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Il dolce stil novo




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Il dolce stil novo


Il "dolce stil novo" non è una scuola, ma un insieme di esperienze diverse e tuttavia convergenti, che mettono capo a una nuova poesia d'amore di grande coerenza linguistica e di fortissima ambizione intellettuale.

Il bolognese Guinizzelli, quasi coetaneo di Guittone, è il "padre" di questa nuova poesia, che trova però la sua definizione più articolata a Firenze,soprattutto negli anni Ottanta, per opera di Cavalcanti, Dante, e pochi altri loro amici.

La denominazione di "dolce stil novo" si ricava a posteriori dalle parole che Dante nel canto XXIV del purgatorio fa dire a uno dei principali esponenti della lirica cortese, Bonagiunta Orbicciani,che espia la sua pena nel girone dei gelosi. Di fronte al rimatore lucchese Dante espone la propria poetica, che collega la scrittura allo "spirare" di "Amore"; la poesia è per lui notazione e trascrizione, in termini di letteratura, di quello che Amore "ditta dentro": "I' mi son un che quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'è ditta dentro vo significando".

Incontrando poi Guido Guinizzelli, Dante esalta in lui "il padre / mio e de li altri miei miglior che mai / rime d'amor usar dolce e leggiadre", riconoscendogli il ruolo di iniziatore della nuova maniera "dolce". In un altro luogo del Purgatorio (canto XI) si afferma che la "gloria de la lingua" raggiunta dal primo Guido (Guinizzelli) è stata superata da quella del secondo (Cavalcanti): si indicano così sia la continuità linguistica tra l'esperienza dei due poeti, sia una evoluzione dai risultati del primo a quelli più perfetti del secondo.

In primo piano appaiono la coscienza della"novità" dell'atteggiamento e la funzione di amore, che "spira" (cioè crea nell'anima un movimento di sostanze psichiche) e "ditta dentro" (cioè traduce quello "spirare" in termini linguistico-retorici: si tenga ben presente che il significato di dittare è quello fornito dalle artes dictandi). Il poeta deve "notare" gli effetti di quello "spirare", definirli in una significazione razionale: siano ben lontano da ogni rivendicazione romantica della spontaneità dell'ispirazione. La "dolcezza" del linguaggio si lega strettamente all'azione di amore "dentro" l'anima del poeta e all'impiego del poeta a farsi trascrittore fedele e razionale del dettato di Amore.

Come in tutte le concezioni "cortesi", anche nello "stil novo" l'amore e la poesia appaiono come caratteri distintivi di un'èlite; il "dolce" linguaggio crea una comunicazione tra pochi spiriti privilegiati, "fedeli d'amore". Essi si riconoscono soprattutto in una scelta: nella decisione comune di intendere l'esperienza amorosa e poetica come un valore assoluto; essi seguono anzitutto una "elezione" ideale e una passione letteraria, che nella loro purezza tendono a svincolarsi dalle istituzioni o dalle classi sociali o dai ceti a cui i singoli autori possono appartenere.

La scelta dell'amore e della poesia amorosa è in realtà una scelta di "valore", che dà un senso pieno all'esperienza del gruppo di "eletti"; ma tale scelta può assumere significati e orientamenti differenti nei singoli poeti.

A differenza della "signora" delle corti e dei castelli provenzali, la donna dello "stil novo" appare improvvisamente in qualche angolo della città: la più immediata, intesa, assoluta rivelazione del suo "valore" si dà proprio in circostanze di questo tipo. Il rapporto amoroso è fatto di fuggevoli incontri ed emozioni che si collocano in un contesto urbano, e sempre in una dimensione corale che amplifica il loro significato: il poeta è inserito in un gruppo di amici, di "fedeli d'amore" che gli offrono solidarietà e sostegno; e la donna è circondata da altre donne, sulle quali si irradia il riflesso della sua bellezza. Questi incontri-apparizioni producono effetti sconvolgenti sul poeta, che "esce fuori di sè", vede arrestarsi tutte le sue facoltà fisiche e psichiche. La poesia registra con cura questa dialettica fisiologica e psicologica.

