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I problemi dei giovani




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VIRGINIA WOOLF (Londra, gennaio 1882; Rodmell, marzo 1941)  "Una stanza
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I problemi dei giovani

In Italia così come in altri paesi industrializzati, le giovani generazioni devono lottare contro tanti fattori che giorno per giorno rendono sempre più difficili le loro condizioni. La difficoltà di trovare un posto di lavoro, e quindi un reddito che li renda autosufficienti, porta i giovani a compiere tanti sacrifici e sentirsi frustrati spesso in modo umiliante; la carenza di alloggi rende loro difficile programmare il futuro e li porta a procrastinare la vita nella famiglia paterna, deludendoli nel loro bisogno di autonomia e di libertà d'esperienza; il crollo di tante certezze e di tanti miti li porta a un a crisi di valori ideali per cui tutto appare contingente; le istituzioni già talvolta così lontane dal paese reale, appaiono ai giovani ancora più distanti e incapaci di risolvere o solamente capire i loro problemi. La crisi dei valori ideali appare oggi determinante nel generale smarrimento e senso di solitudine nelle giovani generazioni. È vero che tanti ideali nel passato sonostati causa di immani rovine e disastri, basti pensare quanti guai sono stati procurati da un certo esasperato nazionalismo e da un malinteso amor di patria, ma il non aver alcun punto di riferimento valido porta inevitabilmente le giovani generazioni ad una crisi d'identità e ad un rifiuto acritico ed inconcludente del passato. In tutte le epoche ci sono stati contrasti tra vecchie e nuove generazioni, sempre il nostro mondo ha visto il bisogno di riflessione e il senso della misura, proprio degli anziani, scontrarsi con l'esuberanza, l'entusiasmo e la voglia del nuovo, tipici dei giovani. Esiste un rapporto dialettico tra il mondo dei giovani e il mondo degli anziani: questi ultimi lasciano la loro esperienza, danno il senso della continuità, mentre i giovani hanno il compito, una volta recepito il meglio del passato, di spingere oltre, verso il nuovo, le conoscenze e le attività umane. L'entusiasmo e l'irruenza dei giovani nella storia hanno sempre avuto il compito di rompere l'immobilismo e l'inerzia, il senso della misura e la moderazione degli anziani quello invece di garantire alla società la stabilità, il senso della continuità e la sicurezza spirituale. Gli ideali e i valori morali rappresentano il legame spirituale tra le vecchie e le giovani generazioni: il senso della continuità, che pur si avverte nel succedersi delle epoche storiche e della società, è dato proprio da questo riconoscersi in qualcosa di spiritualmente identico, come un ideale testamento che le generazioni si trasmettono. Molti di questi ideali per alcuni si concretizzavano nella famiglia, nella patria, nella devozione religiosa; per gli altri in valori e modelli comportamenti come l'onestà, la giustizia; in altri ancora in ideologie o anche in certe confraternite religiose, che consentivano di ritrovarsi in una solidarietà che non aveva confini geografici e di sentirsi compagni o 'fratelli' con tanti uomini sconosciuti e lontani anche decine di migliaia di chilometri. Cadute le ideologie, molti di questi ideali non affascinano ormai più i giovani: il consumismo e la corsa al denaro hanno fatto piazza pulita di tutto questo. La società industriale ci ha portato tanto benessere materiale, ci ha liberato da tante malattie che una volta mietevano milioni di vittime, ci ha consentito di poter comunicare in un attimo con regioni e paesi lontani decine di migliaia di chilometri, ha consentito ad alcuni uomini di passeggiare sulla Luna, ma col suo dio-denaro ha svuotato lo spirito degli uomini, ha mercificato persino i sentimenti, ha trasformato tutto in oggetti di consumo, ha illuso che anche la felicità, diventa 'trip', 'viaggio', potesse essere raggiunta materialmente in ogni momento mediante il consumo di una dose di sostanze stupefacenti, secondo la propaganda accattivante degli spacciatori, ambigui venditori di 'estasi-morte'. Non è retorico affermare che la mancanza di ideali porta alla morte dello spirito. Credere in qualcosa vuol direavere un fine nella vita, lottare, sacrificarsi per qualcosa, ma quando tutto può essere facilmente conquistato col denaro e col denaro sempre più cose nuove possonoessere ottenute e consumate, ecco che in questo circolo vizioso il denaro diventa effettivamente il 'vitello d'oro' che gli uomini adorano. Anche la libertà è diventata secondo un malinteso permissivismo, un modo d'essere più o meno 'consumabile', più che la conquista di una dignità umana nel rispetto innanzitutto della libertà e dei diritti del prossimo. È questo, a mio avviso, il retroterra culturale che ha favorito il diffondersi, tra i giovani, della droga. La mancanza di punti di riferimento dati da solidi valori ideali e il consumismo come unico modello sociale sono le vere cause di tale flagello. L'illusoria felicità di una dose di eroina da consumare, rimanendone così schiavi, è stato detto, ma quante altre cose sono anch'esse feticci di benessere e illusioni di felicità agli occhi dei giovani e anche dei nuovi giovani. 'Magari potessi avere questo scooter!', 'Magari potessi avere quella macchina sportiva!', 'Magari potessi avere quello stereo! (non certo per la musica, ma per vantare il numero dei watt)' Anche questa è droga per lo spirito quando ci fa perdere il senso delle cose, quando ci rende schiavi dei feticci creati dal consumismo. L'uomo non vale per quello che ha, come vorrebbero farci credere i persuasori occulti del consumismo, ma per quello che è e per quello che sa. Soltanto prendendo coscienza di questo si può avere la possibilità di ritrovare una vera dimensione umana e di non essere più soltanto i 'terminali' dei messaggi pubblicitari. Solo in questo modo si può sperare concretamente di arginare il dilagare del fenomeni-droga, perché questo non è altro che la logica conseguenza del modello di vita consumistico. È un discorso quindi di prevenzione e non di repressione del fenomeno, ma di una prevenzione basata non su momentanei interventi di informazione, del resto necessari anche questi, ma su una radicale inversione di tendenza nel costume e nella mentalità dell'intero corpo sociale, a cominciare ovviamente dalla sua classe dirigente. È difficile, ma, se non si vogliono solo dei semplici palliativi, è l'unica strada da seguire per poter cambiare radicalmente.

