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Il femminismo




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IL FEMMINISMO



Ho scelto di trattare il femminismo perché, nonostante la parità dei diritti e l'accesso alle professioni siano ormai conquiste definitive delle donne, queste "conquiste" sono tuttora segnate da numerosi pregiudizi. Spesso si attribuisce la maggiore responsabilità della "crisi di famiglia" alle loro aspirazioni, e la subordinazione della donna al marito ancora oggi viene considerata una garanzia di unità familiare. Nella società contemporanea, di fatto, l'eguaglianza sociale, economica e politica fra uomini e donne è ancora lontana, anche se dal punto di vista formale già dal 1970 la maggior parte delle donne nel mondo ha ottenuto il riconoscimento di pari diritti rispetto agli uomini. Infatti, come denunciato in uno studio promosso dall'ONU nel 1996, sono ancora numerosi e diffusi gli effetti della discriminazione sessuale. Inoltre alcuni studiosi sostengono che in Europa e nel vicino Oriente le società primitive fossero basate sul matriarcato e che solo all'epoca delle prime fonti scritte fiorirono le prime società di tipo patriarcale. La credenza secondo cui le donne erano naturalmente più deboli e inferiori agli uomini, fu rafforzata dalle religioni. Nella Bibbia, per esempio, Dio pone Eva sotto l'autorità di Adamo e S. Paolo esorta le donne ad obbedire ai propri mariti; anche nella tradizione induista si considera virtuosa la donna che venera il proprio consorte.

Al giorno d'oggi nel mondo occidentale, si può dire che la donna abbia raggiunto la parità e la competa autorità rispetto al sesso maschile anche se persistono le discriminazioni dettate ormai più dall'ignoranza che da una vera e propria ideologia. Tutto questo però perde di significato nei paesi più arretrati e più miseri, come se l'arretratezza economica andasse di pari passo con la civiltà, dove le donne sono ancora sottomesse e discriminate da secoli. Come esempio più attuale si può fare riferimento alle donne mussulmane e alla devastante situazione in Iraq, dove la campagna terrorista colpisce di preferenza le donne, in qualche modo simbolo di una società che tenta di alzare la testa e che va invece ricacciata nel passato; esse rischiano così di subire una riduzione allo stato primordiale. Le donne che non si comportano secondo la"sharja" vengono bruciate vive, sgozzate, violentate, rapite e vendute all'estero e divengono gli obiettivi della nuova morale sciita. Non importa che le accuse siano o no veritiere, bisogna che la devastazione di quelle donne divenga monito per tutte le altre.

Queste le motivazioni che mi hanno spinta a voler ricordare le donne che si sono impegnate e tuttora si battono per la questione femminista, insegnandoci che, nonostante siano gia stati fatti passi da gigante, la strada per la totale emancipazione delle donne di tutto il mondo è ancora lunga e soprattutto piena di ostacoli.





































STORIA:        -Il femminismo e le sue origini




INGLESE:  Feminism in England

-Suffragettes

- Emmeline Pankhurst



ITALIANO:  Femminismo in Italia

- Sibilla Aleramo

-"Una donna"



TEDESCO:      Frauenbewegung in Deutschland - Der Internationale - Der Internationale Frauentag

- Clara Zetkin



SPAGNOLO:     Feminismo en España

Frida Kahlo




STORIA DELL'ARTE: Analisi opera:

"Henry Ford Hospital" di Frida Kahlo


IL FEMMINISMO E LE SUE ORIGINI

Il femminismo è un movimento volto a conseguire eguaglianza politica, sociale ed economica tra uomini e donne. Fra i diritti per cui le donne si mobilitano vi sono: il diritto all'istruzione, il diritto al lavoro, il suffragio universale (cioè il diritto di voto) e la libertà sessuale. Nella società contemporanea, di fatto, l'eguaglianza sociale, economica e politica fra uomini e donne è ancora lontana, anche se dal punto di vista formale già dal 1970 la maggior parte delle donne nel mondo ha ottenuto il riconoscimento di pari diritti rispetto agli uomini. Come denunciato in uno studio promosso dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) nel 1996, sono però ancora numerosi e diffusi gli effetti della discriminazione sessuale.


Le origini del femminismo

Il movimento per i diritti delle donne, detto anche movimento femminista, si affermò per la prima volta in Europa nel tardo XVIII secolo, e dopo importanti conquiste ottenute a cavallo del XIX e del XX secolo passò momenti di difficoltà fino a rifiorire durante gli anni Sessanta del Novecento. Questa lotta per la piena parità delle donne in ambito politico, sociale, economico, familiare, era inizialmente centrata sui temi del lavoro e del diritto di voto. La prima riunione ufficiale del movimento per il diritto al voto si tenne a Seneca Falls, negli Stati Uniti, nel 1848. Nel 1867 nacque in Gran Bretagna la Società nazionale per il voto femminile e nel 1903 venne fondata l'Unione sociale e politica delle donne. Si diffuse in Inghilterra, ma anche in Francia, il movimento delle "suffragiste" o "suffragette" (che chiedevano appunto il diritto di voto per le donne). La progressiva conquista del diritto di voto avvenne durante la prima metà del XX secolo (1946 in Italia).

A partire dagli anni Sessanta, in tutti i Paesi occidentali le rivendicazioni femminili sono divenute materia politica determinante. In Italia, la riforma del diritto di famiglia e la legislazione sul divorzio e sulla maternità responsabile sono state riconosciute come conquiste di tutta la società, ma in particolare come una vittoria delle donne.

Negli USA si sviluppò anche un femminismo estremista, radicale, ma minoritario, che teorizzava il completo superamento dei ruoli tradizionali e, in alcuni casi, la costituzione di società al femminile, con l'esclusione degli uomini.

