I problemi dei giovani
In Italia così come in altri paesi industrializzati, le
giovani generazioni devono lottare contro tanti fattori che giorno per giorno
rendono sempre più difficili le loro condizioni. La difficoltà di trovare un
posto di lavoro, e quindi un reddito che li renda autosufficienti, porta i
giovani a compiere tanti sacrifici e sentirsi frustrati spesso in modo
umiliante; la carenza di alloggi rende loro difficile programmare il futuro e
li porta a procrastinare la vita nella famiglia paterna, deludendoli nel loro
bisogno di autonomia e di libertà d'esperienza; il crollo di tante certezze e
di tanti miti li porta a un a crisi di valori ideali per cui tutto appare
contingente; le istituzioni già talvolta così lontane dal paese reale, appaiono
ai giovani ancora più distanti e incapaci di risolvere o solamente capire i
loro problemi. La crisi dei valori ideali appare oggi determinante nel generale
smarrimento e senso di solitudine nelle giovani generazioni. È vero che tanti
ideali nel passato sonostati causa di immani rovine e disastri, basti pensare
quanti guai sono stati procurati da un certo esasperato nazionalismo e da un
malinteso amor di patria, ma il non aver alcun punto di riferimento valido
porta inevitabilmente le giovani generazioni ad una crisi d'identità e ad un
rifiuto acritico ed inconcludente del passato. In tutte le epoche ci sono stati
contrasti tra vecchie e nuove generazioni, sempre il nostro mondo ha visto il
bisogno di riflessione e il senso della misura, proprio degli anziani,
scontrarsi con l'esuberanza, l'entusiasmo e la voglia del nuovo, tipici dei
giovani. Esiste un rapporto dialettico tra il mondo dei giovani e il mondo
degli anziani: questi ultimi lasciano la loro esperienza, danno il senso della
continuità, mentre i giovani hanno il compito, una volta recepito il meglio del
passato, di spingere oltre, verso il nuovo, le conoscenze e le attività umane.
L'entusiasmo e l'irruenza dei giovani nella storia hanno sempre avuto il
compito di rompere l'immobilismo e l'inerzia, il senso della misura e la
moderazione degli anziani quello invece di garantire alla società la stabilità,
il senso della continuità e la sicurezza spirituale. Gli ideali e i valori
morali rappresentano il legame spirituale tra le vecchie e le giovani generazioni:
il senso della continuità, che pur si avverte nel succedersi delle epoche
storiche e della società, è dato proprio da questo riconoscersi in qualcosa di
spiritualmente identico, come un ideale testamento che le generazioni si
trasmettono. Molti di questi ideali per alcuni si concretizzavano nella
famiglia, nella patria, nella devozione religiosa; per gli altri in valori e
modelli comportamenti come l'onestà, la giustizia; in altri ancora in ideologie
o anche in certe confraternite religiose, che consentivano di ritrovarsi in una
solidarietà che non aveva confini geografici e di sentirsi compagni o
'fratelli' con tanti uomini sconosciuti e lontani anche decine di
migliaia di chilometri. Cadute le ideologie, molti di questi ideali non affascinano
ormai più i giovani: il consumismo e la corsa al denaro hanno fatto piazza
pulita di tutto questo. La società industriale ci ha portato tanto benessere
materiale, ci ha liberato da tante malattie che una volta mietevano milioni di
vittime, ci ha consentito di poter comunicare in un attimo con regioni e paesi
lontani decine di migliaia di chilometri, ha consentito ad alcuni uomini di
passeggiare sulla Luna, ma col suo dio-denaro ha svuotato lo spirito degli
uomini, ha mercificato persino i sentimenti, ha trasformato tutto in oggetti di
consumo, ha illuso che anche la felicità, diventa 'trip',
'viaggio', potesse essere raggiunta materialmente in ogni momento
mediante il consumo di una dose di sostanze stupefacenti, secondo la propaganda
accattivante degli spacciatori, ambigui venditori di 'estasi-morte'.
Non è retorico affermare che la mancanza di ideali porta alla morte dello
spirito. Credere in qualcosa vuol direavere un fine nella vita, lottare,
sacrificarsi per qualcosa, ma quando tutto può essere facilmente conquistato
col denaro e col denaro sempre più cose nuove possonoessere ottenute e
consumate, ecco che in questo circolo vizioso il denaro diventa effettivamente
il 'vitello d'oro' che gli uomini adorano. Anche la libertà è
diventata secondo un malinteso permissivismo, un modo d'essere più o meno
'consumabile', più che la conquista di una dignità umana nel rispetto
innanzitutto della libertà e dei diritti del prossimo. È questo, a mio avviso,
il retroterra culturale che ha favorito il diffondersi, tra i giovani, della
droga. La mancanza di punti di riferimento dati da solidi valori ideali e il
consumismo come unico modello sociale sono le vere cause di tale flagello.