La solitudine non esiste


Quante persone si lamentano della solitudine! Ebbene, devono sapere che è in loro, nella loro mente che hanno creato questa solitudine. In realtà non sono mai soli. Perché allora si sentono soli? Perché non hanno tanto amore. 'Come? - diranno- ma abbiamo tanto amore, non sogniamo che esso!' Appunto! Ecco l'errore, sognano l'amore, aspettano il principe o la principessa delle Mille e Una Notte, ed è per questo che si sentono soli: perché aspettano l'amore invece di cercarlo in sé. L'amore che si aspetta non verrà mai. L'amore, non bisogna aspettarlo dall'esterno, si trova all'interno di noi. Lasciarlo uscire, manifestarsi, è il solo modo per incontrarlo davvero.
Non siamo mai soli: tutto l'universo ci ascolta. Nessuna delle nostre parole, nessuno dei nostri gesti rimangono senza eco. Per esempio, quando uscite di casa la mattina, sorridete al mondo intero, salutate tutta la creazione: 'Buongiorno, buongiorno, buongiorno'. Per tutta la giornata non vi sentirete più soli, perché da ogni luogo dello spazio delle voci vi risponderanno in eco: buongiorno, buongiorno, buongiorno Gli esseri umani escono di casa completamente ripiegati interiormente su sé stessi: vedono e sentono gli altri sul loro cammino ma non li guardano, non li ascoltano. Perché non ricordarsi che il mondo intero è popolato da creature che meritano di ricevere un pensiero, l'augurio di buone cose: la luce, la pace, la gioia È così difficile aprirsi, sorridere, fare il primo passo? Aspettiamo che siano gli altri a farlo e intanto ci lamentiamo perché siamo soli.
Cominciate dunque fin da ora a cambiare atteggiamento e vedrete che non vi sentirete mai più soli. Direte: 'Sì, ma le persone che si incontrano ovunque nelle strade, nei negozi, al posto di lavoro, non ci ispirano. E se siamo troppo aperti con loro, non ci capiranno'. È vero, ci sono persone che non vi capiranno; se le salutate, se sorridete loro, diranno: 'Che cosa ha quello là?' Ma anche se alcuni saranno incapaci di capirvi, molti altri vi capiranno e saranno felici! E poi, viviamo solo per le persone che incontriamo? No, viviamo per tutta la creazione, nelle cui regioni invisibili esistono molte creature che sapranno apprezzare il vostro amore, ed è questo l'essenziale.
E tutte queste persone che incontrate e che non vi ispirano, perché non imparate a guardarle in un altro modo meno superficiale? Vi fermate sempre sull'apparenza, ed è vero che spesso non è grandiosa. Ma gli esseri umani non si limitano alla loro apparenza, ognuno possiede anche un'anima, uno spirito, e persino se questa anima e questo spirito si manifestano raramente, esistono e possono sempre apparire ed esprimersi. Non è intelligente avere uno sguardo così superficiale di fronte agli esseri umani. Un saggio sa che gli uomini e le donne sono figli e figlie di Dio, si sofferma su questo pensiero e si rivolge a tutti gli esseri umani con esso. Fa un lavoro creatore, e così sviluppa il lato divino in tutti coloro che incontra e si sente felice. Credetemi, il migliore modo di agire con gli altri è scoprire le loro qualità, virtù, ricchezze spirituali e concentrarsi su di esse.
Non si ha alcun merito nel trovare i difetti delle persone, è troppo facile, e tutti non fanno che questo. D'ora in poi, sforzatevi di non soffermarvi più su dettagli non tanto gloriosi, ma mettete l'accento sul principio divino che vive in ciascun essere umano. Sì, perché non avere sentimenti sacri per quello che è divino, immortale ed eterno nell'uomo ? In questo modo fate un buon lavoro su voi ed aiutate anche gli altri. Mentre occupandovi dei loro difetti, vi fate del male, perché vi nutrite di sporcizie e impedite anche gli altri di evolvere. In seguito, come non sentirsi soli? Criticando gli altri, sottolineando i loro difetti, non fate che scavare un abisso fra loro e voi. Quando saprete, con la vostra anima e il vostro spirito, entrare in relazione con tutte le anime e tutti gli spiriti sulla terra, quando quello che c'è di migliore in voi incontrerà quello che c'è di migliore negli altri, credetemi, non vi sentirete più soli.