In Italia la prima grande manifestazione delle donne si svolse a Roma, il 6 dicembre 1975. Essa proponeva una serie di parole d'ordine contro il vecchio, e tipicamente maschile, modo di far politica. "Il personale è politico" affermavano le femministe, rivendicando l'urgenza di una mutazione dei rapporti sociali e civili fra uomini e donne, che molto spesso, anche all'interno della sinistra rivoluzionaria, conservavano la vecchia determinazione dei ruoli. "Il corpo è mio e lo gestisco io" era un altro slogan di successo, che proponeva l'idea di una compiuta autonomia e liberazione sessuale da parte delle donne.

Altre rivendicazioni andavano nel senso della costruzione di un ruolo sociale pienamente soddisfacente e non marginale per la parte femminile del Paese. Questo significava, da un lato, la lotta per la conquista delle pari opportunità nello studio e nel lavoro, dall'altro rivendicazioni come il salario alle casalinghe; tale richiesta partiva dal presupposto che il lavoro domestico non fosse una "missione" femminile, ma un vero e proprio lavoro, che andava regolarmente riconosciuto e salariato. Molto attivo fu il movimento femminista italiano nella mobilitazione dell'opinione pubblica in occasione del Referendum sulla legalizzazione dell'aborto, mettendo così in moto un processo che avrebbe portato alla conferma della legge 194 del 1978. Questa prevedeva la possibilità di interrompere la gravidanza entro i primi tre mesi; molti medici cattolici avevano però dichiarato la loro obiezione di coscienza e il "movimento per la vita", di ispirazione cattolica, aveva raccolto firme per il Referendum del 1981 che vide il successo dello schieramento laico.

Negli anni Ottanta il movimento ha saputo organizzare iniziative sul piano sociale e culturale, quali la gestione di librerie, centri di documentazione, case e editrici e via dicendo, allo scopo di sviluppare una cultura attenta alle problematiche femminili.






















SUFFRAGETTES


Give Women the Vote!

From the middle of the 19th century, many women campaigned peacefully for the right to vote on the same terms as male voters. They organised themselves into groups, held meetings, sent petitions to Parliament and tried to persuade MPs to change the law to enable them to vote. In 1897 all these small groups came together to form one large group: The National Union of Women's Suffrage Societies (NUWSS) led by Millicent Fawcett. However, the Government continued to ignore the activities of the NUWSS and, at the beginning of the 20th century, women seemed no nearer to obtaining the right to vote in parliamentary elections.

Parliament believed that women simply would not understand how Parliament worked and therefore should not take part in the electoral process. This left many women angry and in 1903 Emmeline Pankhurst and her daughters Christabel and Sylvia founded the Women's Social and Political Union. They wanted women to have the right to vote. The Union became better known as the Suffragettes. Suffragettes were against the Liberal government, led by the Prime Minister, H.H. Asquith, and plenty of ordinary people (men and women) who opposed their aims and methods.

Members of the Suffragettes were prepared to use violence and aggressive methods to get what they wanted. The motto of the WSPU was 'Deeds not words'. The Pankhursts and their supporters were determined to win the right to vote by any means.

For over ten years the Suffragettes tried to get Parliament to change the law and allow women to get the vote. At the start of their campaign they held large meetings, shouted at politicians and wrote petitions to Parliament, but this did not make much difference. So the methods changed and became more militant (more aggressive). They smashed windows, burned post boxes and bombed and burned buildings.

Some women were arrested and sent to prison. When in prison the Suffragettes went on HUNGER STRIKE in order to gain greater publicity and refused to eat. Eventually the women were FORCE-FED. A tube was forced down their throat and liquid was poured down. It was very painful.

In 1913 the government introduced a new law, the Cat and Mouse Act to deal with this hunger strikes: a woman near to death was released but once a woman was restored to health, she was put back to prison. These events led to the death of Emily Davison in 1913 when she fell beneath the hooves of the King's horse in the Derby at Epsom

The First World War changed everything. Suffragettes abandoned their campaign in order to actively support the war. Emmeline Pankhurst and her daughter Christabel became committed to the war effort. Her other daughter Sylvia was a pacifist but remained a committed suffragette

Many people disapproved of the militant actions of the WSPU. Although some men supported the cause of women's suffrage, many men did not agree because they felt that they were superior to women and women were not capable of being involved with governmental issues. Some men formed anti-suffrage groups.

This is an original postcard created by the leaders of the Anti-Suffrage League in 1908. This image shows how other people thought of women voting

 



Women eventually gained the vote in 1918 when the Qualification of Women Act (1918) gave women over the age of thirty the vote if they were householders. Ten years later, the Equal Franchise Act (1928) gave all men and women aged 21 or over the vote.



Emmeline Pankhurst is considered one of the leaders of the suffragette movement in Great Britain.

She was born in Manchester, nee Goulden, in 1858 and died in 1928. She married Richard Pankhurst, a firm believer in the social and political emancipation of women and his ideas did a lot to bolster the beliefs of Emmeline.

Richard Pankhurst died in 1898 but he left his mark on Emmeline. In 1889, both Emmeline Pankhurst and her husband had founded the Women's Franchise League. This movement had a specific agenda but was seen to be hopelessly out of touch with society. By 1903, Emmeline's daughter, Christabel, had persuaded her mother to form a far more militant organisation - the Women's Social and Political Union.

During the famous militant acts of the WSPU, Emmeline Pankhurst took on a decisive role that saw her being arrested on a number of occasions - six times between 1908 and 1912. As the Suffragette movement became more militant, so society took a more hard line view on their activities. The 1913 Derby and the act of Emily Wilding Davison shocked and outraged society. However, during World War One, Emmeline Pankhurst encouraged all women to do what they could for the war effort. There is a definite link between the work women did in World War One and their enfranchisement in 1918 - though historians have questioned just how important that link was.

In 1919, Emmeline Pankhurst emigrated to Canada, having left the Independent Labour Party. She stayed in Canada until 1926. Ironically, just before her death in 1928, she was adopted by the Conservative Party to stand for the seat in Whitechapel.