L'illusoria felicità di una dose di eroina da consumare, rimanendone così
schiavi, è stato detto, ma quante altre cose sono anch'esse feticci di
benessere e illusioni di felicità agli occhi dei giovani e anche dei nuovi
giovani. 'Magari potessi avere questo scooter!', 'Magari potessi
avere quella macchina sportiva!', 'Magari potessi avere quello stereo!
(non certo per la musica, ma per vantare il numero dei watt)' Anche
questa è droga per lo spirito quando ci fa perdere il senso delle cose, quando
ci rende schiavi dei feticci creati dal consumismo. L'uomo non vale per quello
che ha, come vorrebbero farci credere i persuasori occulti del consumismo, ma
per quello che è e per quello che sa. Soltanto prendendo coscienza di questo si
può avere la possibilità di ritrovare una vera dimensione umana e di non essere
più soltanto i 'terminali' dei messaggi pubblicitari. Solo in questo
modo si può sperare concretamente di arginare il dilagare del fenomeni-droga,
perché questo non è altro che la logica conseguenza del modello di vita
consumistico. È un discorso quindi di prevenzione e non di repressione del fenomeno,
ma di una prevenzione basata non su momentanei interventi di informazione, del
resto necessari anche questi, ma su una radicale inversione di tendenza nel
costume e nella mentalità dell'intero corpo sociale, a cominciare ovviamente
dalla sua classe dirigente. È difficile, ma, se non si vogliono solo dei
semplici palliativi, è l'unica strada da seguire per poter cambiare
radicalmente.
La solitudine non esiste
Quante persone si lamentano della solitudine! Ebbene, devono sapere che è in
loro, nella loro mente che hanno creato questa solitudine. In realtà non sono
mai soli. Perché allora si sentono soli? Perché non hanno tanto amore.
'Come? - diranno- ma abbiamo tanto amore, non sogniamo che esso!'
Appunto! Ecco l'errore, sognano l'amore, aspettano il principe o la principessa
delle Mille e Una Notte, ed è per questo che si sentono soli: perché aspettano
l'amore invece di cercarlo in sé. L'amore che si aspetta non verrà mai.
L'amore, non bisogna aspettarlo dall'esterno, si trova all'interno di noi. Lasciarlo
uscire, manifestarsi, è il solo modo per incontrarlo davvero.
Non siamo mai soli: tutto l'universo ci ascolta. Nessuna delle nostre parole,
nessuno dei nostri gesti rimangono senza eco. Per esempio, quando uscite di
casa la mattina, sorridete al mondo intero, salutate tutta la creazione:
'Buongiorno, buongiorno, buongiorno'. Per tutta la giornata non vi
sentirete più soli, perché da ogni luogo dello spazio delle voci vi
risponderanno in eco: buongiorno, buongiorno, buongiorno Gli esseri umani
escono di casa completamente ripiegati interiormente su sé stessi: vedono e
sentono gli altri sul loro cammino ma non li guardano, non li ascoltano. Perché
non ricordarsi che il mondo intero è popolato da creature che meritano di
ricevere un pensiero, l'augurio di buone cose: la luce, la pace, la gioia È
così difficile aprirsi, sorridere, fare il primo passo? Aspettiamo che siano
gli altri a farlo e intanto ci lamentiamo perché siamo soli.
Cominciate dunque fin da ora a cambiare atteggiamento e vedrete che non vi
sentirete mai più soli. Direte: 'Sì, ma le persone che si incontrano
ovunque nelle strade, nei negozi, al posto di lavoro, non ci ispirano. E se
siamo troppo aperti con loro, non ci capiranno'. È vero, ci sono persone
che non vi capiranno; se le salutate, se sorridete loro, diranno: 'Che
cosa ha quello là?' Ma anche se alcuni saranno incapaci di capirvi, molti
altri vi capiranno e saranno felici! E poi, viviamo solo per le persone che
incontriamo? No, viviamo per tutta la creazione, nelle cui regioni invisibili
esistono molte creature che sapranno apprezzare il vostro amore, ed è questo
l'essenziale.
E tutte queste persone che incontrate e che non vi ispirano, perché non
imparate a guardarle in un altro modo meno superficiale? Vi fermate sempre
sull'apparenza, ed è vero che spesso non è grandiosa. Ma gli esseri umani non
si limitano alla loro apparenza, ognuno possiede anche un'anima, uno spirito, e
persino se questa anima e questo spirito si manifestano raramente, esistono e
possono sempre apparire ed esprimersi. Non è intelligente avere uno sguardo
così superficiale di fronte agli esseri umani. Un saggio sa che gli uomini e le
donne sono figli e figlie di Dio, si sofferma su questo pensiero e si rivolge a
tutti gli esseri umani con esso. Fa un lavoro creatore, e così sviluppa il lato
divino in tutti coloro che incontra e si sente felice. Credetemi, il
migliore modo di agire con gli altri è scoprire le loro qualità, virtù,
ricchezze spirituali e concentrarsi su di esse.
