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I Crepuscolari
Si veniva delineando il "crepuscolarismo".
Il termine "crepuscolarismo" venne coniato dallo scrittore e critico siciliano Giuseppe Antonio Borgese che, recensendo un volumetto comune di alcuni giovani poeti (Moretti, Martini, Chiaves), volle vedervi il declino della grande poesia romantica. Egli, infatti, era rimasto colpito dal clima patetico-sentimentale di quella poesia che si connetteva al filone del sentimentalismo romantico.
Ma col tempo il termine perse questo valore di opposizione alla tradizione poetica precedente e servì ad indicare in modo autonomo un clima, il modo di atteggiarsi di questi poeti di fronte alle cose.
Questa nuova poesia si mostra per vari aspetti poliedrica, instabile e in rapida evoluzione.
Nella poesia crepuscolare incidono:
sia le esperienze nostrane (come il languido, nostalgico, convalescente ripiegamento ad idoleggiare i buoni sentimenti caratteristico del D'Annunzio del Poema Paradisiaco e certe regressioni infantili tipiche del Pascoli),
sia i simbolisti e i poeti "provinciali" e "fiamminghi" della letteratura francese.
Tuttavia nel crepuscolarismo non mancano propositi di reazione e di rinnovamento, soprattutto dato dalla novità del linguaggio che consiste nella ricerca di un tono diverso, di una poesia non vociata e che aspira, invece, ad un andamento dimesso. Chiaramente i crepuscolari si oppongono totalmente a:
D'Annunzio e alla sua idea superomistica;
I classicismi.
I crepuscolari cantano la routine quotidiana, la vita paesana, noiosa ma preferibile a quella cittadina che risulta frenetica e alienante, quegli "ambienti" particolari in cui la vita si spegne lentamente, ma inesorabilmente senza traumi o scatti plateali, oppure gremiti di oggetti svariati più o meno inutili e di "pessimo gusto", e ancora la noia dei pomeriggi domenicali, malinconiche scene di vita d'altri tempi.
Ma è soprattutto la malattia il loro punto modale, perché la malattia diventa metafora del disagio e della stanchezza di vivere, della rinuncia a vivere dopo la scoperta del nulla dell'essere nell'esistenza, del ripiegamento su se stessi, dell'incapacità di stabilire un rapporto col mondo.
L'opposizione salute/malattia, poesia/pianto diviene un'esplicita e significativa dichiarazione di una poetica antieloquente.
"Perché tu mi dici: poeta? [.] Io non sono che un piccolo fanciullo che piange" (Corazzini).
"Ma cosa mi chiedi, ma cosa vuoi sapere da me, io non ho nulla da dire" (Moretti).
Nonostante tutto il crepuscolarismo può essere inserito nel decadentismo, in quanto alla base dei vari atteggiamenti di questi poeti c'è quella crisi di certezze, quel vuoto che è una delle componenti di fondo del decadentismo. La frattura fra individuo e società, l'angoscioso senso della solitudine, il ripiegamento entro il chiuso cerchio dell'io sono gli aspetti più evidenti di questa età: e nei crepuscolari sono tutti presenti.
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