For many people, Emmeline Pankhurst symbolises the struggle women made at the start of the C20th - a struggle that garnered its fruit in 1918.





IL FEMMINISMO IN ITALIA:  SIBILLA ALERAMO





Biografia


Rina Faccio (riproduzione qui a fianco), conosciuta con il nome di Sibilla Aleramo, nasce ad Alessandria il 14 Agosto del 1876. A causa dell'attività lavorativa del padre cambiò spesso città fino a stabilirsi a Porto Civitanova Marche dove cominciò a lavorare presso uno stabilimento industriale. All'età di quindici anni è sedotta da un collega e per riparare al danno nel 1893 si sposano. Ciò segnò in modo indelebile la sua esistenza, proiettata magistralmente nel romanzo autobiografico Una donna, nel quale critica il rapporto coniugale definito oppressivo e frustrante. Nell'apice drammatico della sua esistenza finì con il tentare il suicidio e quando si riprese cominciò a concretizzare le sue aspirazioni umanitarie e socialistiche, iniziando anche a scrivere racconti e articoli giornalistici. Erano gli anni 1898-1910: Sibilla scrisse che il femminismo si concentrava ora nella letteratura e nella spiritualità, nella rivendicazione della diversità femminile; credeva infatti in una spiritualità femminile e cioè nel fatto che tra uomo e donna c'è una spiritualità diversa. Le donne sono intuitive e hanno un contatto più rapido con l'universo producendo così una poesia sconosciuta al mondo maschile. Nel 1899 si trasferisce a Milano dove dirige il giornale L'Italia femminile.

Nel 1902 la sua relazione amorosa con il poeta Damiani la spinse ad abbandonare la famiglia e a trasferirsi a Roma. Qui legò una nuova relazione con G. Cena, direttore di una rivista e animatore d'iniziative democratiche e unitarie. A Roma entrò in contatto con l'ambiente intellettuale e artistico .

Nel 1906 pubblicò Una donna che rappresentava un concentrato di tutti i modi positivi e negativi che lei nel corso della sua carriera modulerà in forme diverse; dall'autobiografismo pieno d'autocontemplazione. Intensificò la sua attività femminista e unitaria soprattutto promovendo l'istruzione del mezzogiorno (Agropontino, Maccarese ancora paludosi e malsani). Tra il 1913 e il 1914 si trovò a Parigi, dove entrò in contatto personalità di spicco della cultura internazionale, come Apollinaire e Verhaeren. Durante la grande guerra incontrò Campana, con cui ebbe una relazione tempestosissima.

Conobbe Emilio Cecchi, con il quale mantenne una grande amicizia, e poi Marinetti e D'Annunzio col quale instaurò una corrispondenza. Dopo la relazione con Cena ne ebbe altre più o meno lunghe per lo più con intellettuali e artisti fino a quando non incontrò il giovane Matacotta al quale restò legata dal 1936 al 1946. Narrò tutti i suoi amori nelle sue opere evidenziando il fatto che la vita e la letteratura fossero legate in modo inscindibile. Nel 1919 esce Il passaggio, una nuova tessera romanzesca aggiunta alla costruzione mitologizzante del proprio personaggio. Del 1921 è la prima raccolta di liriche, Momenti. Fra il '20 e il '23 è a Napoli, dove scrive un poema drammatico dedicato a D'Annunzio, Enmione. Aderisce al manifesto antifascista degli intellettuali promosso da Croce. Nel 1927 esce il romanzo epistolare Amo dunque sono. Del 1929 è la raccolta Poesie. Un anno pubblica un volume di prose varie, Gioie d'occasione. Parallelamente escono tra il 1932 e il 1938 un romanzo, Il frustino, e un'altra raccolta di poesie, Sì alla terra, così come una nuova serie di prose Orsa minore che ha per sottotitolo la frase indicativa di una non rimossa vena autobiografica, Note di taccuino.

Nel dopoguerra Sibilla si iscrive al PCI e abbandona il filone letterario dedicato ad un autobiografismo leggendario e affabulatorio, per dedicarsi ad un impegno politico e sociale sempre più intenso, un impegno che la porterà a fare lunghi viaggi nei paesi dell'Est e a collaborare con Case del Popolo e circoli ricreativi. Iniziano in questo periodo le collaborazioni all'Unità ed a Noi donne. Nel 1947 pubblica tutte le sue poesie nel volume Selva d'amore, cui fa seguire nel 1956 la nuova raccolta Luci della mia sera, in cui grandeggia l'enfasi della nuova militanza, in una dimensione tutta corale. In quegli ultimi anni, in cui cerca di dimenticarsi e mimetizzarsi nella folla dei destini minimi, annota nel suo diario un pensiero quasi testamentario con sconsolata ironia: 'Ho fatto della mia vita, come amante indomita, il capolavoro che non ho avuto così modo di creare in poesia'. Dopo una lunga malattia, morì a Roma il 13 gennaio 1960.


