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Il tema della beffa nella tradizione letteraria




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Il tema della beffa nella tradizione letteraria


In tutte la culture, anche in quelle più primitive, esiste uno spazio per la manifestazione del comico, occupato dai buffoni o dalle battute oscene di alcuni riti agresti, dalla derisione dei difetti. Ma la forma più evoluta del comico si realizza attraverso si realizza attraverso la beffa, che va al di là del semplice gusto per il motteggio, e comporta un bel predisposto piano di rovesciamento della realtà.

Nella mitologia greca una specifica divinità si poneva a tutela dei beffatori,chiamata inganno (Apate), figlio della Notte e fratello dell'Amore Furtivo (filotes), che si poneva accanto ad Ermes, il dio protettore dei ladri e dei truffatori.

Così la beffa anima molta parte della letteratura classica, soprattutto la commedia, ma fa la sua comparsa anche in forme letterarie considerate serie, come i poemi omerici.

All'interno delle opere letterarie, il tema della beffa si fonda solitamente sulla contrapposizione tra l'astuzia e la stoltezza, che si pongono in reciproco contrasto proprio come nei poemi epici e nelle tragedie, si trovano contrapposte forza e debolezza. Troviamo così, lungo la tradizione letteraria, una variegata tipologia di "furbi" e di "stolti" con caratteristiche simili ma con collocazioni sociali differenti.Nella letteratura antica, infatti, la figura dell'ingannatore astuto, che raggira con invenzioni fraudolente le sue vittime, è per lo più rappresentata da un servo, che si allea col giovane padrone per ingannare il vecchio padre di costui, intransigente e avaro.Questa collocazione sociale "bassa" dell'ingannatore si è conservata in molte trame di Commedie nelle diverse letterature europee, fino al Settecento.

Nella commedia dell'Arte, che si sviluppò in Italia, la figura dell'ingannatore truffaldino si trasformò in una maschera, come Arlecchino o Brighella. L'astuzia incomincia a godere di una più ampia considerazione anche nell'ambito culturale, tanto che l'"astuto" diventa il protagonista ammirato di molte opere letterarie, come ad esempio il Decameron di Giovanni Boccaccia proprio l'"astuto" assume il ruolo di eroe, contrapponendosi allo "stolto", visto come modello umano negativo, destinato all'umiliazione e alla sconfitta. La beffa ora risiede nella capacità di servirsi del proprio ingegno per dominare la realtà. Una particolare fortuna godette il tema della beffa nel Settecento, collegandosi alla figura dell'avventuriero.

In tempi più vicini a noi la beffa perde il suo carattere gioioso e assume spesso connotazioni che l'avvicinano sorprendentemente al suo opposto, la tragedia; così, in molte opere del Novecento l'orditore dell'inganno non è più visto come l'eroe vittorioso su un tipo umano inferiore, ma è per lo più presentato come inserito anch'esso in un'universale trama di inganni che coinvolge la stessa condizione umana, beffata nelle sue pretese di certezze e di felicità, come ad esempio Pirandello.


Plauto


Plauto è un commediante formatosi nel teatro indigeno popolare e venuto poi a contatto con la commedia greca. Inoltre è il primo autore latino a specializzarsi in un solo genere: la fabula palliata ( Latina con ambientazione Greca ).

Le fabulae palliatae sono ambientate in una città greca (generalmente Atene) e hanno uno o più prologhi (che viene recitato non necessariamente all'inizio della commedia da un personaggio della vicenda, estraneo alla vicenda o da un personaggio allegorico), talvolta acrostici, anche se non sempre di mano plautina. A volte il prologo rompe l'illusione scenica entrando in contatto diretto con lo spettatore. La trama delle commedie è generalmente uniforme: un giovane si innamora di una giovane ma il loro amore è ostacolato dal padre o dalla mancanza di denaro. Il giovane grazie ad astuti aiutanti, generalmente il servus callidus (servo astuto), riuscirà nell'impresa di convincere il padre. Spesso vi è un riconoscimento improvviso della fanciulla come nobildonna o ricca in modo da risolvere i problemi. Le palliatae richiedono un finale rigorosamente lieto. Plauto si serve spesso della contaminatio cioè copia da testi preesistenti apportando piccole modifiche. Alla conclusione della commedia si interrompe nuovamente quando un personaggio di scena chiede gli applausi.I Personaggi di Plauto non sono dei caratteri individuati ma delle maschere fisse che si presentano in scena già conosciute dal pubblico. Nel prologo infatti si allude ai personaggi utilizzando nomi generici non propri. Tuttavia i personaggi nelle commedie potranno anche avere "nomi parlanti" ossia nomi assurdi e impronunziabili che risultano dalla fusione di più parole con un significato descrittivo della funzione del personaggio.

