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"il fu mattia pascal"




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I Malavoglia Giovanni Verga (Milano, 1881) GENERE: Romanzo realistico
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"IL FU MATTIA PASCAL"


"Il fu Mattia Pascal" presenta due introduzioni:

  1. prima: descrive la biblioteca di Mirano e la sua storia
  2. la seconda si intitola: "Seconda premessa (filosofica) a mò di scusa"

Il romanzo è ambientato a Miragno, un mediocre paese ligure, dove vive Mattia, un personaggio abulico, emblema stesso della perplessità dell'uomo contemporaneo, non particolarmente capace in nulla, non è disposto a fare scelte. Aveva ereditato una grossa somma dal padre, ma ormai era ridotto in miseria perché l'amministratore, Batta Malagna, gli fregava tutto, cos' viene assunto nella biblioteca. Nessuno sa che ci sia e non ci va mai nessuno; si trova in una vecchia chiesa sconsacrata, dove c'è solo il bibliotecario don Eligio.


La prima introduzione

Questa è una riflessione sulla cultura e sull'inutilità del libro e di come sia inutile ciò che si legge.

Monsignor Boccamazza, un esperto conoscitore, aveva costruito la biblioteca e l'aveva poi lasciata al comune che li aveva messi in una chiesa, dove ammuffiscono. È evidente l'ironia sull'amore per lo studio: Monsignor Boccamazza ha amato gli studi e ha voluto dare alla sua cultura un senso pubblico, poiché era convinto che la cultura avesse un valore sociale, ma il non è utile. Inoltre la chiesa è sconsacrata ha significare che la letteratura ha perso la sua aureola che la rendeva consacrata, ha perso la sua essenza e la sua dignità.


La seconda introduzione

In questa sezione Pirandello afferma: "Non è più tempo di scrivere nemmeno per scherzo"; poi argomenta dicendo: "Maledetto sia Copernico", perché l'uomo prima non sapeva che la terra girasse, non sapeva di essere su una trottolina in un universo infinito. Quindi l'uomo antico aveva un'alta dignità di se stesso e allora aveva senso una bella narrazione, che arricchiva l'uomo. Ma ora che l'uomo non è più niente, che è solo un puntino smarrito, non ha più importanza la narrazione, conoscere i sentimenti e le notizie. Se tutto è nulla, la letteratura non serva a nulla. L'atto più onesto sarebbe non scrivere perché, scrivendo, l'uomo continua ad illudersi e illudendosi si distrae e allora la letteratura ha senso come momento di distrazione. Allora perché si scrive? Perché l'uomo non può smettere di illudersi e i suoi sforzi di consapevolezza non impediscono la ricerca delle maschere. In questa introduzione Pirandello si scusa proprio per questo.

Ma il vivere come personaggio fuori, come il non-Mattia Pascal è tanto drammatico e così impensabile che l'uomo si distrae facilmente. Dimentichiamo il nostro essere nulla per aggrapparci a sentimenti che sappiamo essere vuoti ma che ci danno illusione. In virtù di questa distrazione è ancora possibile scrivere. Chi legge deve sapere che quello che sta leggendo è falso, deve avere un atteggiamento umoristico di fronte al libro, come di fronte alla realtà.


"Il fu Mattia Pascal"è una summa di temi pirandelliani. Mattia, arrivato in fondo alla vita, dopo aver scoperto di non essere, racconta in prima persona la sua vicenda, partendo da quando non era consapevole.

Per cui il montaggio del romanzo appare così: considerando con A Mattia consapevole e con B Mattia inconsapevole:

AA B BA

Il primo blocco della narrazione è ambientato a Miragno: Mattia racconta la sua disperazione prima della vicenda romana. Emergono qui dei temi fondamentali, fra questi quello della famiglia e del lavoro che intrappolano. La famiglia di Mattia è nata per puro caso: Mattia è un inetto (è un personaggio moderno), l'unica cosa che sa fare è che ha fortuna con le donne.

Succede un parossismo: Mattia ha un amico, Pomino, il quale è innamorato di Romilda, ma non ce la fa, così chiede aiuto a Mattia, il quale lo aiuta ma la mette incinta. Entra poi in gioco la madre di Romilda, che non le vorrebbe far sposare Mattia, ma all'avvocato di Mattia, il Malagna, il quale però è sterile e non accetta questo fatto. Mattia, per vendicarsi dei soldi che gli ruba, la ingravida ed è così costretto a sposarla, anche se non la ama.

Decide così di fuggire, legato agli stereotipi del tempo vorrebbe andare negli Stati Uniti, ma arriva a Montecarlo, dove vince.

Emerge qui il tema del gioco d'azzardo, si sofferma nella descrizione del casinò perché per Pirandello e per la letteratura decadente questo sottolinea la casualità della vita, è l'emblema stesso della vita, che non si può comprendere (anche Dostoievskij scrisse "Il giocatore").