UNA DONNA

Sintesi:

Il romanzo di Sibilla Aleramo 'Una donna' inizia col ricordo della fanciullezza della protagonista, che fu libera e spensierata, infatti ella rivede la bambina che era, e le sembra quasi un sogno tanto era bello quel periodo.
Per parecchio tempo, nell'epoca buia della sua vita, rivivendo quei momenti le viene da pensare alla vera felicità. Era la maggiore di quattro fratelli, la preferita dai genitori. All'età di dodici anni si trasferì con la famiglia da Milano in una cittadina del Mezzogiorno perché il padre aveva ottenuto la direzione di un'industria chimica. Dopo pochi anni che si trovava nel nuovo paese, la protagonista interruppe gli studi e venne impiegata regolarmente nella fabbrica diretta dal padre e da qui inizia il suo periodo di solitudine; non aveva amiche perché restava tutto il giorno a lavorare, le donne del paese riferivano cose orrende sul suo conto perché non badava alle faccende di casa e occupava un ruolo che al tempo era riservato ad un uomo. Inoltre, non aveva più accanto a sé la mamma, che la trascurava parecchio perché non condivideva le scelte della figlia. Il paese dove viveva la famiglia non offriva svaghi, la madre della protagonista si era piano piano chiusa in se stessa, dato che non aveva amiche e stava tutto il giorno in casa a leggere; un giorno però presa dalla depressione, si gettò dal balcone e miracolosamente si salvò.                             Quando le cose sembravano essersi sistemate nella famiglia della protagonista, proprio quest'ultima venne a sapere dei continui tradimenti del padre verso la madre. Ma come poteva essere possibile che il tanto adorato padre tradisse la madre con una ragazza poco più grande della figlia? Il mondo
improvvisamente le cadde addosso ed ella perse la fiducia che aveva nell'uomo e mai più riuscì a riacquistarla. A risistemare un po' le cose per la giovane arrivò l'amore, un ragazzo di venticinque anni, suo collega d'ufficio. Le chiacchiere in paese si diffusero subito, in quanto lei aveva solo sedici anni, lui invece venticinque, ma col passare del tempo si placarono. Il tempo passava e la protagonista trovò nel fidanzato un uomo geloso e incolto che lei però voleva amare ugualmente. Arrivò così il matrimonio che fu infelice da subito; la ragazza rimase incinta, ma perse subito il bambino e pensava che se aveva perso il bambino era perché Dio capì che il bimbo non avrebbe vissuto in una famiglia felice come invece era stata la sua.

Gli anni passano e la protagonista riuscì di nuovo ad avere un figlio, era felicissima, ma dopo poco tempo dovette darlo nelle mani di una nutrice perché non aveva più latte per nutrirlo. Per il malinteso, la protagonista fu giudicata male da tutto il paese e per la vergogna, anche se non aveva commesso niente, decise di togliersi la vita bevendo del veleno, ma per fortuna il suo gesto fu interrotto dall'arrivo del marito, giunto appena in tempo per salvarla. Da quel giorno la giovane donna decise di cambiare completamente vita, iniziando a migliorare il rapporto col marito. Seguì poi un periodo intenso nel quale ella visse solo di letture, meditazioni e dell'amore del figlio. In seguito partecipò ad un movimento femminista che si sviluppò nel capoluogo della sua provincia che sosteneva era stata, fino a quel momento, trattata come una schiava ed ignorata. Iniziò un nuovo lavoro in una casa editrice di Roma, la città in cui si era trasferita da poco con la famiglia. Era entusiasta di questa nuova vita, aveva perfino iniziato a frequentare i teatri, i musei ed aveva un gruppo di amiche. Sembrava veramente rinata. Divenne ben presto amica e consigliera del suo principale, una donna che all'apparenza sembrava avere tutto: soldi, carriera, famiglia, ma che in realtà soffriva tremendamente, e alla protagonista sembrava di rivedere se stessa qualche anno prima.

Alla fine dell'inverno il figlioletto di appena cinque anni si ammalò gravemente. La malattia del bimbo durò alcuni mesi, alla fine dei quali la famiglia si concesse una vacanza in montagna per permettere al piccolo di ristabilirsi. Quando tornarono il marito si trasferì nuovamente nel paese d'origine, nella casa che in precedenza era stata del suocero, a dirigere la fabbrica di quest'ultimo; lei restò a Roma col figlio e una domestica. In quei giorni di assenza del marito, la protagonista capì di non averlo mai amato, e di averlo sposato perché ormai le chiacchiere in paese erano troppe e se lei non avesse compiuto quel passo, sarebbe stata definita una ragazza facile e una poco di buono. Dopo pochi giorni il marito tornò e la donna le propose una separazione amichevole, pensando che lui accettasse. La sua reazione invece fu tremenda, la gettò in terra ed iniziò a percuoterla mentre ella si dibatteva, allora lei si rassegnò e chiese perdono dicendogli che aveva pensato alla separazione in un momento di depressione, ma che era stata una pessima idea. Chiarite le cose il marito ritornò al paese e la protagonista continuò a soffrire in silenzio e a piangere per non essere riuscita a mettere fine alla storia una volta per tutte. Dopo poco tempo raggiunse il marito, trovò l'uomo cambiato, affettuoso, non più rude come era stato per anni. Nel paese non c'era più nessuno della sua famiglia, i genitori e due fratelli erano tornati a Milano e la sorella si era sposata ed era andata a vivere nel Veneto. Era sola, suo figlio era l'unico compagno. In quei giorni le passò davanti tutta la sua gioventù: le corse in giardino, alla fabbrica, le ore passate con la mamma e sempre in quei giorni trovò nella soffitta delle vecchie lettere che la madre scrisse al proprio padre dicendogli che soffriva a causa del marito, ma che non l'avrebbe lasciato per amore dei figli; la protagonista capì allora che doveva continuare a stare col marito, anche soffrendo, per amore del piccolo. Le liti col marito intanto continuavano, ma la giovane teneva duro per cercare di far crescere il figlio in una famiglia unita. Dalle liti però si passò alle botte e la ragazza stremata decise di partire, ma quando lo comunicò al marito, lui disse che avrebbe acconsentito purché il piccolo fosse rimasto con lui. La donna partì e tornò a Milano con la speranza che nel giro di pochi giorni avrebbe fatto in modo che suo figlio la raggiungesse. I giorni passarono e pure i mesi e gli anni, ma il suo piccolo a Milano non venne. Le lettere che la madre gli scriveva non ebbero mai una risposta, la protagonista allora, soffrendo in silenzio, scrisse un libro di modo che le parole contenute in esso lo raggiungessero.

