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Svolgimento:
Penso che un ragazzo si avvicini alla droga per molteplici motivi: voglia di provare nuove emozioni, desiderio di non essere escluso da una compagnia durante una serata in discoteca, difficoltà ad affrontare la realtà. Certo,anche le motivazioni sociologiche sono importanti. Più della metà dei drogati, secondo le statistiche, appartiene a famiglie in crisi: genitori separati, abitazione insufficiente, genitori violenti, ecc. In generale possiamo dire che nella droga si cerca qualcosa che ancora non si ha, cioè il drogato è una persona a cui manca qualcosa, anche semplicemente un po' di amore. Purtroppo la sua famiglia, il suo ambiente, le persone che lo hanno incontrato non sono riusciti a comunicarglielo.
Egli comincia così a criticare gli adulti che spesso, ed è vero, sono incoerenti o preoccupati solo dei soldi.
Passa poi ad appartenere ad un gruppo di coetanei di cui far parte, identificandosi in esso.
La droga allora può diventare simbolo di rifiuto della società adulta, usata come compenso e come strumento di cameratismo.
Lo stato di euforia e di intontimento che si prova con l'assunzione di quelle sostanze non fa altro che amplificare quella sensazione di distacco da una realtà spiacevole.
Molti, per fortuna, sono in grado di smettere da soli, senza progredire nell'assunzione di sostanze più pericolose. Altri invece non ce la fanno, causando problemi di salute a se stessi, e sociali a tutta la comunità, diventando a loro volta spacciatori o semplici emarginati.
Certamente la migliore cura sarebbe la prevenzione. La famiglia e la scuola possono fare molto affinché il ragazzo non sia invogliato a provare.
Per esempio vale la pena che i genitori passino più tempo insieme ai loro figli, mettendo in secondo piano il lavoro o altre preoccupazioni economiche.
Gli insegnanti dovrebbero imparare a parlare di più con i loro studenti dei loro problemi e condividere parte della loro vita, almeno favorendo la loro gratificazione.
Comunque, anche una volta che il meccanismo dell'assunzione è innescato, è possibile liberarsi dalla droga.
Ci sono infatti moltissime comunità terapeutiche, associazioni ed enti pubblici pronti ad aiutare chi vuole uscire da questa situazione.
Il problema, comunque è quello di evitare che il drogato, una volta disintossicato, torni a prendere quella sostanza, eliminando le cause che hanno portato a quel gesto. Mi sembra, a questo proposito, che le iniziative di inserimento in un lavoro, magari faticoso, ma gratificante, siano le più indicate per aiutarlo davvero a costruirsi una vita piena di impegno. Inoltre la presenza di preti ed educatori può aiutare a combattere il vuoto, la paura e la mancanza di ideali e a formare una personalità più solida.
Accanto a questo, è necessario anche fare leggi ed operare per annientare il commercio della droga a tutti i livelli, dalle droghe cosiddette 'leggere' fino a quelle 'pesanti'.
Alcuni ritengono che
solo la legalizzazione delle droghe leggere potrebbe ridurre le conseguenze
drammatiche del vertiginoso sviluppo del traffico di stupefacenti.
Può darsi che davvero possa cadere il prezzo della droga sul mercato
internazionale e si ridurrebbero i reati e i soprusi associati al traffico di
droga. Ma proviamo a chiedere cosa pensano di questa legalizzazione i ragazzi
di una comunità terapeutica, la quasi totalità dei quali si è avvicinata alla
droga grazie al classico spinello. Inoltre il grande traffico che produce
migliaia di milioni di dollari all'anno è quello della cocaina, che non può
certo essere considerata una droga leggera. Cosa dovremmo fare per scoraggiarne
il traffico? Liberalizzare anche questa, o magari anche l'eroina? Vogliamo
davvero che la flora della macchia mediterranea o della riviera ligure sia
sostituita dalle coltivazioni di canapa indiana legalizzata? Si tratta di
domande volutamente senza risposta, ad indicare semplicemente che bisogna
rifuggire dalle facili soluzioni, ed andare invece alla radice del problema,
per risolverlo.
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