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Le nuove solitudini

Ci si può sentire soli in un'epoca come la nostra, in cui la comunicazione sembra essere facilitata da tecnologie sempre più sofisticate? Nell'era di Internet, basta spingere il tasto di un computer per inviare in pochi secondi un'e-mail da Roma a Tokyo, da Londra a Mosca, da Parigi a New York. Un dito della mano è sufficiente per metterci in contatto con il resto del mondo. Eppure, nonostante questo, ci sono molti giovani soli, che non riescono a stabilire un reale rapporto con gli altri.
Agli inizi del terzo millennio, stiamo assistendo alla nascita di tante 'nuove solitudini', completamente diverse da quelle che vivevano le precedenti generazioni. Sono forme di disagio tipiche del nostro tempo, frutto delle contraddizioni di un'epoca in cui i rapporti umani diventano sempre più difficili da mantenere.
La prima grande solitudine è figlia del computer. Questo straordinario strumento di lavoro può servire per fare cose meravigliose, ma può anche contribuire a creare nuove 'celle di isolamento'. E' come un bisturi. Nelle mani di un grande chirurgo può salvare migliaia di vite umane, ma se finisce nelle mani di un pazzo può fare del male ed uccidere.
Tanti giovani trascorrono ore davanti allo schermo di un computer, navigando tra un sito e l'altro o parlando attraverso le 'chat', le 'mailing list' e i 'newsgroup' di Internet.
Apparentemente, sembrano comunicare. Ma bisognerebbe chiedersi: qual è la qualità di questo tipo di comunicazione? Spesso le persone che intervengono nei dialoghi virtuali delle 'chat' non sono sincere. Ci sono, ad esempio, uomini che fingono di essere donne e viceversa. Alcuni hanno anche cattive intenzioni ed approfittano dell'ingenuità dei ragazzi.
Il risultato è una comunicazione falsa e mascherata, che rischia di favorire l'isolamento e l'incapacità di sostenere un autentico rapporto con gli altri.
Un'altra 'nuova solitudine' è quella del gioco. Oggi, purtroppo, non ci si diverte più come una volta. Nelle grandi metropoli, diventa sempre più rara la dimensione del cortile e della piazza, dove un tempo si praticavano i giochi all'aperto. Erano un'occasione per dialogare, per confrontarsi, per vivere una parentesi di svago rispettando delle regole ben precise. Quindi, erano anche dei momenti fortemente educativi.
Si sta diffondendo, invece, la moda dei videogiochi, che rappresentano un'ulteriore occasione per essere soli. Non ci si confronta più con gli altri, ma semplicemente con i suoni, i rumori, i colori di un avversario virtuale, che appare sullo schermo di un computer.
Tempo fa, un catalogo di videogames ha ospitato una pubblicità molto triste, che diceva: 'Butta il secchiello, abbiamo un gioco più bello'. Era un invito ad abbandonare i tradizionali giochi del mare, con la paletta e il secchiello, per dedicarsi a quelli elettronici.
E' la morte della creatività. Seguendo questo slogan, i ragazzi dovrebbero abbandonare i castelli di sabbia per restare incollati di fronte alle lotte sanguinarie dei videogames, dove i personaggi buoni si muovono con la stessa violenza dei cattivi.
Anche la televisione può essere fonte di 'nuove solitudini'. Tanti ragazzi, infatti, hanno il televisore nella loro cameretta e subiscono un vero e proprio bombardamento di messaggi. Dalle trasmissioni che esaltano il mito dell'apparenza, dicendo che la chirurgia estetica è la fonte della vera felicità, ai telegiornali che non fanno più informazione, ma prediligono servizi su fotomodelle e attricette. Senza contare la falsità dei cosiddetti 'reality show' e lo squallore di maghi, cartomanti e venditori di amuleti, pronti ad avventarsi come avvoltoi su chi attraversa momenti di difficoltà e sofferenza.
Quando si è soli, purtroppo, è facile essere indottrinati e strumentalizzati da programmi diseducativi. Si diventa prede di emittenti televisive senza scrupoli, il cui unico obiettivo è aumentare l'audience e sparare spot pubblicitari a ripetizione.