CONSIDERAZIONI:


Il libro Una donna di Sibilla Aleramo è uno dei primi libri femministi usciti nel nostro paese ed è una testimonianza della condizione femminile nella prima metà del XX secolo nell'Italia del Sud. Attraverso la narrazione, l'autrice esprime dei concetti molto forti sul ruolo della donna nella società, ma molto più nella famiglia e nella vita privata. Non diario, non romanzo, né autobiografia, Una donna potrebbe forse definirsi "esercizio d'autoanalisi" in forma letteraria: probabilmente una severa, a tratti spietata, riflessione sul proprio vissuto e su come avrebbe potuto o dovuto essere. La protagonista, privilegiata per nascita, più colta e più ricca delle sue coetanee, dopo un'infanzia serena e un'adolescenza vivace, trasferitasi con la famiglia in un paesino del meridione si trova, suo malgrado, invischiata nella logica del matrimonio "obbligato" con un ottuso e tracotante "ragazzetto" del luogo che l'aveva insidiata e di cui lei stessa, per un tempo brevissimo, s'era ritenuta innamorata. Da questo matrimonio subito rivelatosi tragicamente sbagliato, nasce il figlio che per dieci anni sarà, a suo dire, l'unico vincolo che la tiene legata alla vita. La solitudine, la repulsione per la cruda e animalesca sessualità del marito, la soffocante atmosfera del paese, la spingeranno a ritenere se stessa già quasi morta e, infine, dopo il tentato suicidio, a trovare conforto nella scrittura. I destini familiari la condurranno a Roma dove, giovane redattrice di una rivista velleitariamente femminista, inizierà il suo doloroso percorso d'autocoscienza. Quando si trasferisce a Roma, scopre la lettura, la pratica della scrittura, i conflitti sociali, ma anche il mondo politico e culturale delle donne: 'Per la prima volta sentivo intera la mia indipendenza morale'.  Infine, ritornata al paese con il marito colpito da una malattia "infamante", ma pur sempre deciso a soggiogarla e a reprimerne le richieste di separazione, prenderà la decisione della fuga verso il nord, sola, senza il figlio amato. In questa storia, a tratti limpida ed emblematica narrazione di un percorso di coscienza storica e di liberazione personale, si innestano le figure di un padre apparentemente illuminato, libero pensatore, dai caratteri fascinosi e moderni, che delega alla figlia appena adolescente una parte non marginale della direzione della fabbrica e di un marito che si comporta con la moglie, né più né meno di qualsiasi uomo della sua epoca: egoista e cieco di fronte alla sua disperazione e al destino oscuro che l'attende dopo il volontario esilio nella follia. Vi é poi la figura della madre stessa ("e per la prima volta ella mi era apparsa come una malata: una malata cupa che non vuol essere curata, che non vuol dire nemmeno il suo male") paradigma femminile in disfacimento, senza ombra di riscatto dalla propria debolezza, che trova rifugio nel progressivo oblio della ragione. La madre rappresenta infatti ciò che lei non vuole essere, ma che purtroppo è destinata a diventare se non interrompe la strada che tutte le donne sono destinate a seguire. Infine, il marito: ottuso, incolto, legato indissolubilmente ai rituali della violenza e del possesso, incapace, per carattere e tradizione, di superarli se non per qualche sporadico e confuso momento. E la protagonista, sempre più consapevole della propria alterità, assiste attonita e impotente alla repressione d'ogni suo impulso vitale, quindi, attraverso l'osservazione, pur confusa e superficiale, delle vite diverse degli operai della fabbrica paterna, della miserabile esistenza delle popolane romane e dei movimenti delle classi lavoratrici, rialza il capo e trova il coraggio di fuggire per ritrovare se stessa e dare corpo ai propri ideali. Dalla narrazione, così prepotentemente intimista e universale ad un tempo, traspare il vero motore della scelta finale d'affrancamento: il bisogno di quell'autodeterminazione che in ogni creatura, maschile o femminile, consente l'espressione di un'esistenza appagante che nulla deve spartire con il senso di semplice, doverosa sopravvivenza. " Povera vita, meschina e buia, alla cui conservazione tutti tenevan tanto! Tutti si accontentavano: mio marito, il dottore, mio padre, i socialisti come i preti, le vergini come le meretrici. Ognuno portava la sua menzogna, rassegnatamente. Le rivolte individuali erano sterili o dannose, quelle collettive troppo deboli ancora, ridicole quasi, di fronte alla paurosa grandezza del nostro atterrare".







Der Internationale Frauentag



Gründung des Internationalen Frauentags

Der Internationale Frauentag geht auf die Initiative der Sozialistin und Frauenrechtlerin Clara Zetkin (1857-1933) zurück. Im August 1910 forderte die Vorsitzende des internationalen Frauensekretariats auf dem zweiten Kongress der sozialistischen Internationalen in Kopenhagen die Einführung eines Internationalen Frauentags. In der Resolution zur Einrichtung des Frauentages wurde sein internationaler Charakter und als Hauptziel die Durchsetzung des Wahlrechts für Frauen festgeschrieben.

Die ersten Internationalen Frauentage

Der erste Frauentag wurde am 19. März 1911 in Deutschland, Österreich, Dänemark und der Schweiz sowie den USA begangen. Allein in Berlin kamen etwa 45.000 Frauen zusammen, um sich für ihre Rechte stark zu machen. In den folgenden Jahren versammelten sich Millionen von Frauen zu den jeweils im Frühjahr organisierten Demonstrationen, Veranstaltungen und Aktionen. Schon 1912 kamen Schweden, Frankreich und Holland, 1913 Russland und die Tschechoslowakei dazu. Neben dem Wahlrecht forderten die Frauen bessere Arbeits- und Lebensbedingungen, Mutter- und Kinderschutz und protestierten gegen den imperialistischen Krieg. Das aktive und passive Wahlrecht wurde den Frauen in Deutschland im November 1918 durch den Rat der Volksbeauftragten zuerkannt.