Non si ha alcun merito nel trovare i difetti delle persone, è troppo facile, e
tutti non fanno che questo. D'ora in poi, sforzatevi di non soffermarvi più su
dettagli non tanto gloriosi, ma mettete l'accento sul principio divino che vive
in ciascun essere umano. Sì, perché non avere sentimenti sacri per quello che è
divino, immortale ed eterno nell'uomo ? In questo modo fate un buon lavoro su
voi ed aiutate anche gli altri. Mentre occupandovi dei loro difetti, vi fate
del male, perché vi nutrite di sporcizie e impedite anche gli altri di evolvere.
In seguito, come non sentirsi soli? Criticando gli altri, sottolineando i loro
difetti, non fate che scavare un abisso fra loro e voi. Quando saprete, con la
vostra anima e il vostro spirito, entrare in relazione con tutte le anime e
tutti gli spiriti sulla terra, quando quello che c'è di migliore in voi
incontrerà quello che c'è di migliore negli altri, credetemi, non vi sentirete
più soli.
Omraam Mikhaël Aïvanhov
Le
nuove solitudini
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Ci si può sentire soli in un'epoca come la nostra, in cui
la comunicazione sembra essere facilitata da tecnologie sempre più
sofisticate? Nell'era di Internet, basta spingere il tasto di un computer
per inviare in pochi secondi un'e-mail da Roma a Tokyo, da Londra a Mosca,
da Parigi a New York. Un dito della mano è sufficiente per metterci in
contatto con il resto del mondo. Eppure, nonostante questo, ci sono molti
giovani soli, che non riescono a stabilire un reale rapporto con gli altri.
Agli inizi del terzo millennio, stiamo assistendo alla nascita di tante
'nuove solitudini', completamente diverse da quelle che vivevano
le precedenti generazioni. Sono forme di disagio tipiche del nostro tempo,
frutto delle contraddizioni di un'epoca in cui i rapporti umani diventano
sempre più difficili da mantenere.
La prima grande solitudine è figlia del computer. Questo straordinario
strumento di lavoro può servire per fare cose meravigliose, ma può anche
contribuire a creare nuove 'celle di isolamento'. E' come un
bisturi. Nelle mani di un grande chirurgo può salvare migliaia di vite
umane, ma se finisce nelle mani di un pazzo può fare del male ed uccidere.
Tanti giovani trascorrono ore davanti allo schermo di un computer,
navigando tra un sito e l'altro o parlando attraverso le 'chat',
le 'mailing list' e i 'newsgroup' di Internet.
Apparentemente, sembrano comunicare. Ma bisognerebbe chiedersi: qual è la
qualità di questo tipo di comunicazione? Spesso le persone che intervengono
nei dialoghi virtuali delle 'chat' non sono sincere. Ci sono, ad
esempio, uomini che fingono di essere donne e viceversa. Alcuni hanno anche
cattive intenzioni ed approfittano dell'ingenuità dei ragazzi.
Il risultato è una comunicazione falsa e mascherata, che rischia di
favorire l'isolamento e l'incapacità di sostenere un autentico rapporto con
gli altri.
Un'altra 'nuova solitudine' è quella del gioco. Oggi, purtroppo,
non ci si diverte più come una volta. Nelle grandi metropoli, diventa
sempre più rara la dimensione del cortile e della piazza, dove un tempo si
praticavano i giochi all'aperto. Erano un'occasione per dialogare, per
confrontarsi, per vivere una parentesi di svago rispettando delle regole
ben precise. Quindi, erano anche dei momenti fortemente educativi.
Si sta diffondendo, invece, la moda dei videogiochi, che rappresentano
un'ulteriore occasione per essere soli. Non ci si confronta più con gli
altri, ma semplicemente con i suoni, i rumori, i colori di un avversario
virtuale, che appare sullo schermo di un computer.
Tempo fa, un catalogo di videogames ha ospitato una pubblicità molto
triste, che diceva: 'Butta il secchiello, abbiamo un gioco più
bello'. Era un invito ad abbandonare i tradizionali giochi del mare,
con la paletta e il secchiello, per dedicarsi a quelli elettronici.
E' la morte della creatività. Seguendo questo slogan, i ragazzi dovrebbero
abbandonare i castelli di sabbia per restare incollati di fronte alle lotte
sanguinarie dei videogames, dove i personaggi buoni si muovono con la
stessa violenza dei cattivi.
Anche la televisione può essere fonte di 'nuove solitudini'.