Un'altra solitudine significativa è quella della discoteca. Molti ragazzi trascorrono il fine settimana nei locali da ballo, illudendosi di trovare un contatto con gli altri. Ma poi, la musica è talmente assordante da ostacolare qualunque tipo di dialogo.
Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un insieme di giovani soli che ballano. Ognuno è rinchiuso nel proprio guscio di mutismo e di incomunicabilità, mentre le luci psichedeliche impediscono di guardarsi realmente negli occhi.
Ma la solitudine più preoccupante è quella generata dal dilagante ateismo. Con la scusa del cosiddetto 'Stato laico' si tende a creare sempre di più una società senza Dio, dominata dal qualunquismo e dal relativismo morale.
In Italia, ultimamente, è scoppiata una polemica per la presenza del crocifisso sui muri delle scuole. In Francia, addirittura, è stata avanzata una proposta di legge per vietare l'uso di simboli religiosi 'troppo visibili'.Il pericolo, per i giovani, è quello di ritrovarsi soli in un mondo sempre più materialista, privato di quel rapporto di filiazione divina che può rappresentare 'una marcia in più' nei momenti di difficoltà. Chi sa di essere figlio di Dio non può mai sentirsi abbandonato di fronte ai propri problemi.
Oggi, dunque, sono tante le occasioni di solitudine che rischiano di oscurare l'animo dei ragazzi. Che cosa si può fare per cambiare rotta e combattere questo fenomeno?
Prima di tutto, è necessario educare i giovani a sviluppare un maggiore senso critico nei confronti dei mezzi di comunicazione. Bisogna abituare i ragazzi a non subire in modo passivo i messaggi che ricevono dalla televisione.
Poi, è necessario recuperare la tradizione dell'autentico stare insieme nei momenti di divertimento. Basta con le discoteche che impediscono la comunicazione! I gestori dei locali dovrebbero creare ambienti più favorevoli al dialogo. Potrebbero limitare il volume della musica e proporre giochi e balli di gruppo, che aiutino maggiormente a socializzare.
Infine, si dovrebbe evitare la presenza ossessiva di fronte allo schermo del computer.Per sfuggire a questo mondo ingannevole di rapporti virtuali, nasce spontaneo un imperativo: ritrovare i volti. Bisogna uscire di casa ed imparare ad incontrare gli altri. Gli altri veri. Non quelli falsi, mascherati, che si nascondono dietro la barriera di uno schermo.
La vera soluzione al problema della solitudine non sta in una notte trascorsa a 'chattare' su Internet o in un sabato sera perduto nel rumore di un'assordante discoteca. Non sta neppure nei ripetitivi combattimenti dei videogiochi o nell'adorazione di qualche 'velina' che ci sorride in modo forzato dal televisore. Sta nella porta di casa che si apre e che diventa, finalmente, un ponte verso la vita.
Ci sono tantissimi ambienti pronti ad accogliere i giovani con un sorriso vero, umano, non virtuale. Ad esempio, quelli del volontariato. Tanti ragazzi, invece di diventare schiavi delle 'nuove solitudini', hanno voluto dare un senso alla loro esistenza, offrendo alcune ore della propria giornata all'aiuto di poveri, anziani, malati, emarginati.
C'è anche chi ha rinunciato alla solita vacanza al mare per fare un'esperienza diversa, più costruttiva, al fianco di missionari in Africa o in America Latina. Sarà tornato un po' meno abbronzato, ma tanto 'ricco' e cresciuto nell'anima.
Insomma, la solitudine non è un male incurabile. La migliore medicina bisogna cercarla nel nostro cuore, aiutandolo ad essere un po' meno egoista e conformista, in un mondo che ci tende la mano ed ha un infinito bisogno d'amore
Carlo Climati
Articolo pubblicato sulla rivista 'Milizia Mariana' (2004)



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Appunti su: consumismo e mancanza di ideali nella letteratura del primo novecento,



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