Warum der 8. März?

1921 wurde auf der zweiten kommunistischen Frauenkonferenz, wiederum auf Initiative von Clara Zetkin, der internationale Frauentag auf den 8. März festgelegt. Dieses Datum war eng mit den proletarischen Frauenkämpfen verbunden:

oAm 8. März 1857 streikten in New York Textilarbeiterinnen, gefolgt von einer Streikwelle in der Textil- und Tabakindustrie.

oAm 8. März 1908 kamen 129 streikende Arbeiterinnen der Textilfabrik 'Cotton' in New York, die vom Besitzer in der Fabrik eingesperrt worden waren, bei einem Brand ums Leben. Sie hatten für bessere Lebens- und Arbeitsbedingungen gekämpft.

oAm 8. März 1917 (russ. Kalender: 23. Februar) fand St. Petersburg ein massiver Streik der Textilarbeiterinnen gegen Krieg, Hunger und Zar statt. Nachdem weitere Sektoren ergriffen waren, kam es zum Generalstreik, der als Auslöser der Februarrevolution gilt.

Frauen in der Wirtschaftskrise

In der Not der Wirtschaftskrise stellte das Kinderkriegen für Millionen Frauen eine existenzielle Bedrohung dar. Unzählige sahen sich zum Schwangerschaftsabbruch gezwungen, Tausende starben an den Folgen illegaler Abtreibungen. Entsprechend stand beim Internationalen Frauentag in der Zwischenkriegsphase die Forderung nach der Möglichkeit zum legalen Schwangerschaftsabbruch im Vordergrund. Wichtige Themen waren auch Schwangeren- und Mutterschutz, gleicher Lohn für gleiche Arbeit, Arbeitszeitverkürzung ohne Lohnkürzungen, Senkung der Lebensmittelpreise und Schulspeisung.

Rückschläge durch Nationalsozialismus und Krieg

Durch das NS-Regime wurde der Frauentag durch den Muttertag ersetzt, die Frau auf ihre Mutterrolle reduziert und der Schwangerschaftsabbruch unter Todesstrafe gestellt. Nach dem Verbot kommunistischer Parteien, und der Zerstörung jeglichen Widerstands wurde die Durchführung des 8. März unmöglich. Im 2. Weltkrieg rückten auch in anderen Ländern die spezifischen Frauenthemen in der allgemeinen Not wieder in den Hintergrund. Auch nach dem Krieg dauerte der Dornröschenschlaf des Frauentags an. In der sowjetischen Besatzungszone wurde zwar der Frauentag gefeiert, es ging jedoch mehr um die Hervorhebung der sozialen Errungenschaften des Staates für die Frau als um einen wirklichen Kampf für die Frauenrechte. Auch in Westdeutschland verkam der Frauentag, sofern er überhaupt begangen wurde, zum allgemeinen Festtag für die Frau.

Der Internationale Frauentag heute

Erst seit den späten 70er Jahren gewann der Internationale Frauentag im Zusammenhang mit der feministischen Bewegung wieder mehr an politischem Gewicht. Ideologisch hat er sich von seinen Ursprüngen in der sozialistischen Arbeiterinnenbewegung abgelöst. Die Themen orientieren sich jeweils an der aktuellen politischen und gesellschaftlichen Situation der betroffenen Frauen. Auch im neuen Jahrtausend geht es nach wie vor um Gleichberechtigung auf dem Arbeitsmarkt, in der Gesellschaft und Politik, Kampf gegen Ausbeutung und Diskriminierung jeder Art, Frieden, und Wahrung der Menschenrechte für Frauen.





















Clara Zetkin war die Führerin und maßgebliche Theoretikerin der deutschen proletarischen Frauenbewegung.Von 1892 bis 1917 leitete sie die Redaktion der sozialistischen Frauenzeitschrift: Die Gleichheit.
Von Ihrer Mutter lernte Clara Zetkin die Ideen der Revolution von 1848 und der Frauenemanzipation kennen.
Der Vater, ein Dorfschullehrer, bereitete die Tochter auf das Gymnasium vor. Mit 15 Jahren trat Clara in das Steybersche Lehrerinnenseminar in Leipzig ein, wo sie 1878 die staatliche Prüfung mit Auszeichnung bestand. Auguste Schmidt, die Seminarleiterin und Mitbegründerin des Allgemeinen Deutschen Frauenvereins, förderte die intelligente Schülerin sehr, wandte sich jedoch von ihr ab, als Clara eine Beziehung mit dem russischen Revolutionär Ossip Zetkin einging und sich für die SPD engagierte. Auch ihre Familie nahm an ihrem "roten Freund' Anstoß. Clara übernahm bei einem Fabrikanten eine Stelle als Hauslehrerin; nach zwei Jahren wurde sie wegen heftiger Kritik an ihrem Arbeitgeber entlassen. Auch ihre nächste Anstellung mußte sie wegen ihrer radikalen Ansichten aufgeben. 1882 ging Clara Zetkin nach Zürich, wo sie Ossip wiedertraf. Sie beteiligte sich an der Herstellung sozialistischer Literatur, die nach Deutschland eingeschmuggelt werden sollte. Im Kontakt mit Julius Motteler, der ein wichtiger Wortführer im Kampf um die Gleichberechtigung der Frau war, reifte ihr Entschluß, sich für die Frauenfrage einzusetzen. 1833 ging Clara mit Ossip nach Paris, dem damaligen Zentrum der internationalen sozialistischen Bewegung. Sie nahm Ossips Namen an, heiratete ihn jedoch nicht, um die Deutsche Staatsbürgerschaft nicht zu verlieren. Für den Unterhalt ihrer zwei Söhne mußte sie nach Ossips frühem Tod allein aufkommen. Dennoch engagierte sie sich mit vollen Kräften für den Sozialismus. Auf der II. Internationale 1889 in Paris hielt sie ein Referat, das wesentlich dazu beitrug, daß sich die Partei verpflichtete, die Einbeziehung der Frauen und Mädchen in die sozialistische Bewegung durchzusetzen. Diese programmatische Rede wurde unter dem Titel Die Arbeiterinnen- und Frauenfrage der Gegenwart 1889 als Buch herausgegeben und wurde zur Grundlage der Frauenemanzipationstheorie der Partei.

