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Cicerone -l'epistolario, i discorsi, opere retoriche, opere politiche & filosofiche




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CICERONE


L'EPISTOLARIO


Se Cicerone è l'autore che conosciamo meglio dell'antichità lo dobbiamo sicuramente alle sue lettere, lettere non concepite per la pubblicazione e di carattere spesso molto personale.

Le Epistulae sono circa 1000 e sono suddivise in quattro raccolte:

le Epistulae ad attico, amico amante della grecità, divise in 16 libri. In questa raccolta si trovano anche le lettre inviate a Cicerone da Antonio, Cesare, Pompeo.

le Epistulae ad familiares, anch'esse divise in 16 libri, non sono ordinate cronologicamente, ma secondo il destinatario

le Epistulae ad Quintum fratrem, in tre libri.

le Epistulae ad Brutum, suddivise in due libri sono indirizzate a Giunio Bruto minore, amico e discepolo di Cicerone

Cicerone conosceva bene gli epistolari di Platone ed Epicureo e pensava ad una pubblicazione parziale del suo dopo un'attenta cernita, ma non ebbe tempo di farlo, e le sue lettere furono pubblicate nella forma originale dopo la sua morte. Questo epistolario ci mostra un Cicerone ben diverso da quello che voleva tramandarci lui stesso; le incertezze, i compromessi di ogni giorno.

La più lunga delle epistulae è quasi un trattatello di buon governo.

Queste lettere ci danno anche un quadro della vita di Roma, dei suoi costumi durante 20 anni cruciali della sua storia.


I DISCORSI


Se le lettere ci danno materiale per conoscere Cicerone, sia in veste privata, sia in veste politica; fondamentali per ricostruire la sua vita pubblica sono i discorsi, pubblicati dopo un'attenta revisione. Non sono solo strumenti polemici, ma documenti della società.

In queste opere la politica si intreccia con l'attività professionale dell'autore.

Cicerone è un avvocato, e non si fa problemi nell'usare qualunque tipo di risorsa, pur di far vincere il proprio cliente,, e quando la ragione non sembra dalla sua parte non mira tanto a convincere, quanto a commuovere.

I primi discorsi di Cicerone:

Pro Quinticio (81), una complicata questione di diritto privato

Pro Roscio Amerino (80), in difesa di Roscio Amerino accusato di parricidio da un potente liberto sillano.

La grande stagione dell'eloquenza ciceroniana inizia dopo il soggiorno a Rodi, presso la scuola dell'esperto retore Molone che aveva saputo frenare la foga del giovane oratore.

L'occasione per mettere alla prova l'efficacia del suo stile maturo (Rodio), gli viene offerta nel 70 a.C. nel processo a Verre:

Verrine (70), processo di concussione intentato dai rappresentanti di molte città della Sicilia contro Gaio Verre, il quale senza neanche attendere la fine del processo preferì prendere di sua spontanea volontà la via dell'esilio. Cicerone tuttavia pubblica il suo discorso fornendo molte informazioni sulla Sicilia, sull'amministrazione provinciale sull'arte e sulla cultura. L'opera è divisa in parti, disposte secondo un climax crescente a seconda della gravità del fatto, per arrivare all'uccisione di un cittadino romano che conclude l'actio.

In Catilinam (63), quattro discorsi, due pronunciati davanti al popolo, due davanti al senato, contro Catilina ed  i congiurati. Di fronte all'irruenza di Cicerone Catilina tace, reagendo poco dopo quando il console gli intima di andarsene dallo Stato senza avere sicure prove, senza avere chiesto la Provocatio ad populum, e senza essere stato dichiarato nemico della patria.

Questa decisione gli costerà poi l'esilio.

Dopo questi discorsi Cicerone è ormai il "salvatore della Patria", e il popolo liberato dallo stato di ansia applaude con entusiasmo.

Pro Murena (62), in difesa di Lucio Murena  accusato da Catone di Broglio elettorale

Pro sARCHIAppone (62), per aiutare il suo amico, il poeta sARCHIAppone, a mantenere la cittadinanza romana. In questo discorso vengono celebrate le sue doti, ma in realtà Cicerone difende il suo ideale di cultura.

Pro domo sua (57-56), per la ricostruzione della sua casa

Pro Caelio (56),  Celio, esponente dell'alta società romana, era accusato de vi per avere impedito a un'ambasceria dei Alessandria d'Egitto di recarsi  Roma. Ex amante di Clodia, la quale si ersa aggiunta all'accusa con la scusa che aveva cercato di avvelenarla. Cicerone trasforma quest'opera in un'invettiva contro questa "vedova allegra", ed egli, amando molto la commedia, paragona ad una farsa il tentativo di veneficio descritto da Clodia, calcando la mano sui lati spregiudicati della stessa che sembra un'etera.

Pro Milone (52), in difesa di Milone l'uccisore di Clodio.

L'orazione che possediamo fu composta a tavolino mentre quella realmente pronunciata, a causa della fifa di Cicerone, non fu in grado di salvare il suo cliente.

Filippiche (44), violente invettive contro Antonio con il tentativo di salvare dalla dittatura la repubblica.


OPERE RETORICHE


I discorsi di Cicerone sono affiancati e sorretti da una riflessione sull'eloquenza, della quale Cicerone è il più grande rappresentante.

La grande contesa del tempo era tra filosofia e retorica, e Cicerone mantiene una posizione intermedia dicendo che non è possibile essere filosofo tenendosi lontano dalla vita pratica, dall'arte della persuasione, dalla retorica.

Ancora giovane aveva composto due libri:

De inventione (82-81), un trattato sull'inventio ( la prima parte della retorica, insegna ricercare gli argomenti) cui dovevano seguire dei trattati sulle altre parti che compongono un'orazione. Questo libro ricalca molto la trattatistica greca, anche se non è privo di spunto originali.   

