi privi di ogni motivazione.

Si manifesta, quindi, la pluralità dei piani contraddittori di una psiche, che danno l'impressione di moltiplicarsi ed intrecciarsi all'infinito.





La "coscienza di Zeno"

La coscienza di Zeno è l'opera più matura di Svevo, il suo capolavoro, un romanzo veramente nuovo, ormai fuori da ogni influenza della narrativa naturalistica e verista, tutto incentrato sull'autoanalisi psicologica del protagonista.

La narrazione è un lungo monologo interiore, sul filo di un discorso che il protagonista fa con se stesso, rievocando, quando è oramai vecchio, le fasi salienti della propria vita e registrando puntigliosamente e minuziosamente le impressioni e le reazioni anche più insignificanti.

A scrivere l'autobiografia Zeno Cosini, che è un ricco commerciante triestino a riposo, è indotto dal suo medico psicanalista, al quale si è rivolto per un trattamento psicanalitico con lo scopo di comprendere meglio se stesso e di guarire da quella forma di accidia e di abulia che gli intorpidisce lo spirito e lo rende incapace di agire.

Lo Svevo immagina che, essendo scomparso il suo cliente, il dottore pubblica "per dispetto" le memorie di lui.

Esse sono costituite da sei blocchi narrativi, ciascuno dei quali prende il nome da un argomento caratterizzante, "Il fumo"

(che è il vizio contratto dall'adolescenza e dal quale Zeno non riesce mai a liberarsi, nonostante i suoi tentativi), "La morte del padre", "La storia del matrimonio", "La moglie (Augusta) e l'amante (Carla)", "Storia di un'associazione commerciale" e "Psicanalisi".


La storia di Zeno

Morto il padre, Zeno ha deciso di sposarsi. Ha adocchiato Ada, la più bella delle tre figlie del ricco uomo d'affari Malfrenti, ma costei lo ha rifiutato (ha sposato invece Guido, giovane brillante, buon suonatore di violino, che dopo il matrimonio ha fondato un'azienda commerciale).

Sconvolto dal rifiuto e temendo di passare una notte insonne, Zeno ha chiesto alla sorella di Ada, Augusta di sposarlo.

Col fidanzamento e il matrimonio inizia la sua nuova vita presso la famiglia Malfenti, nella quale egli verrà poi per vent'anni perfettamente integrato.

Qualche tempo dopo il matrimonio, complice un amico (malato anche lui ma un po' meno "immaginario"), Zeno si fa protettore e consigliere di Carla, una ragazza povera che studia canto e ha bisogno di un mecenate disinteressato. Carla diventa presto l'amante clandestina di Zeno senza che in lui venga meno l'affetto per la moglie, la relazione si prolunga per qualche anno tra angosce e pentimenti di Zeno (che dubita di non compensare Augusta del tradimento con sufficienti rimorsi), finche Carla, avendo esorto molto danaro al suo protettore, è in grado di licenziarlo per fidanzarsi con un uomo che la sposerà.

Nel frattempo Zeno ha accettato di far parte di una società fondata dal cognato Guido Speier, senza però impegnarvi il proprio patrimonio.

Se nonché gli affari della ditta vanno a rotoli; Guido, per rimediare, tenta rischiose operazioni in borsa che lo portano sull'orlo del fallimento.

Per venirgli in aiuto Zeno è disposto ad impegnare parte del suo capitale, purché Ada, più ricca del marito, faccia altrettanto.

Questa però non ne vuole sapere e Guido, per convincerla, finge un suicidio.

Con questo Guido ottiene l'aiuto richiesto, ma continua le sue spericolate speculazioni che finiscono con l'inghiottire tutto il capitale della ditta.

Questa volta sarebbe davvero il fallimento e Guido, nel tentativo di evitarlo, ricorre ancora una volta al ricatto del finto suicidio.

Cade a questo punto il famoso lapsus di Zeno, il quale, giunto in ritardo al funerale di Guido, anziché seguire il suo feretro, segue quello di un altro defunto.

È questo lapsus che permetterà in seguito allo psicanalista di chiarire la "vera" natura dei rapporti di Zeno con il cognato, il ridicolo individuo che anni prima Ada gli ha preferito come sposo.

Ma Ada, pur non sapendo nulla di psicoanalisi, ha già capito tutto e Zeno si sentirà accusare da lei "di avere odiato Guido e di essergli stato accanto, assiduo, in attesa di poter colpirlo".

Zeno però ha fatto anche di peggio: nei due giorni seguenti la morte di Guido, con una serie di fortunati giochi in borsa (che nel frattempo è andata in rialzo), è riuscito a sanare gran parte della passività provocata dal cognato, che così (è l'accusa di Ada) risulta essersi ucciso "per una cosa che non ne valeva la pena". Zeno ha continuato per tanti anni a vivere sempre pensando e agendo in nome della sua cara malattia, in compagnia delle sue "ultime sigarette".

Un altro esempio, d'opera letteraria che denuncia l'alienazione dell'uomo moderno, fu "Il fu Mattia pascal" di Pirandello che vede il vero successo di Pirandello romanziere.


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