Nach Aufhebung des Sozialistengesetzes kehrte Clara Zetkin 1890 nach Deutschland zurück. Sie mußte zunächst als Annoncenwerberin arbeiten, weil ihr selbst August Bebel keine Stellung in der Partei verschaffen konnte. Die Vorurteile gegen Frauen waren in der SPD noch zu groß. Im Jahre 1892 wurde Clara Zetkin jedoch die Redaktion der Gleichheit angeboten, die sie 25 Jahre lang leitete, und die als ihr Lebenswerk bezeichnet werden kann. Durch dieses einflußreiche Sprachrohr wurde sie zur Leitfigur der proletarischen Frauenbewegung.. 







FRIDA KAHLO











Biografía

La tercera hija de Guillermo Kahlo. En muchas fuentes, sobre todo en castellano, se puede leer que el padre de Frida fue un fotógrafo 'judío-alemán cuya familia era originaria de Oradea en Rumanía'.. La madre de Frida fue Matilde Calderón González, de origen mexicano. Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderón nació en Coyoacán, al sur de Ciudad de México, en 1907. A pesar de ello Frida decía haber nacido en 1910, ( inicio de la Revolución Mexicana), porque quería que su vida comenzara con el México moderno. Este detalle nos muestra su singular personalidad, caracterizada desde su infancia por un profundo sentido de la independencia y la rebelión contra los hábitos sociales y morales ordinarios, movida por la pasión y la sensualidad. Orgullosa de su mexicanidad y de su tradición cultural se enfrentó a la reinante americanización. Todo ello mezclado con un peculiar sentido del humor.

Su vida quedó marcada por el sufrimiento físico que comenzó con la polio que contrajo en 1910 y continuó con diversas enfermedades, lesiones, accidentes y operaciones. Esta primera enfermedad le dejó una secuela permanente: una pierna derecha mucho más delgada que la izquierda.

En 1922 entró en la Escuela Nacional Preparatoria de México D.F., la más prestigiosa institución educativa de México la cual empezaba por primera vez a admitir no sólo a chicos, para tomar clases de dibujo y modelado. Allí sus travesuras la convirtieron en la cabecilla de un grupo mayoritariamente formado por chicos rebeldes con los que realizó innumerables tropelías en la escuela teniendo generalmente como víctimas a sus profesores. Fue precisamente en esta escuela donde entraría en contacto con su futuro marido, el conocido muralista mexicano Diego Rivera, a quien le había sido encargado pintar un mural en el auditorio de la escuela.

En 1925 aprendió la técnica del grabado con Fernando Fernández. El 17 de septiembre de ese mismo año un accidente de autobús la dejó con lesiones permanentes debido a que su columna vertebral quedó fracturada así como diversas costillas y la pelvis, su pie derecho se dislocó quedando machacado, su hombro se descoyuntó y un manillar le atravesó desde el estómago hasta la pelvis. La medicina de su tiempo la torturó con operaciones quirúrgicas (32 a lo largo de toda su vida), corsés de distintos tipos y diversos mecanismos de "estiramiento".

El aburrimiento que le provocaba su postración la llevó a empezar a pintar: en 1926, todavía en su convalecencia, pintó su primer autorretrato, el primero de una larga serie en la cual expresaría los eventos de su vida y sus reacciones emocionales ante los mismos. La mayoría de sus pinturas las realizaría estirada en su cama sin embargo su gran fuerza y energía por vivir le permitieron una importante recuperación.

Tras esa recuperación, que le devolvió la capacidad de caminar, una amiga íntima la introdujo en los ambientes artísticos de México donde se encontraban, entre otros, la conocida fotógrafa, artista y comunista Tina Modotti y Diego Rivera.

Aunque activamente bisexual, Kahlo contrajo matrimonio con Rivera el 21 de agosto de 1929. Su relación consistió en amor, aventuras con otras personas, vínculo creativo, odio y un divorcio en 1940 que solamente duró un año. Al matrimonio lo llegaron a llamar la unión entre un elefante y una paloma pues Diego era enorme y muy gordo mientras que ella era pequeña y delgada. Por otra parte; Frida, debido a sus lesiones, nunca pudo tener hijos, cosa que tardó muchos años en aceptar.

A pesar de las aventuras de Diego con otras mujeres (que llegaron a incluir a la propia hermana de la pintora), él la ayudó en muchos aspectos. Él fue quien le sugirió a Frida que vistiera con el traje tradicional mexicano consistente en largos vestidos de colores y joyería exótica. Esto, junto a su semblante cejijunto, se convirtió en su imagen de marca. Él amaba su pintura y fue también su mayor admirador. Frida, a cambio, fue la mayor crítica de Diego y el amor de su vida.



La creciente reputación de Rivera en los Estados Unidos los llevó entre 1931 y 1934 a pasar la mayor parte del tiempo en Nueva York y Detroit.

Entre 1937 y 1939 León Trotski vivió acogido en su casa de Coyoacán junto a su mujer. Allí tendría un romance con el líder comunista para, tras su asesinato a manos de un asesino estalinista natural de Barcelona (España), ser acusada como autora del mismo. Esto la llevó a estar arrestada pero finalmente fue dejada en libertad cosa que ocurrió de igual modo con su marido.