Rivelazione subitanea, la donna "stilnovista" non viene quasi mai raggiunta, anche se la sua distanza non è quella delle "signore" della poesia cortese. Molto spesso, del resto, la donna è donna che appartiene a un altro uomo, e le inibizioni sociali impediscono comunque di arrivare a lei. L'obbiettivo di questo amore non è comunque la realizzazione di un desiderio, ma la continua tensione verso un valore inafferrabile. D'altra parte, i testi poetici non delineano una fisionomia femminile corporea, precisa, definita: queste donne sono non soltanto inafferrabili, ma anche astratte, aeree, pallide figure simboliche; e le stesse situazioni in cui sono immesse risultano schematiche ed evanescenti.


Guido Guinizzelli :


Guido Guinizzelli inizia la sua attività di rimatore nel più complicato stile guittoniano, per poi passare a uno stile "dolce", ma ricco di tensione intellettuale.

Nelle sue rime (poesie) più esemplari sono in primo piano il "valore" della donna e lo stupore per il suo manifestarsi. L'apparizione della donna ha una forza benefica che elimina ogni cattivo pensiero: essa spande attorno a sé splendore e "chiarità"; ma la sua luce di "stella" in "figura umana" riduce l'amante all'immobilità. Lo sguardo e il saluto sono i due modi con cui la donna si rivolge all'esterno.

La più alta espressione dell'amore del poeta, che però non dispera di arrivare a una più diretta e totale comunicazione con l'amata, è la lode che egli fa di lei.

Guinizzelli raggiunge in alcuni sonetti (poesie) una nitida e fresca misura melodica, animata dalla gioia per la scoperta dello splendore della donna. Ma forte è anche la sua disposizione dottrinaria e filosofica, di cui è prova la celebre canzone Al cor gentil rempaira sempre Amore:




Al cor gentil rempaira sempre amore,

come l'augello in selva e la verdura,

né fe' amor anzi che gentil core,

né gentil core anzi ch'amor, natura:

ch'adesso con' fu 'l sole,

si tosto lo splendore fu lucente,

né fu davanti 'l sole;

e prende amore in gentilezza loco

così propriamente

come calore in clarità di foco.




Utilizzata poi quasi come un"manifesto" dell'amore "stilnovista".

Inserendosi nella disputa sulla nobiltà, una delle più dibattute della cultura del secolo, Guinizzelli afferma la stretta solidarietà tra Amore e "gentilezza". Amore e "cor gentile" sono come due diverse qualità della stessa sostanza e si legano ad alcune qualità naturali, determinate dalle influenze che i corpi celesti esercitano sul mondo terreno. L'autentico amore è insomma aristocraticamente riservato ad alcuni cuori "gentili" predestinati dagli influssi celesti; ma la gentilezza non si identifica con la nobiltà di sangue: che discende da nobile famiglia, ma non possiede le autentiche qualità d'animo (il "coraggio") derivanti dagli influssi celesti, non può raggiungere il "gentil valore" e l'amore.

La celebre metafora della donna-angelo sta a significare che la donna è in grado di purificare l'anima dell'amante e di condurlo dal peccato alla beatitudine celeste.




Guido cavalcanti :


Di pochi anni più anziano di Dante, suo "primo amico" e compagno di esperienza umana e letteraria, Guido Cavalcanti, nacque in una delle famiglie più ricche della nobiltà guelfa fiorentina.

Di lui abbiamo poche notizie biografiche che mettono comunque in evidenza la sua alterigia di nobile, spregiatore del volgo ( lingua dei poveri ) e amante della solitudine,e la sua partecipazione agli scontri di fazione nella Firenze di fine secolo.