Mattia è poi aiutato da una circostanza: è stato riconosciuto morto: si sente quindi libero di non avere più una forma. Qui ancora non è consapevole della maschera, vive questa libertà come opportunità di vivere una vita nuova, non sa che questo significa ricostruirsi una maschera, nell'illusione che fuori da Miragno ci sia la possibilità di essere felici. Si lancia in una serie di viaggi in una forma di esotismo. Fra questi viaggi è importante l'approdo a Milano, dove Pirandello prende posizione contro il progresso e la civiltà tecnologica; prende poi le distanze dalla scienza, riprendendo temi da Leopardi e da Verga (non è qui molto originale).

Ma Mattia sente un senso di precarietà e di vuoto: mostra la sua inconsapevolezza e va a Roma, nella capitale. Roma è descritta come una città morta, inesistente nel fascino di una gloria antica deturpata dalla modernità. Pirandello, per bocce di un suo personaggio, la definisce un'"acquasantiera che la modernità trasforma in cenere".

Mattia si presenta in casa di Anselmo Paleari, personaggio strano e inquietante a cui Pirandello attribuisce consapevolezza e che quindi porta le idee dell'autore. Anche questa è una casa dell'assurdo.

Mattia cambia nome e si chiama Adriano Meis:ma sperimenta, qui, lo stesso vuoto che sentiva a Miragno. Ma ora questa maschera non ha nemmeno un riconoscimento autobiografico, non può quindi sposare Adriana, la figlia di Anselmo. Si dimostra qui la prigionia della maschera: gli vengono rubati dei soldi ma non può denunciare il furto; a un certo punto viene sfidato a duello da un pittorucolo, ma non può andarci perché non può dichiarare le sue generalità.

Decide così che è meglio essere Mattia , finge così di suicidarsi; tornando a Miragno vede che Romilda ha sposato l'amico Pomino. Mattia avrebbe la legge dalla parte se volesse riprendere la sua maschera reale, ma preferisce vivere come fu Mattia Pascal.

D'un sol colpo, per motivi non logici, gli si rivela la realtà: capisce di non essere, che lui è un forestiere delle vita, nel senso che l'esistenza individuale non c'è. Finora ha cercato di vivere, ora decide di non vivere. Rinuncia all'autoinganno di un'identità e vive nel non essere. Capisce che la forma non può dare un'identità.

Così continua a vivere a Miragno come inesistente: va in biblioteca da dove osserva il movimento della vita: La biblioteca diventa qui il segno del suo essere fuori dalla vita; si reca poi alla sua tomba e vi pone delle corone di fiori, per indicare la morte della sua identità. Approda alla negazione completa dei significati.

Nella conclusione Pirandello mette in guardia come non si possa dedurre una morale da tutto questo, come non si possano trarre conclusioni. Invece Don Egilio fa quello che Pirandello non vorrebbe, trae la conclusione che "al di fuori dalla forma non è possibile vivere.

Il critico Benedetto Croce ha interpretato in tale modo il romanzo ed ha parlato di trionfo dello stato sociale; ma questo non è il senso del romanzo perché contraddice quello che dice Mattia.

Pirandello voleva invece mostrare come il gioco delle maschere può interpretare la vicenda, dimostrando l'incomunicabilità con il mondo esterno.

La vera soluzione è che lui in realtà non è tornato alla legge.


"LO «STARPPO NEL CIELO DI CARTA» E LA «LANTERNINOSOFIA»" (pag. 791)

Questo brano è importante per capire la filosofia di Pirandello: è una discussione fra Anselmo Paleari, portavoce di Pirandello, e Mattia-Adriano. Adriano però rimane sordo.

Paleari invita Adriano ad uno spettacolo di marionette automatiche, il che allude alla nostra condizione esistenziale e alla tragedia antica, che affrontava grandi sentimenti, quella tragedia che è morta, perché sono morti i grandi sentimenti in nome dei quali si può agire.

È questa una polemica rivolta anche al teatro realistico contemporaneo.

Lo strappo nel cielo di carta rappresenta il nostro comprendere di essere personaggi fuori. se il cielo si strapasse Oreste rimarrebbe incapace di agire, comprenderebbe di essere personaggio fuori. Oreste diverrebbe Amleto: all'uomo alimentato da grandi valori si sostituirebbe l'uomo contemporaneo pensoso e incapace di certezza come Amleto.

Perché queste tesi sono portate avanti da Paleari?

  1. perché Mattia non è consapevole;
  2. perché Paleari ha già avuto questa scoperta.

Pirandello vuole dimostrare che alla scoperta di essere personaggio fuori non ci si può arrivare tramite le argomentazioni di un altro.

Paleari esprime quindi la lanterninosofia, secondo cui l'io è solo una proiezione di luoghi comuni, e quindi non esiste.


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