En 1938 el poeta y ensayista del surrealismo André Bretón califica su obra de surrealista en un ensayo que escribe para la exposición de Kahlo en la galería Julien Levy de Nueva York. No obstante, ella misma declara más tarde: 'Creían que yo era surrealista, pero no lo era. Nunca pinté mis sueños. Pinté mi propia realidad'.

En 1939 expone en París en la galería Renón et Collea gracias a Breton. Su estancia en la capital francesa la llevó a relacionarse con Picasso y a aparecer en la portada del VOGUE francés. Por entonces Frida era conocida en el mundo entero. Todos la querían.

A partir de 1943 dio clases en la escuela La Esmeralda del México D.F.

En la primavera de 1953 la Galería de Arte Contemporáneo de esta misma ciudad le organizó, por primera vez, una importante exposición. La salud de Frida era muy mala por entonces y los médicos le prohibieron el asistir a la misma. Minutos después de que todos los invitados se encontraran en el interior de la galería se empezaron a oír sirenas desde el exterior. La muchedumbre enloquecida se dirigió al exterior, allí estaba una ambulancia acompañada de una escolta en motocicleta. Frida Kahlo había sido llevada a su exposición en una cama de hospital. Los fotógrafos y los periodistas se quedaron impresionados. Ella fue colocada en el centro de la galería. La multitud fue a saludarla. Frida contó chistes, cantó y bebió la tarde entera. La exhibición había sido un éxito rotundo.

Ese mismo año le tuvieron que amputar la pierna por debajo de la rodilla debido a una infección de gangrena. Esto la sumió en una gran depresión que le llevó a intentar el suicidio en un par de ocasiones.

Murió en Coyoacán el 13 de julio de 1954. No se realizó ninguna autopsia . El día de su entierro, el féretro de Frida fue cubierto con la bandera del partido comunista, un hecho que fue muy criticado por toda la prensa nacional.

Sus últimas palabras en su diario fueron: "Espero que la marcha sea feliz y espero no volver".



Cuatro años más tarde, su casa familiar se convirtió en el Museo Frida Kahlo.

Varios museos le han dedicado retrospectivas: el Instituto Nacional de Bellas Artes del ciudad de México (1977), el Museo de Arte Contemporáneo de Chicago (1980) y la Whitechapel de Londres (1982).

LOS CUADROS

Sus cuadros representan fundamentalmente su experiencia personal: los aspectos dolorosos de su vida, que transcurrió en gran parte postrada en una cama, son narrados a través de una imaginería gráfica. Expresa la desintegración de su cuerpo y el terrible sufrimiento que padeció en obras como La columna rota (1944, colección Dolores Olmedo, Ciudad de México), en la que aparece con un aparato ortopédico de metal y con el cuerpo abierto mostrando una columna rota en lugar de la columna vertebral. Su dolor ante la imposibilidad de tener hijos lo plasma en Hospital Henry Ford (1932, colección Dolores Olmedo), en la que se ve a un bebé y varios objetos, como un hueso pélvico y una máquina, diseminados alrededor de una cama de hospital donde yace mientras sufre un aborto.





















Analisi opera: "Henry Ford Hospital" o "Il letto volante"

di Frida Kahlo




La cama volando venne dipinto durante il soggiorno americano con Rivera. Qui Frida ebbe il suo secondo aborto: stette in ospedale tredici giorni e il secondo iniziò a disegnare prima lei poi un feto. Realizza così questo quadro dove troviamo un letto ospedaliero in un paesaggio deserto e desolante nell'aperta campagna: lei è distesa nuda su un letto librato in aria, col ventre ancora rigonfio per la gravidanza sostenuta e il materasso sottostante impregnato di sangue, una grossa lacrima bianca scende dal viso, la sua mano tiene un filo-cordone rosso sangue che si aprirà alla rappresentazione di sei strane figure con al centro un feto, il bambino non nato. Si tratta del piccolo Dieguito, figlio che la pittrice ha sempre desiderato. Alla sua destra Frida dipinge una lumaca, simbolo della lentezza dell'aborto. La lumaca, allo stesso tempo è un motivo ricorrente nella sua arte, poiché le culture precolombiane la consideravano una rappresentazione della vita e del sesso, così come un emblema della gravidanza e del parto. A sinistra del feto Frida dipinge un modellino medico della zona pelvica femminile. Con questa figura sembra che l'artista voglia comunicare allo spettatore le spiegazioni dei medici circa la sua incapacità di portare a termine le gravidanze per colpa delle lesioni alla vagina e alla colonna vertebrale causate dall'incidente con il tram. L'oggetto metallico di fronte al letto è la parte di uno sterilizzatore di vapore che si utilizzano negli ospedali e rappresenta la muscolatura difettosa di Frida che le impediva di poter portare a termine le gravidanze. Il fiore appassito sembra una delle orchidee viola che Diego regalava a Frida ed è simbolo dello stato d'animo decadente della pittrice.


Dolore, solitudine, tristezza, disgrazia, desolazione e quant'altro sono i sentimenti che questo quadro suscita, ma Frida riuscirà a superare anche questa mancanza di maternità trasferendo il suo amore sui bambini degli altri, sui nipoti e sui figli di Rivera e Lupe o come qualcuno afferma sugli animali come le scimmiette e i pappagalli o ancora sulla raffigurazione di frutta e fiori sempre così vivi nei colori.

Dipinse il quadro Letto volante per la prima volta su metallo e con tecniche che ricordano gli ex voto o i retablos messicani così precisi nel raccontare ed è così primitivo nella sua prospettiva sbagliata, negli strani colori pastello scelti per quel paesaggio industriale che si staglia all'orizzonte.














Bibliografia:


Internet

www.museumoflondon.it

www.rebellion.it

www.sozialistische-klassiker.org

www.studenti.it

www.google.de

www.google.es

www.kommunisten.it

www.frauennews.it

www.wikipedia.it


Enciclopedia "Encarta"

Libro "Una donna" di Sibilla Aleramo

Storia Fatti e interpretazioni
















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