Sposò una figlia del ghibellino Farinata degli Uberti e fin dalla giovinezza si occupò soprattutto di letteratura volgare e di filosofia. Gli ordinamenti di giustizia del 1293 lo esclusero, con tutti i magnati, dalle cariche politiche; ma egli partecipò ai conflitti tra Bianchi e Neri, schierandosi dalla parte dei bianchi, anche per la sua inimicizia nei confronti di Corso Donati, capo della parte nera. Nel '92 intraprese un viaggio verso il santuario spagnolo di Santiago de Compostela, ma giunse solo fino Tolosa; e sembra che durante questo viaggio subisse un'aggressione da parte di sicari di Corso Donati, della quale cerco poi invano di vendicarsi a Firenze.

Implica in violenti episodi di lotta politica, il 24 giugno 1300 fu esiliato, insieme a esponenti di due partiti, con provvedimento del priorato di cui faceva parte Dante; dopo un soggiorno a Sarzana e la revoca del provvedimento di esilio, morì in Firenze il 29 agosto dello stesso anno.

La poesia di cavalcanti sorprende subito per la sua capacità di creare un movimento melodico e soave e "leggero", che può sembrare anche elementare, ma che nasconde un accuratissimo lavoro retorico (forma stilistica che mira a ottenere maggior efficacia nel discorso).

Cavalcanti cura molto i suoi versi a livello musicale e linguistico.                
Tutta la poesia di Cavalcanti tende proprio a illuminare questi effetti sconvolgenti dell'amore, definiti da un punto di vista dottrinale in Donna me prega; ma il punto di partenza dell'intero processo è sempre l'esaltazione del "valore" della donna, provvista di una forza quasi magica, che costringe il poeta a servire.

Questo "eccesso" fa tremare l'anima e la espone alla minaccia della morte, la cui immagine si dipinge nello stesso aspetto del poeta. Una lacerante angoscia si impadronisce del "core"; il poeta è "dubbioso","sbigottito","destrutto","desfatto", in preda alla "paura",segnato dalla "disaventura".

Ma l'amore è tanto forte da spingere a creare ciò che distrugge e fa male, e da riaffermare il "valore" assoluto di ciò che porta alla morte.

La stessa immagine della donna si moltiplica in immagini diverse. Nell'anima "dolente e paurosa" si manifestano presenze come quella "figura di donna penosa" che, alla fine di un sonetto, sembra "piova" nella mente "per veder morir lo core"; in un altro sonetto perfino gli strumenti della scrittura, "le triste penne sbigottite", si separano dalla mano che le "movea" e vengono a parlare per proprio conto del dolore del poeta.

Sintesi dei motivi Cavalcantiani può essere considerata la celebre "ballatetta" Perch'i' non spero di tornar giammai:



Tu, voce sbigottita e deboletta

Ch'esci piangendo de lo cor dolente,

coll'anima e con questa ballatetta

và ragionando della strutta mente.

Voi troverete una donna piacente,

di si dolce intelletto

che vi sarà diletto

starle davanti ognora


Anim', e tu l'adora

Sempre, nel su' valore.

Il poeta è fuori di Toscana, lontano dalla sua donna; la sua persona è "destrutta",in preda ai "sospiri",alla "doglia",alla "paura",alla "disaventura", si sente assalita dalla morte.

Per inviare un messaggio all'amata, egli si rivolge direttamente alla "ballatetta" e l'invita a raggiungere la donna tenendosi lontana da ogni persona "nemica di gentil natura",restando gelosamente nascosta. Alla donna la ballatetta confermerà che il poeta continua a adorare il suo "valore", come fedele "servo d'Amore". La "voce sbigottita e deboletta" che esce dal cuore crea, attraverso il dolce intermediario rappresentato dalla ballatetta, una struggente e impossibile comunicazione con la donna lontana. Cavalcanti si rivela così tenerissimo poeta della comunicazione indiretta ed è forse il primo, nelle letterature volgari ( lingua parlata dal popolo povero ), ad avvertire fino in fondo, con radicale estremismo intellettuale, fisiologico, psicologico, la violenza dell'amore, fantasma assoluto e distruttivo. La ricerca di un valore totale, proprio dello "stil novo", coincide - nella sua poesia - con la disintegrazione delle facoltà e dell'umanità della persona.




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