Tanti ragazzi, infatti, hanno il televisore nella loro cameretta e
subiscono un vero e proprio bombardamento di messaggi. Dalle trasmissioni
che esaltano il mito dell'apparenza, dicendo che la chirurgia estetica è la
fonte della vera felicità, ai telegiornali che non fanno più informazione,
ma prediligono servizi su fotomodelle e attricette. Senza contare la
falsità dei cosiddetti 'reality show' e lo squallore di maghi,
cartomanti e venditori di amuleti, pronti ad avventarsi come avvoltoi su
chi attraversa momenti di difficoltà e sofferenza.
Quando si è soli, purtroppo, è facile essere indottrinati e
strumentalizzati da programmi diseducativi. Si diventa prede di emittenti
televisive senza scrupoli, il cui unico obiettivo è aumentare l'audience e
sparare spot pubblicitari a ripetizione.
Un'altra solitudine significativa è quella della discoteca. Molti ragazzi
trascorrono il fine settimana nei locali da ballo, illudendosi di trovare
un contatto con gli altri. Ma poi, la musica è talmente assordante da
ostacolare qualunque tipo di dialogo.
Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un insieme di giovani soli
che ballano. Ognuno è rinchiuso nel proprio guscio di mutismo e di
incomunicabilità, mentre le luci psichedeliche impediscono di guardarsi
realmente negli occhi.
Ma la solitudine più preoccupante è quella generata dal dilagante ateismo.
Con la scusa del cosiddetto 'Stato laico' si tende a creare
sempre di più una società senza Dio, dominata dal qualunquismo e dal
relativismo morale.
In Italia, ultimamente, è scoppiata una polemica per la presenza del
crocifisso sui muri delle scuole. In Francia, addirittura, è stata avanzata
una proposta di legge per vietare l'uso di simboli religiosi 'troppo
visibili'.Il pericolo, per i giovani, è quello di ritrovarsi soli in
un mondo sempre più materialista, privato di quel rapporto di filiazione
divina che può rappresentare 'una marcia in più' nei momenti di
difficoltà. Chi sa di essere figlio di Dio non può mai sentirsi abbandonato
di fronte ai propri problemi.
Oggi, dunque, sono tante le occasioni di solitudine che rischiano di
oscurare l'animo dei ragazzi. Che cosa si può fare per cambiare rotta e
combattere questo fenomeno?
Prima di tutto, è necessario educare i giovani a sviluppare un maggiore
senso critico nei confronti dei mezzi di comunicazione. Bisogna abituare i
ragazzi a non subire in modo passivo i messaggi che ricevono dalla
televisione.
Poi, è necessario recuperare la tradizione dell'autentico stare insieme nei
momenti di divertimento. Basta con le discoteche che impediscono la
comunicazione! I gestori dei locali dovrebbero creare ambienti più
favorevoli al dialogo. Potrebbero limitare il volume della musica e
proporre giochi e balli di gruppo, che aiutino maggiormente a socializzare.
Infine, si dovrebbe evitare la presenza ossessiva di fronte allo schermo
del computer.Per sfuggire a questo mondo ingannevole di rapporti virtuali,
nasce spontaneo un imperativo: ritrovare i volti. Bisogna uscire di casa ed
imparare ad incontrare gli altri. Gli altri veri. Non quelli falsi,
mascherati, che si nascondono dietro la barriera di uno schermo.
La vera soluzione al problema della solitudine non sta in una notte
trascorsa a 'chattare' su Internet o in un sabato sera perduto
nel rumore di un'assordante discoteca. Non sta neppure nei ripetitivi
combattimenti dei videogiochi o nell'adorazione di qualche
'velina' che ci sorride in modo forzato dal televisore. Sta nella
porta di casa che si apre e che diventa, finalmente, un ponte verso la
vita.
Ci sono tantissimi ambienti pronti ad accogliere i giovani con un sorriso
vero, umano, non virtuale. Ad esempio, quelli del volontariato. Tanti
ragazzi, invece di diventare schiavi delle 'nuove solitudini',
hanno voluto dare un senso alla loro esistenza, offrendo alcune ore della
propria giornata all'aiuto di poveri, anziani, malati, emarginati.
C'è anche chi ha rinunciato alla solita vacanza al mare per fare
un'esperienza diversa, più costruttiva, al fianco di missionari in Africa o
in America Latina. Sarà tornato un po' meno abbronzato, ma tanto
'ricco' e cresciuto nell'anima.
Insomma, la solitudine non è un male incurabile. La migliore medicina
bisogna cercarla nel nostro cuore, aiutandolo ad essere un po' meno egoista
e conformista, in un mondo che ci tende la mano ed ha un infinito bisogno
d'amore
Carlo Climati
Articolo pubblicato sulla rivista 'Milizia Mariana' (2004)
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