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Giuseppe ungaretti - gridasti: soffoco




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Giuseppe Ungaretti

La prima edizione de Il Dolore è del 1947, ma le singole liriche erano già tutte apparse in precedenza soprattutto su riviste. Il poeta indica come data di composizione un periodo che va dal 1937 al 1946, in gran parte coincidente con l'epoca di elaborazione de La Terra Promessa (1935 - 1953) e di Un Grido e Paesaggi (1939 - 1952): fra i tre libri esistono in effetti notevoli convergenze testuali, particolarmente rilevabili fra alcune poesie (dedicate al figlio morto) de Il Dolore e la poesia Gridasti: Soffoco della silloge Un Grido e Paesaggi. Lo stile di queste tre raccolte è influenzato anche dalle numerose traduzioni cui Ungaretti fu duramente provato dalla vita ed ebbe, nel contempo, la possibilità di approfondire la propria fede: ' 'Il mistero' non è più motivo di dubbio, non c'è più l'inquieta sospensione nè l'esistenziale disperazione, e il mistero è questa volta umanamente toccato per via d'amore, di dolore, di fede, di sentimento quotidiano, cioè, è il dubbio superato, la contraddizione risolta nell'aperta dichiarazione. [] Se Ungaretti nel Sentimento compie il cammino da creatura a Dio per via di immaginazione, abolito il tempo e la storia, in Il Dolore egli trova il mistero come incarnato nella storia, nelle figure del fratello, del figlio, dei morti, nella provocatorietà della loro presenza'.

Il motivo del dolore è suggerito sia dalle disgrazie familiari sia dalla visione di Roma occupata dell'Italia straziata dalla guerra. Le prime sono tuttavia prevalenti. Oltre al normale umano significato che tali lutti hanno, specialmente quello del figlio, per Ungaretti esse rappresentano la cancellazione di quella sorta di residuo edenico che è l'età infantile: col fratello muore infatti l'ultimo testimone dell'infanzia del poeta e col figlio la speranza di rivivere di riflesso quest'esperienza. Insieme l'anomalia della morte di un bimbo di nove anni lo porta a considerare la natura sotto un aspetto nuovo. Gli si configura così in modo preciso la violenza che la vita stessa comporta e l'ineluttabilità di essa. Per esprimere l'angoscia di tale scoperta e la sofferenza nella sopportazione della vita, Ungaretti modula il suo canto su un tono nuovo utilizzando la parola gridata o l'affanno reso con dei puntini di sospensione. Non si può tuttavia parlare di autocommiserazione, in quanto il suo non è atteggiamento passivo, ma espressione di forza; anche nel dolore personale Ungaretti non si isola, ma s'immedesima nel ruolo di cantore dell'umano dolore, non solo del proprio. E in tal senso, anche nelle composizioni ad oggetto più intimo e personale, si avverte il senso di solidarietà che unisce i sofferenti singoli.

Le liriche di Il Dolore si presentano raccolte in sei sezioni:

Tutto ho perduto

Tutto ho perduto

Giorno per giorno

Giorno per giorno (1-17)

Il tempo è muto

Amaro accordo

Tu ti spezzasti

Incontro a un pino

Incontro a un pino

Roma occupata

Mio fiume anche tu

I ricordi

L'angelo del povero

Non gridate più





GRIDASTI: SOFFOCO
da UN GRIDO E PAESAGGI

Non potevi dormire, non dormivi
Gridasti: Soffoco
Nel viso tuo scomparso già nel teschio,
Gli occhi, che erano ancora luminosi
Solo un attimo fa,
Gli occhi si dilatarono Si persero
Sempre era stato timido,
Ribelle, torbido; ma puro, libero,
Felice rinascevo nel tuo aguardo
Poi la bocca, la bocca
Che una volta pareva, lungo i giorni,
Lampo di grazia e gioia,
La bocca si contorse in lotta muta
Un bimbo è morto

Nove anni, chiuso cerchio,
Nove anni cui nè giorni, nè minuti
Mai più s'aggregeranno:
In essi s'alimenta
L'unico fuoco della mia speranza.
Posso cercarti, posso ritrovarti,
Posso andare, continuamente vado
A rivederti crescere
Da un punto all'altro
Dei tuoi nove anni.
Io di continuo posso,
Distintamente posso
Sentirtile mani nelle mie mani:
Le mani tue di pargolo
Che afferrano le mie senza conoscerle;
Le tue mani che si fanno sensibili,
sempre più consapevoli
Abbandonandosi nelle mie mani;
Le tue mani che si fanno sensibili,
Sempre più consapevoli
Abbandonandosi nelle mie mani;
Le tue mani che diventano secche
E, sole - pallidissime -
Sole nell'ombra sostano
La settimana scorsa eri fiorente

Ti vado a prendere il vestito a casa,
Poi nella cassa ti verranno a chiudere
Per sempre. No per sempre



Sei animo della mia anima, e la liberi.

Ora meglio la liberi
Che non sapesse il tuo sorriso vivo:
Provala ancora, accrescile la forza,
Se vuoi - sino a te, caro! - che m'innalzi
Dove il vivere è calma, è senza morte.

Sconto, sopravvivendoti, l'orrore
Degli anni che t'usurpo,
E che ai tuoi anni aggiungo,
Demente di rimorso,
Come se, ancora tra di noi mortale,
Tu continuassi a crescere;
Ma cresce solo, vuota,
La mia vecchiaia odiosa

Come ora, era di notte,
E mi davi la mano, fine mano
Spaventato tra me e me m'ascoltavo:
E' troppo azzurro questo cielo australe,
Troppi astri lo germiscono,
Troppi e, per noi, non uno familiare

(Cielo sordo, che scende senza un soffio,
Sordo che udrò continuamente opprimeer
Mani tese a scansarlo)



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