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Il Decadentismo, che si può
considerare come la fase estrema del moto romantico, ebbe la sua concreta
origine e la sua prima manifestazione letteraria in Francia, dove si
sviluppò in aperta polemica con la letteratura naturalistica, diffondendosi poi
nelle altre nazioni europee. Come primi esponenti del decadentismo sono da considerare
i poeti e gli scrittori simbolisti, che operavano in Francia nella
seconda metà dell'Ottocento (tra il 1880 e il 1890), e che intendevano la
poesia come una forma di vera e propria rivelazione.
Il primo interprete della nuova sensibilità poetica è Charles Baudelaire
(1821-1867), mentre tra i poeti più significativi della poetica simbolista, si
possono poi ricordare Stéphane Mallarmé (1842-1898), che fece valere il
mito della poesia pura; Paul Verlaine (1844-1896), che fece valere il
principio della poesia come musica; e Arthur Rimbaud (1854-1891), che fu
una singolare figura di poeta maledetto.
Il termine 'decadentismo' viene coniato dalla critica di indirizzo realistico e naturalistico per indicare spregiativamente un gruppo di giovani intellettuali francesi, il cui atteggiamento viene considerato dagli avversari come espressione di una degradazione culturale. Questi giovani intellettuali, che si riuniscono a Parigi sulla riva sinistra della Senna, la 'Rive Gauche', accettano tale termine e ne assumono la definizione facendosene un vanto; infatti il poeta Paul Verlaine in un suo verso famoso afferma: 'Je suis l'empire à la fin de la décadence' ('Io sono l'impero alla fine della decadenza'), e una delle più autorevoli riviste porta proprio il nome 'Le décadent'.
Il movimento del Decadentismo ebbe - come sappiamo - la sua concreta origine in Francia con i simbolisti, ma fu un fenomeno di carattere europeo che interessò ben presto anche l'Inghilterra e la Germania. I più significativi rappresentanti del Decadentismo inglese furono Oscar Wilde (1854-1900), che scrisse notevoli opere di tono estetizzante, e William Butler Yeats (1865-1939), che fu un poeta di intima vena simbolistica; mentre, tra gli esponenti del Decadentismo tedesco, si possono poi ricordare Stefan Gorge (1868-1933) e Rainer Maria Rilke (1875-1926).
Il complesso movimento culturale del Decadentismo si può considerare - nei suoi caratteri generali - come lo svolgimento e, contemporaneamente, la crisi dell'idealismo e del soggettivismo romantico. Anche la civiltà spirituale del Decadentismo si manifesta nel campo del pensiero e della vita morale come un'inquieta e sempre più accentuata sfiducia nelle forze della ragione, che assume le forme di una vera e propria crisi esistenziale:
È opportuno precisare che
l'arte del Decadentismo - nelle sue complesse e contraddittorie esperienze -
rappresenta senza dubbio la crisi della civiltà e della società europea
tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento; ma rappresenta anche,
in un certo senso, la coscienza e la denuncia di questa profonda crisi
esistenziale.
Scuole di pensiero, come quella del Binni, affermano che 'è proprio il
caso di vedere il decadentismo storicamente, di separarlo dal concetto astratto
di decadenza, di dargli lo stesso valore storico che diamo al romanticismo.
[] Parlare quindi di decadentismo facendo pesare la sua comunanza
etimologica con decadenza è criticamente inopportuno e troppo spesso confina
con una condanna moralistica, con una critica che è più di costume che non
letteraria'.
Nell'età del Decadentismo si maturò una nuova sensibilità poetica: nella crisi pressoché totale dei tradizionali valori etici e conoscitivi, la poesia apparve allora come il solo mezzo di intendere e svelare la realtà. Uno dei più rilevanti caratteri dell'arte decadente è da vedere, appunto, nello straordinario raffinamento della tecnica e dei mezzi espressivi: la parola, negli esempi più originali e qualificanti dell'arte decadente, tende a sottrarsi ad ogni vincolo di natura logica e concettuale per risolversi nell'incanto lirico di una pura suggestione fonica e musicale:
Il Decadentismo italiano ha
le sue prime e non ancora ben definite manifestazioni nell'opera poetica di
Giovanni Pascoli, opera tutta impregnata da un intimo senso del mistero; e
nella varia opera artistica di Gabriele D'Annunzio, caratterizzata - nelle sue
linee generali - da forme di esasperato individualismo (mito del
'superuomo').
Fu però solo più tardi, nei primi decenni del Novecento, che il movimento del
Decadentismo venne a caratterizzare, in modo sempre più intenso e consapevole,
le diverse correnti artistiche ed ideali della nostra letteratura. Altri due
autori fondamentali per il movimento decadente italiano furono Italo Svevo e
Luigi Pirandello.
Per 'età del
Decadentismo' si intende il periodo che va dagli ultimi anni
dell'Ottocento allo scoppio della prima guerra mondiale. Questa fase storica è
contrassegnata da fondamentali vicende politiche e sociali, nella quale da una
parte giungono a compimento i processi ideali e culturali dell'Ottocento,
dall'altra emergono le tendenze che si svilupperanno poi nel corso del
Novecento.
L'età del Decadentismo è anche un periodo di grandi tensioni internazionali,
che tuttavia non esplodono in conflitti diretti tra le maggiori potenze
europee, come era avvenuto in passato, bensì covano sotto la cenere per
sfociare poi nella tragedia della prima guerra mondiale.
Da un punto di vista economico i decenni di fine secolo fanno da sfondo ad una
crisi di vaste dimensioni. È la cosiddetta 'grande depressione',
che succede al periodo di espansione e di crescita degli anni 1850-1873, e che
protrae i suoi effetti sino al 1896, quando l'economia europea entra in un
nuovo ciclo di espansione. Questa difficile congiuntura è caratterizzata dal
crollo dei prezzi industriali e agricoli, da un generale ristagno produttivo e
da un forte aumento della disoccupazione. Di fronte a questa situazione i
governi rispondono con una serie di misure che, se da una parte rendono più
tollerabili gli effetti della crisi, dall'altra concorrono ad innescare
tensioni e contrasti che appesantiscono ulteriormente il clima politico e sociale
europeo e mondiale.
La prima misura economica che attuano tutti i paesi è quella del protezionismo,
cioè della chiusura delle proprie frontiere ai prodotti esteri. Così si
contribuisce alla salvaguardia dell'industria e dell'agricoltura nazionali, le
quali operano in regime di monopolio e non di concorrenza; però nello stesso
tempo si creano degli scompensi nei settori che lavorano per l'esportazione e
che vedendosi preclusi i mercati tradizionali, piombano in una profonda crisi,
non riuscendo a ristrutturarsi per il mercato interno. Non solo, ma nel
tentativo di trovare sbocchi alle proprie economie, oltre che per motivi di
opportunità interna e di 'scelta culturale', i principali stati
europei - Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Belgio, Olanda, Spagna,
Portogallo - intraprendono una politica imperialistica.
L'opzione imperialista è sostenuta anche dalla cultura del tempo, che diffonde
negli strati più ampi della società l'amore e il gusto per la guerra, per lo
spirito di conquista e di potenza. Si introducono così nell'immaginario
collettivo miti superomistici, razzistici, irrazionali e impregnati di
violenza, che costituiscono il 'retroterra culturale' del primo
conflitto mondiale.
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