Il teatro plautino si basa su situazioni realistiche, ma sono situazioni convenzionali e spesso ripetitive. Si basa su personaggi inverosimili o meccanismi comici ripetitivi come la beffa ingegnosa, l'equivoco, lo scambio di persona o il travestimento. Plauto è infatti poco interessato alle trame delle sue commedie e spezza l'illusione scenica costringendo lo spettatore non ad immergersi nella vicenda ma a guardarla dal di fuori. Anche il significato del teatro plautino che è abbastanza liberatorio e carnevalesco e tale per coinvolgere meglio il pubblico e farlo divertire maggiormente.

Il teatro plautino è una commistione di commedia nuova e farsa italica. Da quest'ultima derivano il dinamismo scenico, la ricchezza di battute, giochi di parole e linguaggio metaforico oltre ad ovviamente parodie del linguaggio ufficiale o del linguaggio della tragedia greca.


Anfitrione


Il tema della beffa è al centro di gran parte delle trame della Commedia del mondo greco e latino; tra i commediografi antichi che maggiormente si servirono di questo tema per animare la comicità delle loro opere, si colloca Tito Maccio Plauto, uno dei massimi rappresentanti della letteratura latina. In una sua commedia, intitolata Anfitrione, Plauto sfrutta il tema della beffa in modo alquanto inusitato, coinvolgendovi personaggi che di solito si trovano al centro di opere epiche o tragiche: un eroe e un dio, anzi, il sovrano stesso degli dei, Giove.

La trama infatti ruota intorno a un ingegnoso inganno escogitato da Giove ai danni di Anfitrione, eroico re di Tebe ,lontano dalla sua città perché impegnato nelle guerra contro i Teleboi: per poter godere di una notte d'amore con la regina Alcmena, bellissima e virtuosa sposa di Anfitrione, il padre e sovrano degli dei assume l'aspetto dello stesso Anfitrione e, accompagnato dal dio Mercurio, che a sua volta ha assunto le sembianze di Sosia, servo di Anfitrione, si presenta a lei come un reduce vittorioso della lunga guerra.

La bella Alcmena, felice per questo insperato ritorno, accoglie tra le sue braccia colui che crede essere il suo sposo. Per protrarre il piacere di quella notte d'amore, Giove ordina al dio delle tenebre di prolungare la sua permanenza nella terra e al dio del sole di ritardare la sua apparizione in cielo; come custode della sua quiete, pone davanti alla porta della reggia di Mercurio,con l'aspetto di Sosia.

Proprio in quella stessa notte, però, il vero Anfitrione sta per raggiungere Tebe dopo aver concluso vittoriosamente la guerra, ed invia il suo servo Sosia ad avvisare Alcmena del suo prossimo arrivo.

La scena qui riportata, appartenente al primo atto, rappresenta l'incontro tra lo sbalordito servo Sosia e il dio Mercurio, che ha assunto il suo aspetto e si fa crudelmente beffe di lui.

La commedia termina con la rivelazione fatta da giove ad Anfitrione del suo inganno; frutto della notte d'amore di Giove e Alcmena sarà la nascita di Ercole, uno dei più celebrati eroi della mitologia greca.

Tanto vasta è stata la diffusione di questa commedia nel mondo antico e moderno,che i nomi dei suoi protagonisti, Anfitrione e  Sosia, sono diventati, in molte lingue europee, nomi comuni: Il primo indica colui che offre generosa ospitalità a qualcuno, il secondo designa invece una persona che riveli una somiglianza quasi perfetta con un'altra.


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