De Oratore (56-55), in tre libri nato dall'otium fecondo di studi che seguì l'esilio.In forma di dialogo, che consente all'autore di inserire l'esposizione tecnica in una struttura letteraria, presentando i dibattiti e i contrasti teorici degli interlocutori come su una scena.

Le discussioni riportate nel De Oratore si immaginano avvenute nella villa del poeta L. Licinio Crasso durante l'anno 91 a.C. Accanto a Crasso e ad altri personaggi di allora e inserito Antonio.

Crasso, in cui si identificano le idee ciceroniane, sostiene che un buon oratore debba avere una profonda formazione politica e filosofica. Per Antonio la grande eloquenza è frutto della pratica, del temperamento e dell'esempio degli oratori precedenti. Secondo Crasso che parla dell'elocutio la qualità essenziale dell'oratore è la capacità di adattare toni e linguaggio alle diverse circostanze. 

Con il De Oratore formano una specie di trilogia il Brutus e l'Orator.

Il Brutus (46), tratta soprattutto di critica letteraria e di storia dell'eloquenza romana. Segue una teoria evoluzionistica: l'oratoria latina è il perfezionamento di quella greca. A forma dialogica, ambientata in età contemporanea, ha come personaggi Attico e Bruto. All'inizio viene rievocata la personalità di Ortensio, segue l'occasione del dialogo, un excursus sull'eloquenza greca, e una trattazione sull'eloquenza romana.

Orator (46), dedicato allo stesso Bruto traccia il ritratto ideale dell'oratore. L'oratore perfetto è colui che sa adeguare lo stile alle esigenze della causa, commuovere; fra questi tre compiti dell'oratore- probare, delectare, flectere- è quest'ultimo infatti il più importante per vincere le cause. L'oratore deve saper trattare gli argomenti semplici sobriamente, quelli elevati con solennità e quelli di media importanza con stile temperato. La conclusione dell'orator è riguardosa e mite.


OPERE POLITICHE & FILOSOFICHE


Nell'opera di cicerone sarebbe sbagliato separare le opere politiche da quelle filosofiche, perché la teoria politica rientra a buon diritto nella dottrina filosofica, ma anche perché i titoli delle due opere il de Re publica e il De le gibus rimandano a due opere di Platone: il Politeia e i Nomoi.

De Re publica (54),  un dialogo in sei libri che si immagina avvenuto nel 129 tra Scipite l'emiliano, Lelio, Scevola l'Augure e altri personaggi, intorno alla migliore forma di governo. Cicerone sostiene la concordia ordinum, facendo sembrare anacronistica la necessità di un capo supremo, di un princeps. L'autore, Stoico, vedeva come cosa molto importante la partecipazione alla vita pubblica, quindi pur difendendo l'otium e i valori della vita, sottolinea i legami che questa deve mantenere con la vita pratica.

De legibus (52), in questo libro, anch'esso in forma dialogata, i personaggi sono contemporanei: Cicerone, il fratello Quinto e l'amico attico. Dopo aver sostenuto nel primo libro che le leggi realizzano un diritto naturale, un'esigenza di giustizia insita nella natura umana, (le leggi hanno fondamento naturale, quindi divino, quindi la disobbedienza e peccato), l'autore esamina la legislazione sacrale e quella politica.

La morte di Tullia, avvenuta nel febbraio 45, spinge l'autore ad interrogarsi sui grandi temi della filosofia. Così nacquero i grandi trattati che introdussero a Roma la prosa d'argomento filosofico.

Cicerone non è un filosofo originale,ma vuole fornire al suo pubblico un sistema filosofico che giustifichi l'ideale di saggezza attiva prevalente nella società romana. Questo sistema presuppone tuttavia l'esistenza di un ordine provvidenziale che regola l'universo e la vita dei popoli.

Cicerone affrontò il problema gnoseologico negli Accademica, il problema etico nel De Finibus e nelle tusculanae disputationes, il problema teologico nel De natura deorum, nel De Divinatione nel De Fato. Sviluppò tutto questo ciclo filosofico in meno di un anno, nella primavera del 45.

Accademica (45), ebbe una doppia redazione: la prima i cosiddetti accademica priora chiamati Lucullus dal nome dell'interlocutore di Cicerone, la seconda gli accademica posteriora o il Varro, in cui Marrone espone le sue teorie

De finibus bonorum et malorum (45), dedicato a Bruto, è tra le sue opere più eleganti e meglio costruite. Tratta di questioni etiche, del sommo bene e del sommo male.

Tusculanae disputationes (45-44), dedicata anch'essa a Bruto, ambientata nella villa di Cicerone a Muscolo. In forma dialogata e divisa in 5 libri. Nei singoli libri sono trattati rispettivamente i temi del dolore, della morte, della tristezza, dei turbamenti dell'animo, e della virtù come garanzia della felicità. Con questo libro Cicerone cerca delle risposte a personali interrogativi: di qui la profonda partecipazione emotiva.

Cato maior de senectute (45), dialogo in cui l'autore dimostra che l vecchiaia non è un male.





LINGUA E STILE


In Cicerone c'è la consapevolezza del proprio eccezionale talento, e un'illimitata fede nei valori  e nell'efficacia della cultura, ma non nella cultura chiusa e lontana dal mondo, ma una cultura calata nel vivere quotidiano.

Anche nelle situazioni più difficili, come i trattati filosofici, lo stile è sempre smagliante, armonico, alla ricerca di un equilibrio.

La lingua usata e una lingua depurata dallo scontato, regolarizzata, una lingua che corrisponde all'ideale estetico dell'autore e che insieme si propone come mezzo di comunicazione tra i popoli non ellenizzati


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